Paclitaxel Kabi: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Paclitaxel Kabi

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Paclitaxel Kabi: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Paclitaxel Kabi 6 mg/ml concentrato per soluzione per infusione

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ciascun ml di concentrato per soluzione per infusione contiene 6 mg di paclitaxel. Un flaconcino da 5 ml contiene 30 mg di paclitaxel.

Un flaconcino da 16,7 ml contiene 100 mg di paclitaxel. Un flaconcino da 25 ml contiene 150 mg di paclitaxel. Un flaconcino da 50 ml contiene 300 mg di paclitaxel. Un flaconcino da 100 ml contiene 600 mg di paclitaxel.

Eccipienti con effetto noto:

Etanolo anidro, 393 mg/ml [49,7% (v/v)] Macrogolglicerolo ricinoleato, 530 mg/ml

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Concentrato per soluzione per infusione. Soluzione limpida, leggermente gialla.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Carcinoma ovarico: nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma dell’ovaio in stadio avanzato o malattia residua (>1 cm) dopo laparotomia iniziale, in associazione con cisplatino o carboplatino.

Nella chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico, paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico dell’ovaio dopo l’insuccesso della terapia standard comprendente platino.

Carcinoma della mammella: nel contesto della terapia adiuvante, paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario con linfonodi positivi, a seguito di terapia con antracicline e ciclofosfamide (AC). Il trattamento adiuvante con paclitaxel deve essere considerato come un’alternativa alla terapia AC prolungata.

Paclitaxel è indicato per il trattamento iniziale del carcinoma della mammella localmente

terapia con antracicline, oppure in associazione con trastuzumab, nei pazienti con iperespressione del recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER-2) di livello 3+ all’esame immunoistochimico e per i quali il trattamento con antracicline non è appropriato (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).

In monoterapia, paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico della mammella nei pazienti che non hanno risposto o che non sono candidati alla terapia standard contenente antracicline.

Carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato: paclitaxel, in associazione con cisplatino, è indicato per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC), in pazienti non candidati a intervento chirurgico potenzialmente curativo e/o a terapia radiante.

Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS: paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con sarcoma di Kaposi (KS) correlato all’AIDS in stadio avanzato che non hanno risposto alla terapia precedente con antracicline liposomiali.

I dati di efficacia a sostegno di questa indicazione sono limitati; un riepilogo dei relativi studi è riportato al paragrafo 5.1.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Paclitaxel deve essere somministrato solo sotto la supervisione di un oncologo qualificato in reparti specializzati nella somministrazione di agenti citotossici (vedere paragrafo 6.6).

Prima del trattamento con paclitaxel, tutti i pazienti devono essere premedicati con corticosteroidi, antistaminici e H2-antagonisti, ad es.:

Farmaco Dose Somministrazione prima di Paclitaxel
Desametasone 20 mg os* o e.v. Per somministrazione orale:
circa 12 e 6 ore oppure per somministrazione e.v.: da 30 a 60 minuti
Difenidramina** 50 mg e.v. da 30 a 60 minuti
Cimetidina o
Ranitidina
300 mg e.v.

50 mg e.v.

da 30 a 60 minuti

* 8 – 20 mg per pazienti con sarcoma di Kaposi

** oppure un antistaminico equivalente, ad es. clorfeniramina

Paclitaxel concentrato per soluzione per infusione deve essere diluito prima dell’uso (vedere paragrafo 6.6) e deve essere somministrato per via endovenosa.

Paclitaxel deve essere somministrato mediante un filtro in linea con membrana microporosa

≤0,22 μm (vedere paragrafo 6.6).

Chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico: sebbene siano in corso di

paclitaxel e cisplatino. In base alla durata dell’infusione, sono raccomandate due dosi di paclitaxel 175 mg/m2 somministrato per via endovenosa nell’arco di 3 ore, seguito da cisplatino alla dose di 75 mg/m2 ogni tre settimane, oppure paclitaxel 135 mg/m2, somministrato in infusione di 24 ore, seguito da cisplatino 75 mg/m2, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafo 5.1).

Chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico: la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m2, somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.

Chemioterapia adiuvante nel carcinoma della mammella: la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m2, somministrata nell’arco di 3 ore, ogni 3 settimane per quattro cicli, dopo la terapia AC.

Chemioterapia di prima linea del carcinoma della mammella: se usato in associazione con doxorubicina (50 mg/m2), paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina. La dose raccomandata di paclitaxel è 220 mg/m2, somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

In caso di associazione con trastuzumab, la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m2, somministrata per via endovenosa nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro (vedere paragrafo 5.1). L’infusione di paclitaxel può essere iniziata il giorno successivo alla prima dose di trastuzumab, o immediatamente dopo le dosi successive, se la precedente dose di trastuzumab è stata ben tollerata (per la posologia dettagliata del trastuzumab, vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Herceptin).

Chemioterapia di seconda linea del carcinoma della mammella: la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m2, somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.

Trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (NSCLC): la dose raccomandata di paclitaxel è 175 mg/m2, somministrata nell’arco di 3 ore, seguita da cisplatino alla dose di 80 mg/m2, con un intervallo di 3 settimane tra un ciclo e l’altro.

Trattamento del sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS: la dose raccomandata di paclitaxel è 100 mg/m2, somministrata per infusione endovenosa di 3 ore, ogni due settimane.

Le dosi successive di paclitaxel devono essere somministrate in base alla tollerabilità del singolo paziente.

Paclitaxel non deve essere nuovamente somministrato fino a quando la conta dei neutrofili non sia ≥1.500/mm3 (≥ 1000/ mm3 per i pazienti con sarcoma di Kaposi) e la conta piastrinica non sia ≥ 100.000/ mm3 (≥ 75.000/ mm3 per i pazienti con sarcoma di Kaposi). Nel caso in cui i pazienti presentino grave neutropenia (conta dei neutrofili < 500/ mm3 per una settimana o più) o grave neuropatia periferica, la dose somministrata nei cicli di trattamento successivi deve essere ridotta del 20% (del 25% per i pazienti con sarcoma di Kaposi) (vedere paragrafo 4.4).

Popolazione pediatrica:

Non sono state stabilite la sicurezza e l’efficacia nei bambini (di età inferiore a 18 anni). Pertanto, il paclitaxel non è raccomandato per l’uso pediatrico.

Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare modificazioni posologiche nei pazienti con compromissione della funzione epatica lieve o moderata (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). I pazienti con grave insufficienza epatica non devono essere trattati con paclitaxel.

Compromissione della funzione renale:

Non sono stati condotti studi in pazienti con funzione renale compromessa e non vi sono dati sufficienti per consentire raccomandazioni posologiche (vedere paragrafo 5.2).

Modo di somministrazione

Per le istruzioni sulla diluizione del medicinale prima della somministrazione vedere paragrafo 6.6

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al paclitaxel o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati nel paragrafo 6.1, in particolar modo il macrogolglicerolo ricinolato.

Il paclitaxel non deve essere usato in pazienti con una conta dei neutrofili al basale < 1.500/mm3 (< 1000/mm3per i pazienti con sarcoma di Kaposi)

Nel sarcoma di Kaposi, paclitaxel è controindicato anche nei pazienti con infezioni concomitanti, gravi e incontrollate.

Paclitaxel è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.6).

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Paclitaxel deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’uso di chemioterapici antitumorali. Data la possibilità che si verifichino reazioni di ipersensibilità significative, è opportuno avere a disposizione un’adeguata attrezzatura per la terapia di supporto.

I pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antistaminici e H2-antagonisti (vedere paragrafo 4.2).

Se usato in associazione, paclitaxel deve essere somministrato prima del cisplatino (vedere paragrafo 4.5).

Reazioni di ipersensibilità significative caratterizzate da dispnea e ipotensione tali da richiedere trattamento, angioedema e orticaria generalizzata si sono manifestate in <1% dei pazienti trattati con paclitaxel dopo adeguata premedicazione. Tali reazioni sono probabilmente mediate dall’istamina. In caso di gravi reazioni di ipersensibilità, si deve sospendere immediatamente l’infusione di paclitaxel, istituire una terapia sintomatica e non somministrare nuovamente il medicinale al paziente.

Mielosoppressione (principalmente neutropenia) è la tossicità dose-limitante. Deve essere istituito un monitoraggio frequente dei parametri ematologici. Il trattamento non deve essere ripreso nei pazienti fino a quando i neutrofili non ritornino a valori ≥1.500/mm3 (≥1000/mm3 per i pazienti con sarcoma di Kaposi) e le piastrine non ritornino a valori ≥ 100.000/mm

3 (≥ 75.000/mm

3 per i pazienti con sarcoma di Kaposi). Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi, la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto il fattore stimolante le colonie di granulociti (G- CSF).

Gravi anomalie della conduzione cardiaca sono state segnalate raramente con paclitaxel in monoterapia. Se i pazienti sviluppano anomalie significative della conduzione durante la somministrazione di paclitaxel, deve essere istituita una terapia appropriata ed eseguito un monitoraggio cardiaco continuo durante i successivi cicli di trattamento con Paclitaxel Kabi. Ipotensione, ipertensione e bradicardia sono state osservate durante la somministrazione di paclitaxel; solitamente i pazienti sono asintomatici e in genere non necessitano di trattamento. Si raccomanda un controllo frequente dei parametri vitali, soprattutto durante la prima ora di infusione di paclitaxel. Eventi cardiovascolari gravi sono stati osservati più frequentemente in pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule che in pazienti con carcinoma mammario o ovarico. Nello studio clinico sul sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS, è stato osservato un unico caso di insufficienza cardiaca correlata al paclitaxel.

Quando paclitaxel è usato in associazione con doxorubicina o trastuzumab per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella, la funzione cardiaca deve essere tenuta sotto attento controllo. I pazienti candidati al trattamento con paclitaxel in queste associazioni devono essere sottoposti a una valutazione cardiaca iniziale, comprendente anamnesi, esame obiettivo, ECG, ecocardiogramma e/o angiocardioscintigrafia (MUGA scan). La funzione cardiaca deve essere controllata ulteriormente durante il trattamento (ad es. ogni tre mesi). Il monitoraggio può aiutare a identificare i pazienti che sviluppano disfunzione cardiaca e il medico curante, nel decidere la frequenza di controllo della funzione ventricolare, deve valutare attentamente la dose cumulativa (mg/m2) di antraciclina somministrata. Se i test indicano un deterioramento della funzione cardiaca, anche asintomatico, il medico curante deve valutare attentamente i benefici clinici del proseguimento della terapia rispetto al potenziale danno cardiaco, incluso il danno potenzialmente irreversibile. Se si somministra un ulteriore trattamento, il controllo della funzione cardiaca deve essere più frequente (ad es. ogni 1-2 cicli). Per maggiori dettagli, vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Herceptin o doxorubicina.

Sebbene la neuropatia periferica si verifichi frequentemente, è raro lo sviluppo di sintomi gravi. In casi gravi, si raccomanda una riduzione del 20% della dose (25% per i pazienti con sarcoma di Kaposi) per tutti i cicli successivi di trattamento con paclitaxel. Nei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico in trattamento di prima linea, la somministrazione di paclitaxel come infusione di 3 ore in associazione con cisplatino ha determinato una maggiore incidenza di neurotossicità grave, rispetto sia al paclitaxel in monoterapia che alla ciclofosfamide seguita da cisplatino.

Si deve usare una cautela particolare per evitare la somministrazione endoarteriosa di paclitaxel, perchè in studi di tolleranza locale condotti su animali sono state osservate reazioni tissutali gravi in seguito a somministrazione endoarteriosa.

La combinazione di paclitaxel e radioterapia del polmone, indipendentemente dal loro ordine cronologico, può contribuire allo sviluppo di polmonite interstiziale.

I pazienti con compromissione epatica possono presentare un rischio maggiore di tossicità, in particolare mielosoppressione di grado III-IV. Non vi è evidenza di aumento della tossicità di paclitaxel se somministrato come infusione di 3 ore ai pazienti con lievi anomalie della funzione epatica. Quando paclitaxel viene somministrato come infusione più lenta, può essere osservato un aumento della mielosoppressione nei pazienti con alterazione della funzione epatica moderata o grave. I pazienti devono essere tenuti sotto attenta osservazione per rilevare lo sviluppo di una mielosoppressione grave (vedere paragrafo 4.2). Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare modificazioni posologiche nei pazienti con insufficienza epatica lieve o moderata (vedere paragrafo 5.2).

Non sono disponibili dati per pazienti con grave colestasi al basale. I pazienti con grave compromissione epatica non devono essere trattati con paclitaxel.

Colite pseudomembranosa è stata segnalata raramente, inclusi casi di pazienti non trattati contemporaneamente con antibiotici. Questa reazione deve essere tenuta in considerazione nella diagnosi differenziale di casi di diarrea grave o persistente che si verificano durante o poco dopo il trattamento con paclitaxel.

Il paclitaxel ha dimostrato di essere teratogeno, embriotossico e mutageno in diversi modelli sperimentali.

Per questo motivo, le donne e gli uomini in età fertile sessualmente attivi, e/o i rispettivi partner, devono utilizzare misure contraccettive per almeno 6 mesi dopo il trattamento con il paclitaxel (vedere paragrafo 4.6). La contraccezione ormonale è controindicata nei tumori con positività per i recettori ormonali.

Nei pazienti con sarcoma di Kaposi, la mucosite grave è rara. Se si verificano reazioni gravi, il dosaggio di paclitaxel deve essere ridotto del 25%.

Questo medicinale contiene etanolo (alcool) 49,7% vol., dannoso per i soggetti che soffrono di alcolismo. Ciò va tenuto in considerazione nelle donne in gravidanza e che allattano al seno, nei bambini e nei gruppi ad alto rischio, quali i pazienti con malattia epatica o epilessia.

Poiché Paclitaxel contiene etanolo (393 mg/ml), occorre considerare i possibili effetti sul SNC e altri possibili effetti.

Questo medicinale contiene macrogolglicerolo ricinoleato, che può causare reazioni allergiche gravi.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Il regime di somministrazione raccomandato per paclitaxel, per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, prevede che paclitaxel sia somministrato prima del cisplatino. Se paclitaxel viene somministrato prima del cisplatino, il suo profilo di sicurezza è coerente con quello segnalato per l’uso in monoterapia. Quando il paclitaxel è stato somministrato dopo il cisplatino, i pazienti hanno evidenziato una mielosoppressione più pronunciata e una riduzione di circa il 20% della clearance del paclitaxel. Le pazienti trattate con paclitaxel e cisplatino possono avere un maggiore rischio di insufficienza renale, rispetto alle pazienti trattate con cisplatino in monoterapia, nei carcinomi ginecologici.

Poiché l’eliminazione della doxorubicina e dei suoi metaboliti attivi può essere ridotta quando paclitaxel e doxorubicina sono somministrati in tempi ravvicinati, paclitaxel per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina (vedere paragrafo 5.2).

Il metabolismo del paclitaxel è catalizzato in parte dagli isoenzimi CYP2C8 e CYP3A4 del citocromo P450 (vedere paragrafo 5.2). Gli studi clinici hanno dimostrato che il metabolismo del paclitaxel mediato dal CYP2C8 in 6 α-idrossipaclitaxel è la principale via metabolica nell’uomo. La somministrazione concomitante di ketoconazolo, un noto potente inibitore del CYP3A4, non inibisce l’eliminazione del paclitaxel nei pazienti; questi due medicinali possono quindi essere somministrati insieme senza regolare il dosaggio. Ulteriori dati sulle potenziali interazioni farmacologiche tra paclitaxel e altri substrati/inibitori del CYP3A4 sono limitati. Pertanto, occorre usare cautela nel somministrare paclitaxel in concomitanza con medicinali noti per inibire (ad es. eritromicina, fluoxetina, gemfibrozil) o indurre (ad es. rifampicina, carbamazepina, fenitoina, fenobarbital, efavirenz, nevirapina) il CYP2C8 o il CYP3A4.

La clearance del paclitaxel non è influenzata dalla premedicazione con cimetidina.

Gli studi condotti su pazienti con sarcoma di Kaposi, che assumevano più terapie concomitanti, suggeriscono che la clearance sistemica di paclitaxel è significativamente ridotta in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non con indinavir. Non sono disponibili informazioni sufficienti sulle interazioni con altri inibitori delle proteasi. Di conseguenza, il paclitaxel deve essere somministrato con cautela nei pazienti che assumono inibitori delle proteasi come terapia concomitante.

04.6 Gravidanza e allattamento

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za

Il paclitaxel si è dimostrato teratogeno, embriotossico e mutageno in molti sistemi sperimentali. Paclitaxel si è dimostrato embriotossico e fetotossico nel coniglio e ha ridotto la fertilità nel ratto.

Vi sono dati molto limitati sull’uso del paclitaxel durante la gravidanza. Si sospetta che il paclitaxel causi anomalie congenite gravi, qualora venga somministrato durante la gravidanza. È stato dimostrato che nei conigli il paclitaxel è embriotossico e fetotossico, e che nei ratti riduce la fertilità. Al pari di altri medicinali citotossici, il paclitaxel può causare danni al feto, se somministrato durante la gravidanza. Per questo motivo paclitaxel non deve essere usato durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità. Inoltre, paclitaxel non deve essere usato nelle donne in età fertile che non adottano un metodo contraccettivo efficace, a meno che la condizione clinica della madre richieda il trattamento con il paclitaxel.

Le donne potenzialmente fertili devono usare un metodo contraccettivo efficace durante e fino a 6 mesi dopo aver ricevuto il trattamento con paclitaxel.

Allattamento

Paclitaxel è controindicato durante l’allattamento (vedere sezione 4.3). Non è noto se il paclitaxel venga escreto nel latte materno. Gli studi negli animali hanno dimostrato l’escrezione del paclitaxel nel latte materno (vedere paragrafo 5.3). L’allattamento al seno deve essere interrotto per l’intera durata della terapia.

Fertilità

Il paclitaxel ha indotto infertilità nei ratti maschi (vedere paragrafo 5.3). L’importanza di questo dato per l’uomo è sconosciuta.

I pazienti di sesso maschile devono chiedere consulenza in merito alla crioconservazione dello sperma prima del trattamento con paclitaxel, perché esiste la possibilità di infertilità.

I pazienti di sesso maschile non devono procreare durante e fino a 6 mesi dopo il trattamento con paclitaxel.

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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È stato dimostrato che la terapia con paclitaxel non influenza la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Va tuttavia notato che la formulazione contiene alcool (vedere paragrafi 4.4 e 6.1).

La capacità di guidare veicoli o usare macchinari può essere diminuita a causa dell’alcool contenuto in questo medicinale.

04.8 Effetti indesiderati

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Se non diversamente specificato, quanto segue si riferisce a un database complessivo sulla sicurezza di 812 pazienti con tumori solidi, trattati con paclitaxel in monoterapia negli studi clinici. Dato che la popolazione con sarcoma di Kaposi è molto specifica, al termine di questo paragrafo viene presentato un capitolo speciale basato su uno studio clinico condotto su 107 pazienti.

Se non diversamente riportato, la frequenza e la gravità degli effetti indesiderati sono in genere simili nei pazienti che ricevono paclitaxel per il trattamento del carcinoma ovarico, del carcinoma della mammella o del carcinoma del polmone non a piccole cellule. Nessuna delle tossicità osservate è stata chiaramente influenzata dall’età.

Una reazione di ipersensibilità significativa con possibile esito fatale (definita quale ipotensione di grado tale da richiedere trattamento, angioedema, insufficienza respiratoria acuta tale da rendere necessario l’impiego di broncodilatatori oppure orticaria generalizzata) si è verificata in 2 pazienti (<1%). Reazioni minori di ipersensibilità si sono manifestate nel 34% dei pazienti (17% di tutti i cicli). Queste reazioni lievi, principalmente vampate e rash cutanei, non hanno reso necessario alcun intervento terapeutico, né l’interruzione della terapia con il paclitaxel.

L’effetto indesiderato significativo più frequente è stato mielosoppressione. Neutropenia grave (<500 cellule/mm3) si è verificata nel 28% dei pazienti, ma non è stata associata a episodi febbrili. Solo l’1% dei pazienti ha manifestato neutropenia grave per ≥7 giorni.

Trombocitopenia è stata segnalata nell’11% dei pazienti. Il tre percento dei pazienti ha presentato un nadir della conta piastrinica < 50.000/mm3 almeno una volta nel corso dello studio. Anemia è stata osservata nel 64% dei pazienti, ma è stata grave (Hb <5 mmol/l) solo nel 6% dei pazienti. L’incidenza e la gravità dell’anemia sono correlate ai valori basali dell’emoglobina.

Quando il paclitaxel è stato somministrato in associazione con cisplatino, la neurotossicità, principalmente neuropatia periferica, è comparsa con più frequenza e gravità con un’infusione di 175 mg/m2 nell’arco di 3 ore (85% neurotossicità; 15% grave), rispetto a un’infusione di 135 mg/m2 nell’arco di 24 ore (25% neuropatia periferica; 3% grave). Nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattati con paclitaxel come infusione di 3 ore seguito da cisplatino, vi è un aumento evidente dell’incidenza di neurotossicità grave. Neuropatia periferica può verificarsi dopo il primo ciclo di trattamento e può peggiorare con l’aumento dell’esposizione a Paclitaxel Kabi. La neuropatia periferica, in alcuni casi, ha richiesto la sospensione di paclitaxel. I sintomi sensoriali sono di solito migliorati o sono scomparsi diversi mesi dopo la sospensione di paclitaxel. Le neuropatie preesistenti, causate da precedenti terapie, non costituiscono una controindicazione alla terapia con Paclitaxel Kabi.

Artralgia o mialgia hanno interessato il 60% dei pazienti e sono risultate gravi nel 13% dei casi.

Reazioni nel sito di iniezione durante la somministrazione endovenosa possono causare edema localizzato, dolore, eritema e indurimento; occasionalmente lo stravaso può provocare cellulite. Sono state segnalate escara e/o esfoliazione cutanea, a volte in relazione allo stravaso. Può verificarsi anche depigmentazione cutanea. Raramente è stata segnalata la ricomparsa di reazioni cutanee nel sito di un precedente stravaso (recall), a seguito della somministrazione di paclitaxel in un sito differente. Al momento non è noto alcun trattamento

In alcuni casi, l’insorgenza di una reazione al sito di iniezione può verificarsi o durante un’infusione prolungata o successivamente entro una settimana o 10 giorni.

La tabella seguente elenca gli effetti indesiderati associati alla somministrazione di paclitaxel in monoterapia come infusione di tre ore, nel trattamento della malattia metastatica (812 pazienti trattati negli studi clinici) e come riportati nella sorveglianza post-marketing*.

La frequenza degli effetti indesiderati sotto elencati è definita utilizzando la seguente convenzione:

Molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Infezioni e infestazioni: Molto comuni: infezioni (soprattutto delle vie urinarie o delle vie respiratorie superiori), con casi descritti di esito fatale
Non comuni: shock settico
Rari*: sepsi, peritonite, polmonite
Patologie del sistema emolinfopoietico: Molto comuni: mielosoppressione, neutropenia, anemia, trombocitopenia, leucopenia, emorragie
Rari*: neutropenia febbrile
Molto rari*: leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplasica
Disturbi del sistema immunitario: Molto comuni: reazioni minori di ipersensibilità (principalmente vampate e rash cutanei)
Non comuni: reazioni significative di ipersensibilità che richiedono trattamento (per es.
ipotensione, edema angioneurotico, distress respiratorio, orticaria generalizzata, brividi, mal di schiena, dolore toracico, tachicardia, dolori addominali, dolori agli arti, diaferesi e ipertensione)
Rari*: reazioni anafilattiche Molto rari*: shock anafilattico
Disturbi del metabolismo e della nutrizione: Molto rari*: anoressia
Non nota: sindrome da lisi tumorale*
Disturbi psichici: Molto rari*: stato confusionale
Patologie del sistema nervoso: Molto comuni: neurotossicità (soprattutto neuropatia periferica)
Rari*: neuropatia motoria (con risultante debolezza distale minore)
Molto rari*: grande male, neuropatia autonomica (con conseguenti ileo paralitico e ipotensione ortostatica), encefalopatia, convulsioni, capogiri, atassia, cefalea
Patologie dell’occhio: Molto rari*: disturbi a carico del nervo ottico e/o disturbi visivi (scotomi scintillanti), particolarmente in pazienti che hanno ricevuto dosi superiori a quelle raccomandate
Non nota: edema maculare*, fotopsia*, mosche volanti*
labirinto:
Patologie cardiache: Comuni: bradicardia
Non comuni: infarto miocardico, blocco AV e sincope, cardiomiopatia, tachicardia ventricolare asintomatica, tachicardia con bigeminismo
Molto rari*: fibrillazione atriale, tachicardia sopraventricolare
Raro: insufficienza cardiaca
Patologie vascolari: Molto comuni: ipotensione
Non comune: trombosi, ipertensione, tromboflebite Molto rari*: shock
Non nota: flebite*
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rari*: insufficienza respiratoria, embolia polmonare, fibrosi polmonare, polmonite interstiziale, dispnea, versamento pleurico
Molto rari*: tosse
Patologie gastrointestinali: Molto comuni: diarrea, vomito, nausea, infiammazione della mucosa
Rari*: occlusione intestinale, perforazione intestinale, colite ischemica, pancreatite
Molto rari*: trombosi mesenterica, colite pseudomembranosa, colite neutropenica, ascite, esofagite, stipsi
Patologie epatobiliari: Molto rari*: necrosi epatica, encefalopatia epatica (per entrambe sono stati riportati casi con esito fatale)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo: Molto comuni: alopecia
Comuni: alterazioni lievi e transitorie delle unghie e della cute
Rari*: prurito, rash, eritema
Molto rari*: sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi (i pazienti in terapia devono proteggere mani e piedi con una protezione solare)
Non nota: scleroderma*
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo: Molto comuni: artralgia, mialgia
Non nota: lupus eritematoso sistemico*
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: Comuni: reazioni nel sito di iniezione (inclusi edema, dolore, eritema e indurimento localizzati; talvolta lo stravaso può dare origine a cellulite, fibrosi cutanea e necrosi cutanea)
Rari*: piressia, disidratazione, astenia, edema, sensazione generale di malessere
Esami diagnostici: Comuni: aumento grave di AST (SGOT) e fosfatasi alcalina Non comuni: aumento grave della bilirubina sierica
Rari*: aumento della creatinina sierica

I pazienti con carcinoma della mammella che hanno ricevuto paclitaxel nella terapia adiuvante dopo trattamento di AC, hanno manifestato tossicità neurosensoriale, reazioni di

maggiore rispetto ai pazienti trattati solo con AC. Tuttavia, la frequenza di questi eventi è stata coerente con l’uso di paclitaxel in monoterapia, come sopra riportato.

Trattamento in associazione

La discussione seguente si riferisce a due studi clinici principali per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico (paclitaxel + cisplatino: oltre 1050 pazienti); due studi clinici di fase III nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella: uno ha esaminato l’associazione con doxorubicina (paclitaxel + doxorubicina: 267 pazienti), un altro ha esaminato l’associazione con trastuzumab (analisi di sottogruppo pianificata paclitaxel + trastuzumab: 188 pazienti); due studi clinici di fase III per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (paclitaxel + cisplatino: oltre 360 pazienti) (vedere paragrafo 5.1).

Con la somministrazione sotto forma di infusione di tre ore per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, neurotossicità, artralgia/mialgia e ipersensibilità sono state segnalate come più frequenti e più gravi nelle pazienti trattate con paclitaxel seguito da cisplatino, rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfamide seguita da cisplatino. La mielosoppressione è stata meno frequente e meno grave con paclitaxel in infusione di tre ore seguito da cisplatino, rispetto al trattamento con ciclofosfamide seguita da cisplatino.

Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, neutropenia, anemia, neuropatia periferica, artralgia/mialgia, astenia, febbre e diarrea sono state segnalate con maggiore frequenza e gravità quando paclitaxel (220 mg/m2) è stato somministrato, sotto forma di infusione di 3 ore, 24 ore dopo la doxorubicina (50 mg/m2), rispetto alla terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m2, doxorubicina 50 mg/m2, ciclofosfamide 500 mg/m2). Nausea e vomito sono comparsi con minore frequenza e gravità con il regime paclitaxel (220 mg/m2)/doxorubicina (50 mg/m2), rispetto al regime FAC standard. L’uso di corticosteroidi può avere contribuito alla minore frequenza e gravità di nausea e vomito nel braccio paclitaxel/doxorubicina.

Quando il paclitaxel è stato somministrato come infusione di 3 ore in associazione a trastuzumab, per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma metastatico della mammella, gli eventi seguenti (indipendentemente dalla correlazione a paclitaxel o trastuzumab) sono stati riportati con più frequenza rispetto al paclitaxel in monoterapia: insufficienza cardiaca (8% vs 1%), infezione (46% vs 27%), brividi (42% vs 4%), febbre

(47% vs 23%), tosse (42% vs 22%), rash (39% vs 18%), artralgia (37% vs 21%), tachicardia

(12% vs 4%), diarrea (45% vs 30%), ipertensione (11% vs 3%), epistassi (18% vs 4%), acne

(11% vs 3%), herpes simplex (12% vs 3%), lesione accidentale (13% vs 3%), insonnia (25%

vs 13%), rinite (22% vs 5%), sinusite (21% vs 7%) e reazione nel sito di iniezione (7% vs

1%).

Alcune di queste differenze nella frequenza possono essere dovute all’aumento del numero e della durata dei trattamenti con l’associazione paclitaxel/trastuzumab rispetto a paclitaxel in monoterapia. Eventi gravi sono stati segnalati con percentuali simili per paclitaxel/trastuzumab e paclitaxel in monoterapia.

Quando la doxorubicina è stata somministrata in associazione con paclitaxel nel carcinoma metastatico della mammella, anomalie della contrazione cardiaca (riduzione ≥20% della frazione di eiezione ventricolare sinistra) sono state osservate nel 15% dei pazienti, rispetto al 10% con il regime FAC standard. Insufficienza cardiaca congestizia è stata osservata in

<1% sia nel braccio paclitaxel/doxorubicina che nel braccio FAC standard. La somministrazione di trastuzumab in associazione con paclitaxel in pazienti precedentemente

disfunzione cardiaca, rispetto ai pazienti trattati con paclitaxel in monoterapia (Classe I/II NYHA 10% vs. 0%; Classe III/IV NYHA 2% vs. 1%) e raramente è stata associata a morte (vedere Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab). Eccetto che in questi rari casi, i pazienti hanno risposto a un trattamento medico appropriato.

Polmonite da radiazioni è stata segnalata nei pazienti sottoposti a radioterapia concomitante.

Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS

Sulla base di uno studio clinico comprendente 107 pazienti, fatta eccezione per gli effetti indesiderati ematologici ed epatici (vedere di seguito), la frequenza e la gravità degli effetti indesiderati sono in genere simili tra i pazienti con sarcoma di Kaposi e i pazienti trattati con paclitaxel in monoterapia per altri tumori solidi.

Patologie del sistema emolinfopoietico: la mielosoppressione è stata la tossicità dose- limitante principale. La neutropenia è la più importante tossicità ematologica. Durante il primo ciclo di trattamento, neutropenia grave (<500 cellule/mm3) si è verificata nel 20% dei pazienti. Durante l’intero periodo di trattamento, neutropenia grave è stata osservata nel 39% dei pazienti. Neutropenia è stata presente per >7 giorni nel 41% dei pazienti e per 30-35 giorni nell’8%. Si è risolta entro 35 giorni in tutti i pazienti seguiti. L’incidenza di neutropenia di Grado 4 di durata ≥7 giorni è stata del 22%.

Febbre neutropenica correlata a paclitaxel è stata segnalata nel 14% dei pazienti e nell’1,3% dei cicli di trattamento. Durante la somministrazione di paclitaxel, vi sono stati 3 episodi settici (2,8%) correlati al farmaco, che sono risultati fatali.

Trombocitopenia è stata osservata nel 50% dei pazienti ed è stata grave (<50.000 cellule/mm3) nel 9% dei casi. Solo nel 14% dei pazienti si è verificata una diminuzione della conta piastrinica <75.000 cellule/mm3, almeno una volta durante il trattamento. Episodi di sanguinamento correlati a paclitaxel sono stati segnalati in <3% dei pazienti, ma gli episodi emorragici sono stati localizzati.

Anemia (Hb <11 g/dl) è stata osservata nel 61% dei pazienti ed è stata grave (Hb <8 g/dl) nel 10%. La trasfusione di globuli rossi si è resa necessaria nel 21% dei pazienti.

Patologie epatobiliari: tra i pazienti (>50% in trattamento con inibitori delle proteasi) con funzione epatica normale al basale, è stato segnalato nel 28%, 43% e 44% dei casi un innalzamento rispettivamente della bilirubina, della fosfatasi alcalina e dell’AST (SGOT). Per ciascuno di questi parametri, l’aumento è stato grave nell’1% dei casi.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette.

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili

04.9 Sovradosaggio

Indice

Non è noto alcun antidoto per il sovradosaggio di paclitaxel. In caso di sovradosaggio, il paziente deve essere tenuto sotto attenta osservazione. Il trattamento deve essere mirato alle tossicità primarie menzionate, che consistono in soppressione del midollo osseo, neurotossicità periferica e mucosite.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: Alcaloidi derivati da piante e altri prodotti naturali, taxani. Codice ATC: L01C D01.

Il paclitaxel è un agente antimicrotubulare, che favorisce l’aggregazione dei microtubuli dai dimeri di tubulina e stabilizza i microtubuli prevenendone la depolimerizzazione. Questa stabilizzazione provoca l’inibizione della normale riorganizzazione dinamica della rete microtubulare, essenziale per le funzioni vitali mitotiche e di interfase delle cellule. Inoltre, il paclitaxel induce la formazione di aggregazioni o fasci anomali di microtubuli durante il ciclo cellulare e di aster multipli di microtubuli durante la mitosi.

Carcinoma ovarico

Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, la sicurezza e l’efficacia di paclitaxel sono state valutate in due importanti studi clinici randomizzati e controllati (vs. ciclofosfamide 750 mg/m2/cisplatino 75 mg/m2). Nello studio Intergroup (BMS CA139-209), oltre 650 pazienti con carcinoma ovarico primitivo di stadio IIb-c, III o IV hanno ricevuto un massimo di 9 cicli di trattamento con paclitaxel (175 mg/m2 nell’arco di 3 ore), seguito da cisplatino (75 mg/m2) o controllo. Il secondo studio principale (GOG-111/BMS CA139-022) ha valutato un massimo di 6 cicli di trattamento con paclitaxel (135 mg/m2 nell’arco di 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m2), o con il controllo, in oltre 400 pazienti con carcinoma ovarico primitivo di stadio III/IV, con malattia residua >1 cm dopo laparotomia di stadiazione o con metastasi a distanza. Sebbene le due diverse posologie di paclitaxel non siano state confrontate direttamente, in entrambi gli studi le pazienti trattate con paclitaxel in associazione con cisplatino hanno evidenziato una percentuale di risposta significativamente più elevata, un prolungamento del tempo alla progressione e un tempo di sopravvivenza più lungo, rispetto alla terapia standard. Nelle pazienti con carcinoma ovarico in fase avanzata trattate con paclitaxel/cisplatino come infusione di 3 ore è stato osservato un aumento di neurotossicità e artralgia/mialgia, ma una minore mielosoppressione, rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfamide/cisplatino.

Carcinoma della mammella

Nel trattamento adiuvante del carcinoma della mammella, 3121 pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi sono stati trattati con terapia adiuvante con paclitaxel o con nessuna chemioterapia dopo quattro cicli di doxorubicina e ciclofosfamide (CALGB 9344, BMS CA 139-223). Il follow-up mediano è stato di 69 mesi. Nel complesso, i pazienti trattati con paclitaxel hanno evidenziato una riduzione significativa del 18% del rischio di recidiva della malattia, rispetto ai pazienti trattati solo con AC (p = 0,0014), e una riduzione significativa del 19% del rischio di morte (p = 0,0044) rispetto ai pazienti trattati solo con AC. Le analisi retrospettive mostrano un beneficio in tutti i sottogruppi di pazienti. Nei pazienti con tumori con recettori ormonali negativi/sconosciuti, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 28% (IC al 95%: 0,59-0,86). Nel sottogruppo di pazienti con tumori con recettori ormonali positivi, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 9% (IC al 95%: 0,78-1,07).

Tuttavia, il disegno dello studio non ha valutato l’effetto della continuazione della terapia AC oltre i 4 cicli. Non si può escludere, sulla base unicamente di questo studio, che gli effetti osservati possano essere in parte dovuti alla differenza di durata della chemioterapia tra i due bracci (AC 4 cicli; AC + paclitaxel 8 cicli). Pertanto, il trattamento adiuvante con paclitaxel

In un secondo grande studio clinico sul trattamento adiuvante del carcinoma della mammella con linfonodi positivi, con disegno simile, 3060 pazienti sono stati randomizzati a ricevere o non ricevere quattro cicli di paclitaxel a una dose più elevata di 225 mg/m2, dopo quattro cicli di AC (NSABP B-28, BMS CA139-270). A un follow-up mediano di 64 mesi, i pazienti trattati con paclitaxel hanno mostrato una riduzione significativa del 17% del rischio di recidiva della malattia, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto solo AC (p = 0,006); il trattamento con paclitaxel è stato associato a una riduzione del rischio di morte del 7% (IC al 95%: 0,78-1,12). Tutte le analisi dei sottogruppi hanno favorito il braccio paclitaxel. In questo studio, i pazienti con tumori con recettori ormonali positivi hanno evidenziato una riduzione del rischio di recidiva della malattia del 23% (IC al 95%: 0,6-0,92); nel sottogruppo di pazienti con tumori con recettori ormonali negativi, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 10% (IC al 95%: 0,7-1,11).

Nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in due studi cardine di fase III, randomizzati, controllati in aperto.

Nel primo studio (BMS CA139-278), l’associazione del bolo di doxorubicina (50 mg/m²) seguito dopo 24 ore da paclitaxel (220 mg/m2 in infusione di 3 ore) (AT) è stata confrontata con il regime FAC standard (5-FU 500 mg/m2, doxorubicina 50 mg/m2, ciclofosfamide 500 mg/m2), entrambi somministrati ogni tre settimane per otto cicli. In questo studio randomizzato, sono stati arruolati 267 pazienti con carcinoma metastatico della mammella che, nel trattamento adiuvante, non erano stati sottoposti a precedente chemioterapia o che erano stati sottoposti solo a chemioterapia non contenente antracicline. I risultati hanno mostrato una differenza significativa nel tempo alla progressione per i pazienti trattati con AT rispetto a quelli trattati con FAC (8,2 vs. 6,2 mesi; p=0,029). La sopravvivenza mediana è risultata a favore di paclitaxel/doxorubicina vs. FAC (23,0 vs. 18,3 mesi; p=0,004). Nel braccio di trattamento AT e FAC, rispettivamente il 44% e il 48% hanno ricevuto chemioterapia in follow-up, che comprendeva taxani rispettivamente nel 7% e 50%. Anche la percentuale di risposta complessiva è stata significativamente più elevata nel braccio AT rispetto al braccio FAC (68% vs. 55%). Risposte complete sono state osservate nel 19% dei pazienti del braccio paclitaxel/doxorubicina, rispetto all’8% dei pazienti del braccio FAC. Tutti i risultati di efficacia sono stati successivamente confermati da una revisione indipendente condotta in cieco.

Nel secondo studio cardine, l’efficacia e la sicurezza dell’associazione paclitaxel-Herceptin sono state valutate in un’analisi per sottogruppi pianificata (pazienti con carcinoma metastatico della mammella trattati in precedenza con antracicline in adiuvante) dello studio HO648g. Non è stata dimostrata l’efficacia di Herceptin in associazione con paclitaxel in pazienti non sottoposti in precedenza a trattamento adiuvante con antracicline. L’associazione di trastuzumab (dose di carico di 4 mg/kg seguita da 2 mg/kg la settimana) e paclitaxel (175 mg/m2) in infusione di 3 ore, ogni tre settimane, è stata confrontata con paclitaxel (175 mg/m2) in monoterapia in infusione di 3 ore, ogni tre settimane, in un gruppo di 188 pazienti con carcinoma metastatico della mammella con iperespressione di HER2 (2+ o 3+ misurato con il metodo immunoistochimico), sottoposti in precedenza a trattamento con antracicline. Paclitaxel è stato somministrato ogni tre settimane, per almeno sei cicli, mentre trastuzumab è stato somministrato settimanalmente fino a progressione di malattia. Lo studio ha dimostrato un beneficio significativo per l’associazione paclitaxel/trastuzumab, in termini di tempo alla progressione (6,9 vs. 3,0 mesi), tasso di risposta (41% vs. 17%) e durata della risposta (10,5 vs. 4,5 mesi), rispetto al solo paclitaxel. La tossicità più significativa osservata con l’associazione paclitaxel/trastuzumab è stata la disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.8).

Nel trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (NSCLC), paclitaxel 175 mg/m2, seguito da cisplatino 80 mg/m2 è stato valutato in due studi di fase III (367 pazienti trattati con regimi comprendenti paclitaxel). Entrambi gli studi erano randomizzati, uno di confronto con cisplatino 100 mg/m2, l’altro con teniposide 100 mg/m2 seguito da cisplatino 80 mg/m2 come regime di confronto (367 pazienti hanno ricevuto il regime di confronto). I risultati di ciascuno studio sono stati simili. Per l’esito primario di mortalità, non vi è stata una differenza significativa tra il regime contenente paclitaxel e il regime di confronto (tempo di sopravvivenza mediana 8,1 e 9,5 mesi per i regimi contenenti paclitaxel, 8,6 e 9,9 mesi per i regimi di confronto). Analogamente, non vi è stata una differenza significativa tra i trattamenti nella sopravvivenza libera da progressione. Vi è stato un beneficio significativo in termini di percentuale di risposta clinica. I risultati relativi alla qualità della vita suggeriscono un beneficio per i regimi contenenti paclitaxel, in termini di perdita dell’appetito, e forniscono una prova chiara dell’inferiorità dei regimi contenenti paclitaxel in termini di neuropatia periferica (p<0,008).

Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS

Nel trattamento del sarcoma di Kaposi (KS) correlato all’AIDS, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in uno studio non comparativo in pazienti con KS avanzato, trattati precedentemente con chemioterapia sistemica. L’endpoint primario è stato la migliore risposta tumorale. Dei 107 pazienti, 63 sono stati considerati resistenti alle antracicline liposomiali. Si ritiene che questo sottogruppo costituisca la popolazione fondamentale di efficacia. La percentuale di successo complessiva (risposta completa/parziale), dopo 15 cicli di trattamento, è stata del 57% (IC 44-70%) nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Oltre il 50% delle risposte è stato registrato dopo i primi 3 cicli. Nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali, le percentuali di risposta erano paragonabili nei pazienti che non avevano mai ricevuto un inibitore delle proteasi (55,6%) e in quelli che ne avevano ricevuto uno almeno 2 mesi prima del trattamento con paclitaxel (60,9%). Il tempo mediano alla progressione nella popolazione fondamentale è stato di 468 giorni (IC al 95% 257-NE). Non è stato possibile calcolare la sopravvivenza mediana, ma il limite minimo del 95% è stato di 617 giorni nei pazienti fondamentali.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

A seguito di somministrazione endovenosa, paclitaxel mostra una riduzione bifasica delle concentrazioni plasmatiche.

La farmacocinetica di paclitaxel è stata determinata dopo infusioni di 3 e 24 ore, a dosi di 135 e 175 mg/m2. L’emivita terminale media stimata era compresa tra 3,0 e 52,7 ore, mentre i valori medi della clearance corporea totale, derivati secondo un modello non compartimentale, variavano da 11,6 a 24,0 l/h/m2; la clearance corporea totale sembra diminuire con concentrazioni plasmatiche più elevate di paclitaxel. Il volume medio di distribuzione allo steady state era compreso tra 198 e 688 l/m2, indicando un’estesa distribuzione extravascolare e/o un legame a livello tissutale. Con l’infusione di 3 ore, l’aumento delle dosi porta a una farmacocinetica non lineare. Per l’aumento del 30% della dose, da 135 mg/m2 a 175 mg/m2, i valori di Cmax e AUC-∞ sono aumentati rispettivamente del 75% e dell’81%.

Dopo una dose endovenosa di 100 mg/m2, somministrata come infusione di 3 ore a 19 pazienti con sarcoma di Kaposi, la Cmax media è stata 1.530 ng/ml (range 761-2.860 ng/ml) e l’AUC media 5.619 ng.h/ml (range 2.609-9.428 ng.h/ml). La clearance è stata di 20,6 l/h/m2 (range 11-38) e il volume di distribuzione è stato di 291 l/m2 (range 121-638). L’emivita

La variabilità intraindividuale nell’esposizione sistemica di paclitaxel è stata minima. Non vi è stata evidenza di accumulo del paclitaxel con più cicli di trattamento.

Gli studi in vitro di legame alle proteine sieriche umane indicano un legame del farmaco dell’89-98%. La presenza di cimetidina, ranitidina, desametasone o difenidramina non ha influenzato il legame di paclitaxel alle proteine.

La distribuzione di paclitaxel nell’uomo non è stata pienamente chiarita. I valori medi di escrezione urinaria cumulativa del principio attivo immodificato variavano dall’1,3 al 12,6% della dose somministrata, indicando un’estesa clearance non renale. Il metabolismo epatico e la clearance biliare possono essere considerati i meccanismi principali per l’eliminazione di paclitaxel. Il paclitaxel sembra essere metabolizzato principalmente dagli enzimi del citocromo P450. Dopo la somministrazione di paclitaxel radiomarcato, in media il 26%, 2% e 6% della radioattività è stato escreto nelle feci, rispettivamente come 6 α-idrossipaclitaxel, 3′-p-idrossipaclitaxel e 6α-3′-p-diidrossipaclitaxel. La formazione di questi metaboliti idrossilati è catalizzata rispettivamente da CYP2C8, CYP3A4 e da entrambi CYP2C8 e CYP3A4. L’effetto della disfunzione renale o epatica sull’eliminazione del paclitaxel, a seguito di infusione di 3 ore, non è stato formalmente studiato. I parametri farmacocinetici ottenuti da un paziente sottoposto a emodialisi, che aveva ricevuto un’infusione di 3 ore di paclitaxel 135 mg/m2, erano compresi nell’intervallo definito per i pazienti non dializzati.

Negli studi clinici in cui paclitaxel e doxorubicina sono stati somministrati in concomitanza, la distribuzione e l’eliminazione di doxorubicina e dei suoi metaboliti sono risultate prolungate. L’esposizione plasmatica totale alla doxorubicina è stata del 30% più elevata quando il paclitaxel è stato somministrato subito dopo la doxorubicina, rispetto a quando vi è stato un intervallo di 24 ore tra la somministrazione dei due farmaci.

Per l’uso di paclitaxel in associazione ad altre terapie, si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino, doxorubicina e trastuzumab per le informazioni sull’impiego di questi medicinali.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Non è stato studiato il potenziale cancerogeno di paclitaxel. Tuttavia, considerando la letteratura pubblicata, a dosi cliniche il paclitaxel è un potenziale agente cancerogeno e genotossico sulla base del suo meccanismo d’azione farmacodinamico. Paclitaxel è risultato mutageno nei sistemi cellulari di mammiferi, sia in vitro che in vivo.

Paclitaxel si è dimostrato inoltre embriotossico e fetotossico nel coniglio e ha ridotto la fertilità nel ratto.

A basse dosi sono stati osservati effetti avversi sugli organi riproduttivi maschili, mentre a dosi tossiche è stata osservata una compromissione della fertilità maschile e femminile. A dosi tossiche per la madre, nei ratti e nei conigli è stata osservata tossicità embriofetale, evidenziata dalla mortalità intrauterina e dal maggior numero di riassorbimenti e morti fetali. Nei conigli, gli effetti teratogeni sono stati osservati a dosi inferiori a quelle tossiche per la madre. Nel latte di ratti in allattamento è stata rilevata una escrezione limitata di paclitaxel. Il paclitaxel non si è dimostrato mutageno, ma ha causato aberrazioni cromosomiche in vitro e in vivo. Il potenziale cancerogeno del paclitaxel non è stato studiato. Dopo somministrazione cronica sono stati osservati mediante esami istopatologici effetti neurotossici ritardati con nessuna evidenza o evidenze limitate di recupero.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Etanolo anidro Macrogolglicerolo ricinoleato

Acido citrico anidro (per l’aggiustamento del pH)

06.2 Incompatibilità

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Il macrogolglicerolo ricinoleato può causare la cessione di DEHP (di-(2-etilesil)-ftalato) dai contenitori in polivinilcloruro (PVC), a livelli che aumentano con il tempo e la concentrazione. Di conseguenza, la preparazione, la conservazione e la somministrazione di Paclitaxel Kabi diluito devono essere effettuate usando dispositivi non contenenti PVC.

Questo medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.

06.3 Periodo di validità

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Flaconcino prima dell’apertura 2 anni.

Dopo l’apertura, prima della diluizione

La stabilità chimica e fisica in uso è stata dimostrata per 28 giorni a 25°C, dopo ripetuti inserimenti dell’ago e prelievi di prodotto. Tempi e condizioni di conservazione in uso diversi da quelli descritti sono di responsabilità dell’utilizzatore.

Dopo la diluizione

La stabilità chimica e fisica in uso della soluzione preparata per l’infusione è stata dimostrata a 25°C per 24 ore, se diluita in soluzione di glucosio al 5%, soluzione di sodio cloruro allo 0,9%, soluzione di Ringer con glucosio al 5% e soluzione di glucosio al 5%/sodio cloruro allo 0,9%.

Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere usato immediatamente. Se non utilizzato immediatamente, i tempi di conservazione in uso e le condizioni di conservazione prima dell’uso rientrano nella responsabilità dell’utilizzatore e di norma non dovrebbero superare le 24 ore a una temperatura compresa tra 2 e 8°C, a meno che la ricostituzione/diluizione non sia avvenuta in condizioni controllate e asettiche validate.

Dopo la diluizione, la soluzione è esclusivamente monouso.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Non conservare a temperatura superiore ai 25°C.

Tenere il flaconcino nella confezione esterna per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere paragrafo 6.3.

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

I flaconcini di vetro di tipo I (con tappo in gomma clorobutilica rivestita in Teflon) contengono 30 mg, 100 mg, 150 mg, 300 mg o 600 mg di paclitaxel, rispettivamente in 5 ml,

16,7 ml, 25 ml, 50 ml o 100 ml di soluzione.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

Indice

Manipolazione:

Come per tutti gli agenti antineoplastici, paclitaxel deve essere maneggiato con cautela. La diluizione deve essere effettuata in condizioni asettiche, da personale specializzato, in un’area specificamente designata. Devono essere indossati guanti protettivi adeguati e devono essere adottate tutte le precauzioni al fine di evitare il contatto con la cute e con le mucose. In caso di contatto con la cute, lavare la zona interessata con acqua e sapone. A seguito di esposizione topica, sono stati osservati formicolio, bruciore e arrossamento. In caso di contatto con le mucose, lavare la zona interessata con abbondante acqua. A seguito di inalazione, sono stati segnalati dispnea, dolore toracico, bruciore alla gola e nausea.

Se i flaconcini non aperti vengono conservati in frigorifero, si può formare un precipitato che si scioglie agitando delicatamente o anche spontaneamente, quando viene raggiunta la temperatura ambiente. La qualità del prodotto non ne risulta influenzata. Se la soluzione rimane torbida o se si nota un precipitato insolubile, il flaconcino deve essere scartato.

Dopo molteplici introduzioni di aghi e prelievi, il flaconcino mantiene la stabilità microbiologica, chimica e fisica per 28 giorni a 25 °C. L’utilizzatore è responsabile dell’uso di altri tempi e condizioni di conservazione.

Il dispositivo Chemo-Dispensing Pin o dispositivi simili con perforatori non devono essere utilizzati, perché possono provocare il cedimento del tappo del flaconcino, con conseguente perdita di sterilità.

Preparazione per la somministrazione endovenosa:

Prima dell’infusione, paclitaxel deve essere diluito, in condizioni asettiche, in soluzione di glucosio al 5%, soluzione di sodio cloruro allo 0,9%, soluzione di Ringer con glucosio al 5% e soluzione di glucosio al 5%/sodio cloruro allo 0,9%, fino a ottenere una concentrazione finale di 0,3-1,2 mg/ml.

La stabilità chimica e fisica della soluzione pronta per l’infusione è dimostrata a 25 °C per 24 ore dopo diluizione in una soluzione di glucosio al 5% , di sodio cloruro allo 0,9%, di glucosio al 5% in Ringer e di glucosio al 5% / sodio cloruro allo 0,9%.

Da un punto di vista microbiologico il prodotto deve essere usato immediatamente. In caso di uso non immediato i tempi di conservazione in uso e le condizioni prima dell’uso, che di norma non dovrebbero superare le 24 ore a una temperatura di 2-8 °C, a meno che la ricostituzione/diluizione non sia stata effettuata in condizioni asettiche controllate e validate, sono responsabilità dell’utilizzatore.

Dopo la diluizione, la soluzione va usata solo una volta.

Al momento della preparazione, la soluzione può mostrare torbidità dovuta al veicolo della formulazione, e non viene eliminata per filtrazione. Paclitaxel deve essere somministrato tramite un filtro in linea con membrana microporosa ≤0,22 µm. Non è stata osservata alcuna perdita significativa di attività, a seguito di somministrazione simulata della soluzione tramite una cannula per infusione e.v. dotata di filtro in linea.

Vi sono state rare segnalazioni di precipitazione durante l’infusione di paclitaxel, di solito

chiarita, è probabilmente legata alla sovrasaturazione della soluzione diluita. Per ridurre il rischio di precipitazione, paclitaxel deve essere usato non appena possibile dopo la diluizione, evitando agitazioni, vibrazioni o scuotimenti eccessivi. I set da infusione devono essere lavati accuratamente prima dell’uso. Durante l’infusione, l’aspetto della soluzione deve essere controllato regolarmente e, qualora sia presente precipitazione, l’infusione deve essere interrotta.

Per ridurre al minimo l’esposizione del paziente al DEHP, che può essere rilasciato dalle sacche per infusione, dai set per infusione o dagli altri presidi medico-chirurgici contenenti PVC, le soluzioni diluite di paclitaxel devono essere conservate in flaconi non in PVC (vetro, polipropilene) o sacche di plastica (polipropilene, poliolefina) e somministrate mediante set da infusione rivestiti internamente di polietilene. L’uso di filtri (ad es. IVEX-2®) con brevi raccordi di entrata e/o uscita in PVC non ha comportato una cessione significativa di DEHP.

Istruzioni di sicurezza per la preparazione di Paclitaxel Kabi soluzione per infusione

È necessario usare una camera protettiva nonché indossare guanti e camice protettivi. Se non è disponibile alcuna camera protettiva, si devono usare mascherina facciale e occhiali di protezione.

Le donne in gravidanza o quelle che potrebbero iniziare una gravidanza non devono manipolare questo prodotto.

I contenitori aperti quali i flaconcini per iniezione e i flaconi per infusione, nonché gli aghi, le siringhe, i cateteri, le provette e i residui di citostatici devono essere considerati quali rifiuti pericolosi e quindi devono essere smaltiti secondo le linee guida nazionali riguardanti la manipolazione dei RIFIUTI PERICOLOSI.

In caso di versamento, osservare le istruzioni seguenti: si devono indossare indumenti protettivi; i vetri rotti devono essere raccolti e deposti nel contenitore per i RIFIUTI PERICOLOSI; le superfici contaminate devono essere risciacquate in modo appropriato con abbondanti quantità d’acqua fredda; le superfici risciacquate devono essere poi asciugate accuratamente e i materiali usati a questo scopo devono essere smaltiti come RIFIUTI PERICOLOSI.

Se paclitaxel entra in contatto con la cute, si deve risciacquare la parte con abbondante acqua corrente e poi lavarla con acqua e sapone. In caso di contatto con le mucose, lavare accuratamente con acqua la parte contaminata. In caso di disturbi di qualsiasi tipo si deve contattare il medico.

Qualora paclitaxel entrasse in contatto con gli occhi, occorre lavarli accuratamente con abbondante acqua fredda. Contattare un oftalmologo immediatamente.

Smaltimento:

Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Fresenius Kabi Italia S.r.l Via Camagre, 41

37063 Isola della Scala (VR)

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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039405016 1 flaconcino vetro da 30 mg/5ml

039405028 5 flaconcini vetro da 30 mg/5ml

039405042 5 flaconcini vetro da 100 mg/16,7 ml
039405079 1 flaconcino vetro da 150 mg/25 ml
039405093 5 flaconcini vetro da 150 mg/25 ml
039405055 1 flaconcino vetro da 300mg/50 ml
039405067 5 flaconcini vetro da 300mg/50 ml
039405081 1 flaconcino vetro da 600 mg/100 ml
039405105 5 flaconcini vetro da 600 mg/100 ml

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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25 febbraio 2010

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: ———-