Orticaria: classificazione, diagnosi e terapia

Orticaria: classificazione, diagnosi e terapia

L’ orticaria è una malattia molto comune e dalle varie presentazioni cliniche aventi tutte in comune la presenza di pomfi, angioedema o entrambi.

L’ orticaria è il risultato finale di meccanismi complessi in cui basofili e mastociti hanno un ruolo predominante.

I fattori scatenanti di un singolo episodio sono facilmente identificabili, specie se il caso è isolato; al contrario, se il problema è di lunga data, spesso il paziente viene sottoposto a numerose indagini di laboratorio e strumentali senza però trovare nessun agente che  possa aver dato origine al disturbo.

Epidemiologia

Molte persone, presa in esame la popolazione mondiale, hanno avuto almeno una volta nella vita un episodio di orticaria; per quanto riguarda a popolazione italiana, si parla di 5-6 milioni di persone.

L’orticaria è suddivisa a seconda della durata in orticaria acuta (meno di 6 settimane di durata) ed orticaria cronica (più di 6 settimane di durata).

L’orticaria acuta sembra colpire il 10-23% della popolazione e circa il 25-30% di tali pazienti presenterebbe la forma cronica che, nella metà dei casi, è associato ad almeno un caso di angioedema (2,3).

La prevalenza dell’orticaria cronica in Europa equivale a più di 5.000.000 pazienti di cui 1.000.000 solo in Italia. Essa colpisce maggiormente le femmine con un rapporto donna-uomo di 2 a 1.

Definizione e classificazione

Le linee guida del 2014 definiscono l’orticaria come una malattia caratterizzata dalla presenza di pomfi pruriginosi e/o angioedema.

I pomfi sono una risposta vascolare a diversi stimoli che causano un aumento della permeabilità indotta da agenti chimici vasoattivi prodotti da mastociti e basofili.

Comparirà un angioedema invece quando l’edema coinvolge il derma ed il sottocute.

La classificazione clinica dei vari sottotipi di orticaria formulata nelle linee guida EAACI/GALEN/EDF/WAO nel 2009 è rimasta invariata ed è valida ancora oggi.

L’orticaria viene suddivisa nelle grandi categorie: acuta e cronica.

La forma acuta prevede la presenza di lesioni cutanee (pomfi, angioedema o entrambi) continue o sporadiche per meno di 6 settimane.

In realtà la maggior parte delle forme acute si risolve in 24-48 ore.

La forma è considerata cronica se le lesioni cutanee permangono per più di 6 settimane.

L’orticaria ricorrente (o intermittente) è caratterizzata dalla durata di 6 settimane o più accompagnata però da periodi di quiescenza di giorni o settimane.

L’orticaria cronica a sua volta è suddivisibile in spontanea ed inducibile (tabella 1) (1).

L’orticaria spontanea (comune) è quella dove non si riscontrano stimoli fisici o contatti con un agente esterno o manifestazioni vasculitiche.

Il termine spontanea accoglie anche la precedente denominazione di orticaria idiopatica, usato solo per i casi di orticaria a causa ignota, quindi, l’orticaria cronica spontanea può essere da causa nota, da causa non nota oppure autoimmune.

Tabella 1. Classificazione orticaria cronica

  • Cronica Spontanea
    • Spontanea comparsa di pomfi, angioedema o entrambi per più di 6 settimane da cause note e non note
  • Cronica Inducibile
    • Dermografismo sintomatico oppure orticaria dermografica oppure orticaria factitia
    • Orticaria ritardata da pressione
    • Orticaria da freddo
    • Orticaria da calore
    • Orticaria solare
    • Angioedema vibratorio
    • Orticaria colinergica
    • Orticaria acquagenica

(1) Tratto e tradotto da Zuberbier T, Aberer W, Asero R, et al. The EAACI/GA(2) LEN/EDF/WAO Guideline for the definition, classification, diagnosis, and management of urticaria: the 2013 revision and update. Allergy. 2014;69:868-87.

L’uso clinico di questa suddivisione è finalizzata a rendere univoci i dati epidemiologici di prevalenza, distribuzione e decorso dei diversi tipi e sottotipi di orticaria a prescindere dalle complesse dinamiche eziopatogenetiche delle forme croniche.

Inoltre due o più subset di orticaria possono presentarsi contemporaneamente nello stesso paziente.

Tanto è vero che un terzo dei pazienti con orticaria spontanea cronica possono venire colpiti anche da orticaria ritardata da pressione che è un caso di orticaria cronica inducibile.

Eziopatogenesi dell’orticaria

I pazienti e l’opinione pubblica spesso credono che l’orticaria, in entrambe le forme cronica e acuta, sia la manifestazione di un’allergia soprattutto ad alimenti.

Ciò non è del tutto immotivato dato che il pomfo è il criterio per stabilire la presenza di una sensibilizzazione IgE mediata, attraverso i prick tests.

L’orticaria spontanea cronica è scatenata dall’intervento dei mastociti e dei basofili che rilasciano istamina e altri mediatori pro-infiammatori, responsabili della comparsa dei sintomi.

La presenza di orticaria spontanea non esclude la sincrona presenza di orticaria indotta, rilevabile dal dermatologo con il test di provocazione dei pomfi tramite dermografismo.

L’attivazione dei mastociti avviene attraverso molteplici meccanismi e vie del segnale intercellulare che sono a monte del processo di degranulazione che libera istamina nello spazio extracellulare.

L’istamina è la causa che scatena una serie di fenomeni patologici cutanei che portano alla formazione dei pomfi.

Mettiamo ora in risalto che i meccanismi attivanti la degranulazione dei mastociti possono essere divisi in due categorie: meccanismi immunologici e non immunologici, come illustrato nella tabella 2.

Questa distinzione dimostra che non tutte le orticarie sono “allergiche”, ma uno stesso agente, (es. farmaci), può attivare i mastociti seguendo sia la via immunologica che quella non immunologica (4).

Tabella 2. Meccanismi attivanti la degranulazione dei mastociti (4)

  • Fattori Immunologici
    • Ipersensibilità IgE
    • IgG anti-recettore ad alta affinità per le IgE (FcsRI)
    • Immunocomplessi ed attivazione del complemento (C3a-C5a)
    • Citochine (IL-1, GM-CSF ed altri attivatori mastocitari non specifici)
  • Fattori Non Immunologici
    • Farmacologici
    • Attivazione diretta del complemento
    • Difettosa regolazione dei mediatori ( deficit ereditario o acquisito ad esempio di C1 esterasi inibitore)
    • Fenomeni fisici locali termici e meccanici

(4) Tratto e tradotto da Saurat – Grosshans – Laugier – Lachapelle. Dermatologia e malattie sessualmente trasmesse, Editore: Edra-Masson , Edizione: III 2/2006.

Relativamente ai meccanismi immunologici (vedi figura 1) le IgE svolgono un ruolo molto importante e, dopo che sono state sintetizzate per riconoscere determinati antigeni, si legano direttamente attraverso il loro frammento Fc ai loro recettori di membrana per le IgE (ad alta affinità FceRI e debole affinità FceRII) presenti sulla superficie del mastocita e di molte altre cellule ematopoietiche e tissutali come basofili e cheratinociti (5,6).

Anche le IgG hanno un ruolo importante, in due modi:

  1. La sintesi di IgG anti IgE, che legano a ponte due IgE a loro volta fissate al recettore di membrana
  2. La sintesi di IgG anti-recettore ad alta affinità per le IgE FceRI fissato nella sua subunità a a ponte

Figura 1. Meccanismi di rilascio di istamina da parte di anticorpi anti recettore IgE ad alta affinità

orticaria: figura 1

Tratto da: Hide M1, Francis DM, Grattan CE, Hakimi J, Kochan JP, Greaves MW. Autoantibodies against the high-affinity IgE receptor as a cause of histamine release in chronic urticaria. N Engl J Med.1993;328:1599-604. (5)

Gli immunocomplessi che attivano la cascata del complemento possono essere costituiti da IgG o IgM che riconoscono svariati antigeni (Epstein-Barr virus, farmaci, siero, detriti cellulari, ecc.).

Questo meccanismo è coinvolto specialmente nell’orticaria vasculite.

Tra i meccanismi non immunologici, si elencano i farmaci come curaro, oppiacei, farmaci antinfiammatori non steroidei, mezzi di contrasto iodati, alimenti come fragole, albume, frutta secca, veleni animali, raggi ultravioletti che hanno azione diretta sul mastocita.

I mezzi di contrasto, e non solo, possono anche provocare la liberazione di istamina attraverso il complemento.

Non tutti i pomfi e le forme di angioedema sono abbinate ad un rilascio di istamina, infatti come è spiegato nella figura 2, l’interleuchina-1 ha un ruolo centrale nello sviluppo dei pomfi dell’orticaria vasculite e delle forme auto infiammatorie acquisite o ereditarie, mentre la bradichinina fa da padrone nelle forme di angioedema acquisito, ereditario o farmaco-indotto.

Tali quadri saranno approfonditi nella sezione delle diagnosi differenziali e chiaramente non sono trattabili con terapia antistaminica, ma rispettivamente con anakinra (anti IL-1) e con icatibant (anti-bradichinina).

Figura 2. Algoritmo diagnostico per l’ orticaria

orticaria: algoritmo diagnostico

Tratta da Zuberbier T, Aberer W, Asero R, et al. The EAACI/GA(2) LEN/EDF/WAO Guideline for the definition, classification, diagnosis, and management of urticaria: the 2013 revision and update. Allergy. 2014;69:868-87.

Tra i fattori di origine cellulare e plasmatica coinvolti nella patogenesi dell’orticaria si possono trovare l’istamina, la triptasi, la prostaglandina D2, il leucotriene LTC4 e relativi metaboliti, le citochine come IL-3, IL-4, IL-5 e GM-CSF, la bradichinina e la sostanza P (4).

Recenti studi hanno inoltre portato alla luce che, in pazienti colpiti da orticaria cronica, si registra un aumento della produzione di trombina conseguente all’attivazione della via estrinseca della coagulazione: nei casi più seri questo porta a una fibrinogenesi con conseguente fibrinolisi e aumento del D-dimero.

A scatenare l’orticaria sono in ugual misura le infezioni (25%) ed i farmaci (25%) e solo in piccola parte gli alimenti (circa il 15%) a differenza di quanto si pensi comunemente.

L’orticaria acuta idiopatica corrisponde ad una percentuale di circa il 35%.

Al contrario tra i fattori che possono aggravare una preesistente orticaria cronica si annoverano:

  • Non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDS)
  • Alcuni “pseudoallergeni” degli alimenti (controversa)
  • Consumo di alcol
  • Infezioni virali intercorrenti
  • Stress/stanchezza eccessiva

A lungo si è pensato che l’orticaria comune, ora definita spontanea, fosse causata da uno stimolo antigenico persistente.

È stato attribuito quindi un possibile ruolo alle allergie alimentari, intolleranza ad additivi, conservanti e coloranti dei cibi, infezioni virali batteriche ed infestazioni.

Mancano però prove a supporto di tale ipotesi, mentre ci sono per le infezioni e gli alimenti nelle forme acute (7).

A volte si è ipotizzato pure la possibilità di un collegamento tra orticaria e neoplasia, ma ricerche scientifiche hanno negato questa correlazione (8).

Tra le cause di orticaria cronica troviamo un 60% di casi di orticaria spontanea, un 35% è da cause fisiche ed un 5% di orticaria vasculite (9).

Dimostrazioni di orticaria comune accompagnata da patologie autoimmuni sono state effettuate per la tiroidite autoimmune (10), ma anche per il diabete mellito di  tipo 1, la celiachia e le IBD (inflammatory bowel diseases).

Presentazione clinica dell’orticaria

Le lesioni pomfoidi tipiche dell’orticaria si sviluppano secondo diverse conformazioni (a piccoli o grandi elementi, a placca, ad anello, figurate, ecc.).

Anche se le manifestazioni cliniche sono limitate il prurito è presente nel 100% dei casi; questo è assente soprattutto nei bambini più piccoli.

Trattiamo ora nel dettaglio le lesioni primitive dell’orticaria: pomfi e angioedema.

Il pomfo è la lesione più caratteristica dell’orticaria e si distingue per 3 aspetti:

  1. È una rilevatezza cutanea a contorni netti di dimensioni variabili, con un’area più chiara o bianca porcellana e margini di colore rosso o rosa di diversa intensità, a seconda della fase evolutiva.
  2. Si accompagna a prurito e talora a bruciore.
  3. Compare rapidamente e si risolve completamente senza esiti con ritorno della cute alla normalità tra 1 e 24 ore, a volte anchepiù rapidamente.

I pomfi hanno forma: rotonda, ovale, ad anelli completi o incompleti e grandezza variabile da pochi mm a diversi cm.

La superficie può assumere un aspetto a “buccia d’arancia”.

Possono essere in conformazione isolata o confluente e con bordi policiclici.

Appare quindi evidente che tali lesioni sono assolutamente variabili per forma, dimensione, sede d’insorgenza e durata.

Di solito i pomfi sono pruriginosi.

Istologicamente tale rilievo della cute è causato da un edema localizzato nella zona del derma.

L’angioedema ha invece 2 caratteristiche tipiche:

  1. Rapido e pronunciato gonfiore profondo, eritematoso o del colore della cute normale.
  2. A volte dolore, scarso prurito e scomparsa in più di 72 ore

L’angioedema è una tumefazione più o meno eritematosa che interessa principalmente il volto, le mani ed i piedi e che provoca una forte sensazione di tensione della zona in cui si è sviluppato e talvolta parestesie o con dolore anche articolare qualora siano le estremità ad essere colpite.

Solitamente si risolve in 3-4 giorni senza postumi.

Istologicamente si tratta di un edema profondo del derma e dei tessuti sottocutanei e sottomucosi.

Orticaria acuta

L’orticaria acuta è in assoluto la forma più comune e compare come un episodio unico e risolutivo.

È la forma che colpisce più spesso i bambini, atopici e i giovani adulti e può presentarsi insieme ad angioedema e anafilassi.

Il paziente di solito riesce a collegarla ad un evento perché è causata principalmente da infezioni e farmaci.

Nell’orticaria acuta la raccolta dell’anamnesi è di primaria importanza.

Orticaria cronica

L’orticaria cronica rappresenta solo un terzo delle forme di orticaria e consta di una durata media di 2 anni: (60%=1 anno, 40%=3 anni), ma può persistere anche per 3-10 anni.

Clinicamente è identica all’orticaria acuta, ma a differenza di questa è associata più raramente ad angioedema e anafilassi e le lesioni, continue o intermittenti, durano più di 6 settimane.

Le lesioni cutanee compaiono, inoltre, maggiormente la sera e la mattina. Tra l’altro il sesso femminile è più colpito e lamenta più prurito.

Orticaria cronica: grave impatto sulla qualità della vita ed elevato costo economico

È molto aumentato l’interesse verso la qualità della vita di pazienti affetti da questa patologia, infatti, in 10 anni le pubblicazioni scientifiche su questo tema sono quadruplicate.

Da questo grande interesse per l’argomento si deduce come l’orticaria cronica influisca pesantemente sulla qualità della vita e quanto sia elevato il costo economico di questa malattia a causa delle giornate di lavoro perse e per via del costo dei farmaci.

Recenti articoli hanno dimostrato, con l’impiego di quality-of-life instruments (QOL), come la compromissione della qualità della vita dei pazienti affetti da orticaria cronica sia molto elevata ed uguale a quella che subiscono i pazienti con malattia coronarica in attesa di un intervento chirurgico di bypass (11,12).

A ciò bisogna aggiungere per molti pazienti il disagio dovuto alla non conoscenza delle cause della malattia di cui soffrono con conseguenti consultazioni di diversi specialisti, esecuzione di numerosissimi esami, spesso anche ripetuti in laboratori e tempi diversi, motivo di carico economico molto gravoso per il paziente stesso e per il Sistema Sanitario Nazionale.

È stato creato un indice chiamato Urticaria Activity Score (UAS) che attribuisce un punteggio sulla base della quantità di pomfi e dell’entità del prurito per stimare l’entità della malattia e per controllare la risposta al trattamento, vedi tabella 3.

Tabella 3. Urticaria Activity Score (UAS)

Punteggio Pomfi Prurito
0 Nessuno Nessuno
1 Lievi (<20pomfi nelle 24ore) Lieve (presente ma tollerato)
2 Moderati (20-50 pomfi nelle 24 ore) Moderato (presente con intensità moderata, ma non interferisce con le attività della vita quotidiana o con il sonno)
3 Intensi (>50 pomfi nelle 24ore o pomfi di ampio raggio con tendenza alla confluenza) Intenso e non tollerato (prurito che interferisce con le attività della vita quotidiana e disturba il sonno)

Tratto e tradotto da Zuberbier T, Aberer W, Asero R, et al. The EAACI/GA(2) LEN/EDF/WAO Guideline for the definition, dassification, diagnosis, and management of urticaria: the 2013 revision and update. Allergy. 2014;69:868-87.

Diagnosi e management

La diagnosi dell’orticaria passa attraverso 3 punti fondamentali: una scrupolosa anamnesi, un esame dermatologico accurato e la  scelta dei test diagnostici più adatti per il paziente.

L’obiettivo di una buona diagnosi consiste nel distinguere i tipi ed i sottotipi di orticaria e la presenza di eventuali cause scatenanti (13,14).

Anamnesi

La raccolta dei dati anamnestici è di grande importanza per un corretto inquadramento diagnostico e le domande da porre sono elencate in dettaglio nella tabella 4 (15).

Tabella 4. Raccolta dei dati anamnestici

  • Durata della malattia
  • Fattori che provocano i pomfi, loro frequenza e durata Variazioni diurne
  • Relazione con week end, vacanza e viaggi
  • Numero, distribuzione e dimensione dei pomfi
  • Angioedema associato
  • Sintomi soggettivi associati
  • Anamnesi nei pazienti con orticaria
  • Storia familiare e personale di orticaria e atopia
  • Precedenti o presenti allergie, infezioni o malattie internistiche
  • Malattie psichiatriche o psicosomatiche
  • Interventi chirurgici di ogni tipo con o senza anestesia anche locale
  • Problemi gastro-enterici
  • Uso di farmaci
  • Correlazione con cibi
  • Correlazione con ciclo mestruale
  • Tipo di lavoro e hobbies
  • Stress
  • Fumo
  • Qualità della vita
  • Precedenti terapie e risultati ottenuti
  • Precedenti procedure diagnostiche e risultati ottenuti

Esame obiettivo

vedi sezione clinica

Test diagnostici

Gli esami diagnostici per l’orticaria acuta e per l’orticaria cronica sono stati redatti nelle linee guida del 2009 e sono stati riconfermati in quelle del 2014.

Sono suddivisi in esami di routine ed esami aggiuntivi da richiedere a seconda dello specifico caso patologico con cui si ha a che fare e sono illustrati nella figura 3 e riassunti in tabella 5.

Orticaria: test diagnostici

Tabella 5. Indagini diagnostiche di routine ed aggiuntive

Tipi di orticaria Test diagnostici di routine Ulteriori test
Acuta Nessuno Nessuno
Cronica spontanea emocromo;
VES/PCR;
sospensione dei farmaci sospetti (es. FANS)
Test per:

malattie infettive
reazioni allergiche di tipo I
reazioni pseudoallergiche (dieta)
ormoni tiroidei e profilo auto anticorpale
autoanticorpi funzionali
skin test e test per orticaria fisica
test con siero autologo, biopsia

Tratto e tradotto da Zuberbier T et al. EAACI/GA(2)LEN/EDF/WAO guideline: definition, classification and diagnosis of urticaria. Allergy 2009;64:1417-1426

Quindi in caso di orticaria acuta, oltre ad un’accurata ed approfondita anamnesi, le linee guida non suggeriscono di effettuare alcun esame a meno che non si sospetti di una causa specifica (es. allergia a sostanze specifiche da parte del paziente, dedotta dall’anamnesi).

I pazienti con orticaria cronica sono quasi sempre sottoposti a molte indagini con conseguenze importanti sulla compliance del paziente ed anche in termini di spesa sanitaria.

Non c’è consenso sulle indagini che debbono essere fatte di routine, che nella pratica clinica sono spesso negative.

Nell’orticaria cronica in cui si era abituati a proporre una serie di esami molto complessi e costosi a tutti i pazienti in prima istanza, le linee guida dicono che, oltre ad un’accurata ed approfondita anamnesi, un semplice esame emocromocitometrico con valutazione degli indici di flogosi, insieme con la sospensione dei farmaci sospetti (FANS), è sufficiente.

Al contrario bisognerà effettuare gli ulteriori test elencati in tabella 5, solo in determinati casi in cui vi sia una causa sospetta e per escludere altre patologie che entrano in diagnosi differenziale oppure in pazienti con sintomi presenti da molto tempo, severi e/o persistenti.

Tra i test per le malattie infettive ci sono i test per la ricerca di Helicobacter pylori (feci, breath test), il TAS, la sierologia per le epatiti virali, la ricerca di parassiti nelle feci, l’esame delle urine, e la visita odontoiatrica ed otorinolaringoiatrica in casi selezionati.

Per escludere allergie IgE-mediate si provvederà a richiedere un dosaggio di IgE, un Radio Allergo Sorbent Test (RAST) alimenti, inalanti e muffe insieme agli skin prick test e/o all’ImmunoCAP.

In caso di sospetta reazione pseudo allergica si proverà con una dieta di eliminazione per pseudoallergeni della durata di 3 settimane seguita dal challenge.

Nei casi dove si sospetti un’orticaria autoreattiva o correlata a malattie autoimmuni si richiederà il test con siero autologo, gli anticorpi anti-TSH, anti-tireoperossidasi, anti-tireoglobulina, gli ANA ed ENA.

Nei pazienti in cui i dati anamnestici, l’esame obiettivo (se il pomfo dura oltre 24 ore), e la scarsa risposta agli antistaminici, lasciano pensare ad un’orticaria vasculite, si provvederà ad eseguire una biopsia su cute lesa per  l’esame istologico in ematossilina eosina.

Orticaria autoreattiva e test  con siero autologo

Il principio fondamentale su cui si basa il test del siero autologo è connesso alla presenza in alcuni pazienti di fattori endogeni che attivano i mastociti e i basofili, rappresentati da autoanticorpi della classe IgG diretti contro il recettore ad alta affinità per le IgE (FcRI)  presente su tali cellule o diretti contro le IgE legate al recettore.

Questo fenomeno è stato trattato in diversi studi clinici e rappresenta il quadro dell’orticaria autoreattiva o autoimmune che si diagnostica con il test su siero autologo (ASST).

Infatti l’iniezione intradermica di siero autologo scatena una reazione eritemato-pomfoide nel 40-60% dei pazienti con orticaria cronica idiopatica e si collega alla presenza di anticorpi anti-tireoglobuline ed anti-tireoperossidasi.

Nel 30% dei pazienti con orticaria cronica sono presenti anticorpi anti-FceRI funzionalmente attivi e nel 5-10% dei pazienti sono presenti anticorpi anti-IgE funzionalmente attivi ed alcuni autori ritengono che i fattori della coagulazione abbiano un ruolo nella reattività della cute al plasma (18).

Tale test è consigliato solo per pazienti scarsamente responsivi ai trattamenti di routine.

Per quanto riguarda il modo in cui si esegue il test su siero autologo, innanzitutto ogni trattamento antistaminico deve essere interrotto almeno 48 ore prima della prova (2 settimane per steroidi sistemici).

Il test comincia con un normale prelievo di sangue, che poi viene centrifugato per separare il siero.

Questo viene preso da pazienti in attività di malattia, 0,05 ml sono iniettati per via intradermica su entrambi gli avambracci eseguendo insieme un controllo con soluzione salina e istamina.

La lettura avviene a 30 minuti, la positività è data da un pomfo di diametro pari ad almeno 1,5 mm in più rispetto al diametro del pomfo causato dalla soluzione fisiologica.

Se il test con siero autologo dà un risultato negativo, si esclude l’orticaria autoimmune.

Se al contrario il risultato è positivo, ciò indica la presenza di autoreattività nel siero, ma va interpretato con un’anamnesi positiva e una sierologia compatibile.

Tuttavia la faccenda non è così semplice, come appare dai risultati di diversi studi clinici che dimostrano come gli anticorpi anti-FceRI non siano strettamente correlati con il rilascio di istamina dai basofili in vitro.

Infatti sieri dalle quali sono state tolte le IgG non inducono il rilascio di istamina, ma l’ASST rimane positivo, alcuni sieri mancanti di anticorpi anti-FceRI inducono comunque il rilascio d’istamina dai basofili.

Inoltre, anche il modo con cui si esegue il test  con siero autologo è importante poiché il test con plasma autologo prelevato in sodio citrato, risulta più spesso positivo del test con siero autologo.

Le orticarie fisiche

Rappresentano circa un terzo delle orticarie croniche e sono caratterizzate da lesioni cliniche (pomfi ed angioedema) causate da vari stimoli fisico-ambientali, dopo un tempo di latenza variabile.

Ne esistono diversi sottotipi, elencati in tabella 5, e tra di essi l’orticaria dermografica è la forma più frequente.

Sono forme che colpiscono prevalentemente il giovane adulto senza alcuna predilezione di sesso.

Per quanto riguarda la clinica si distinguono dall’orticaria spontanea non solo per la presenza di stimoli fisico-ambientali induttori, ma anche per la sintomatologia riscontrata nei pazienti.

Il prurito, infatti, non è sempre presente e al suo posto ci sono bruciore e senso di tensione ed in alcune forme possono comparire anche sintomi sistemici come malessere, nausea, dolore addominale, ecc.

Inoltre la gravità delle manifestazioni può variare da paziente a paziente e da episodio ad episodio, in quanto dipendente sia dalla soglia di sensibilità del singolo individuo, sia dall’entità del fattore ambientale che provoca quel determinato evento.

A volte due tipi di orticarie fisiche possono coesistere nello stesso paziente oppure una forma di orticaria fisica può associarsi all’orticaria spontanea (per esempio fino al 40% dei pazienti con orticaria spontanea cronica presenta orticaria ritardata da pressione).

La diatesi atopica è stata ritrovata con maggiore frequenza in alcune forme di orticaria fisica come l’orticaria dermografica, l’orticaria da caldo localizzata e probabilmente anche quella da freddo acquisita.

Al fine di arrivare ad una giusta diagnosi bisogna eseguire un dettagliato raccordo anamnestico per identificare il possibile fattore scatenante, segue poi un dettagliato esame clinico ed infine si provvede all’esecuzione dei test diagnostici specifici.

L’evoluzione di tali forme comprende sia la guarigione spontanea, ma anche la permanenza per tutta la vita.

Tabella 5. Classificazione delle orticarie fisiche

Orticaria fisica sottotipi Fattore scatenante
Orticaria dermografica Sfregamento cutaneo
Orticaria solare UV e luce visibile
Orticaria ritardata da pressione Pressione perpendicolare alla superficie cutanea
Orticaria da freddo Aria fredda/vento/acqua/ghiaccio
Orticaria da caldo localizzata Fonte di calore localizzato
Orticaria-angioedema da vibrazioni Stimoli meccanici vibranti

Tratto e tradotto da Pigatto P et al. Physical urticarias: classification and diagnosis. It J Allergy Clin Immunol 2010;20:82-86 (23)

Orticaria Dermografica

È anche chiamata dermografismo sintomatico, ed in passato era detto “factitia” perché si pensava che fossero lesioni cutanee che il paziente si procurava da solo.

Rappresenta la forma più comune di orticaria fisica.

Questa forma di orticaria deve essere distinta dal dermografismo semplice, condizione molto frequente che si presenta nel 5% della popolazione e che consiste nella comparsa di pomfi non pruriginosi che spuntano 5 minuti dopo un lieve sfregamento della cute e che vanno via in massimo 30 minuti.

L’orticaria dermografica appare durante gli 1-5 minuti che seguono ad uno sfregamento cutaneo anche leggero.

Compaiono pomfi lineari associati a prurito intenso sulla cute traumatizzata da grattamento o da sfregamento; lo stress psico-fisico favorisce il presentarsi di questa orticaria. Dura circa 30-60 minuti, poi scompare senza esiti.

Non si presenta mai con angioedema.

Esiste una variante del dermografismo sintomatico chiamata dermografismo follicolare rosso, la cui peculiarità sta nella comparsa di lesioni pomfoidi in piccoli elementi a collocazione follicolare con aspetti di flogosi.

Più spesso si trova in soggetti atopici.

La patogenesi è sconosciuta ma si ritiene che siano coinvolte le IgE specifiche e gli allergeni.

La diagnosi di orticaria dermografica si effettua attraverso un test di scatenamento che consiste nello strofinare sulla cute in maniera lieve diversi oggetti.

Si può ricorrere ad un qualsiasi oggetto con punta smussa (l’estremità di una matita o di un abbassalingua) oppure ad uno specifico strumento chiamato dermografometro dotato di una punta d’acciaio di 0,9 mm di diametro che, con l’aiuto di un meccanismo a molla, riesce ad esercitare una pressione fissa e riproducibile sulla cute che va da 20 a 160 g/mm2.

Di solito nella pratica clinica questo strumento si applica alla faccia volare dell’avambraccio su cui si strofinano le 3 punte smusse di 20, 36 e 60 g/mm2 che si muovono secondo 3 linee parallele.

Il risultato si legge 10 minuti dopo e si considera positivo se si formano dei pomfi pruriginosi nei punti in cui è stata esercitata una pressione di 36 g/mm2 o meno, perché il pomfo che si genera in corrispondenza di 60 g/mm2 o più, corrisponde al dermografismo semplice.

Orticaria solare

È una forma rara e rappresenta lo 0,5% di tutte le forme di orticaria fisica, con maggiore comparsa nel sesso femminile e durante la III-IV decade di vita (23).

Appare 5 minuti dopo che si è stati esposti a onde elettromagnetiche, normalmente raggi UV (luce solare) o luce visibile.

Colpisce le zone scoperte (scollato ed estremità, di rado le zone sempre scoperte come il viso o il dorso delle mani) e a volte si allarga alle zone coperte.

Le lesioni possono rimanere dai 15 minuti alle 24 ore dall’inizio dello stimolo con prurito, dolore puntorio, parestesie (26). Dopo un episodio la cute ha un periodo di refrattarietà di 12-14 ore (utile come test diagnostico).

La patogenesi è determinata da delle IgE specifiche per un fotoallergene che si forma da una molecola precursore attivata dall’esposizione alla luce ed una classificazione del 1989 (la più recente) divide il disturbo in 2 grandi categorie a seconda della presenza di questa molecola.

Del 1963 è una più vecchia classificazione dell’orticaria solare realizzata da Harber, che la suddivide in 6 tipi basandosi sulla lunghezza d’onda che causa la reazione.

Il fototest, con esposizione a radiazione ultravioletta (UV) e dello spettro visibile, rappresenta il test di provocazione diagnostico e serve per scoprire lo spettro d’azione che causa la sintomatologia: la minimal urticarial dose (MUD) necessaria per provocare la lesione.

Gli UV-A sono utilizzati a 6 J/cm2 e gli UV-B a 60 mJ/cm2 e i pazienti che sono risultati negativi ad entrambi i test vengono sottoposti a quello alla luce visibile.

Se la reazione è positiva, i pomfi pruriginosi compaiono entro 10 minuti dall’esposizione. Questo esame, oltre a stabilire la MUD, permette di valutare lo svilupparsi della malattia nel tempo e la risposta al trattamento.

Orticaria ritardata da pressione

Il nome di orticaria ritardata deriva dal periodo di latenza che intercorre tra l’applicazione dello stimolo pressorio e la comparsa delle lesioni, in media pari a 4-8 ore ed ogni singola lesione dura dalle 8 alle 72 ore (23).

È una forma che può colpire ad esempio i corridori alle piante dei piedi con la comparsa di ampie chiazze rilevate, eritemato-edematose ed al centro pallide. Alzando la cute, si vede la cosiddetta “buccia d’arancia” perché l’edema è profondo.

I pazienti più che prurito lamentano dolore, bruciore e sensazione di tensione e calore concentrato dove è stato applicato lo stimolo pressorio (23).

A volte si può soffrire una sintomatologia generale (malessere, vertigini, febbre, astenia, cefalea, dispnea).

Le zone più colpite sono soprattutto quelle palmari, plantari, i glutei e la faccia mediale delle cosce (in caso di paziente seduto) (27).

La diagnosi si effettua con un test di provocazione che applica uno stimolo pressorio per esempio sul dorso di un dermografometro graduato a 100 g/mm2 e per 70 secondi oppure di un peso pari a 0,2-1,5 kg/cm2 per 10-30 minuti.

Siccome la reazione è ritardata, occorre fare più letture del test a 4, 6, 8, 12 ore e possibilmente anche dopo 20-24 ore.

Bisogna fare attenzione ai falsi negativi, causati dalla  spontanea fluttuazione dell’evolversi della malattia o dall’esecuzione del test durante il periodo di refrattarietà.

Quindi si consiglia, in caso di risultato negativo, di ripetere il test di provocazione in un’area cutanea diversa, con uno stimolo maggiore e protratto più a lungo nel tempo.

Orticaria da freddo

In questo tipo di orticaria l’estensione della parte colpita può essere molto variabile e questo aspetto condiziona fortemente la sintomatologia.

Infatti si possono trovare pomfi nella zona cutanea dove è stato applicato il freddo, per esempio contatto con oggetti freddi o immersione di parti del corpo in acqua fredda, ma a volte la reazione può essere generalizzata, come quando si resta in luoghi a basse temperature o ci si immerge totalmente in  acqua fredda.

Pertanto le manifestazioni cliniche vanno dalla comparsa di pomfi limitata ad una zona corporea con sensazione di bruciore e prurito a sintomi di interessamento sistemico grave. Possono essere coinvolte anche le mucose.

L’orticaria da freddo scompare dopo esposizione ad una fonte di calore (ad es. bagno caldo).

Ne esistono forme familiari, rare come l’orticaria familiare da freddo ritardata e la sindrome autoinfiammatoria da freddo familiare da criopirine.

Vi sono anche forme acquisite, più frequenti, che si distinguono in primitive (o idiopatiche) e secondarie o associate a malattie infettive (HIV, sifilide, virus dell’epatite B e virus dell’epatite C, Herpes simplex virus, Epstein-Barr virus), forme autoimmuni, in corso di vasculiti e da farmaci.

Dal punto di vista eziopatogenetico è sostenuta in alcuni casi dalle IgE o da altre classi di immunoglobuline oppure dalle crioglobuline.

La diagnosi prevede come primo passo di poter escludere il caso di una forma familiare o di una forma acquisita secondaria; bisognerà quindi eliminare la possibilità della presenza delle malattie sopracitate con l’esecuzione dei seguenti esami ematici: emocromo con formula leucocitaria, indici di flogosi, tests di funzionalità epatica e renale ed eventualmente fattore reumatoide, immunoglobuline sieriche C3, C4, CH50, anticorpi antinucleo, elettroforesi delle proteine sieriche, crioglobuline, crioagglutinine, e fibrinogeno sierici.

Il test di provocazione è il test del cubetto di ghiaccio, che va posizionato sulla superficie volare dell’avambraccio per 5/10/15 minuti oppure si fa immergere la mano al paziente in acqua a 0°C per 4 minuti.

Se il test è positivo, entro 5 minuti compariranno eritema e prurito e poi pomfi. Queste metodiche però non permettono di determinare la minima “soglia del freddo”.

Per risolvere questo problema recentemente è stato messo a punto un apparecchio elettronico che utilizza diverse temperature ben definite e standardizzate che a contatto con la cute permettono di stabilire la soglia di reattività (TempTestR: Emo Systems GmbH, Berlino, Germania) (23).

Tale test risulta generalmente positivo nelle forme di orticaria da freddo acquisite.

Orticaria da caldo localizzata

L’orticaria da caldo localizzata è una forma rara di orticaria fisica temperatura dipendente.

Compare sulla cute del paziente che viene esposta direttamente ad una fonte di calore come acqua calda, phon per capelli, coperte termiche, utensili caldi ed i pomfi appaiono dopo pochi minuti, solitamente da 2 a 15 minuti, dall’applicazione dello stimolo e scompaiono dopo 1-3 ore.

A volte si associano anche sintomi sistemici come dispnea, nausea, vomito, sincope (30).

Il test di scatenamento consiste nel poggiare una provetta piena d’acqua calda sulla cute per almeno 5 minuti.

Dopo 2-15 minuti si formeranno sul punto sollecitato i classici pomfi pruriginosi (23).

Orticaria-angioedema da vibrazioni

È una forma rarissima di orticaria fisica e si presenta dopo stimolazioni vibranti (rasoio, martello pneumatico, equitazione, motociclismo, trapano) a pochi minuti dall’applicazione dello stimolo.

I pomfi con il prurito scompaiono dopo circa un’ora (23, 31). Il test di provocazione ricorre a mezzi particolari come il Vortex (Scientific Industries, Bohemia, New York, USA) applicato sulla cute per 5 minuti.

Va evidenziato che alcuni studi hanno dimostrato come un test di questo tipo risulti falsamente positivo anche in una percentuale non trascurabile, pari a circa il 35% di controlli sani (23).

Orticaria colinergica

L’orticaria colinergica si scatena quando si ha un aumento della temperatura corporea con sudorazione (esercizio fisico, bagni o docce con T>40°C, soggiorno in ambiente surriscaldato, ingestione di cibi caldi, piccanti e alcool, ecc.).

L’esame obiettivo dermatologico è caratterizzato dal comparire di pomfi pruriginosi, unitamente a papule e chiazze eritematose prevalentemente su tronco e arti, e risparmio invece di volto, regioni palmo-plantari ed ascelle.

Orticaria acquagenica

È la più frequente forma nelle giovani di sesso femminile ed è provocata dal contatto con l’acqua del rubinetto a prescindere dalla temperatura e dalla concentrazione salina.

I pomfi che compaiono sono piccoli e intensamente pruriginosi.

Va distinto dal prurito acquagenico che si riscontra nei giovani e negli anziani con cute xerotica in cui, in seguito al contatto con l’acqua, si prova prurito intenso e non transitorio che può essere segno premonitore o essere associato ad una policitemia vera.

Orticaria da contatto

Nell’orticaria da contatto la sensibilizzazione avviene per via transcutanea o trans mucosa e non rimane circoscritta solo nella zona di contatto.

Ne esistono 2 forme eziopatogenetiche:

  • Non immunologica: i mediatori sono rilasciati (istamina, prostaglandina D2, prostaglandina E2 liberati da mastociti, cellule di Langherans, macrofagi dermici) in seguito allo stimolo di agenti orticariogeni.
  • Immunologica: i mediatori sono liberati a causa del contatto con un allergene che scatena una risposta IgE mediata (localizzata, generalizzata, sindrome orale allergica, shock anafilattico).

I pomfi si formano pochi minuti dopo l’applicazione dello stimolo e di solito sono di ampie dimensioni e sono accompagnati da bruciore e tensione.

Ci sono molti test diagnostici specifici per le orticarie fisiche che riescono a determinare lo stimolo induttore e per alcune forme, come l’orticaria solare, anche l’intensità dello stesso e che sono elencati in tabella 6.

Tuttavia, siccome dopo ogni episodio può esserci un periodo di refrattarietà, i test possono risultare falsamente negativi (23).

Tabella 6. Test di routine e ulteriori test nell’Orticaria Fisica.

Tipi di orticaria fisica Test diagnostici Test di routine
Orticaria dermografica Test di provocazione con il dermografometro o Fric test Esame emocromocitometrico, VES/PCR
Orticaria solare Test di provocazione con esposizione a radiazione UV e dello spettro visibile a differenti lunghezze d’onda Escludere altre dermatosi fotoindotte
Orticaria ritardata da pressione Test di provocazione con stimolo pressorio (0.2 – 1.5 kg/cm2 per 10 – 20 minuti) Nessuno
Orticaria da freddo Test di provocazione con il freddo e test soglia del freddo (cubetto di ghiaccio, acqua fredda, aria fredda) Esame emocromocitometrico, VES/PCR, crioproteine escludono altre malattie, soprattutto infezioni
Orticaria da caldo localizzata Test di provocazione con il calore e test soglia del calore (acqua calda)

Diagnosi differenziale dell’orticaria

Le principali diagnosi differenziali (DD) sono verso le seguenti patologie in elenco:

  • Serum sickness-like eruption (SSLE)
  • Esantemi orticarioidi iatrogeni (distribuzione bilaterale e simmetrica delle lesioni papulo-pomfoidi; durata maggiore di 24 ore)
  • Esantemi orticarioidi virali (distribuzione bilaterale e simmetrica delle lesioni papulo-pomfoidi; durata maggiore di 24 ore; prurito modesto)
  • Pemfigoide bolloso
  • Dermatite erpetiforme
  • Mastocitosi (orticaria pigmentosa)

Serum sickness-like eruption (SSLE)

Questa eruzione cutanea presenta un rash urticarioide con lesioni pomfoidi estese a contorni policiclici e figurate con pure febbre e artralgie ed edema periarticolare.

Tale entità deve essere riconosciuta dall’eritema polimorfo con le tipiche lesioni a coccarda e dalla vera malattia da siero, che causa ipocomplementemia, vasculite, lesioni renali, che sono assenti in tale forma.

I farmaci che provocano la serum sickness-like eruption sono:

Appartiene al gruppo delle eruzioni da farmaco di tipo ritardato, cioè mediate da immunocomplessi (tipo III) infatti compare da 1 a 3 settimane dall’inizio di una terapia  farmacologica. Le lesioni vanno via dopo 2-3 settimane.

Esantemi iatrogeni

Hanno una distribuzione bilaterale e simmetrica delle lesioni pomfoidi fisse che rimangono per più di 24 ore e che possono essere di tipo maculo-papuloso, morbilliforme, scarlattiniforme, papulo-pomfoide, bolloso e purpurico.

Sono sempre reazioni di tipo ritardato.

Hanno inizio di solito nelle prime due settimane di trattamento ed i farmaci alla base della sintomatologia sono, anche in questo caso, soprattutto antibiotici della classe delle penicilline o FANS.

Ci sono comunque anche altri fattori di rischio come infezioni virali (es: Epstein-Barr virus) che ne possono influenzare la comparsa.

A volte si realizzano forme severe fino all’eritrodermia in cui circa il 50% dei casi si associa ad eosinofilia ematica, febbre, linfoadenopatie, ed epato-splenomegalia.

Esantemi orticarioidi infettivi

Fanno parte delle diagnosi differenziali nel gruppo dei farmaco indotti, dai quali si differenziano di solito per la mancanza di febbre, linfoadenopatie ed epato-splenomegalia e per l’assenza di un coinvolgimento delle mucose.

Il prurito è intenso e a volte può essere importante l’anamnesi.

Pemfigoide bolloso

E’ una dermatosi bollosa autoimmune che si scatena per autoanticorpi che attaccano antigeni emidesmosomiali (BP 180 e BP 230) implicati nella coesione dermo epidermica.

È una patologia relativamente frequente, che si manifesta in persone con età avanzata, senza predilezione di sesso.

Le prime manifestazioni sono spesso ingannevoli, infatti si può avere prurito “sine materia” o macchie eritemato-edematose molto simili all’orticaria ma che rimangono per più di 24 ore e tendono a confluire.

Dopo si presentano le vere e proprie bolle larghe e tese sulla cute eritematosa che poi in uno stadio successivo si trasformano in erosioni con tendenza alla riparazione spontanea.

Viene colpita la cute di tutto il corpo e specialmente le superfici flessorie degli avambracci, mediali delle cosce, ascelle, pieghe inguinali e solo raramente le mucose (la mucosa orale è coinvolta solo in 1/3 dei pazienti).

L’andamento è cronico e recidivo e nelle forme più acute lo stato generale del paziente può risultare compromesso.

Dermatite erpetiforme di Duhring

La dermatite erpetiforme di Duhring è una malattia rara che colpisce tutte le età e che si riscontra maggiormente negli uomini. Ciò non vale per pazienti in età pediatrica.

Compare con lesioni cutanee (raramente mucose), polimorfe di tipo eruttivo: vescicole, bolle, chiazze eritematose, papule, manifestazioni pomfoidi ed ha un decorso cronico-recidivante.

Se c’è una prevalenza di chiazze eritemato-edematose si può scambiare per orticaria anche perché è accompagnata da intenso prurito, dolore e bruciore.

Le lesioni vescicolo-bollose si sviluppano sia su chiazze eritematose che su cute sana ed evolvono in erosioni con rapida riparazione e formazione delle croste.

Può venire in qualunque punto della cute (caratteristico è il risparmio del volto) ma maggiormente si presenta sulle superfici estensorie degli arti (gomiti e ginocchia), sui glutei e le lesioni tendono alla simmetria.

Raro è il coinvolgimento delle mucose.

Si associa a celiachia per lo più asintomatica.

Orticaria pigmentosa o mastocitosi cutanea

È una dermatosi rara che si manifesta con macule, papule, talvolta placche roseo-brune o  color camoscio distribuite diffusamente su tutto il corpo, soprattutto sul tronco.

Si parla di orticaria pigmentosa:

  • A grandi elementi se le lesioni sono maggiori di 0,5 cm
  • A piccoli elementi se le lesioni sono minori di 0,5 cm

Può colpire persone di qualsiasi età, ma insorge più frequentemente in età pediatrica.

Nella prima infanzia (25% dei casi) possono ritrovarsi anche lesioni bollose a contenuto sieroso o siero ematico.

In tutti i casi le lesioni possono andare incontro a orticazione spontanea e dermografismo (segno di Darier).

Il prurito è presente nel 33-46% dei casi. Si riscontrano crisi di arrossamento nel 17-50% dei casi, talvolta dolori addominali, diarrea, gastralgia, cefalea, asma.

Il 50% dei casi esorditi  in età pediatrica si risolve spontaneamente nell’adolescenza, mentre nei pazienti con lesioni comparse oltre il decimo anno di vita, la malattia tende a persistere.

Nelle ultime linee guida sono elencate altre patologie che entrano in diagnosi differenziale, di più raro riscontro:

  • Vasculite orticarioide
  • Angioedema bradichinino mediato
  • Anafilassi da esercizio fisico
  • Sindromi periodiche criopirino associate
  • Sindrome di Schnitzler
  • Sindrome di Gleich
  • Sindrome di Wells

Vasculite orticarioide

È la diagnosi differenziale più difficile con l’orticaria spontanea.

Si tratta di una vasculite leucocitoclasica che attacca i piccoli vasi e presenta un importante coinvolgimento cutaneo.

È caratterizzato da pomfi che durano più di 24 ore, lesioni purpuriche, papule, vescicole, bolle e lesioni necrotico-ulcerose che lasciano un esito iperpigmentario. Il tronco e la radice degli arti sono le zone più colpite.

I pazienti lamentano più dolore che prurito.

A volte si aggiungono sintomi sistemici: febbre, artrite, dolore addominale, dispnea, congiuntivite, uveite, episclerite.

Possono manifestarsi linfoadenopatie ed epatosplenomegalia.

Istologicamente appare come una vasculite leucocitoclasica con edema nel derma superficiale come fosse un caso d’orticaria e l’immunofluorescenza evidenzia depositi perivasali di IgM e/o IgG e/o C3.

Questa vasculite ha un andamento cronico-recidivante.

Si distinguono per semplicità due forme di orticaria vasculite:

  • Normocomplementemica: di solito idiopatica, con minimo coinvolgimento sistemico e decorso benigno
  • Ipocomplementemica (detta anche sindrome ipocomplementemica o sindrome McDuffie o anti-C1q secondo la 2012 Revised International Chapel Hill Consensus Conference Nomenclature of Vasculitides (36) che è una rara patologia autoimmune causata da autoanticorpi diretti contro il C1q, che di conseguenza riducono il C1q sierico e attivano la cascata complementare. Recenti studi dimostrano che in realtà Ab anti-C1q sono positivi in solo la metà dei pazienti quindi i bassi livelli di C1q sono un marker più sensibile. In questi pazienti, oltre alle lesioni tipiche della vasculite, nel 50% di casi può presentarsi angioedema, anche all’esordio e localizzato prevalentemente su labbra, lingua, regione periorbitaria, mani. Può essere idiopatica o collegata a malattie sistemiche come lupus eritematoso sistemico, la sindrome di Sjogren, una gammapatia monoclonale, ecc.

Angioedema non mediato dai mastociti

Tali forme racchiudono casi di angioedema esclusivo senza pomfi cutanei, e sono state recentemente classificate in 7 tipi (4 tipi di angioedema acquisito e 3 tipi di angioedema ereditario) (37):

  1. Angioedema acquisito istaminergico: legato al rilascio d’istamina che si elimina con elevate dosi di antistaminici
  2. Angioedema acquisito non istaminergico: coinvolge altri mediatori, soprattutto la bradichinina
  3. Angioedema acquisito legato all’assunzione di farmaci ACE inibitori
  4. Angioedema acquisito legato al deficit del C1q inibitore: la maggior parte dei pazienti sviluppa anticorpi contro C1q oppure è affetto da disordini linfoproliferativi che ne causano il consumo sierico
  5. Angioedema ereditario legato al deficit del C1q inibitore: malattia ereditaria a trasmissione autosomica dominante dovute ad una mutazione su uno dei due alleli del gene che codifica per il C1q inibitore
  6. Angioedema ereditario con mutazione del fattore XII della coagulazione
  7. Angioedema ereditario di origine sconosciuta: qualora non vengano riconosciute anomalie genetiche

Anafilassi da esercizio fisico

L’anafilassi è una grave reazione sistemica con quadri clinici molto vari, che riguardano la cute, l’apparato respiratorio, cardiovascolare, gastroenterico e sistema nervoso e può essere anche letale.

L’anafilassi da sforzo è una patologia legata all’attività fisica è può comparire all’inizio, durante o subito dopo l’esercizio fisico.

Spesso la causa si ritrova in attività che richiedono sforzi importanti: jogging, tennis, ciclismo e sci.

A volte però anche sforzi poco intensi possono scatenare l’anafilassi: salire dei gradini, fare giardinaggio, ecc.

Tutti gli episodi si caratterizzano per una fase prodromica con astenia, prurito, vampate  di calore, eritema generalizzato, cefalea, seguita dalla comparsa di pomfi ed angioedema che può interessare il viso, i palmi delle mani e le piante dei piedi.

Infine abbiamo una fase conclamata con comparsa di tosse, stridore laringeo, broncospasmo, senso di oppressione toracica, nausea, dolori crampiformi, vomito, diarrea e ipotensione arteriosa con rischio di shock.

Si dividono in due tipi fondamentali: l’anafilassi indotta da esercizio fisico cibo dipendente, a sua volta suddiviso in cibo specifico e cibo non specifico, e quella non cibo dipendente.

La forma cibo dipendente è una particolare allergia alimentare la cui sintomatologia compare durante un esercizio fisico o uno sforzo fisico, nel momento in cui sia stato preceduto dall’ingestione di un alimento.

Quindi solo l’ingestione di un alimento seguito da uno sforzo fisico è alla base della comparsa dei sintomi e ciò non accade se l’ingestione dell’alimento e l’attività fisica sono effettuati in tempi diversi.

I cibi maggiormente legati a questa patologia sono il frumento e i crostacei, seguono sedano, pesce, pomodoro, uva, cipolla, mela, frutti a guscio, kiwi, pollo, lumache, semi di papavero, mais, lenticchie.

La terapia per la cura dell’anafilassi da esercizio fisico è la stessa dell’anafilassi classica.

Bisogna tuttavia consigliare ai pazienti affetti da questa patologia di evitare lo sforzo fisico nelle 4-6 ore dopo un pasto in caso di anafilassi da esercizio fisico cibo-specifico-dipendente, e nelle 2-4 ore dopo in caso di anafilassi da esercizio fisico cibo-non-specifico-dipendente; e pure di non introdurre cibo nell’ora successiva alla fine dello sforzo.

Sindromi periodiche criopirino associate

Si caratterizzano per artralgie, febbre ricorrente, infiammazione oculare, cefalea ed astenia. Sono tutte sindromi complesse e severe ad esordio precoce e geneticamente determinate.

La causa infatti è una mutazione del gene CIAS1 (NALP3), che codifica la criopirina, una proteina facente parte di una nuova famiglia formata da polipeptidi con caratteristiche simili alla pirina (febbre mediterranea), che regolano l’infiammazione e l’apoptosi.

Comprendono 3 entità:

  1. Orticaria familiare da freddo (familial cold autoinflammatory syndrome (FCAS): malattia a trasmissione autosomica dominante con le caratteristiche sopra elencate scatenata dal freddo
  2. Muckle-Wells syndrome (MWS), a trasmissione autosomica dominante. Appare spesso in età adolescenziale e si associa a sordità progressiva e nefropatia da accumulo di sostanza amiloide
  3. Neonatal onset multisystem inflammatory disease (NOMID) o chronic infantile neurological cutaneous and articular syndrome (CINCA), ad esordio neonatale. I pazienti mostrano spesso alterazioni ossee epifisarie ed artropatie deformanti, oltre a una meningite cronica asettica e sordità neurosensoriale spesso presente.

Sindrome di Schnitzler

Una forma di rush orticarioide ricorrente con gammopatia monoclonale IgM, febbre ricorrente, dolore osseo e muscolare, artralgie e linfoadenopatie.

Sindrome di Gleich

Angioedema ciclico con eosinofilia, con prognosi favorevole in confronto alle altre condizioni in quanto non si associa ad alterazioni viscerali (4).

Sindrome di Wells (dermatite granulomatosa con eosinofilia)

Patologia rara ad eziologia sconosciuta che colpisce prevalentemente persone di età adulta e si caratterizza per la comparsa di placche pomfoidi eritematose circinate con aspetti targetoidi in cui dominano istologicamente un infiltrato eosinofilo e le cosiddette “figure a fiamma”  che però non sono patognomoniche di tale sindrome (38).

Terapia dell’orticaria

La terapia si rifà alle linee Guida 2014 EAACI/GALEN/EDF/WAO e si prefigge di realizzare un controllo completo dei sintomi dell’orticaria per offrire al paziente il miglior beneficio possibile.

In figura 5 è rappresentato l’algoritmo terapeutico raccomandato dalle linee guida EAACI/GA(2)LEN/EDF/WAO del 2009 a confronto con  quello del 2014 (figura 5)

Orticaria: algoritmo terapeutico

La prima parte dell’algoritmo che tratta della terapia con antistaminici anti-H1 di II generazione ed del loro dosaggio è rimasta invariata.

La terapia “di emergenza” con corticosteroidi sistemici in caso di orticaria acuta, o per riacutizzarsi dell’orticaria cronica, è rimasta uguale ed è stata allungata ad un massimo di 10 giorni, limite che non deve essere superato.

Nelle nuove linee guida il dapsone e gli antistaminici anti-H2 sono stati tolti dall’algoritmo perché per entrambe il livello delle prove attuali di evidenza era troppo basso per mantenere tali farmaci tra le terapie di terza scelta.

Gli antileucotrieni sono inoltre stati posti sulla stessa linea della ciclosporina e dell’omalizumab.

Antistaminici

Sono agonisti inversi con affinità preferenziale per la forma inattiva del recettore H1 per l’istamina, che stabilizzano questa conformazione e che sono usati per il trattamento dell’orticaria dal 1950.

Infatti molti sintomi  dell’orticaria sono mediati principalmente dalle azioni dell’istamina sui recettori H1 situati sulle cellule endoteliali (pomfo) e sui nervi sensoriali (prurito).

Nell’orticaria gli antistaminici anti-H1 di II generazione sono da preferire rispetto a quelli di I generazione in quanto questi ultimi hanno un rapporto rischio/beneficio inferiore e attraversano meglio la barriera emato-encefalica legandosi ai recettori H1 del sistema nervoso centrale.

Di conseguenza hanno un rischio potenziale maggiore di sonnolenza e sono da usare con cautela nella popolazione anziana in cui aumentano il rischio di compromissione cognitiva, disattenzione, eloquio disorganizzato ed alterazione della coscienza.

Gli antistaminici anti-H1 di I generazione devono pertanto essere evitati nella terapia dell’orticaria.

Gli antistaminici anti-H1 di II generazione rappresentano il miglior tipo di trattamento in ogni caso di orticaria in quanto hanno un’efficacia dimostrata, sono molto sicuri e sono disponibili a basso costo.

L’algoritmo terapeutico delle linee guida 2014 mostra come sia da preferire un uso continuativo dell’antistaminico alla dose più bassa necessaria per il controllo dei sintomi, piuttosto che una somministrazione on demand.

Si comincia con una mono-somministrazione e si aspettano due settimane per valutare l’efficacia della terapia, dopo tale periodo la stessa molecola, se persistono i sintomi, può essere aumentata di una compressa al giorno ogni settimana fino al controllo del prurito e dei pomfi o fino ad una dose massima pari a 4 volte la dose di partenza.

Tale dosaggio non è permesso con tutti gli antistaminici di II generazione, anche se in tutte le licenze degli antistaminici è presente un fascicolo di sicurezza di utilizzo a dosi aumentate almeno a 4 volte.

Il paziente va informato che alcuni effetti collaterali sono dose-dipendente. Si consiglia inoltre di arrivare ad un updose di un solo antistaminico anti-H1 di II generazione, invece di combinare diversi antistaminici anti-H1 contemporaneamente.

Ciclosporina A

L’uso della ciclosporina A è fortemente raccomandato, ha un alto livello di evidenza e si è dimostrato efficace in studi controllati doppio-cieco contro placebo.

È quindi raccomandata come un add-on treatment in pazienti con grave malattia refrattaria a dosi elevate di antistaminico anti-H1.

Ovviamente è un trattamento per cui è necessario un regolare controllo degli esami ematici.

Gli antagonisti dei leucotrieni

Gli antagonisti dei leucotrieni non hanno una forte raccomandazione poiché i trials che ne hanno valutato l’uso non sono facili da confrontare a causa delle differenti popolazioni studiate.

Tuttavia hanno un buon rapporto rischio/beneficio e costi relativamente bassi. Quindi sono consigliati come add-on treatment in pazienti con grave malattia refrattaria a dosi elevate di antistaminico anti-H1.

Omalizumab

L’omalizumab si è dimostrato utile ed è fortemente consigliato per via di studi pubblicati svolti in maniera randomizzata e controllati doppio-cieco contro placebo di alta qualità che ne mostrano l’efficacia e la sicurezza.

Si tratta di un anticorpo monoclonale umanizzato creato con la tecnologia del DNA ricombinante che si lega in maniera selettiva alle IgE umane.

Si usano sotto forma di soluzione iniettabile in siringhe pre-riempite ed una fiala sottocute è pari a 150 mg di prodotto.

Il dosaggio prevede 300 mg ogni 4 settimane per il trattamento dell’orticaria cronica spontanea in pazienti di età superiore ai 12 anni. La durata di un ciclo di trattamento è stata fissata a 6 mesi e non c’è bisogno di test di screening e di monitoraggio nel periodo pre e post trattamento.

L’efficacia di omalizumab è stata riscontrata (case reports e piccoli case series) anche in alcune forme di orticaria fisica (orticaria da freddo, orticaria solare, orticaria da calore, dermografismo sintomatico e orticaria ritardata da pressione) e nell’orticaria colinergica (40).

Si consiglia omalizumab come terapia add-on in pazienti con grave malattia refrattaria a dosi elevate di antistaminici anti-H1, come terza linea di trattamento.

Trattamenti alternativi

Tra i trattamenti alternativi vengono annoverati la sulfasalazina, il methotrexate, l’interferone, la plasmaferesi, la fototerapia e la somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa, per cui esistono sole prove di bassa qualità e sono stati pubblicati solo case series.

In letteratura vi sono case report relativi all’uso con successo di anti-TNF-a e delle immunoglobuline per via endovenosa che dunque sono attualmente consigliati solo in centri specializzati e come ultima opzione terapeutica (es: anti-TNF-a per orticaria ritardata da pressione e le immunoglobuline per via endovenosa per l’orticaria cronica spontanea).

La fototerapia è stata utilizzata con successo in caso di mastocitosi, di orticaria cronica spontanea e nel dermografismo sintomatico per una durata di 1-3 mesi come terapia in aggiunta al trattamento antistaminico.

Trattamenti inefficaci

Tra i trattamenti inefficaci le più recenti linee guida citano: l’acido tranexamico e cromoglicato di sodio nell’orticaria cronica spontanea, la nifedipina nel dermografismo sintomatico, la colchicina e l’indometacina nell’orticaria ritardata da pressione.

Queste terapie erano state proposte nelle precedenti linee guida come trattamenti alternativi anche se con un basso grado di raccomandazione, ma poi, a seguito di studi in doppio cieco controllati verso placebo, ne è stata dimostrata l’inefficacia.

Tuttavia di recente uno studio pilota svolto su pazienti con elevati livelli di D-dimero ha dimostrato che la terapia con acido tranexamico può essere efficace.

Popolazioni speciali

Lo stesso algoritmo di trattamento può essere utilizzato nei bambini con orticaria cronica con un grado debole di raccomandazione e un consenso clinico accettato al 100%.

Esistono prove con elevati livelli di evidenza solo per la prima linea di trattamento (con antistaminici anti-H1 di II generazione) compreso l’updosaggio secondo peso.

Tra tutti gli antistaminici anti-H1 di II generazione, vi sono studi in età pediatrica che ne assicurano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine, solo per: cetirizina, desloratadina, fexofenadina, levocetirizina e loratadina.

La scelta della molecola dipende dall’età e dalla formulazione disponibile in commercio (sciroppo o compressa oro-dispersibile).

L’uso degli antistaminici anti-H1 di II seconda generazione non è concesso in licenza per l’uso nei bambini di età inferiore ai 6 mesi.

Per quanto riguarda l’utilizzo di antistaminici di I generazione sedativi, le linee guida ne sconsigliano la prescrizione nei neonati e nei bambini con forte grado di raccomandazione, poiché possiedono un profilo di sicurezza inferiore rispetto agli antistaminici di II generazione.

Tuttavia per gli antistaminici di I generazione c’è una maggiore esperienza clinica, in quanto sono presenti da maggiore tempo sul mercato, e quindi sono più maneggevoli ed alcuni sono licenziati da un mese di vita.

Per quanto riguarda l’uso delle altre terapie previste dall’algoritmo, in letteratura esiste un solo studio randomizzato sull’uso della ciclosporina nella popolazione pediatrica con l’indicazione di orticaria cronica.

Comunque gli altri farmaci (omalizumab ed antileucotrieni) sono autorizzati e molto usati nella pratica clinica nei bambini, ma con indicazioni cliniche diverse (soprattutto patologie asmatiformi) e si sono dimostrati sicuri.

Le altre popolazioni speciali prese in considerazione nelle nuove linee guida sono le donne in gravidanza e allattamento, in cui vi è un grado di raccomandazione debole ed un consenso clinico accettato al 97%.

Anche in questo caso è permesso l’uso delle terapie della prima linea di trattamento dell’algoritmo, ossia degli antistaminici anti-H1 di II generazione, per cui ci sono prove di efficacia.

Un recente studio di Rimoin LP et al. pubblicato in Dermatologic Therapy nel 2013 ha dato una valutazione dell’efficacia dei trattamenti antistaminici in gravidanza e tra tutti la loratadina ha il miglior profilo di sicurezza, seguita da desloratadina, cetirizina e levocetirizina.

Tali dati sono confermati anche da studi retrospettivi di meta-analisi basati su donne con rinite allergica.

Infatti gli antistaminici di II generazione sono farmaci ampiamente usati soprattutto nella rinite allergica oltre che nell’orticaria, per cui si presume che molte donne li abbiano assunti quando erano ancora ignare del loro stato interessante e ad oggi non sono stati segnalati difetti alla nascita.

Bisogna usare prudenza riguardo all’aumento del dosaggio perché non sono stati effettuati studi di sicurezza e per es. la loratadina viene metabolizzata nel fegato.

Inoltre tutti gli H1-antistaminici sono escreti nel latte materno in basse concentrazioni.

Gli antistaminici di I generazione possono essere impiegati con cautela, a fronte di una mancata risposta ai moderni antistaminici, ma attenzione a non prescriverne l’uso prima del parto, poiché possono provocare depressione respiratoria del neonato.

Tra gli antistaminici di I generazione il miglior profilo di sicurezza appartiene a clorfeniramina e difenidramina.

È chiaro che ogni scelta terapeutica in caso di paziente gravida o durante l’allattamento va ponderata con attenzione perché l’uso di un qualsiasi trattamento sistemico andrebbe evitato in tali circostanze, soprattutto se si tratta di paziente gravida al primo trimestre.

Perciò tutte le misure terapeutiche vanno prese in base a considerazioni cliniche individuali, dando sempre la precedenza a farmaci con un buon rapporto rischio-beneficio in materia di teratogenicità e tossicità embrionale.

A ciò si aggiunge la difficoltà che in letteratura i dati che provino attraverso studi randomizzati l’efficacia dei vari trattamenti in tale ambito, sono scarsi poiché non sono etici.

 

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