Distorsione del piede

Distorsione del piede

La distorsione del piede deriva dall’applicazione di una forza eccedente i limiti della resistenza tensile delle strutture capsulo-legamentose dell’articolazione.

L’85% dei casi di distorsione del piede avviene in supinazione e questo provoca la lesione del legamento peroneo-astragalico anteriore del compartimento legamentoso esterno.

Più rari invece sono le distorsioni del compartimento mediale (5%), dovute a movimenti di pronazione. Un rimanente 10% interessa invece la sindesmosi tibio-peroneale.

Epidemiologia

La distorsione del piede è estremamente diffusa, seconda solo alla lombalgia. Secondo alcuni Autori l’incidenza mondiale sarebbe di circa 10.000 persone al giorno, inoltre la maggior parte delle distorsioni sono probabilmente trascurate o autotrattate dal paziente stesso.

Anatomia

Le articolazioni del piede si dividono in:

  • Talo-crurale;
  • Intertarsiche;
  • Tarso-metatarsiche;
  • Intermetatarsiche;
  • Metatarso-falangee;
  • Interfalangee.

 

L’articolazione talo-crurale è un ginglimo angolare che unisce tibia e fibula, a formare il mortaio tibiofibulare, con la troclea del talo.

Questa è rinforzata dai legamenti tibio-fibulari anteriore e posteriore, dalla capsula articolare e dall’apparato legamentoso del collo del piede, suddiviso in due compartimenti: esterno e interno.

I legamenti del compartimento esterno sono i più importanti perché sono quelli più frequentemente interessati dalle lesioni. Originano dal malleolo peroneale e si portano all’astragalo e/o al calcagno, il loro scopo è quello di limitare la supinazione e la rotazione interna dell’astragalo.

Essi sono il legamento peroneo-astragalico anteriore, il più debole, che si oppone alla supinazione e alla traslazione dell’astragalo sulla tibia; il legamento peroneo-astragalico posteriore, teso quando il piede è dorsiflesso e si oppone alla traslazione posteriore ed è il più resistente; e il legamento peroneo-calcaneale che stabilizza le articolazioni tibio-tarsica e talo-calcaneale.

Il compartimento interno è costituito dal solo legamento deltoideo che si inserisce superficialmente al calcagno e profondamente all’astragalo. Esso si oppone alla pronazione e alla rotazione esterna, ed è dotato di una resistenza molto superiore rispetto al compartimento esterno, infatti in caso di distorsione è molto più probabile che ceda l’osso piuttosto che il legamento stesso.

Esiste inoltre la sindesmosi tibio-peroneale, composta da una serie di strutture legamentose che permettono di accostare tibia e perone così da formare il giusto spazio per accogliere l’astragalo (la pinza malleolare).

Questa si può aprire a causa di sollecitazioni elevate in rotazione esterna del piede, come ad es. nel trauma da sci.

L’articolazione talo-crurale permette i movimenti di flesso-estensione e di lateralità (solo in flessione plantare) e svolge una funzione primaria dal punto di vista biomeccanico, con un’ampiezza complessiva di circa 100°. Questa non può essere maggiore perché la tibia provoca un impedimento meccanico al piede in flessione eccessiva, e questo serve per proteggere le strutture legamentose anteriori e posteriori; ciò spiega anche il perché dell’interessamento dei compartimenti laterali e mediali negli episodi distorsivi.

Le articolazioni intertarsiche si dividono in talo-calcaneale e talo-calcaneo-navicolare, quest’ultima, assieme alla calcaneo-cuboidea, costituisce l’articolazione trasversa del tarso.

Insieme sono responsabili dei movimenti di prono-supinazione e di piccoli scivolamenti interossei.

Le tarso-metatarsali sono artrodie tra le ossa della fila distale del tarso con le basi delle ossa metatarsali.

Sono rinforzate da capsule fibrose, dai legamenti omonimi dorsale e plantare e dai legamenti cuneometatarsali interossei.

Consentono al piede la possibilità di adattare la pianta durante la marcia.

Le articolazioni intermetatarsiche uniscono le basi delle ossa metatarsali e, insieme a capsula e ai legamenti interossei, permettono piccoli scivolamenti.

Le metatarso-falangee sono condiloartrosi che uniscono le teste dei metatarsi alle basi delle falangi prossimali. Sono rinforzate da una capsula articolare e dai legamenti plantare, collaterale laterale e mediale, e permettono nel complesso la flesso-estensione delle dita sui metatarsi.

Le interfalanee infine sono troclee che uniscono le teste delle falangi alle basi delle stesse. Struttura di rinforzo e funzione sono uguali alle rispettive metatarsofalangee.

Patogenesi della distorsione del piede

L’articolazione tibio-tarsica è un punto in cui convergono molteplici sollecitazioni. Quando il piede è a contatto con il suolo infatti, come nella nella marcia, si aggiunge su di essa il peso del corpo.

Se si assume una stazione eretta corretta questo viene equamente distribuito sulle articolazioni simmetricamente, con un maggiore scarico sul compartimento legamentoso mediale, che però è molto robusto.

Al contrario quando si cammina o si corre su terreni irregolari, o il piede subisce delle oscillazioni che provocano una rotazione della sua posizione in lieve supinazione (come accade ad es. nella normale deambulazione) e viene applicata una forza improvvisa sul piede stesso mentre è ancora in questa posizione (es. caduta sul margine esterno del piede dopo un salto) allora il peso viene applicato e scaricato sul compartimento esterno, che è fisiologicamente meno resistente e quindi più soggetto a essere danneggiato.

Esistono alcuni fattori di rischio che però non sono stati tuttavia validati da tutti gli Autori, come l’età, peso, la dominanza dell’arto, gli atteggiamenti posturali, sesso, obesità, la lassità legamentosa.

Alcuni sport inoltre sembrerebbero essere più predisponenti, come il basket, il calcio, il pattinaggio su ghiaccio, così come indossare alcune scarpe o un allenamento e/o uno stretching inadeguato prima dell’attività.

Fattori più sicuri sono da ricercare in episodi distorsivi precedenti, limitazione articolare, scarsa tonicità muscolare.

La distorsione del piede: clinica ed inquadramento diagnostico

Per diagnosticare e inquadrare la distorsione del piede, è sempre necessario un accurato esame clinico è che, è importante sottolineare, deve sempre essere condotto bilateralmente.

Si comincia con una precisa anamnesi allo scopo di comprendere il meccanismo del trauma e ipotizzare le eventuali strutture interessate dal danno.

Importanti inoltre sono la percezione del paziente di rumore di lacerazione o di uno schiocco, tipico delle gravi lesioni.

È inoltre importante chiedere al paziente se si tratta di un primo episodio oppure no, onde orientarsi su un’instabilità articolare cronica.

Nella distorsione del piede, all’ispezione la caviglia si presenterà gonfia ed ecchimotica in maniera direttamente proporzionale all’entità del trauma subito.

In caso di edema imponente, sarà il caso di rivalutare la caviglia dopo 3-5 giorni dall’applicazione di una fasciatura compressiva, ghiaccio e elevazione dell’arto.

A questo punto si passa alla ricerca dei punti dolorosi, seguendo in ordine: i legamenti PAA, PC, deltoideo, il malleolo laterale e mediale e la sindesmosi tibio-peroneale distale.

Si procede in seguito a palpare il V osso metatarsale e del calcagno e il tendine d’Achille, il tibiale posteriore, i peronieri.

Infine si escluderanno lesioni dei nervi tibiale e peroneale ricercando deficit sensitivi e/o motori.

Si passa poi alla valutazione funzionale chiedendo al paziente di assumere la stazione eretta e di mantenere il peso sui due piedi: se tollerato, si invita a compiere qualche passo.

Il superamento di questa prova unitamente all’assenza o a modesto dolore all’esame palpatorio permette di escludere la presenza di fratture e danni legamentosi.

Prestare infine attenzione ad eseguire le manovre specifiche per la valutazione della sindesmosi tibio-peroneale, le quali lesioni sono spesso misconosciute.

Esistono due manovre, positive se evocano dolore: nel test di spremitura la mano dell’esaminatore afferra il terzo medio della gamba e la comprime, nel test della rotazione esterna invece la mano dell’esaminatore viene appoggiata sul versante laterale del terzo prossimale della gamba stabilizzandola, e con l’altra mano si afferra il bordo mediale dell’avampiede e lo si ruota all’esterno.

Spesso l’esame obiettivo può essere di difficile esecuzione e valutazione, a causa del dolore e dello stato d’ansia associato, motivo per cui, le manovre atte a individuare eventuali lesioni o lassità legamentose, come il test del cassetto anteriore, il test di supinazione forzata hanno un valore relativo, più rilevante solo negli esiti di una distorsione, piuttosto che in acuto.

Integrando i reperti obiettivi possiamo quindi fare una stima del danno legamentoso

Tabella 1. Valutazione del danno legamentoso.

Lesione di grado 1: Dolore, gonfiore e limitazione funzionale minimi.
Ecchimosi assente. Appoggio non doloroso. Lesione legamentosa assente.
Lesione di grado 2: Dolore, gonfiore e limitazione funzionale discreti.
Ecchimosi frequente. Appoggio doloroso, ma possibile. Lesione legamentosa parziale.
Lesione di grado 3: Dolore, gonfiore e limitazione funzionale marcati.
Ecchimosi presente. Appoggio doloroso o non possibile. Lesione legamentosa completa.

A questo punto bisogna decidere se indirizzare il paziente a un esame radiografico, in quanto in non tutte le distorsioni è necessario.

Secondo i criteri di Ottawa quest’ultimo va eseguito quando all’esame clinico si ha rilevato:

  • Dolore significativo alla palpazione dei malleoli e/o allo scafoide e alla base del V metatarso;
  • Incapacità di mantenere la stazione eretta in carico o di compiere 4 passi.

Tuttavia questi criteri, che hanno dimostrato una sensibilità prossima al 100%, non possono essere utilizzati se il paziente non è collaborante (età, alcol, droghe, trauma cranico importante o politrauma il quale dolore copre quello del piede) o in caso di ipoanestesia dell’estremità coinvolta (lesione nervi peroneo e/o tibiale).

Quando i criteri sono soddisfatti bisogna seguire una radiografia in tre proiezioni: anteroposteriore, laterale, obliqua, e se sono dolenti scafoide e/o V metatarso vanno aggiunte due proiezioni del piede, in ricerca di frattura malleolare.

Da notare che l’esame può essere positivo anche in assenza di frattura (es. diastasi della pinza malleolare), e che in caso di dubbio diagnostico (grande ematoma, dolore importante) è possibile rimandare l’esame di 4-5 giorni così da aumentarne la sensibilità.

Esiste inoltre la radiografia dinamica, utilizzata per confermare un’instabilità meccanica in una distorsione recidivante, nella quale si cercherà quale segno di instabilità la diastasi dei capi articolari.

La RM viene utilizzata per la valutazione della caviglia in caso di dolore persistente per molto tempo, difficilmente viene utilizzata in acuto, riservata solo a quei casi di dubbio diagnostico.
In caso di lesione dubbia alla RX e impossibilità di poter effettuare una RM è possibile poter utilizzare la TC.

In ultima battuta è possibile ricorrere alla scintigrafia ossea qualora si sospettasse una lesione della pinza che non provoca diastasi ben visibile alla RX e con RM dubbia.

Le complicanze della distorsione del piede sono piuttosto rare.

Più frequenti sono la persistenza del dolore, l’edema e la sensazione di incertezza, a volte anche a distanza di anni dal trauma. Bisogna quindi sospettare, in tal caso:

    • Instabilità cronica;
    • Esiti cicatriziali intraarticolari (sinovite nel comp. laterale “meniscoide”);
    • Sublussazione dei tendini peronieri (cedimento, per distacco del retinacolo);
    • Fratture astragalo/calcagno (dolore residuo);
    • Algodistrofia riflessa localizzata (dopo immobilizzazione prolungata).

Terapia della distorsione del piede

Dopo la lesione i legamenti vanno incontro ad un fenomeno di ricostituzione che prevede le fasi di formazione dell’ ematoma, infiammazione, proliferazione di fibroblasti, deposito di collagene. Questa evoluzione è tanto più lenta quanto è più grave il danno.

Importanti fasi della terapia, al fine di favorire la corretta guarigione, sono:

  • Contenimento dell’edema e dell’ecchimosi;
  • Mobilizzazione precoce;
  • Riabilitazione.

Nell’immediato, allo scopo di contenere l’edema, è utile seguire lo schema PRICE:

  • Protection
  • Rest
  • Icing
  • Compression
  • Elevation (per 48h)

Questo permette di contenere l’edema e prevenire l’ematoma allo scopo di favorire il recupero della mobilità precoce futura. Anche i FANS possono essere utili per lo stesso scopo.

Si utilizza quindi un’ortesi allo scopo di immobilizzare l’articolazione (il tutore funzionale è risultato superiore in termini di qualità ed efficacia) e si invita il paziente all’utilizzo delle stampelle.

Dopo 3-4 giorni dalla distorsione del piede, se lo permette il dolore, è possibile applicare carico a tolleranza sul piede e ad eseguire i primi esercizi di flesso-estensione.

E’ possibile abbandonare le stampelle solo quando il dolore è completamente sparito.

Dopo 3-4 settimane è possibile rimnuovere il tutore se non c’è edema, dolore e vi è recupero completo o parziale della mobilità articolare.

La riabilitazione della distorsione del piede inizia subito dopo la fase acuta e ha lo scopo di recuperare l’articolarità, di rinforzare la muscolatura tramite esercizi isometrici e isotonici assistiti e di scongiurarne l’ipotrofia muscolare.

Quando il dolore è completamente sparito è possibile eseguire poi esercizi più aggressivi.

Dopo questa fase si deve seguire un programma di recupero propriocettivo, e per gli atleti una rieducazione al gesto atletico per il recupero della competitività, proteggendo l’articolazione inizialmente con un tutore funzionale (o con un taping secondo alcuni).

Questo in genere impiega circa 10 gg – 26 settimane a seconda della gravità della lesione.

Notare che i trattamenti fisici alternativi (laser, US, elettroterapia) non hanno dimostrato efficacia aggiuntiva.

Esiste infine l’opzione chirurgica, che viene riservata però solo in caso di :

  • Lesione della sindesmosi tibio-tarsica;
  • Avulsione del legamento deltoideo;
  • Lesione di 3° grado del compartimento;
  • Quando il trattamento conservativo non è stato soddisfacente.

Prevenzione delle recidive

  • Evitare calzature con tacchi alti;
  • Usare un tutore semirigido per attività sportive;
  • Mantenere un buon tono e trofismo della muscolatura;
  • Eseguire esercizi di proprio-stimolazione;
  • Eseguire sempre un buono stretching e riscaldamento prima dell’esercizio sportivo.
Bibliografia

Distorsioni della caviglia: inquadramento clinico e linee di trattamento – Valerio Sansone – MD Medicinae Doctor Anno XV numero 3Clinica ortopedia – Morlacchi, Mancini – IV Ed. Piccin.

Trattato di Anatomia Umana – G.Anastasi, S.Zecchi – Edi Ermes.

Traumatologia pratica in PS – Cabitza, Daolio – Società Editrice Esculapio.

Diagnosi, trattamento e prevenzione della distorsione della caviglia – Progettoasco.it, N.9 Dicembre 201

Protocollo riabilitativo in caso di Distorsione della caviglia e del piede, anche con l’utilizzo del Taping Kinesiologico – Rosario Bellia.

Distorsione della caviglia e terapia manuale, una revisione della letteratura evidence based oriented – Roberto Tommasini.