Anoressia nervosa

Anoressia nervosa

L’ anoressia nervosa è un disturbo della condotta alimentare molto grave che, nell’ultimo ventennio, ha colpito un enorme numero di adolescenti di sesso femminile nei paesi occidentali.

Trattasi di un’affezione psichiatrica e psicologica di maggior rilievo clinico e sociale, caratterizzata da un difetto strutturale della propria identità psico-fisica e da un’alterata immagine corporea, nelle sue forme e dimensioni, percepite dalla paziente anoressica.

L’ anoressia nervosa procura nei soggetti una grave sofferenza psichica, coinvolgendo molteplici fattori: genetici, biologici, sociali e psicologici.

I suoi primi segni compaiono nella prima infanzia con l’attaccamento alla figura materna e nel rapporto con il proprio corpo.

Secondo l’etimologia della parola, il termine anoressia deriva dal greco: ανορεξια (anorexía), e significa: “mancanza di appetito”, anche se in realtà nell’ anoressia nervosa non si verifica affatto un’assenza di appetito, anzi c’è una ricerca massiccia di cibo e soprattutto della magrezza, correlata ad un’ossessiva paura e preoccupazione di ingrassare, percependo come grasse alcune parti del corpo (glutei, addome e cosce).

Di conseguenza la perdita di peso diventa un successo, mentre l’aumento di peso procura un calo di autostima, di motivazione e di autocontrollo.

La vita dell’anoressica ruota attorno al peso corporeo, concentrandosi in modo maniacale sul conteggio delle calorie dei cibi che le permettono di raggiungere il peso al di sotto dell’80% della norma.

Ernest Charles Lasegue, noto medico francese, è stato il primo nella storia a descrivere tale disturbo alimentare, definendolo come un disturbo del comportamento alimentare che si rivela in completa assenza di disturbi organici primari.

Questo disturbo risale sin dal Medioevo, ma dagli anni ’60 si è molto estesa nei paesi industrializzati, economicamente avanzati, con un elevato tenore di vita e radicati nel mondo occidentale, in cui si tende a dare maggiore priorità alla figura della donna snella, priva di imperfezioni fisiche.

La crescita dell’incidenza della patologia è associata al progresso tecnologico e all’emancipazione socio-culturale della donna.

L’Italia è un paese occidentale culturalmente ed economicamente avanzato, in cui si riscontra un alto tasso di anoressia nervosa nel Centro-Nord, mentre al Sud c’è una ridotta incidenza di anoressia, e ciò è determinato dall’arretratezza culturale, dalla chiusura mentale della popolazione meridionale, dalla ridotta sensibilità della popolazione femminile verso l’ideale della donna magra e snella, vivendo in un ambiente familiare ristretto ed opprimente con un’elevata conflittualità interiore.

In Africa e nel Medio Oriente tale disturbo è del tutto assente e sconosciuto.

Epidemiologia

L’incidenza dell’anoressia nervosa ha subìto un forte sviluppo dagli anni ’60 ad oggi. L’età di esordio è tra i 12 e i 25 anni, con due picchi: uno a 14 anni di età e l’altro a 18 anni di età.

Colpisce il 90% delle donne e il 10% degli uomini. Solo l’1% degli adulti intono ai 40 anni di età. Oltre il 20% dei pazienti anoressici tenta il suicidio o va incontro alla morte o per malnutrizione o per squilibri metabolici ed elettrolitici.

L’anoressia nervosa non colpisce solo nella pubertà e nell’adolescenza, ma colpisce anche in tenera età.

Infatti, ci sono quattro forme di anoressia presenti nei bambini e sono:

  1. Anoressia semplice: colpisce in seguito allo svezzamento a causa di un atteggiamento inflessibile della madre. Il bambino è malnutrito e non raggiunge il peso corporeo ideale della sua fase evolutiva;
  2. Anoressia mentale grave: l’esordio è simile al precedente ma persiste il comportamento rigido della madre e, di conseguenza, il bambino permane nella sua condotta alimentare anoressica;
  3. Anoressia essenziale precoce: dalla nascita il bambino ha i primi segni di una psicopatologia più profonda, ossia: l’autismo;
  4. Anoressia della seconda infanzia: è importante l’educazione alimentare impartita dai genitori verso il proprio figlio, poiché un’adeguata educazione alimentare riduce il disturbo anoressico.

Sintomatologia e Decorso della patologia

Dal punto di vista clinico la denutrizione procurata dall’anoressia nervosa può danneggiare gli apparati e gli organi scatenando numerosi disturbi psicologici, psichiatrici, endocrini, ormonali, dermatologici, gastrointestinali e comportamentali.

La paziente con anoressia nervosa in fase di malnutrizione presenta i seguenti sintomi: cute secca, capelli e unghie fragili, callosità alle mani, ipertrofia delle ghiandole salivari, bradicardia, ipotermia, disidratazione, poliuria (aumento delle diuresi), bradipnea, ipotensione, gengive, cuore e fegato danneggiati, amenorrea (assenza del ciclo mestruale per 3 mesi consecutivi), amnesia, disfunzione tiroidea, ipotalamica, ipofisaria, surrenale e ovarica, letargia e/o eccesso di energia, coliche e stitichezza.

Tutto ciò è causato da un forte calo ponderale del peso corporeo e dal minor apporto di calorie, proteine, lipidi e zuccheri nell’organismo.

Per raggiungere la perdita di peso le pazienti non attuano solo una dieta drastica, ma ricorrono anche a delle condotte di eliminazione, mediante vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici (incidono sulla pressione arteriosa), emetici ed eccessiva attività sportiva.

Dal punto di vista psicologico e psichiatrico le pazienti con anoressia nervosa riportano:

  • depressione;
  • disturbo ossessivo compulsivo e disturbo ossessivo compulsivo di personalità;
  • disadattamento sociale e lavorativo;
  • condotte evitanti e frustrazione;
  • ritiro sociale;
  • disturbo dipendente di personalità
  • bipolarismo (disturbi dell’umore);
  • ipersensibilità
  • frigidità e impotenza;
  • alterazione del ciclo sonno-veglia;
  • rigidità mentale;
  • disagio nel mangiare nei ristoranti e fast food;
  • abuso e dipendenza da sostanze stupefacenti e da farmaci per il trattamento dell’anoressia;
  • tentativi di suicidio;
  • infarti;
  • perdita del self control.
  • I dati statici sperimentali riportano alcune percentuali relative all’evolversi del disturbo alimentare.

Nell’80% dei casi la patologia diventa cronica, portando al 2% dei casi al suicidio, al 20% dei casi a squilibri metabolici e a disturbi cardiovascolari, al 3% all’obesità, al 70% al raggiungimento del peso norma (se ben trattata!), da 0 a 25% alla completa guarigione.

Il decorso e la prognosi della patologia sono molto complesse a causa del quadro clinico iponutrizionale, della presenza di psicopatologie, della distorta immagine corporea e delle condotte restrittive attuate dalle anoressiche.

Diagnosi dell’ anoressia nervosa

Il DSM IV Tr (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quarta edizione text revision) classifica nel seguente modo i criteri diagnostici dell’anoressia nervosa:

  • Criterio A: Rifiuto di mantenere il proprio peso corporeo al di sopra del peso minimo ideale per età e per altezza;
  • Criterio B: Intensa paura di ingrassare, anche se si è sottopeso;
  • Criterio C: Comparsa del “Disturbo da Dismorfismo Corporeo”, ovvero la paziente percepisce come alterate le forme del suo corpo e non si accetta;
  • Criterio D: Nelle donne si manifesta l’amenorrea, con assenza del ciclo mestruale per 3 mesi consecutivi, procurati dalla disfunzione neuroendocrina. La comparsa del ciclo avviene solo con la somministrazione di estrogeni.

I sottotipi dell’anoressia nervosa sono due:

  • restricting type: il controllo del peso avviene con la dieta drastica, il digiuno e l’attività fisica, senza ricorrere alle abbuffate compulsive e ne’ tanto meno alle condotte di purgazione;
  • binge eating type/ laxative type: la paziente ricorre alle abbuffate compulsive e alle condotte di eliminazione, mediante: vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici (incidendo sulla pressione arteriosa) ed emetici.

Prevenzione

La prevenzione dell’ anoressia nervosa ha una triplice funzionalità

La prevenzione primaria: previene la manifestazione della patologia. Si interviene con un’adeguata educazione alimentare allo scopo di correggere il modo di percepire la propria immagine corporea, lavorando sia sul rapporto con il proprio corpo e sia sul rapporto con se stessi;

La prevenzione secondaria: riduce i tempi che decorrono dall’insorgenza del disturbo al trattamento terapeutico;

La prevenzione terziaria: riduce il rischio che peggiori la malattia, in seguito alla sua comparsa.

I piani di prevenzione hanno molteplici obiettivi:

  • aumentare l’autostima, l’autocontrollo, l’autonomia e il coraggio;
  • ridurre l’esposizione ad eventi stressogeni, l’ossessione verso il proprio aspetto fisico;
  • correggere le abitudini alimentari;
  • migliorare il rapporto con i propri sentimenti, con le proprie emozioni e con il mondo esterno.

Terapia

Ogni trattamento terapeutico varia da caso a caso, deve essere personalizzato e adattato su ciascun paziente. Esso va definito in base alla storia clinica del paziente, alla valutazione diagnostica, alla sintomatologia riportata, alla sua storia familiare e al contesto sociale in cui è inserito. Vanno valutate anche le aspettative e i bisogni dei soggetti.

Il trattamento può svolgersi in svariati modi:

  • Ricovero ospedaliero o in day hospital;
  • Psicoterapia;
  • Alimentazione enterale o per via parenterale;
  • Psicoterapia cognitivo-comportamentale;
  • Psicoterapia di gruppo;
  • Psicoterapia familiare;
  • Psicoterapia sistemico-relazionale;
  • Somministrazione di neurolettici, stabilizzatori dell’umore, antidepressivi triciclici e serotoninergici;
  • Dieta personalizzata per ripristinare il peso ottimale dell’individuo in base alla sua età e alla sua statura.

Solitamente la terapia farmacologica associata a quella psicoterapica durano un paio di anni e i soggetti vengono supervisionati da un equipe multidisciplinare costituito da: medici, psicologi, nutrizionisti, educatori, neurologi ed endocrinologi.

Il trattamento dell’anoressia nervosa è lungo e spesso faticoso, ma se la paziente segue e rispetta scrupolosamente tutte le fasi degli interventi terapeutici prescritti dall’equipe di supervisione allora avrà ottime aspettative di guarigione completa da tale disturbo alimentare.

BIBLIOGRAFIA

  1. Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Masson, Milano, 2013;
  2. A. Siracusano, Manuale di psichiatria, Il pensiero scientifico editore, 2007;
  3. Cassano G. Battista, Pancheri Paolo – Manuale di psichiatria, Utet, 2005;
  4. Giberti R., Rossi R., Manuale di Psichiatria, Piccin Editore, ultima edizione.