Disprassia: deficit infantile della fattualità

Disprassia: deficit infantile della fattualità

La disprassia è un deficit neuropsichiatrico infantile della pianificazione, organizzazione, coordinazione e sincronizzazione motoria e gestuale.

Non si tratta di una malattia ma di un ritardo nello sviluppo e nella crescita cognitiva, motoria e cerebrale del fanciullo.

Tuttavia, la disprassia è un disturbo di coordinazione percettivo-motoria (atto motorio concreto) e logico-verbale (atto motorio rappresentato mentalmente ed espresso verbalmente), ed è caratterizzata dall’incapacità di svolgere movimenti (singoli e sequenziali / semplici e difficili / rilevanti ed irrilevanti) e gesti (simbolici e non simbolici) tipici della routine quotidiana, sia su richiesta che su imitazione.

Per quanto possano apparire scorrette le esecuzioni motorie attuate dai disprattici, essi sono dotati di capacità altamente funzionanti, come: la motivazione all’apprendimento, la giusta autostima che serve in questi casi, la volontà e la propensione ad imparare, a contribuire e a cooperare.

Secondo l’etimologia della parola, il termine dis-prassia deriva dal greco e significa: “incapace di fare”.

La disprassia si manifesta prevalentemente nel periodo scolare (nei primi anni della scuola primaria) con il primo approccio all’apprendimento della lettura, scrittura e calcolo.

Il disturbo colpisce nella fase dello sviluppo motorio, cognitivo e cerebrale del bambino, impedendo la messa in atto di soli azioni e gesti volontari, mentre l’attuazione dei movimenti spontanei è indenne.

I pazienti sono inconsapevoli di essere disprattici e sono convinti di essere in perfetta forma e di godere di buona salute.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali quarta edizione (DSM IV) colloca la disprassia nella categoria dei: DCD – Developmental Coordination Desorder, tradotto in lingua italiana i DCD sono i Disturbi della Coordinazione Motoria. Nella presente categoria rientrano le abilità di coordinazione e di organizzazione motoria che si collocano al di sotto dell’età cronologica, del livello di istruzione e del QI del piccolo paziente.

I difetti e gli errori motori diffusi tra i piccoli disprattici sono i seguenti:

  • azioni persistenti: ripetizione insistente delle medesime azioni, anche se non richiesti e inadeguati al contesto in cui è inserito;
  • lacune nella messa in atto dei movimenti: incapacità di portare a termine un movimento corretto;
  • difetti sequenziali: incapacità di seguire i vari passaggi opportuni per compiere un’azione corretta (ad esempio: allacciare le scarpe);
  • difetti di localizzazione: le azioni compiute sono corrette ma inappropriate al contesto;
  • utilizzo scorretto degli oggetti: l’insieme dei gesti compiuti nell’utilizzo di un oggetto sono scorretti;
  • titubanza nelle rappresentazioni mentali delle azioni e nell’esecuzione di essi: in seguito alla manipolazione dell’oggetto, emerge una certa perplessità nel suo corretto utilizzo;
  • azioni sostituite: scambio di gesti e azioni che appartengono allo svolgimento di altri differenti.
  • difficoltà nell’apprendimento di abilità intenzionali che hanno un obiettivo specifico;
  • incapacità di auto-valutazione e di auto-correzione dei difetti motori.

Epidemiologia

La disprassia colpisce circa il 10% della popolazione nella fase evolutiva compresa tra l’infanzia e la pubertà.

La disprassia è diffusa tra i maschietti, e sono colpiti anche i bimbi affetti da una famosissima e diffusissima malattia genetica, ossia: la Sindrome di Down.

Eziologia

Le cause della disprassia non sono del tutto note, ma numerose ricerche sperimentali collegano il disturbo ad un ritardo della maturazione neuronale del bambino ed a fattori genetici – ereditari come responsabili dell’esordio del deficit.

Le aree cerebrali compromesse nel disprattico sono le seguenti:

  • corteccia cerebrale;
  • corpo calloso;
  • sistema limbico;
  • talamo ed ipotalamo.

La compromissione di dette aree cerebrali procurano nel piccolo paziente acting out, deficit attentivi, vulnerabilità, scarse abilità motorie, disfunzioni senso-percettive, ansia, paura di sbagliare e di fare cattiva figura in presenza dei propri compagni di classe, avvilimento, scarsa capacità di self control, ecc.

Manifestazione Clinica

I tipici tratti clinici del deficit disprattico sono:

  • incapacità di allacciarsi le scarpe e abbottonarsi;
  • incapacità di scrivere e disegnare:
  • difficoltà nel praticare attività agonistiche;
  • ansie e fobie;
  • ossessioni;
  • disorientamento spazio-temporale;
  • assenza di cognizione dinanzi alle fonti di pericolo;
  • deperimento psico-fisico;
  • deficit dell’apprendimento;
  • amnesia;
  • confusione mentale e facile perdita della concentrazione;
  • tendenza a distrarre i compagni di classe durante le lezioni;
  • fatica a copiare dalla lavagna;
  • difficoltà ad occuparsi dell’igiene personale;
  • difficoltà a mangiare da soli e ad usare le giuste posate nei vari pasti della giornata;
  • disadattamento sociale;
  • difficoltà di deambulare, correre, saltare, salire / scendere le scale;
  • perdita dell’equilibrio;
  • difficoltà a vestirsi e a pettinarsi i capelli;
  • difficoltà nella prensione e manipolazione;
  • difficoltà nella lettura e nella scrittura;
  • eloquio lento, stentato e confusionario;
  • vocabolario riduttivo;
  • difficoltà attentive;
  • difficoltà a prendere appunti;
  • difficoltà a riportare le proprie idee e pensieri per iscritto;
  • difficoltà ad imparare poesie e filastrocche;
  • incapacità di distinguere la destra dalla sinistra;
  • incapacità di mantenere una distanza adeguata durante la lettura;
  • difficoltà a memorizzare le tabelline, le date importanti, le posizioni geografiche, i giorni della settimana, i mesi e le stagioni;
  • difficoltà ad imparare a leggere l’orario.

Comorbidità della disprassia

La disprassia può presentarsi in comorbidità anche con altre patologie sensoriali e psichiche:

  • disturbi comunicativi;
  • deficit acustici;
  • deficit visivi;
  • dislessia evolutiva;
  • disgrafia evolutiva;
  • disortografia evolutiva;
  • discalculia evolutiva;
  • disturbi pervasivi dello sviluppo: Autismo e Sindrome di Asperger;
  • disturbi da deficit di attenzione o iperattività (ADHD);
  • disturbi d’ansia, bipolarismo e disturbo depressivo maggiore;
  • ritardo mentale lieve/moderato;
  • disturbi della condotta;
  • stati psicotici;
  • stati nevrotici.

Diagnosi di disprassia

La disprassia viene in genere diagnosticata da parte di medici specializzati in: pediatria, fisioterapia, logopedia, neuropsichiatria infantile e psicologia dello sviluppo, che analizzano le ripercussioni che tale deficit provoca sul funzionamento quotidiano del piccolo paziente.

Generalmente in seguito alla manifestazione di un disturbo motorio come la disprassia, il bambino viene sottoposto ad un esame neurologico (mediante l’ausilio di tecniche di neuro-immagine come: TAC – RMN – PET), che serve per valutare l’aspetto anatomico cerebrale, il funzionamento del SNC e SNP.

Successivamente, viene eseguita una valutazione di tipo psicomotoria, con lo scopo di analizzare il funzionamento dell’apparato muscolo-scheletrico e locomotore, la localizzazione e l’entità delle disabilità motorie.

La diagnosi prevede una raccolta dettagliata dei dati relativi alla storia clinica del paziente (anamnesi) e alla storia clinica familiare (anamnesi familiare), e la raccolta degli esiti ottenuti dai test psicodiagnostici, necessari per misurare il QI del paziente, le capacità cognitive, l’apprendimento scolastico, il livello di istruzione, l’emotività, la motivazione, il livello di autostima, la capacità di self-control e le abilità motorie del bambino.

Per valutare queste ultime occorre far eseguire al paziente alcune pratiche motorie, quali: lanciare una pallina, allacciare le scarpe, indossare la giacca, usare le posate per mangiare un piatto di pasta, leggere, scrivere, fare calcoli, ripetere a memoria una piccola poesia, comporre i puzzle, risolvere piccoli enigmi, ecc.

Il DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – quarta edizione) classifica nel seguente modo i criteri diagnostici della disprassia:

  • le abilità di coordinazione e di organizzazione motoria si collocano al di sotto dell’età cronologica, del livello di istruzione e del QI del piccolo paziente;
  • compromissione del normale funzionamento sociale, scolastico, familiare e in tante altre aree importanti della vita quotidiana;
  • assenza di neuropatologie (paralisi cerebrale infantile, encefalopatia infantile,…);
  • comorbidità con i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).

I test psicodiagnostici in grado di riscontrare la presenza del deficit disprattico e di misurare la sua gravità sono i seguenti:

  • Batteria dei test di valutazione del movimento in età evolutiva;
  • Test di abilità visuo-percettivo;
  • Test dello sviluppo di integrazione visuo-motoria;
  • Test di abilità uditivo-percettiva – R.

Trattamenti

La disprassia è oggetto di studio della neuropsichiatria infantile e della psicologia dello sviluppo, e gli specialisti in tali settori sono esperti nella prognosi, diagnosi e pianificazione del trattamento terapeutico da rivolgere ai pazienti con i deficit motori dell’età evolutiva.

Oltre alle figure citate, intervengono nel trattamento della disprassia anche i terapisti occupazionali, tecnici di riabilitazione psichiatrica e altre due figure fondamentali, quali: logopedista e fisioterapista (specializzato in “fisiokinesiterapia”).

Il logopedista si occupa della prevenzione e riabilitazione dei disturbi linguistici e comunicativi (correlati ad altre facoltà cognitive) dell’età evolutiva, adulta e senile.

La fisiokinesiterapia è un metodo appartenente alla branca della medicina relativa alla fisioterapia, ed è fondata sulla ginnastica a scopo terapeutico e riabilitativo.

La presente disciplina si occupa della: correzione della motilità corporea (volto, tronco e arti superiori / inferiori), prevenzione dalle patologie che interessano l’apparato locomotore.

Il fisiokinesiterapeuta insegna ai pazienti disprattici (mediante lo svolgimento di esercizi fisici vengono stimolati e rinforzati specifici muscoli) a correggere la postura, ad eseguire i gesti e i movimenti volontari, a pianificare, ad organizzare, a coordinare e a sincronizzare le sequenze motorie sia semplici che complesse.

Una tecnica riabilitativa molto nota e molto efficace nel trattamento della disprassia è il cosiddetto: Metodo di organizzazione spazio-temporale Terzi, oppure chiamato semplicemente: METODO TERZI.

Trattasi di un insieme di esercizi senso-motori e percettivi che ottimizzano le rappresentazioni mentali motorie, le abilità cognitive, visuo-spaziali, le interazioni con l’ambiente esterno e l’integrazione degli input captati dai canali sensoriali: tattile, gustativo, olfattivo, uditivo e visivo.

Questo programma riabilitativo ed educativo è orientato al recupero delle capacità compromesse, all’educazione cognitiva, motoria, comportamentale e psicologica, con lo scopo di favorire un benessere psico-comportamentale nel fanciullo, affinché possa acquisire indipendenza, autostima, autocontrollo, padronanza, inserimento sociale, motivazione e maggiore propensione all’apprendimento.

Il piano di riabilitazione TERZI è indirizzato al rinforzo delle seguenti capacità:

  • Pianificazione dello schema corporeo orientato al ripristino:

• della recettività senso-percettiva;

• della propriocezione tattile e del controllo degli schemi corporei;

• della consapevolezza del proprio asse corporeo;

• della consapevolezza degli emilati corporei.

  • Pianificazione spazio-temporale;
  • Pianificazione dello spazio circostante è orientato al recupero:

• della consapevolezza delle abilità motorie degli arti superiori ed inferiori;

• dell’organizzazione e sincronizzazione motoria delle mani e delle dita per la manipolazione e prensione di un oggetto (esempio: impugnare la penna per scrivere e disegnare, usare le forbici per ritagliare, ecc);

• capacità di riconoscimento degli oggetti mediante la palpazione (ad occhi chiusi e aperti).

Solitamente le prove riabilitative ed educative devono essere svolte in un ambiente taciturno, isolato e con luci tenue, in modo da favorire la concentrazione del bambino sulle sue abilità cognitive, propriocettive, corporee, senso-percettive e motorie.

BIBLIOGRAFIA
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