Apnee notturne: una sindrome diffusa e disabilitante

Apnee notturne: una sindrome diffusa e disabilitante

La sindrome delle apnee notturne, nota anche come OSAS (acronimo inglese per Obstructive Sleep Apnea Syndrome) è un sottotipo della “sindrome delle apnee nel sonno“, caratterizzata da ripetuti episodi di completa e/o parziale e/o prolungata ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno, normalmente associati a una riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue.

Rappresenta una causa comune di eccessiva sonnolenza diurna come i disturbi del sonno notturno.

Questi episodi possono essere associati a:

  1. Occlusione delle vie respiratorie (apnea ostruttiva durante il sonno)
  2. Assenza del lavoro respiratorio (apnea centrale durante il sonno)
  3. Combinazione di questi due fattori (apnea mista).

La sindrome delle apnee notturne è definita dalla presenza di almeno 5 episodi di apnea/ipopnea di natura ostruttiva per ora di sonno associati ad eccessiva sonnolenza diurna e deficit di concentrazione ed attenzione; quando manca il corteo sintomatologico diurno si parla di “Apnea ostruttiva del sonno” (OSA, Obstructive Sleep Apnea).

L’apnea è una interruzione completa al flusso d’aria attraverso le vie aeree superiori della durata di almeno 10 secondi.

Le vie aeree possono essere ostruite in diversi modi: in età pediatrica a livello delle alte vie respiratorie l’ostruzione può essere determinata da tonsille e adenoidi ipertrofiche nell’adulto invece una grossa lingua, associata al normale rilassamento muscolare e conseguente collabimento dei tessuti molli che avviene durante il sonno, può essere la causa di apnee.

Talvolta, può essere causa di questa sindrome anche un’anomala struttura della mandibola o delle vie aeree.

Epidemiologia

Nella popolazione generale la prevalenza della sindrome delle apnee notturne sembra attestarsi intorno al 4% nella popolazione maschile (colpendo maggiormente la fascia d’età che va dai 40 ai 49 anni) e al 2% in quella femminile (soprattutto nelle donne fra i 5 e 60 anni).

Complessivamente la prevalenza di tale disturbo del sonno è più alta negli uomini rispetto alle donne, in tutte le fasce di età.

Fisiologia

La pervietà delle vie aeree normalmente viene garantita dall’azione combinata dei muscoli del collo (in particola modo dal muscolo genioglosso) e dall’attività polmonare.

L’aumento di volume di quest’ultimo garantisce infatti una trazione longitudinale nei confronti di laringe e faringe.

Tuttavia spesso accade che i tessuti molli circostanti e/o le strutture ossee adiacenti (mandibola) esercitino una eccessiva pressione positiva sulle strutture adiacenti del collo promuovendo il collasso delle vie aeree superiori.

La sindrome delle apnee notturne si verifica più frequentemente in soggetti che presentano alcune tipiche alterazioni anatomiche quali ipertrofia tonsillare, retrognazia, variazioni craniofaciali; in caso di maggior deposito di tessuto adiposo e/o edema della sottomucosa a livello delle pareti laterali della faringe, come negli obesi (con aumento della circonferenza del collo e accumulo di massa adiposa perifaringea), negli acromegalici ed in presenza di alterazioni strutturali della parete laterale della faringe e della lingua che, peraltro, tendono a riproporsi nel contesto di una medesima famiglia e potrebbero esprimere il substrato ereditabile predisponente alle apnee notturne .

Tali condizioni determinano da un lato una maggior collasabilità delle prime vie aeree dall’altro una maggiore attività basale della muscolatura faringea tale da permettere una adeguata pervietà delle vie aeree durante lo stato di veglia.

Le alterazioni tipche delLa sindrome delle apnee notturne si manifestano quindi durante le ore di sonno in cui vengono meno i riflessi neuromuscolari con conseguente collasso delle vie aeree superiori e aumento delle resistenze al flusso aereo fino al suo totale impedimento.

E’ plausibile che la ricorrente chiusura della via aerea possa nel tempo alterare le strutture neuro muscolari o esaurirle, contribuendo così a perpetuare la disfunzione ventilatoria notturna.

Quindi alcuni soggetti appaiono predisposti allo sviluppo di episodi notturni di ostruzione al flusso aereo inspiratorio e sperimentano apnee o ipopnee.

Durante questi eventi, si nota un aumento del tono della muscolatura dilatatrice al persistere dell’ostruzione, insufficiente a ripristinare la pervietà al flusso stesso; per questo il soggetto si sveglia o passa verso una fase del sonno più superficiale (microrisveglio), come conseguenza di un aumento del lavoro respiratorio associato all’ipossia ed ipercapnia che si instaurano.

Con il ripristino dello stato di coscienza, si ottiene una più efficace contrazione dei muscoli dilatatori della vie aeree superiori ed il ristabilimento del flusso inspiratorio.

Il ripetersi di tali risvegli comporta frammentazione del sonno e può ripercuotersi in modo più o meno significativo sulle performance neuro-cognitive dell’individuo durante lo stato di veglia (eccessiva sonnolenza, calo dell’attenzione, prolungamento dei tempi di reazione).

Un normale fisiologia del sonno è caratterizzata dal ripetersi di quattro fasi (stadi da 1 a 4, detti non-REM) contrassegnate da una progressiva diminuzione degli impulsi nervosi diretti verso la muscolatura, una riduzione della frequenza e gittata cardiaca e delle resistenze vascolari in parallelo con l’approfondirsi del sonno .

Si interpongo a queste, fasi di sonno REM (rapid eye movement) caratterizzato da livelli variabili di attivazione simpatica, ma nell’insieme superiori, simili allo stato di veglia.

Classificazione delle apnee notturne

La sindrome delle apnee notturne viene generalmente classificata in:

  1. Apnea Ostruttiva: ostruzione completa delle vie aeree con interruzione del flusso per almeno 10 secondi associata a ripetuti sforzi respiratori di crescente entità e riduzione della saturazione arteriosa, generalmente il respiro normale viene ripristinato quando lo stato di sonno è nterrotto da “arousal”.
  2. Ipopnea Ostruttiva:ostruzione parziale delle vie aeree superiori, in genere associato a russamento, con riduzione del flusso oro-nasale per almeno 10 secondi accompagnato da una riduzione della So2 di almeno il 4% e/o ad “arousal”.
  3. Risveglio correlato con sforzi respiratori (RERA): progressivo incremento degli sforzi respiratori della durata di almeno 10 secondi, che non si accompagna ad una una significativa riduzione del flusso aereo oro-nasale.

Durante il sonno possono verificarsi anche apnee centrali, associate ad assenza di attività respiratoria.

La gravità dei sintomi generalmente è definita dalla determinazione di alcuni indici:

  • L’indice di Apnea (AI): numero di apnee/ore di sonno.
  • L’indice di apnea/ipopnea (AHI) inteso come frequenza di apnee più ipopnee per ora di sonno.
  • L’indice di desaturazione: (ODI) inteso come numero di cadute di SaO2 maggiore o uguale al 4% per ora di sonno.
  • Respiratory disturbance index (RDI): Indica la frequenza per ora di sonno dell’insieme di apnee, ipopnee e RERA.

Clinica delle apnee notturne

I sintomi principali sono rappresentati da:

  • Frequenti episodi di blocco della respirazione durante il sonno (apnea) spesso riferiti dal partner (Respiro di Falstaff)
  • Cefalea al risveglio
  • Russamento riferito dal partner come intermittente (perché interrotto dalle apnee)
  • Sonnolenza diurna
  • Ridotta capacità di memoria e turbe dell’attenzione
  • Ridotta capacità di concentrazione
  • Ipertensione arteriosa e poliglobulia
  • nicturia/enuresi
  • Bocca asciutta al risveglio
  • Riduzione della libido

Le apnee notturne si verificano più facilmente durante il sonno perchè il tono muscolare del corpo normalmente in questa fase tende a rilassarsi e poiché a livello della gola, le vie aeree dell’uomo sono composte da pareti di tessuto molle, che possono collabire.

Normalmente il sonno si distribuisce in varie fasi (Disturbi del Sonno) che spaziano da uno stato leggero a uno profondo.

Le fasi più profonde sono necessarie per gli effetti corroboranti del sonno, ma sono anche le fasi durante le quali il tono muscolare della gola e del collo è più ridotto.

Le vie respiratorie tendono a collassare e nei casi più gravi di apnea ostruttiva il sonno ristoratore tende a venir meno con alterazioni evidenti del sonno e della veglia.

Da un punto di vista clinico,rifacendoci alla classificazione precedentemnte descritta è possibile dare un punteggio in base alla gravità dei sintomi e si distinguono così:

  1. La sindrome dell’apnea/ipopnea ostruttiva caratterizzata da un AHI maggiore o uguale a 5 e presenza di sonnolenza diurna.
  2. La sindrome da resistenza delle vie aeree superiori nella quele l’AHI è <5 ma è presente sonnolenza diurna associata ad alta frequenza di RERA.

La frequenza degli eventi respiratori nel sonno espressa in AHI è generalmente impiegata come criterio per indicare il grado di severità delLa sindrome delle apnee notturne secondo il seguente schema:

  • 5-15 eventi/ora: lieve
  • 15-30 eventi/ora: moderata
  • oltre 30 eventi/ora: severa

La scelta di un valore soglia pari/superiore a 5 è basata sull’evidenza clinica che già per tale valore AHI si possono osservare disturbi quali aumento della pressione arteriosa e sonnolenza diurna.

I pazienti affetti da OSAS sono infatti più a rischio rispetto alla popolazione normale di insorgenza di patologie cardio-vascolari quali:

Probabilmente gli effetti secondari sul sistema cardio-circolatorio sono imputabili ad alterazioni funzionali a carico del sistema nervoso autonomo (ipertono simpatico/depressione vagale) che predispongono all’ipossia notturna ricorrente e all’alterazione delle diverse fasi del sonno con frequenti risvegli.

Diagnosi delle OSAS

Eiste una profonda relazione fra sonno e respiro: il sonno modifica il modo di respirare ed eventuali alterazioni a carico del sistema respirtorio possono determinare la comparsa di disturbi del sonno.

Durante il sonno infatti si verificano delle modificazioni importanti quali:

  • Riduzione della attività ventilatoria di tutti i muscoli respiratori di circa un 10% con un simultaneo incremento delle resistenze delle vie aeree.
  • Riduzione della meccanica del sistema toraco-addominale in posizine supina.
  • Inibizione generalizzata dei muscoli scheletrici accessori e dei dlatatori del faringe durante il sonno REM.

I criteri diagnostici sono tuttora oggetto di discussione.

La valutazione iniziale dei problemi del sonno comincia con un colloquio medico-paziente con un’approfondita raccolta anamnestica ed un esame obiettivo; la probabiltà che un soggetto sonnolento di giorno con BMI>35 con un collo largo (>43 nell’uomo, >41 nella donna) con una storia di roncopatie, apnee documentate e sonno poco ristoratore abbia una OSAS è elevata.

Tra i sintomi presi in considerazione la roncopatia è quello più importante poichè quasi sempre presente anche in soggetti con apnee di moderata entità (AHI < 5); segue la sonnolenza diurna, mentre una maggior capacità predittiva è associata all’obesità espressa in indice di massa corporea (BMI), Il rapporto vita/fianchi (WHR) e la circonferenza del collo.

Al momento non esistono criteri capaci di prevedere la probabilità diagnostica delLa sindrome delle apnee notturne , sulla base della storia clinica e dell’esame obiettivo: inoltre esiste l’eventualità che l’obiettività di molti pazienti risulti totalmente negativa senza poter escludere l’esistenza di una “sleep apnea”.

Tuttavia il sospetto clinico impone l’esecuzione immediata di indagini diagnostiche delle quali la più importante è la polisonnografia (PSG) che consiste nella valutazione di diverse variabili fisiologiche durante il sonno; la struttura base di una PSG completa è standardizzata e comprende il monitoraggio continuo dei movimenti oculari, i canali elettroencefalografici, i parametri respiratori comprendendo movimenti toracici, addominali e il flusso aereo, l’elettrocardiogramma, l’elettromiografia del muscolo sottomentoniero e del muscolo tibiale anteriore per i movimenti delle gambe.

La PSG che si estenda per tutta la notte permette di quantificare accuratamente il sonno e di caratterizzarne completamente gli stadi, determinando la presenza di alterazioni dell’architettura del sonno, anomalie cardio-polmonari, attività motoria correlata al sonno e altri disturbi ad esso legati.

Quindi L’EEG, insieme all’EOG e all’EMG rappresentano i tre paramentri della registrazione polisonnografica e sono in grado di riconoscere i vari stadi del sonno.

Il monitoraggio respiratorio è affidato al respirogramma oro-nasale, alla valutazione della sincronia toraco-addominale e alla SO2.

Ad essi possono essere aggunte altre variabili come l’ECG, l’elettromiografia del muscolo tibiale anteriore (che registra i movimenti del sonno), la posizione corporea, la pressione sistemica, i rumori respiratori, il ph esofageo, la pressione delle vie aeree, la PaO2 e la PaCo2.

Se la metodica di monitoraggio del sonno è quindi ampiamente standardizzata, non si può dire altretanto per quella del respiro: per riconoscere le turbe ventilatorie notturne i sistemi adottati sia di tipo quantitativo che semiquantitativo devono poter rilevare sia gli sforzi respiratori che il flusso aereo.

Tali metodiche sono:

  • Valutazione del flusso oro-nasale, che rappresenta il parametro distintivo di qualsiasi forma di apnea; può essere registrato tramite termistori o termocoppie posizionati a livello delle narici e all’angolo della bocca e collegati tra loro in una sola derivazione;può essere monitorzzato anche attraverso pneumotocografo collegato ad un trasduttore a pressione.
  • Respirogramma toraco-addominale: viene rilevato tramite pletismografia corporea induttiva oppure registrando le escursioni toraco-addominali L’EMG dei muscoli intercostali, con elettrodi di superficie valuta lo sforzo respiratorio durante le apnee ostruttive.
  • L’ossimetria digitale o auricolare che rileva in maniera non invasiva le potenziali ripercussioni dei disordini ventilatori sulla SaO2 L’elettrocardiogramma a una traccia registrato da due elettrodi mette in evidenza eventuali anomalie cardiache mentre il microfono posto sul giugulo registra i suoni respiratori e il russamento.
  • La misurazione della PaO2 e della PaCo2 tramite elettrodi transcutanei permette una stima della gravità della sindrome.
  • La registrazione della posizione corporea permette di capire se i disturbi disventilatori sono già presenti in posizione supina.

L’AHI rimane l’unico indice fondamentale per la valutazione diagnostica di certezza e di gravità.

Si raccomanda di fare diagnosi con un punteggio pari a un AHI ad almeno 5 eventi respiratori ostruttivi per ora di sonno in soggetti con eccessiva sonnolenza diurna non spiegata da altri fattori.

In assenza di sonnolenza diurna, devono essere presenti almeno due dei seguenti disturbi:

  • sensazione improvvisa di soffocamento
  • ripetuti risvegli notturni
  • sonno poco ristoratore
  • affaticamento diurno
  • alterata capacità di concentrazione

L’impiego di un livello di soglia minimo (AHI =>5) è in accordo con i dati epidemiologi che mostrano alterazioni sul sitema cardiovascolare e sul grado di vigilanza già con questo puntegio. Inoltre la sola presenza di alterazioni di tipo cardiovascolare impone l’inizio di una terapia.

Un punteggio AHI fra 5 e 30 che sia accompagnato da sintomi cardiovascolari, ipersonnia diurna, alterazioni cognitive, disordini dell’umore, insonnia o malattie cardiovascolari documentate impone l’uso della CPAP (modalità di assitenza ventilatoria non invasiva).

Un AHI>30 è espressione di un OSAS severa e deve essere sempre trattato, indipendentemente dai sintomi manifestti.

In conclusione quindi le procedure diagnostiche si avvalgono di :

Sintomi clinici: roncopatia da almeno sei mesi, pause respiratorie nel sonno riferite dal partner, risvegli con sensazione di soffocamento, sonnolenza diurna.

Segni clinici: BMI≥29 con circonferenza del collo >41 cm nella donna >43 cm nell’uomo, dismorfismi facciali ed anomalie anatomiche oro-faringee con riduzione del calibro delle vie aeree superiori.

Il percorso diagnostico va scelto in base alle caratteristiche del quadro clinico.

Terapia

Il trattamento delLa sindrome delle apnee notturne si avvale di numerose opzioni terapeutiche. Il trattamento cardine rimane tuttavia il supporto ventilatorio a pressione positiva (CPAP), la terapia chirurgica continua a fornire dati contrastanti e soprattutto non ha ancora identificato criteri predittivi dell’esito dell’intervento nè prodotto dati univoci sulla sua reale efficacia a lungo termine.

CPAP: La pressione positiva erogata consente di prevenire il collasso delle vie aeree extratoraciche e allo stesso tempo stabilizzare le pareti faringee mettendo a riposo la muscolatura deficitaria mantenendo così pervie le vie aeree che tendono a collassare e per anomalie morfologiche e durante le ore notturne. Inoltre se tarata in modo adeguato fa scomparire la vibrazione delle vie aeree eliminando anche il russamento.

La giusta titolazione è garanzia di una adeguata risposta clinica con conseguente scomparsa delle apnee, ipopnee dei RERA e del russamento. La pressione terapeutica dovrebbe controllare gli eventi in ogni fase, sonno profondo e REM, se tuttavia quest’ultima non viene registrata dalla polisonnografia di titolazione si rischia una sottostima della taratura, quindi la giusta dose individuata con l’incremento progressivo della pressione dovrebbe eliminare la limitazione del flusso aereo.

Questo può essere valutato in modo diretto con un trasduttore messo sulla maschera nasale o indirettamente con la sincronizzazione dei movimenti di torace e addome, valutati con sensori affidabili.

Tutto ciò può essere effettuato anche con autoCPAP che da sola incrementa o decrementa la pressione terapeutica a seconda delle resistenze offerte dalle vie aeree o extra aeree extratoraciche.

Gli effetti della CPAP sono valutabili e su parametri polisonnografici e sulla vigilanza diurna. I primi infatti risultano normalizzati, l’architettura del sonno recupera una normale ciclicità e scompaiono le desaturazioni associate agli eventi ventilatori, cessano i bruschi incrementi della pressione e i microrisvegli.

Già dopo la prima notte il paziente dovrebbe riferire un miglioramento soggettivo con sonnolenza che tende a scomparire nell’arco della prima settimana.

La normalizzazione del ritmo circadiano che si ottiene consente inoltre di risolvere le bradi-tachiaritmie cicliche e i bruschi incrementi pressori in corrispondenza degli aurousal.

In alcuni pazienti che presentano di base un certo grado di ipossia ed ipercapnia si assiste a una modificaizone del “drive” respiratorio in poche settimane, l’ormone della crescita (GH) ripristina il suo normale ciclo notturno, la scompara della nicturia è riferita dal paziente già dalla prima notte di trattamento, e anche in pazienti che soffrono di MGRE si è visto un netto miglioramento dei sintomi.

L’aderenza al trattamento varia da paziente a paziente come è noto che quelli che rinunciano sono i pazienti che hanno uno scarso beneficio in confronto al disturbo apportato dall’interfaccia.

Ventilazione BILEVEL: Nata come opzione terapeutica originariamente soprattutto per frammentare la pressione continua fornita dalla CPAP, è stata utilizzata sempre più spesso come ventilatore soprattutto in quelle forme in cui alla OSAS si associa spesso un quadro di Broncopneumopatia cronica sottostante.

La taratura prevede di incrementare la pressione espiratoria (EPAP) fino alla scomprsa delle apnee e quella insipratoria (IPAP) fino al controllo degli episodi di desaturazione.

Tuttavia risulta meno efficace della CPAP nello stabilizzare le vie aeree extratoriachiche e viene quindi usato solo quando vi siano altre patologie in associazione.

Per un corretto funzionamento di queste apparecchiature è necessario che le interfaccia maschera-paziente sia ben posizionata e della misura adeguata, per ottenera una buona compliance è importante e avvertire il paziente che la ventilazione potrebbe essere fasidiosa e sulla corretta modalità di ventilazione, con il vantaggio che se ben effettuata porta a una rapida risoluzione clinica dei fastidiosi sintomi avvertiti.

Trattamento chirurgico

Queste tecniche in realtà trovano strada solo fra i pazienti che rifiutano il trattamento con CPAP e ventilazione meccanica, visto che i risultati chirurgici sono spesso insoddisfacenti in assenza di un sisto stenotico evidente ma essendo la patologia legata a un collasso laterale delle pareti.

Protesi Endo-orali: Si avvale di un avanzamento funzionale della mandibola con un suo consequenziale riposizionamento insieme a quello della lingua attraverso l’uso di un “splint mandibolare”.

Questo consente un auamento del piano antero-posteriore con stabilizzazione delle vie aeree consentendo un miglior flusso.

I dati in letteratura mostrano una efficacia del 50% con alcuni effetti collaterali quali sciallorea, disconfort e dolore dell’articolazione temporo-mandibolare, mobilizzazione di uno o più denti e modificazione dell’occlusione.

Questa alternativa terapeutica sarebbe meno efficace della ventilazione non invasiva ma spesso i pazienti si ritrovano a preferirla perchè crea meno disconfort.

Andrebbe tuttavia proposto a quella categora che presenta forme non gravi specie se secondari ad anomalie posturali.

Altre forme terapeutiche:

  • PERDITA DI PESO:dovrebbe essere sempre perseguita senza effettuare diete drastiche.
  • TERAPIA POSTURALE: nelle forme in cui le apnee si hanno in decubito supino
  • TERAPIA FARMACOLOGICA: i risultati sono trascurabili e a tutt’oggi non esistono farmaci di sicura efficacia
  • PACING DELLA MUSCOLATURA FARINGEA: le procedure sono tuttavia ancora sperimentali
  • DILATATORI NASALI: assolutamente inutili nelLa sindrome delle apnee notturne hanno come vantaggio solo quello di ridurre le resistenze inspiratorie e la turbolenza del flusso nei soggetti con insufficienza della valvola nasale.