Irbesartan e idroclor Tecnigen 150/25: Scheda Tecnica

Irbesartan e idroclor Tecnigen 150/25

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Irbesartan e idroclor Tecnigen 150/25: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 300 mg/25 mg compresse rivestite con film

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni compressa rivestita con film contiene 300 mg di irbesartan e 25 mg di idroclorotiazide.

Eccipiente con effetti noti: Ogni compressa rivestita con film contiene 65,5 mg di lattosio (come lattosio monoidrato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film.

Compresse rivestite con film di colore da rosa a rosa scuro, oblunghe e convesse.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trattamento dell’ipertensione arteriosa essenziale.

La terapia di associazione a dosaggio fisso è indicata nei pazienti adulti la cui pressione arteriosa non è adeguatamente controllata dall’irbesartan o dalla idroclorotiazide da soli.

(vedere paragrafi 4.3, 4.4, 4.5 e 5.1).

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

(vedere paragrafi 4.3, 4.4, 4.5 e 5.1) Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen può essere preso una volta al giorno, indipendentemente dall’assunzione di cibo.

Un aggiustamento del dosaggio con i singoli componenti (es. irbesartan e idroclorotiazide) può essere raccomandato.

Se clinicamente appropriato, può essere preso in considerazione un passaggio diretto dalla monoterapia all’associazione fissa: Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 150 mg/12,5 mg può essere somministrato nei pazienti la cui pressione arteriosa non è adeguatamente controllata dall’idroclorotiazide o dall’irbesartan 150 mg, da soli; Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 300 mg/12,5 mg può essere somministrato nei pazienti non adeguatamente controllati dall’irbesartan 300 mg o da Irbesartan e Idroclorotiazide 150 mg/12,5 mg; Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 300 mg/25 mg può essere somministrato nei pazienti non adeguatamente controllati da Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 300 mg/12,5 mg.

Dosaggi maggiori di 300 mg di irbesartan/25 mg di idroclorotiazide una volta al giorno non sono raccomandati. Quando necessario, Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen può essere somministrato con altri medicinali antipertensivi (vedere paragrafo 4.5).

Popolazioni speciali

Danno renale: a causa della presenza di idroclorotiazide, Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen non è raccomandato in pazienti con grave disfunzione renale (clearance della creatinina < 30 ml/min). In questi pazienti i diuretici dell’ansa sono preferibili ai tiazidici. Non sono necessari aggiustamenti posologici in quei pazienti con danno renale la cui clearance della creatinina sia ≥ 30 ml/min (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Compromissione epatica: Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen non è indicato nei soggetti con una grave compromissione epatica. I tiazidici devono essere usati con cautela nei pazienti con disfunzione epatica. Non è necessario alcun aggiustamento del dosaggio di Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata (vedere paragrafo 4.3).

Pazienti anziani: nei pazienti anziani non è necessario alcun aggiustamento del dosaggio di Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen.

Pazienti pediatrici: Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti poiché la sicurezza e l’efficacia non sono state ancora stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione Uso orale

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. o ad altre sostanze derivate della sulfonamide (l’idroclorotiazide è un derivato della sulfonamide) Secondo e terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafi 4.4 e 4.6) Grave danno renale (clearance della creatinina <30 ml/min)

Ipopotassiemia refrattaria, ipercalcemia

Grave compromissione epatica, cirrosi biliare e colestasi

L’uso concomitante di Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen con medicinali contenenti aliskiren è controindicato nei pazienti affetti da diabete mellito o compromissione renale (velocità di filtrazione glomerulare GFR < 60 ml/min/1.73 m2) (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Ipotensione – Pazienti ipovolemici: in pazienti ipertesi senza altri fattori di rischio per l’ipotensione Irbesartan/idroclorotiazide è stato raramente associato ad ipotensione sintomatica. L’ipotensione sintomatica può manifestarsi in pazienti ipovolemici o con iposodiemia a causa di una intensa terapia diuretica, dieta iposodica, diarrea o vomito. Queste condizioni devono essere corrette prima di iniziare la terapia con Irbesartan/idroclorotiazide.

Stenosi dell’arteria renale – Ipertensione renovascolare: esiste un incremento del rischio di ipotensione grave e di insufficienza renale in soggetti portatori di stenosi bilaterale dell’arteria renale o stenosi dell’arteria renale con mono-rene funzionante, trattati con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o antagonisti dei recettori dell’angiotensina-II. Sebbene ciò non sia documentato nella terapia irbesartan/idroclorotiazide, un effetto simile è prevedibile.

Danno renale e trapianto renale: quando irbesartan/idroclorotiazide viene usato in pazienti con funzione renale compromessa è raccomandato un controllo periodico dei livelli sierici di potassio, creatinina e acido urico. Non c’è esperienza relativamente alla somministrazione di irbesartan/idroclorotiazide in pazienti con trapianto renale recente. Irbesartan/idroclorotiazide non deve essere usato in pazienti con insufficienza renale grave (clearance della creatinina < 30 ml/min) (vedere paragrafo 4.3). In pazienti con disfunzione renale si può riscontrare azotemia indotta dai diuretici tiazidici. Non sono richiesti aggiustamenti del dosaggio nei pazienti con disfunzione renale la cui clearance della creatinina sia ≥ 30 ml/min. Tuttavia, nei pazienti con insufficienza renale lieve-moderata (clearance della creatinina ≥ 30 ml/min, ma < 60 ml/min) l’associazione a dosaggio fisso deve essere somministrata con cautela.

Compromissione epatica: i tiazidici devono essere usati con cautela a pazienti con funzionalità epatica compromessa o malattie epatiche progressive, poichè lievi alterazioni del bilancio idro- elettrolitico possono determinare coma epatico. Non ci sono esperienze cliniche con irbesartan/idroclorotiazide in pazienti con compromissione epatica.

Stenosi della valvola aortica e mitralica, cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: come per altri vasodilatatori è richiesta particolare attenzione nei pazienti affetti da stenosi aortica o mitralica, o cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.

Aldosteronismo primario: i pazienti con aldosteronismo primario in genere non rispondono a medicinali antipertensivi che agiscono attraverso l’inibizione del sistema renina-angiotensina. Pertanto, l’uso di irbesartan/idroclorotiazide non è raccomandato.

Effetti metabolici ed endocrini: l’uso dei tiazidici può interferire con la tolleranza al glucosio. In pazienti diabetici può rendersi necessario un adattamento delle dosi di insulina o degli agenti ipoglicemizzanti orali. Durante la terapia con i tiazidici può manifestarsi un diabete mellito latente. Incrementi dei livelli di colesterolo e trigliceridi sono stati associati all’uso dei diuretici tiazidici; comunque, alla dose di 12,5 mg contenuta in irbesartan/idroclorotiazide, nessun effetto o effetti minimi sono stati segnalati.

In alcuni pazienti in terapia con i tiazidici possono verificarsi casi di iperuricemia o crisi di gotta.

Squilibrio elettrolitico: come per tutti i pazienti in terapia diuretica, è raccomandato un controllo periodico degli elettroliti sierici, ad intervalli adeguati. I tiazidici, compresa l’idroclorotiazide, possono indurre uno squilibrio idro-elettrolitico (ipopotassiemia, iponatriemia e alcalosi ipocloremica). Sintomi di allarme di uno squilibrio di fluidi o elettrolitico sono secchezza delle fauci, sensazione di sete, debolezza, letargia, sonnolenza, agitazione, dolore muscolare o crampi, affaticamento muscolare, ipotensione, oliguria, tachicardia, e disturbi gastrointestinali quale nausea o vomito.

Sebbene si possa verificare ipopotassiemia nei pazienti in terapia con i diuretici tiazidici, questa può essere ridotta da una terapia concomitante con irbesartan. Il rischio di ipopotassiemia è massimo nei pazienti con cirrosi epatica, in pazienti sottoposti ad intensa diuresi, in pazienti che ricevano un insufficiente apporto orale di elettroliti e in pazienti in concomitante terapia con corticosteroidi o ACTH. Di contro, a causa della presenza di irbesartan in irbesartan/idroclorotiazide, può manifestarsi iperpotassiemia, specialmente in presenza di danno renale e/o insufficienza cardiaca, e diabete mellito. Si raccomanda un adeguato monitoraggio del potassio sierico nei pazienti a rischio. I diuretici risparmiatori di potassio, i supplementi di potassio o i sostituti salini contenenti potassio devono essere somministrati con cautela in concomitanza con irbesartan/idroclorotiazide (vedere paragrafo 4.5).

Non vi è evidenza che irbesartan riduca o prevenga l’iponatriemia indotta da diuretici. L’ipocloremia è generalmente di lieve entità e solitamente non richiede alcun trattamento.

I tiazidici possono ridurre l’eliminazione urinaria di calcio e possono causare un aumento intermittente e lieve dei livelli di calcio sierico in assenza di disordini accertati del metabolismo del calcio. Una spiccata ipercalcemia può rivelare un iperparatiroidismo non manifesto. La terapia con i tiazidici deve essere interrotta prima di effettuare esami della funzione paratiroidea.

È stato dimostrato che i tiazidici aumentano l’escrezione urinaria di magnesio, causando ipomagnesemia.

Litio: la combinazione di litio e irbesartan/idroclorotiazide non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5).

Esame antidoping: l’idroclorotiazide contenuta in questo medicinale può dare risultati positivi all’esame antidoping.

Avvertenze generali: in pazienti in cui il tono vasale e la funzionalità renale dipendono prevalentemente dall’attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone (es. pazienti con scompenso cardiaco congestizio grave o con patologie renali, inclusa la stenosi dell’arteria renale), il trattamento con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o antagonisti dei recettori dell’angiotensina-II, che influenzano tale sistema, è stato associato alla comparsa di ipotensione acuta, azotemia, oliguria o raramente insufficienza renale acuta. Come per qualsiasi agente antipertensivo, un eccessivo calo della pressione arteriosa in pazienti con cardiopatia ischemica o malattia cardiovascolare ischemica, può determinare infarto miocardico o ictus.

Reazioni di ipersensibilità all’idroclorotiazide si possono manifestare in pazienti con o senza precedente storia di allergie o asma bronchiale; tuttavia, tali reazioni sono più probabili nel caso di precedenti storie allergiche.

Con l’uso dei diuretici tiazidici è stata descritta insorgenza e/o peggioramento del lupus eritematoso sistemico.

Con l’uso di diuretici tiazidici sono stati riportati casi di reazioni da fotosensibilizzazione (vedere paragrafo 4.8). Se durante il trattamento si verifica una reazione da fotosensibilizzazione, si raccomanda di interrompere la terapia. Se si ritiene necessario risomministrare un diuretico, si raccomanda di proteggere le aree esposte ai raggi solari o a quelli UVA artificiali.

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS)

Esiste l’evidenza che l’uso concomitante di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren aumenta il rischio di ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta). Il duplice blocco del RAAS attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren non è pertanto raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Se la terapia del duplice blocco è considerata assolutamente necessaria, ciò deve avvenire solo sotto la supervisione di uno specialista e con uno stretto e frequente monitoraggio della funzionalità renale, degli elettroliti e della pressione sanguigna.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

Gravidanza: la terapia con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA) non deve essere iniziata durante la gravidanza. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere ad un trattamento antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che il proseguimento della terapia con un AIIRA non sia considerato essenziale. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con AIIRA deve essere interrotto immediatamente e, se del caso, deve essere iniziata una terapia alternativa (vedere paragrafi 4.3 e 4.6).

Lattosio: questo medicinale contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit della Lapp lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.

Miopia acuta e glaucoma secondario acuto ad angolo chiuso: i sulfonamidici o i farmaci derivati dalla sulfonamide possono causare reazioni idiosincratiche, risultanti in forme di miopia transiente o glaucoma acuto ad angolo chiuso. Sebbene l’idroclorotiazide sia una sulfonamide, finora sono stati riportanti solo casi isolati di glaucoma acuto ad angolo chiuso associati all’uso di idroclorotiazide. I sintomi includono esordio acuto della riduzione dell’acuità visiva o dolore oculare e si verificano generalmente entro ore o settimane dall’inizio del trattamento.

I casi non trattati di glaucoma acuto ad angolo chiuso possono portare alla perdita permanente della vista. Il trattamento primario consiste nell’interruzione dell’assunzione del medicinale il più rapidamente possibile. Un tempestivo trattamento medico o chirurgico possono essere necessari se la pressione intraoculare dovesse restare non controllata. I fattori di rischio per lo sviluppo di glaucoma acuto ad angolo chiuso possono includere precedenti di allergia alla sulfonamide o alla penicillina (vedere paragrafo 4.8).

Cancro della pelle non melanoma

In due studi epidemiologici basati sui dati del Registro nazionale dei tumori danese è stato osservato un aumento del rischio di cancro della pelle non-melanoma(NMSC) [carcinoma basocellulare (BCC) e carcinoma a cellule squamose (SCC)] associato all’aumento cumulativo della dose di idroclorotiazide (HCTZ) assunta. L’effetto fotosensibilizzante dell’HCTZ potrebbe rappresentare un possibile meccanismo dell’NMSC.

I pazienti che assumono HCTZ devono essere informati del rischio di NMSC e consigliati di sottoporre a controllo regolare la cute per verificare la presenza di nuove lesioni e segnalare immediatamente eventuali lesioni cutanee sospette. Al fine di minimizzare il rischio di cancro cutaneo, occorre consigliare ai pazienti l’adozione di possibili misure preventive quali l’esposizione limitata alla luce solare e ai raggi UV e, in caso di esposizione, una protezione adeguata. Eventuali lesioni cutanee sospette devono essere esaminate immediatamente, possibilmente con l’ausilio di esami istologici su biopsie. Può essere inoltre necessario riconsiderare l’utilizzo di HCTZ nei pazienti che hanno manifestato NMSC in precedenza (vedere anche paragrafo 4.8).

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Altri agenti ipertensivi: l’effetto antipertensivo di irbesartan/idroclorotiazide può aumentare con l’uso concomitante di altri antipertensivi. Irbesartan ed idroclorotiazide (a dosi fino a 300 mg di irbesartan/25 mg di idroclorotiazide) sono stati somministrati con sicurezza con altri antipertensivi, compresi agenti bloccanti dei canali del calcio e beta-bloccanti adrenergici. Un precedente trattamento con alte dosi di diuretici può determinare ipovolemia e, se questa non viene corretta prima, può comportare il rischio di ipotensione all’inizio della terapia con irbesartan con o senza diuretici tiazidici (vedere paragrafo 4.4).

Litio: è stato riscontrato un aumento reversibile delle concentrazioni sieriche e della tossicità del litio quando questo è somministrato in concomitanza con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina. Finora simili effetti sono stati riportati molto raramente con irbesartan. Inoltre, la clearance renale del litio è ridotta dai tiazidici con aumento del rischio di tossicità da litio con irbesartan/idroclorotiazide. Perciò, la combinazione di litio e irbesartan/idroclorotiazide non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4). In caso di reale necessità della combinazione, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli sierici di litio.

Medicinali che influenzano i livelli di potassio: la deplezione di potassio determinata dall’idroclorotiazide è attenuata dall’effetto del risparmio del potassio indotto da irbesartan. Tuttavia, ci si aspetta che questo effetto dell’idroclorotiazide sul potassio sierico sarebbe potenziato da altri medicinali che inducono una perdita di potassio e ipopotassiemia (altri potassiuretici, lassativi, amfotericina, carbenoxolone, penicillina G sodica).

Di contro, in base all’esperienza con altri medicinali che riducono l’attività del sistema renina- angiotensina, l’uso concomitante dei diuretici risparmiatori di potassio, dei supplementi di potassio, dei sostituti salini che contengono potassio o di altri medicinali in grado di aumentare i livelli sierici di potassio (es. eparina sodica) può causare ad un incremento dei livelli di potassio sierico. Si raccomanda un adeguato monitoraggio della potassiemia nei pazienti a rischio (vedere paragrafo 4.4).

Medicinali influenzati da alterazioni della potassiemia: quando irbesartan/idroclorotiazide è somministrato in associazione con altri medicinali influenzati da alterazioni del potassio sierico (es. glicosidi digitalici, antiaritmici), si raccomanda un monitoraggio periodico della potassiemia.

Medicinali antinfiammatori non-steroidei: quando gli antagonisti dell’angiotensina-II sono somministrati contemporaneamente a farmaci antinfiammatori non steroidei (cioè inibitori selettivi COX-2, acido acetilsalicilico (> 3 g/die) e farmaci antinfiammatori non steroidei non selettivi), si può verificare attenuazione dell’effetto antipertensivo.

Come con gli ACE-Inibitori, l’uso simultaneo di antagonisti dell’angiotensina-II e di farmaci antinfiammatori non steroidei può portare ad un maggiore rischio di peggioramento della funzionalità renale, inclusa possibile insufficienza renale acuta, e ad un aumento dei livelli di potassio sierico, soprattutto nei pazienti con preesistente modesta funzionalità renale. La combinazione deve essere somministrata con cautela, specialmente negli anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e dopo l’inizio della terapia combinata si deve valutare il monitoraggio della funzione renale, ed in seguito periodicamente.

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina- aldosterone (RAAS) attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren, è associato ad una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.1). Ulteriori informazioni sulle interazioni di irbesartan: negli studi clinici, la farmacocinetica dell’irbesartan non è stata influenzata dall’idroclorotiazide. Irbesartan è metabolizzato principalmente dal CYP2C9 e per una quota minore attraverso la glucuronizzazione. Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche o farmacodinamiche significative in seguito a somministrazione concomitante di irbesartan e warfarin, un medicinale metabolizzato dal CYP2C9. Gli effetti degli induttori del CYP2C9, come la rifampicina, sulla farmacocinetica dell’irbesartan non sono stati valutati. La farmacocinetica della digossina non è stata alterata dalla somministrazione concomitante di irbesartan.

Ulteriori informazioni sulle interazioni di idroclorotiazide: quando somministrati contemporaneamente, i seguenti farmaci possono interagire con i diuretici tiazidici: Alcool: può verificarsi potenziamento dell’ipotensione ortostatica;

Medicinali antidiabetici (antidiabetici orali e insulina): può essere richiesto un aggiustamento posologico dell’antidiabetico (vedere paragrafo 4.4); Le resine colestiramina e colestipolo: l’assorbimento di idroclorotiazide è alterato in presenza delle resine a scambio anionico. Irbesartan/idroclorotiazide deve essere preso almeno un’ora prima o 4 ore dopo l’assunzione questi medicinali; Corticosteroidi, ACTH: la deplezione degli elettroliti, in particolare del potassio, può essere aumentata; Glicosidi digitalici: l’ipopotassiemia e l’ipomagnesiemia indotta dai tiazidici favoriscono la comparsa di aritmie cardiache indotte da digitale (vedere paragrafo 4.4); Farmaci antinfiammatori non steroidei: in alcuni pazienti la somministrazione di un farmaco antinfiammatorio non steroideo può ridurre gli effetti diuretici, natriuretici e antipertensivi dei diuretici tiazidici; Amine pressorie (es. noradrenalina): l’effetto delle amine pressorie può essere diminuito, ma non tanto da precluderne l’uso; Miorilassanti muscolo-scheletrici non depolarizzanti (es. tubocurarina): l’effetto dei rilassanti muscolo-scheletrici non depolarizzanti può essere potenziato dall’idroclorotiazide; Medicinali anti-gottosi: può essere necessario un aggiustamento posologico dei medicinali anti- gottosi visto che l’idroclorotiazide può aumentare i livelli sierici di acido urico. Un aumento nel dosaggio di probenecid o sulfinpirazone può essere necessario. La co-somministrazione di diuretici tiazidici può aumentare l’incidenza di reazioni di ipersensibilità all’allopurinolo; Sali di calcio: i diuretici tiazidici possono aumentare i livelli sierici di calcio a causa della sua ridotta escrezione. Se è necessario somministrare supplementi di calcio o medicinali risparmiatori di calcio (es. terapia con vitamina D), la calcemia deve essere controllata ed il dosaggio di calcio modificato di conseguenza; Carbamazepina: l’uso concomitante di carbamazepina e idroclorotiazide è stato associato ad un aumentato rischio di iponatriemia. Gli elettroliti devono essere monitorati durante l’uso concomitante. Se possibile, deve essere usata un’altra classe di diuretici; Altre interazioni: i tiazidici possono aumentare l’effetto iperglicemico dei beta-bloccanti e del diazossido. I farmaci anticolinergici (es. atropina, beperiden), possono aumentare la biodisponibilità dei diuretici di tipo tiazidico attraverso una diminuzione della motilità gastrointestinale e della velocità di svuotamento gastrico. I tiazidici possono aumentare il rischio di effetti indesiderati da amantidina. I tiazidici possono ridurre l’escrezione renale di medicinali citotossici (es. ciclofosfamide, metotressato) e potenziare il loro effetto mielodepressivo.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza:

Antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRAs)

L’uso di antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA) non è raccomandato nel primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso di antagonisti del recettore dell’angiotensina II è controindicato nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

L’evidenza epidemiologica sul rischio di teratogenicità a seguito dell’esposizione ad ACE inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non ha dato risultati conclusivi; tuttavia non può essere escluso un lieve aumento del rischio. Sebbene non siano disponibili dati epidemiologici controllati sul rischio con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA), un simile rischio può esistere anche per questa classe di medicinali. Per le pazienti che stanno pianificando una gravidanza si deve ricorrere ad un trattamento antipertensivo alternativo, con comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza, a meno che non sia considerato essenziale il proseguimento della terapia con un AIIRA. Quando viene diagnosticata una gravidanza, il trattamento con AIIRA deve essere immediatamente interrotto e, se appropriato, si deve essere iniziare una terapia alternativa.

È noto che l’esposizione ad AIIRA durante il secondo ed il terzo trimestre induce tossicità fetale (ridotta funzionalità renale, oligoidramnios, ritardo nell’ossificazione del cranio) e tossicità neonatale (insufficienza renale, ipotensione, iperkaliemia) (vedere paragrafo 5.3).

Se dovesse verificarsi un’esposizione ad un AIIRA dal secondo trimestre di gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzionalità renale e del cranio.

I neonati le cui madri abbiano assunto AIIRA devono essere tenuti sotto stretta osservazione per quanto riguarda l’ipotensione (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Idroclorotiazide

Esiste una limitata esperienza sull’uso di idroclorotiazide durante la gravidanza, specialmente nel corso del primo trimestre. Gli studi sugli animali sono insufficienti. L’idroclorotiazide attraversa la placenta. In base al meccanismo d’azione farmacologico dell’idroclorotiazide, il suo uso durante il secondo e il terzo trimestre può compromettere la perfusione feto-placentare e causare effetti sul feto e sul neonato, quali ittero, disordini dell’equilibrio degli elettroliti e trombocitopenia.

L’idroclorotiazide non deve essere usata per il trattamento dell’edema gestazionale, l’ipertensione gestazionale o la preeclampsia a causa del rischio di riduzione del volume di plasma e ipoperfusione placentare, in assenza di un effetto benefico sul decorso della malattia.

L’idroclorotiazide non deve essere usata per trattare l’ipertensione essenziale in donne gravide, salvo nelle rare situazioni in cui non si possa utilizzare alcun trattamento alternativo.

Dal momento in cui irbesartan/idroclorotiazide contiene idroclorotiazide, il suo uso non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza. Prima di pianificare una gravidanza deve essere effettuato il passaggio ad un trattamento alternativo appropriato.

Allattamento

Antagonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRAs)

Poiché non sono disponibili informazioni sull’uso di irbesartan/idroclorotiazide durante l’allattamento al seno irbesartan/droclorotiazide non è raccomandato e sono preferibili trattamenti alternativi con profili di sicurezza meglio stabiliti, soprattutto quando si allatta un neonato o un prematuro.

Non è noto se irbesartan o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno umano.

Dati farmacodinamici/tossicologici disponibili in ratti hanno mostrato escrezione di irbesartan o dei suoi metaboliti nel latte materno (per i dettagli vedere paragrafo 5.3).

Idroclorotiazide

L’idroclorotiazide è escreto nel latte materno in piccole quantità. Causando intensa diuresi, alte dosi di tiazidici possono inibire la produzione del latte materno. L’uso di irbesartan/idroclorotiazide durante l’allattamento al seno non è raccomandato. Qualora irbesartan/idroclorotiazide venga usato durante l’allattamento al seno, dovrebbe essere assunto alla dose più bassa possibile.

Fertilità

Irbesartan non ha effetto sulla fertilità dei ratti trattati e sulla loro prole fino ai livelli di dose che inducono i primi segni di tossicità parentale (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Non sono stati effettuati studi sugli effetti di irbesartan/idroclorotiazide sulla capacità di guidare veicoli e usare macchinari. Sulla base delle sue proprietà farmacodinamiche, è improbabile che irbesartan/idroclorotiazide influenzi questa abilità. Quando si guidano veicoli o si utilizzano macchinari è opportuno ricordare che possono occasionalmente manifestarsi capogiri o affaticamento durante il trattamento dell’ipertensione.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Irbesartan/idroclorotiazide in combinazione

In studi clinici controllati verso placebo, tra 898 pazienti ipertesi che hanno ricevuto varie dosi di irbesartan/idroclorotiazide (intervallo: da 37,5 mg/6,25 mg fino a 300 mg/25 mg), il 29.5% dei pazienti ha sperimentato reazioni avverse. Le reazioni avverse più comuni riportata sono state capogiri (5.6%), affaticamento (4.9%), nausea/vomito (1.8%) e minzione anomala (1.4%). Inoltre negli studi clinici è stato comunemente osservato anche un incremento dell’azoto ureico (BUN) (2.3%), della creatinin chinasi (1.7%) e della creatinina (1.1%).

Nella Tabella 1 sono riportate le reazioni avverse da segnalazioni spontanee ed osservate negli studi clinici controllati verso placebo.

La frequenza delle reazioni avverse elencate di seguito è definita attraverso la seguente convenzione: molto comune (≥ 1/10); comune (da ≥ 1/100 a < 1/10); non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100); raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1: Reazioni avverse da Studi clinici controllati verso placebo e segnalazioni spontanee
Esami diagnostici Comune iperazotemia, aumento della creatinina e della creatininchinasi
Non comune diminuzione dei livelli sierici di potassio e di sodio
Patologie cardiache Non comune sincope, ipotensione, tachicardia, edema
Patologie del sistema nervoso Comune capogiro
Non comune vertigine ortostatica
Non nota cefalea
Patologie dell’orecchio e del labirinto Non nota tinnito
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Non nota tosse
Patologie gastrointestinali Comune nausea/vomito
Non comune diarrea
Non nota dispepsia, disgeusia
Patologie renali e urinarie Comune disturbi della minzione
Non nota alterazione della funzione renale, inclusi casi isolati di insufficienza renale in pazienti a rischio (vedere paragrafo 4.4)
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Non comune gonfiore delle estremità
Non nota antralgia, mialgia
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non nota iperpotassemia
Patologie vascolari Non comune vampate di calore
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comune affaticamento
Disturbi del sistema immunitario Non nota casi di reazioni d’ipersensibilità come angioedema, rash, orticaria
Patologie epatobiliari Non comune ittero
Non nota epatite, disfunzione epatica
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Non comune disfunzioni sessuali, cambiamenti nella libido

Ulteriori informazioni sui singoli componenti: in aggiunta alle reazioni avverse elencate sopra per il prodotto in combinazione, altre reazioni avverse riportate precedentemente con uno dei singoli componenti possono essere potenziali reazioni avverse con irbesartan/idroclorotiazide. Nelle Tabelle 2 e 3 che seguono, sono elencate le reazioni avverse riportate con i singoli componenti di irbesartan/idroclorotiazide.

Tabella 2: Reazioni avverse riportate con l’uso di irbesartan in monoterapia
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Non comune dolore toracico
Tabella 3: Reazioni avverse (indipendentemente dalla relazione col medicinale) riportate con l’uso di idroclorotiazide in monoterapia
Esami diagnostici Non nota disturbi dell’equilibrio elettrolitico (inclusa ipopotassiemia e iposodiemia, vedere paragrafo 4.4), iperuricemia, glicosuria, iperglicemia, aumento del colesterolo e dei trigliceridi
Patologia cardiache Non nota aritmie cardiache
Patologie del sistema emolinfopoietico Non nota anemia aplastica, mielodepressione, neutropenia/agranulocitosi, anemia emolitica, leucopenia, trombocitopenia
Patologie del sistema nervoso Non nota capogiro, parestesie, sensazione di testa leggera, irrequietezza
Patologie dell’occhio Non nota visione offuscata transitoria, xantopsia, miopia acuta e glaucoma secondario acuto
ad angolo chiuso
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Non nota difficoltà respiratoria (incluse polmonite ed edema polmonare)
Patologie gastrointestinali Non nota pancreatite, anoressia, diarrea, costipazione, irritazione gastrica, scialoadenite, perdita dell’appetito
Patologie renali e urinarie Non nota nefrite interstiziale, disfunzione renale
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non nota reazioni anafilattiche, necrolisi epidermica tossica, angioite necrotizzante (vasculiti, vasculiti cutanee), reazioni cutanee simil- lupus eritematoso, riattivazione del lupus eritematoso cutaneo, reazioni di fotosensibilità, rash, orticaria
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo: Non nota debolezza, spasmi muscolari
Patologie vascolari Non nota ipotensione posturale
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione: Non nota febbre
Patologie epatobiliari Non nota ittero (ittero colestatico intraepatico)
Disturbi psichiatrici Non nota depressione, disturbi del sonno
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi) Non nota Cancro cutaneo non melanoma (carcinoma basocellulare e carcinoma a cellule squamose)

Gli eventi avversi dose dipendenti dell’idroclorotiazide (soprattutto disordini elettrolitici) possono aumentare con l’incremento graduale del suo dosaggio.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Cancro cutaneo non melanoma: sulla base dei dati disponibili provenienti da studi epidemiologici, è stata osservata un’associazione tra HCTZ e NMSC, correlata alla dose cumulativa assunta (vedere anche i paragrafi 4.4 e 5.1).

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo hhttps://www.aifa.gov.it/content/come-segnalare-una-sospetta-reazione-avversa.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Non sono disponibili informazioni specifiche per il trattamento del sovradosaggio da irbesartan/idroclorotiazide. Il paziente deve essere attentamente monitorato e il trattamento dovrà essere sintomatico e di supporto. La gestione del sovradosaggio dipende dal tempo trascorso dall’ingestione e dalla gravità dei sintomi. Le misure suggerite includono induzione del vomito e/o lavanda gastrica. Nel trattamento del sovradosaggio può essere utile il carbone attivo. Gli elettroliti sierici e la creatinina devono essere frequentemente controllati. Se sopraggiunge ipotensione il paziente deve essere posto in posizione supina e prontamente reintegrato con sali e liquidi.

Le più probabili manifestazioni da sovradosaggio di irbesartan sono ipotensione e tachicardia; potrebbe verificarsi anche bradicardia.

Il sovradosaggio da idroclorotiazide è associato a deplezione elettrolitica (ipopotassiemia, ipocloremia, iponatriemia) e disidratazione conseguente a diuresi eccessiva. I principali segni e sintomi da sovradosaggio sono nausea e sonnolenza. L’ipopotassiemia può determinare spasmi muscolari e/o accentuare aritmie cardiache associate all’uso concomitante di glicosidi digitalici o di alcuni medicinali anti-aritmici.

Irbesartan non è rimosso dalla emodialisi. Non è stata stabilita la quantità di idroclorotiazide rimossa per emodialisi.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: antagonisti dell’angiotensina II, associazioni. Codice ATC: C09DA04.

Irbesartan/Idroclorotiazide è un’associazione di un antagonista dei recettori dell’angiotensina-II, l’irbesartan, e un diuretico tiazidico, l’idroclorotiazide. L’associazione di questi principi attivi determina un effetto antipertensivo additivo, riducendo la pressione arteriosa in misura maggiore dei singoli componenti.

L’irbesartan è un antagonista, potente e selettivo, dei recettori dell’angiotensina-II (sottotipo AT1), attivo per somministrazione orale. Si ritiene che il farmaco blocchi tutti gli effetti dell’angiotensina- II mediati dai recettori AT1, e ciò indipendentemente dall’origine o dalla via di sintesi dell’angiotensina-II. L’antagonismo selettivo per i recettori dell’angiotensina-II (AT1) provoca un aumento dei livelli plasmatici di renina e angiotensina-II ed una riduzione nella concentrazione plasmatica dell’aldosterone. In pazienti non a rischio di squilibrio elettrolitico (vedere paragrafi 4.4 e 4.5) i livelli di potassio sierico non vengono invece sostanzialmente modificati dall’irbesartan in monoterapia, ai dosaggi raccomandati. L’irbesartan non inibisce l’ACE (chininasi-II), un enzima che genera angiotensina-II e degrada la bradichinina con produzione di metaboliti inattivi. L’irbesartan non richiede un’attivazione metabolica per esercitare la propria attività farmacologica.

L’idroclorotiazide è un diuretico tiazidico. Il meccanismo tramite il quale i diuretici tiazidici esplicano i loro effetti antipertensivi non è completamente noto. I tiazidici agiscono sui meccanismi tubulari renali del riassorbimento degli elettroliti, aumentando in modo diretto l’escrezione di sodio e cloruro in quantità sostanzialmente equivalenti. L’azione diuretica dell’idroclorotiazide riduce il volume plasmatico, aumenta l’attività della renina plasmatica, e aumenta la secrezione di aldosterone, con conseguente aumento di perdita di potassio e bicarbonato urinari e diminuzione del potassio sierico. Presumibilmente bloccando il sistema renina-angiotensina-aldosterone, la somministrazione concomitante di irbesartan tende a correggere la perdita di potassio associata a questi diuretici. Con l’idroclorotiazide, la diuresi ha inizio entro 2 ore, il picco si presenta circa alla quarta ora, e l’effetto dura 6-12 ore circa.

L’associazione di idroclorotiazide e irbesartan determina una riduzione additiva dose-dipendente della pressione arteriosa. L’aggiunta di 12,5 mg di idroclorotiazide a 300 mg di irbesartan in monoterapia una volta al giorno in pazienti non adeguatamente controllati con irbesartan 300 mg in monoterapia ha determinato una ulteriore riduzione di 6,1 mmHg della pressione arteriosa diastolica rispetto al placebo (24 ore dopo la somministrazione). L’associazione di irbesartan 300 mg e idroclorotiazide 12,5 mg determina una riduzione complessiva della pressione arteriosa sistolica/diastolica, rispetto al placebo, fino a 13,6/11,5 mmHg.

Dati clinici limitati (7 su 22 pazienti) suggeriscono che i pazienti non controllati con la combinazione 300 mg/12,5 mg possono rispondere quando trattati con la combinazione 300 mg/25 mg. In questi pazienti è stato osservato un effetto ipotensivo incrementale sia sulla pressione arteriosa sistolica (PAS) che sulla pressione arteriosa diastolica (PAD) (rispettivamente 13,3 e 8,3 mmHg).

In pazienti con ipertensione lieve-moderata la somministrazione di 150 mg irbesartan e 12,5 mg di idroclorotiazide una volta al giorno ha prodotto una riduzione media di 12,9/6,9 mmHg nella pressione arteriosa sistolica/diastolica rispetto al placebo (24 ore dopo la somministrazione). Il picco antipertensivo viene raggiunto dopo 3-6 ore. Il monitoraggio continuo della pressione arteriosa evidenzia che l’associazione di 150 mg di irbesartan e 12,5 mg di idroclorotiazide in monosomministrazione giornaliera produce una simile riduzione nei valori pressori nelle 24 ore, con una media di riduzione sistolica/diastolica, rispetto al placebo, nelle 24 ore di 15,8/10,0 mmHg. Misurato con monitoraggio ambulatoriale continuo, l’effetto valle/picco di irbesartan/idroclorotiazide 150 mg/12,5 mg è stato del 100%. Misurato col bracciale durante visita ambulatoriale l’effetto valle/picco è stato del 68% e del 76% per irbesartan/idroclorotiazide 150 mg/12,5 mg e irbesartan/idroclorotiazide 300 mg/12,5 mg, rispettivamente. Questi effetti sono stati osservati durante le 24 ore senza eccessivo abbassamento della pressione arteriosa al picco e sono coerenti con gli abbassamenti sicuri ed efficaci ottenuti con somministrazione unica giornaliera.

In pazienti non adeguatamente controllati con 25 mg di idroclorotiazide in monoterapia, l’aggiunta di irbesartan ha prodotto una ulteriore riduzione media dei valori sistolici/diastolici di 11,1/7,2 mmHg, rispetto al placebo.

L’effetto antipertensivo di irbesartan in associazione con idroclorotiazide si manifesta dopo la prima dose ed è evidente entro 1-2 settimane, con un massimo dell’effetto ottenibile entro 6-8 settimane. Negli studi a lungo termine, l’effetto di irbesartan/idroclorotiazide risulta costante per più di un anno. Sebbene non specificatamente studiato con irbesartan/idroclorotiazide l’ipertensione rebound non è stata osservata né con irbesartan né con idroclorotiazide.

L’effetto della combinazione di irbesartan ed idroclorotiazide sulla morbilità e sulla mortalità non è stato studiato. Studi epidemiologici hanno mostrato che il trattamento a lungo termine con idroclorotiazide riduce il rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare.

La risposta a irbesartan/idroclorotiazide non è influenzata dall’età o dal sesso. Come avviene con altri medicinali che agiscono sul sistema renina-angiotensina, pazienti neri ipertensi rispondono notevolmente meno ad irbesartan in monoterapia. Quando irbesartan viene somministrato insieme a basse dosi di idroclorotiazide (es. 12,5 mg/die), la risposta antipertensiva nei pazienti neri si approssima a quella dei pazienti non neri.

L’efficacia e la sicurezza di irbesartan/idroclorotiazide come terapia iniziale per l’ipertensione grave (definita come SeDBP ≥ 110 mmHg) è stata valutata in uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio-cieco, con controllo attivo, di 8 settimane e a bracci paralleli. Un totale di 697 pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 2 a 1 a ricevere o irbesartan/idroclorotiazide 150 mg/12,5 mg o irbesartan 150 mg che veniva somministrato sistematicamente (prima di trovare la risposta alla dose minima) e dopo una settimana di irbesartan/idroclorotiazide 300 mg/25 mg o irbesartan 300 mg, rispettivamente.

Lo studio ha reclutato 58% pazienti di sesso maschile. L’età media dei pazienti era di 52,5 anni, il 13% era ≥ 65 anni di età e solo il 2% era ≥ 75 anni di età. Il 12% dei pazienti era diabetico, il 34% era dislipidemico e la patologia cardiovascolare più frequente era l’angina pectoris stabile presente nel 3,5% dei soggetti studiati.

L’obiettivo primario di questo studio era confrontare la percentuale di pazienti in cui la SeDBP era controllata (SeDBP < 90 mmHg) dopo 5 settimane di trattamento. Nel 47,2% dei pazienti in terapia combinata si raggiungeva una SeDBP < 90 mmHg rispetto al 33,2% dei pazienti del gruppo irbesartan (p = 0,0005). La pressione media di base era approssimativamente di 172/113 mmHg in ciascun gruppo di trattamento e a 5 settimane si verificava una riduzione dell’SeSBP/SeDBP di 30,8/24,0 mmHg e 21,1/19,3 mmHg per il gruppo irbesartan/idroclorotiazide e irbesartan in monoterapia (p < 0,0001), rispettivamente.

Le tipologie e l’incidenza degli effetti avversi segnalata per i pazienti trattati con la terapia combinata era simile al profilo degli eventi avversi per i pazienti in monoterapia. Durante le 8 settimane di trattamento non sono stati segnalati casi di sincope in entrambi i gruppi trattati. Si sono verificati 0,6% e 0% di casi di ipotensione e 2,8% e 3,1% casi di capogiro come eventi avversi riportati nel gruppo di pazienti in terapia combinata e in monoterapia, rispettivamente.

Due grandi studi randomizzati e controllati (ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial) e VA Nephron-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes)) hanno esaminato l’uso della combinazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II. ONTARGET è stato uno studio condotto in pazienti con anamnesi di patologia cardiovascolare o cerebrovascolare, o diabete mellito tipo 2 associato all’evidenza di danno d’organo. VA NEPHRON- D è stato uno studio condotto in pazienti con diabete mellito tipo 2 e nefropatia diabetica. Questi studi non hanno dimostrato alcun significativo effetto benefico sugli esiti e sulla mortalità renale e/o cardiovascolare, mentre è stato osservato un aumento del rischio di iperpotassiemia, danno renale acuto e/o ipotensione rispetto alla monoterapia.

Questi risultati sono pertinenti anche per gli altri ACE-inibitori e per gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II, date le loro simili proprietà farmacodinamiche. Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono quindi essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiovascular and Renal Disease Endpoints) è stato uno studio volto a verificare il vantaggio di aggiungere aliskiren ad una terapia standard di un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa di un aumentato rischio di eventi avversi. Morte cardiovascolare e ictus sono stati entrambi numericamente più frequenti nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo e gli eventi avversi gravi di interesse (iperpotassiemia, ipotensione e disfunzione renale) sono stati riportati più frequentemente nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo.

Cancro cutaneo non melanoma: sulla base dei dati disponibili provenienti da studi epidemiologici, è stata osservata un’associazione tra HCTZ e NMSC correlata alla dose cumulativaassunta Uno studio ha incluso una popolazione comprendente 71 533 casi di BCC e 8 629 casi di SCC confrontati rispettivamente con 1 430 833 e 172 462 soggetti nella popolazione di controllo. Un elevato utilizzo di HCTZ (dose cumulativa ≥50 000 mg) è stato associato a un OR (odds ratio) aggiustato per confondenti pari a 1,29 (95 % CI: 1,23-1,35) per il BCC e pari a 3,98 (95 % CI: 3,68- 4,31) per l’SCC. È stata osservata un’evidente relazione tra dose cumulativa assunta e risposta sia per il BCC che per l’SCC. Un altro studio ha dimostrato una possibile associazione tra il cancro delle labbra (SCC) e l’esposizione all’HCTZ: 633 casi di cancro delle labbra confrontati con 63 067 soggetti nella popolazione di controllo, utilizzando una strategia di campionamento dei soggetti a rischio (risk-set sampling). È stata dimostrata una relazione tra la risposta e la dose cumulativa con un OR aggiustato di 2,1 (95 % CI: 1,7-2,6), aumentato fino a 3,9 (3,0-4,9) in caso di un utilizzo elevato (~25 000 mg) e fino a 7,7 (5,7-10,5) con la massima dose cumulativa assunta (~100 000 mg) (vedere anche il paragrafo 4.4).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

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La somministrazione concomitante di idroclorotiazide e irbesartan non ha effetti sulla farmacocinetica di entrambi i medicinali.

Irbesartan e idroclorotiazide sono agenti attivi per via orale e non richiedono biotrasformazione per la loro attività. Dopo somministrazione orale di irbesartan/idroclorotiazide, la biodisponibilità orale assoluta è del 60-80% per l’irbesartan e 50-80% per l’idroclorotiazide. Il cibo non influenza la biodisponibilità di irbesartan/idroclorotiazide. La concentrazione plasmatica massima viene raggiunta dopo 1,5-2 ore dalla somministarzione orale per l’irbesartan e 1-2,5 ore per l’idroclorotiazide.

Il legame proteico dell’irbesartan è approssimativamente pari al 96% con una quota di legame alle cellule ematiche del tutto trascurabile. Il volume di distribuzione dell’irbesartan è di 53-93 litri. Il legame proteico per l’idroclorotiazide è del 68%, con volume di distribuzione apparente di 0,83- 1,14 l/kg.

Irbesartan, nell’intervallo di dosaggio da 10-600 mg, mostra una farmacocinetica lineare e proporzionale al dosaggio. È stato osservato un incremento meno che proporzionale nell’assorbimento orale alle dosi superiori ai 600 mg; il meccanismo con cui ciò si verifica risulta sconosciuto. La clearance corporea totale e quella renale sono, rispettivamente, di 157-176 e 3,0-3,5 ml/min. L’emivita di eliminazione terminale di irbesartan è di 11-15 ore. Le concentrazioni plasmatiche allo steady-state sono raggiunte entro 3 giorni dall’inizio delle monosomministrazioni giornaliere. Un ridotto accumulo di irbesartan (< 20%) viene osservato nel plasma dopo ripetute monosomministrazioni giornaliere. In uno studio, sono state osservate concentrazioni plasmatiche leggermente superiori nelle pazienti ipertese.

Tuttavia, non sono emerse differenze nell’emivita né nell’accumulo di irbesartan. Non sono necessari aggiustamenti del dosaggio nelle pazienti. I valori di AUC e Cmax dell’irbesartan sono risultati leggermente superiori anche in pazienti anziani (≥ 65 anni) rispetto ai soggetti giovani (18- 40 anni). Comunque l’emivita finale non è risultata significativamente modificata. Non sono necessari aggiustamenti del dosaggio nei pazienti anziani. L’emivita plasmatica media di idroclorotiazide varia tra 5-15 ore.

Dopo somministrazione orale o endovenosa di irbesartan marcato con 14C, una quota pari all’80- 85% della radioattività plasmatica rilevata è attribuibile a irbesartan immodificato. Irbesartan viene metabolizzato per via epatica mediante ossidazione e glucurono-coniugazione. Il principale metabolita circolante (approssimativamente 6%) è l’irbesartan glucuronide. Studi in vitro indicano che irbesartan viene principalmente ossidato tramite il citocromo P450-enzima CYP2C9; l’isoenzima CYP3A4 ha un effetto trascurabile. L’irbesartan e i suoi metaboliti vengono eliminati sia per via biliare sia renale. Dopo somministrazione orale o endovenosa di irbesartan 14C, circa il 20% della radioattività può essere rinvenuto nelle urine, mentre il rimanente è rilevabile nelle feci. Meno del 2% della dose assunta viene escreta nelle urine come irbesartan immodificato. L’idroclorotiazide non viene metabolizzata ma viene eliminata rapidamente per via renale. Almeno il 61% della dose orale viene eliminata immodificata nelle 24 ore. L’idroclorotiazide attraversa la placenta ma non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, ed è escreta nel latte materno.

Danno renale: in soggetti con danno renale o in pazienti emodializzati, i parametri farmacocinetici di irbesartan non risultano significativamente modificati. Irbesartan non viene rimosso durante il processo di emodialisi. E’ stato segnalato che nei pazienti con clearance della creatinina < 20 ml/min, l’emivita di eliminazione dell’idroclorotiazide aumenta a 21 ore.

Compromissione epatica

in soggetti con cirrosi di grado lieve-moderato, i parametri farmacocinetici di irbesartan non risultano significativamente modificati. Non sono stati condotti studi su pazienti con insufficienza epatica grave.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Irbesartan/idroclorotiazide: la potenziale tossicità dell’associazione irbesartan/idroclorotiazide dopo somministrazione orale è stata valutata in ratti e macachi in studi fino a 6 mesi. Non ci sono state osservazioni tossicologiche di rilevanza per l’uso terapeutico umano. I seguenti cambiamenti, osservate in ratti e macachi trattati con l’associazione irbesartan/idroclorotiazide a 10/10 e a 90/90 mg/kg/die sono stati anche osservati con uno dei due medicinali in monoterapia e/o erano secondarie a diminuzioni della pressione arteriosa (non sono state osservate interazioni tossicologiche significative): modificazioni renali, caratterizzate da lievi aumenti dell’uricemia e della creatininemia, e da iperplasia/ipertrofia dell’apparato juxtaglomerulare, che sono una conseguenza diretta dell’interazione di irbesartan col sistema renina-angiotensina; lievi diminuzioni dei parametri eritrocitari (eritrociti, emoglobina, ematocrito);

discolorazioni gastriche, ulcere e necrosi focali della mucosa gastrica sono state osservate in pochi ratti in uno studio di tossicità a 6 mesi con irbesartan somministrato alla dose di 90 mg/kg/die, idroclorotiazide 90 mg/kg/die e irbesartan/idroclorotiazide 10/10 mg/kg/die. Queste lesioni non sono state osservate nei macachi; diminuzioni della potassiemia dovute all’idroclorotiazide e parzialmente prevenute quando questa era somministrata insieme con irbesartan.

La maggior parte degli effetti sopra riportati sembra sia dovuta all’attività farmacologica di irbesartan (blocco dell’inibizione del rilascio di renina indotto dall’angiotensina-II, con stimolazione delle cellule produttrici di renina) e si verifica anche con gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina. Queste osservazioni sembrano non avere rilevanza sui dosaggi terapeutici di irbesartan/idroclorotiazide impiegati nell’uomo.

Nessun effetto teratogeno è stato osservato in ratti trattati con irbesartan e idroclorotiazide in combinazione alle dosi che producono tossicità materna. Gli effetti dell’associazione ibersartan/idroclorotiazide sulla fertilità non sono stati ancora valutati in studi sugli animali, dato che non si hanno evidenze di effetti sulla fertilità negli animali o nell’uomo sia con l’irbesartan che con l’idroclorotiazide, se somministrati da soli. Tuttavia, un altro antagonista dell’angiotensina-II ha influenzato i parametri di fertilità quando somministrato da solo, in studi sugli animali. Queste evidenze sono state osservate anche con basse dosi di questo antagonista dell’angiotensina-II quando è stato somministrato insieme all’idroclorotiazide.

Non c’è evidenza di mutagenicità o clastogenicità con l’associazione irbesartan/idroclorotiazide. Il potenziale cancerogeno di irbesartan e idroclorotiazide in associazione non è stato valutato in studi sugli animali.

Irbesartan: ai dosaggi utilizzati in clinica non si riscontrano segni di tossicità sistemica o d’organo bersaglio. In studi di sicurezza non-clinica, alte dosi di irbesartan (≥ 250 mg/kg/die nei ratti e ≥ 100 mg/kg/die nei macachi) hanno causato una riduzione di alcuni parametri eritrocitari (eritrociti, emoglobina, ematocrito). A dosi molto elevate (≥ 500 mg/kg/die) irbesartan ha indotto alterazioni degenerative nei reni (come nefrite interstiziale, dilatazione tubulare, tubuli basofili, aumentate concentrazioni plasmatiche di urea e creatinina) nel ratto e nel macaco. Tali effetti vengono considerati secondari all’effetto ipotensivo del medicinale, che comporta una diminuita perfusione renale. Inoltre, l’irbesartan ha indotto iperplasia/ipertrofia delle cellule juxtaglomerulari (≥ 90 mg/kg/die nei ratti e ≥ 10 mg/kg/die nei macachi). Si considera che tutte queste alterazioni siano state indotte dall’azione farmacologica di irbesartan. L’iperplasia/ipertrofia delle cellule renali juxtaglomerulari non sembra avere rilevanza alle dosi terapeutiche di irbesartan utilizzate nell’uomo.

Non sono stati rilevati effetti di mutagenicità, clastogenicità o cancerogenicità.

La fertilità e la performance riproduttiva non sono state influenzate negli studi effettuati su ratti maschi e femmine anche a dosi orali di irbesartan che causano una certa tossicità parentale (da 50 a 650 mg/kg/die), inclusa mortalità ad alte dosi. Non sono stati osservati effetti sul numero dei corpi lutei, impianti o sulla vitalità dei feti. Irbesartan non influenza la sopravvivenza, lo sviluppo o la riproduzione della prole.

Studi negli animali indicano che irbesartan radiomarcato è rilevato nei feti di ratto e coniglio. Irbesartan è escreto nel latte di ratti in allattamento.

Gli studi con irbesartan condotti su animali hanno evidenziato effetti tossici transitori (dilatazione della pelvi renale, idrouretere e edema sottocutaneo) nei feti di ratto, che regrediscono dopo la nascita. Nei conigli ai dosaggi in grado di determinare tossicità materna, compresa la morte, sono stati riscontrati aborto o riassorbimento precoce dell’embrione. Non sono stati osservati effetti teratogeni né nel ratto né nel coniglio.

Idroclorotiazide: sebbene siano state osservate in alcuni modelli sperimentali evidenze non certe di genotossicità e carcinogenicità, la vasta esperienza di impiego nell’uomo con idroclorotiazide non ha evidenziato una correlazione tra il suo impiego e un aumento di neoplasie.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa: Lattosio monoidrato Amido di mais pregelatinizzato Cellulosa microcristallina Croscarmellosa sodica Magnesio stearato Rivestimento: Lattosio monoidrato Ipromellosa 15 cP Macrogol 3350 Titanio diossido (E 171) Ferro ossido giallo (E 172) Ferro ossido rosso (E 172) Ferro ossido nero (E 172)

 

06.2 Incompatibilità

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Non applicabile.

 

06.3 Periodo di validità

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3 anni.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Il medicinale non richiede alcuna particolare condizione per la conservazione.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Irbesartan e Idroclorotiazide TecniGen 300 mg/25 mg compresse rivestite con film è confezionato in blister PCTFE/PE/PVC WH/Alluminio bianchi, in confezioni da 28 compresse.

E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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TECNIGEN S.r.l.

Via Galileo Galilei, 40 20092 Cinisello Balsamo (MI)

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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“300 mg/25 mg compresse rivestite con film” 28 compresse in blister PCTFE/PE/PVC/AL AIC n. 042224030

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Prima autorizzazione: 27/09/2013

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 09/07/2022