Kalosso fiale 3 mg: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Kalosso fiale 3 mg

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Kalosso fiale 3 mg: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Kalosso 3 mg soluzione iniettabile in siringa pre-riempita.

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Una siringa pre-riempita da 3 ml di soluzione contiene 3 mg di acido ibandronico (pari a 3,375 mg di ibandronato sodico monoidrato).

ml di soluzione iniettabile contiene 1 mg di acido ibandronico.

Eccipienti con effetti noti:

Ciascuna siringa pre-riempita da 3 ml di soluzione contiene 10,54 mg di sodio. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Soluzione iniettabile.

Soluzione limpida, incolore, praticamente priva di particelle, pH 3.5-4.5.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trattamento dell’osteoporosi in donne in postmenopausa ad aumentato rischio di frattura (vedere paragrafo 5.1). È stata dimostrata una riduzione del rischio di fratture vertebrali, tuttavia l’efficacia nelle fratture del collo del femore non è stata stabilita.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

La dose raccomandata di acido ibandronico è di 3 mg, somministrati per iniezione endovenosa nell’arco di 15-30 secondi ogni tre mesi.

Le pazienti devono essere trattate con integratori di calcio e vitamina D (vedere paragrafo 4.4 e paragrafo 4.5).

Se si salta una dose, l’iniezione deve essere somministrata non appena possibile. Le iniezioni devono poi essere programmate ogni 3 mesi a partire dalla data dell’ultima iniezione.

La durata ottimale del trattamento con bifosfonati per l’osteoporosi non è stata stabilita. La necessità del trattamento continuato deve essere rivalutata periodicamente sulla base dei benefici e dei rischi potenziali dell’acido ibandronico su base individuale, in particolare dopo 5 o più anni di utilizzo.

Popolazioni speciali

Pazienti con danno renale

L’iniezione di Kalosso non è raccomandata nelle pazienti con creatininemia superiore a 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o con clearance della creatinina (misurata o stimata) inferiore a 30 ml/min, perché i dati clinici disponibili dagli studi che hanno incluso questo tipo di pazienti sono limitati (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).

Nelle pazienti con danno renale lieve o moderato non è necessario alcun aggiustamento della dose se la creatinina sierica è pari o inferiore a 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o laddove la clearance della creatinina (misurata o stimata) è pari o superiore a 30 ml/min.

Pazienti con compromissione epatica

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Anziani (>65 anni)

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

Non esiste un uso rilevante di Kalosso nei bambini sotto i 18 anni e l’acido ibandronico non è stato studiato in questa popolazione (vedere paragrafi 5.1 e 5.2).

Modo di somministrazione

Per uso endovenoso per 15 – 30 secondi, ogni tre mesi.

È necessaria una stretta adesione alla via di somministrazione endovenosa (vedere paragrafo 4.4).

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Ipocalcemia.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Errori di somministrazione

È necessario fare attenzione a non somministrare l’iniezione di {Kalosso} per via endo-arteriosa o paravenosa poiché ciò potrebbe comportare un danno ai tessuti.

Ipocalcemia

Come altri bifosfonati somministrati per via endovenosa, Kalosso può causare una riduzione transitoria dei valori di calcio sierico.

L’ipocalcemia in corso deve essere corretta prima di iniziare la terapia con le iniezioni di Kalosso. Gli altri disturbi del metabolismo osseo e minerale devono essere trattati efficacemente prima di iniziare la terapia con le iniezioni di Kalosso.

Tutte le pazienti devono ricevere un integratore di calcio e vitamina D adeguato.

Reazione anafilattica/shock

Casi di reazione anafilattica/shock, inclusi eventi fatali, si sono manifestati in pazienti trattati con acido ibandronico per via endovena.

Un adeguato supporto medico e misure di controllo devono essere prontamente disponibili quando l’iniezione di Kalosso viene effettuata per via endovenosa. Nel caso si verificassero reazioni anafilattiche o altre gravi reazioni di ipersensibilità/allergiche, interrompere immediatamente l’iniezione e avviare un trattamento appropriato.

Compromissione renale

Le pazienti con patologie concomitanti, o che utilizzano medicinali che hanno potenziali effetti indesiderati sui reni, devono essere riesaminate regolarmente durante il trattamento in linea con la buona pratica medica.

A causa della limitata esperienza clinica, l’iniezione di Kalosso non è raccomandata nelle pazienti con creatinina sierica al di sopra di 200 μmol/l (2,3 mg/dl) o con una clearance della creatinina al di sotto di 30 ml/min (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 5.2).

Pazienti con insufficienza cardiaca

L’iperidratazione va evitata nei pazienti a rischio di insufficienza cardiaca.

Osteonecrosi della mascella

L’osteonecrosi della mascella, generalmente associata a estrazioni dentarie e/o infezioni locali (compresa l’osteomielite), è stata segnalata in pazienti con tumore trattate principalmente con bifosfonati somministrati per via endovenosa. La maggior parte di queste pazienti era anche in trattamento con chemioterapia e corticosteroidi. L’osteonecrosi della mascella è stata segnalata anche in pazienti con osteoporosi trattati con bifosfonati orali.

Si deve considerare una visita odontoiatrica con un’appropriata profilassi dentale prima del trattamento con bifosfonati in pazienti con concomitanti fattori di rischio (ad es. tumore, chemioterapia, radioterapia, corticosteroidi, scarsa igiene orale).

Durante il trattamento, queste pazienti devono evitare, ove possibile, procedure odontoiatriche invasive. Nelle pazienti che sviluppano l’osteonecrosi della mascella durante la terapia con bifosfonati, la chirurgia dentale può peggiorare la condizione. Per le pazienti che necessitano di procedure odontoiatriche, non vi sono dati disponibili che indichino se la sospensione del trattamento con bifosfonati riduca il rischio di osteonecrosi della mascella. Il giudizio clinico del medico curante deve essere alla base della gestione di ciascun paziente, sulla base della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio.

Fratture atipiche del femore

Con la terapia a base di bifosfonati, sono state segnalate fratture atipiche della regione subtrocanterica e diafisaria del femore, principalmente in pazienti in trattamento a lungo termine per l’osteoporosi. Queste fratture trasversali o brevi fratture oblique possono verificarsi in qualsiasi punto del femore – appena sotto il piccolo trocantere fino ad appena sopra della linea sovracondiloidea. Queste fratture si verificano in assenza di trauma o con trauma minimo e alcuni pazienti hanno manifestato dolore alla coscia o all’inguine, spesso associato con reperti di diagnostica per immagini di fratture da stress, per settimane o mesi prima di presentare una frattura femorale completa. Le fratture sono spesso bilaterali; pertanto nei pazienti trattati con bifosfonati che hanno sofferto di una frattura della diafisi femorale si deve esaminare il femore contro laterale. È stata anche segnalata anche una scarsa guarigione di queste fratture. Nei pazienti in cui si sospetta una frattura atipica del femore si deve tenere in considerazione l’interruzione della terapia con bifosfonati fino alla valutazione del paziente, sulla base di una valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio.

Durante il trattamento con bifosfonati, i pazienti devono essere avvertiti di riferire qualsiasi dolore alla coscia, all’anca o all’inguine e i pazienti che presentano questi sintomi devono essere valutati per una frattura del femore incompleta.

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per siringa pre-riempita da 3 ml di soluzione, ovvero è essenzialmente privo di sodio.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Non sono ritenute probabili interazioni metaboliche poiché l’acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi P450 epatici umani e ha mostrato di non indurre il sistema del citocromo P450 epatico nei ratti (vedere paragrafo 5.2). L’acido ibandronico è eliminato solamente per escrezione renale e non subisce alcuna biotrasformazione.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

Kalosso è destinato a uso esclusivo delle donne in post-menopausa e non deve essere somministrato a donne in età fertile.

Non vi sono dati adeguati sull’uso di acido ibandronico nelle donne in gravidanza. Studi condotti nei ratti hanno dimostrato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per l’uomo è sconosciuto. Kalosso non deve essere somministrato durante la gravidanza.

Allattamento

Non è noto se l’acido ibandronico venga escreto nel latte materno. Studi condotti nei ratti in fase di allattamento hanno dimostrato la presenza di bassi livelli di acido ibandronico nel latte dopo somministrazione endovenosa. Kalosso non deve essere usato durante l’allattamento.

Fertilità

Non vi sono dati sugli effetti dell’acido ibandronico nell’uomo. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione orale, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità. Negli studi condotti nei ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità a dosi giornaliere alte (vedere paragrafo 5.3).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Sulla base del profilo farmacodinamico e farmacocinetico e delle segnalazioni di reazioni avverse, si può prevedere che Kalosso non ha nessuna o ha un’influenza trascurabile sulla capacità di guidare e azionare macchinari.

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse più gravi che sono state riportate sono reazione anafilattica/shock, fratture atipiche del femore, osteonecrosi della mascella e infiammazione oculare (vedere paragrafo “Descrizione di alcune reazioni avverse” e paragrafo 4.4).

Le reazioni avverse più frequentemente riportate sono artralgia e sintomi simil-influenzali. Questi sintomi, in genere di breve durata, di intensità lieve o moderata, sono tipicamente associati alla prima dose e di solito si risolvono nel corso di un trattamento continuativo senza bisogno di interventi correttivi (vedere paragrafo “Malattia simil-influenzale”).

Tabella delle reazioni avverse

Nella tabella 1 è presentato un elenco completo delle reazioni avverse note.

La sicurezza del trattamento orale con acido ibandronico 2,5 mg al giorno è stata valutata in 1251 pazienti trattati in 4 studi clinici controllati con placebo, con una grande maggioranza di pazienti provenienti dallo studio principale sulle fratture della durata di tre anni (MF 4411).

Nello studio principale della durata di 2 anni in donne in post-menopausa con osteoporosi (BM16550), la sicurezza globale dell’iniezione endovenosa di acido ibandronico 3 mg ogni 3 mesi e di acido ibandronico orale 2,5 mg al giorno si è dimostrata simile. La percentuale globale di pazienti che hanno manifestato una reazione avversa è stata 26,0% e 28,6% rispettivamente per l’iniezione di acido ibandronico 3 mg ogni 3 mesi dopo un anno e due anni. La maggior parte delle reazioni avverse non ha portato alla cessazione della terapia.

Le reazioni avverse sono elencate in accordo alla classificazione per sistemi e organi MedDRA e alla categoria di frequenza. Le categorie di frequenza sono definite usando le seguenti convenzioni: molto comune (>1/10), comune (≥ 1/100 a < 1/10), non comune (≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono presentate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1: Reazioni avverse che si verificano nelle donne in post-menopausa trattate con l’iniezione di acido ibandronico 3 mg ogni 3 mesi o di acido ibandronico 2.5 mg al giorno negli studi di fase III BM16550 e MF4411 nell’esperienza post-marketing.

Classificazione
per sistemi organi
e Comune Non comune Raro Molto raro
Disturbi sistema
immunitario
del Esacerbazione dell’asma Reazioni ipersensibilità di Reazione anafilattica/shock*†
Patologie
sistema nervoso
del Cefalea
Patologie
dell’occhio
Infiammazione
oculare*†
Patologie vascolari Flebiti/tromboflebit
i
Patologie gastrointestinali Gastrite, dispepsia, diarrea, dolore addominale,
nausea, costipazione
Patologie della cute e del tessuto
sottocutaneo
Rash Angioedema, gonfiore/edema del
volto, orticaria
Patologie del sistema muscoloscheletrico
e del tessuto connettivo
Artralgia, mialgia, dolore muscoloscheletrico, lombalgia Dolore alle ossa Fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore† Osteonecrosi mascella*† della
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
Malattia simil- influenzale*, affaticamento Reazioni nella sede di iniezione, astenia

*Vedere ulteriori informazioni sotto.

†Identificata nell’esperienza post-marketing. Descrizione di alcune reazioni avverse

Malattia simil-influenzale

La malattia simil-influenzale include eventi segnalati come reazione o sintomi in fase acuta inclusa mialgia, artralgia, febbre, brividi, affaticamento, nausea, perdita di appetito e dolori ossei.

Osteonecrosi della mascella

L’osteonecrosi della mascella è stata segnalata in pazienti in trattamento con bifosfonati. La maggior parte dei casi si riferisce a pazienti con tumore, ma alcuni casi sono stati segnalati anche in pazienti trattati per l’osteoporosi. L’osteonecrosi della mascella è generalmente associata a estrazioni dentarie e/o infezioni locali (compresa l’osteomielite). Anche la diagnosi di tumore, la chemioterapia, la radioterapia, i corticosteroidi e la scarsa igiene orale sono ritenuti fattori di rischio (vedere paragrafo 4.4).

Infiammazione oculare

Con l’utilizzo dell’acido ibandronico sono stati segnalati eventi infiammatori oculari come uveiti, episcleriti e scleriti. In alcuni casi, questi eventi non si sono risolti fino alla sospensione della terapia con acido ibandronico.

Reazione anafilattica/shock

Casi di reazione anafilattica/shock, inclusi eventi fatali, si sono manifestati in pazienti trattati con acido ibandronico ad uso endovenoso.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.

04.9 Sovradosaggio

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Non sono disponibili informazioni specifiche sul trattamento del sovradosaggio con Kalosso.

Sulla base della conoscenza di questa classe di composti, il sovradosaggio endovenoso può dar luogo a ipocalcemia, ipofosfatemia e ipomagnesiemia. Riduzioni clinicamente rilevanti nei livelli sierici di calcio, fosforo e magnesio devono essere corrette tramite somministrazione endovenosa rispettivamente di calcio gluconato, potassio o sodio fosfato e magnesio solfato.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Farmaci per il trattamento delle patologie ossee, bifosfonati, codice ATC: M05BA06

Meccanismo di azione

L’acido ibandronico è un bifosfonato molto potente che appartiene al gruppo di bifosfonati contenenti azoto, che agiscono selettivamente sul tessuto osseo e nello specifico inibiscono l’attività osteoclastica, senza effetto diretto sulla formazione dell’osso. Non interferisce con il reclutamento osteoclastico.

L’acido ibandronico porta ad aumenti netti progressivi nella massa ossea e ad una ridotta incidenza di fratture attraverso la riduzione dell’elevato turnover osseo verso i livelli pre-menopausa in donne in post- menopausa.

Effetti farmacodinamici

L’azione farmacodinamica di acido ibandronico è l’inibizione del riassorbimento osseo. In vivo, l’acido ibandronico previene la distruzione ossea indotta sperimentalmente attraverso l’interruzione della funzione delle gonadi, retinoidi, tumori o estratti di tumori. Nei ratti giovani (a crescita rapida) viene inoltre inibito il riassorbimento osseo endogeno, che porta ad un aumento della massa ossea normale rispetto agli animali non trattati.

I modelli animali confermano che l’acido ibandronico è un inibitore molto potente dell’attività osteoclastica. Nei ratti in crescita, non c’è stata evidenza di mineralizzazione compromessa anche a dosi maggiori di 5000 volte la dose richiesta per il trattamento dell’osteoporosi.

La somministrazione a lungo termine sia giornaliera che intermittente (con intervalli prolungati senza dose) in ratti, cani e scimmie è stata associata alla formazione di nuovo osso di qualità normale e forza meccanica mantenuta o aumentata anche alle dosi nell’intervallo tossico. Nell’uomo, l’efficacia della somministrazione di acido ibandronico sia giornaliera che intermittente con intervallo senza dose di 9-10 settimane è stata confermata in uno studio clinico (MF 4411), in cui l’acido ibandronico ha dimostrato efficacia contro le fratture.

Nei modelli animali l’acido ibandronico ha prodotto cambiamenti biochimici che indicano un’inibizione dose-dipendente del riassorbimento osseo, inclusa la soppressione dei marker biochimici urinari della degradazione del collagene osseo (come la deossipiridinolina e i telopeptidi N incrociati del collagene di tipo I (NTX)).

Sia le dosi orali giornaliere intermittenti (con intervalli senza dose di 9-10 settimane a trimestre) cosi come le dosi endovenose di acido ibandronico nelle donne in post-menopausa hanno prodotto cambiamenti biochimici indicativi di un’inibizione dose-dipendente del riassorbimento osseo.

L’iniezione endovenosa di acido ibandronico ha ridotto i livelli di telopeptide C sierico della catena alfa del collagene di tipo I (CTX) entro 3-7 giorni dall’inizio del trattamento e ha ridotto i livelli di osteocalcina entro 3 mesi.

In seguito all’interruzione del trattamento, si verifica una reversione alle percentuali patologiche pre- trattamento del riassorbimento osseo elevato associato all’osteoporosi post-menopausa.

L’analisi istologica di biopsie ossee dopo due e tre anni di trattamento di donne in post-menopausa con dosi di acido ibandronico orale 2,5 mg al giorno e dosi endovenose intermittenti fino a 1 mg ogni 3 mesi ha mostrato ossa di qualità normale e nessuna indicazione di un difetto di mineralizzazione. Una riduzione prevista nel turnover osseo, una qualità normale dell’osso e l’assenza di difetti nella mineralizzazione sono stati inoltre osservati dopo due anni di trattamento con iniezione di acido ibandronico 3 mg.

Efficacia clinica

Devono essere presi in considerazione i fattori di rischio indipendenti, ad esempio, bassa DMO, età, esistenza di precedenti fratture, anamnesi familiare di fratture, elevato turnover osseo e basso indice di massa corporea per identificare le donne ad aumentato rischio di fratture osteoporotiche.

Iniezione di acido ibandronico 3 mg ogni 3 mesi

Densità minerale ossea (DMO)

In uno studio di non-inferiorità della durata di 2 anni, randomizzato, in doppio cieco, multicentrico (BM16550) su donne in post-menopausa (1386 donne di età 55-80 anni) con osteoporosi (T-score della DMO della colonna lombare al di sotto di -2,5 SD al basale) l’iniezione endovenosa di acido ibandronico 3 mg, somministrata ogni 3 mesi, ha dimostrato di essere efficace almeno quando acido ibandronico orale 2,5 mg al giorno. Ciò è stato dimostrato sia nell’endpoint dell’analisi primaria a un anno che in quello dell’analisi confermatoria a due anni (tabella 2).

L’analisi primaria dei dati dello studio BM16550 a un anno e l’analisi confermatoria a due anni hanno dimostrato la non-inferiorità del regime di dosaggio di 3 mg con iniezione ogni 3 mesi rispetto al regime di dosaggio giornaliero orale di 2,5 mg, in termini di aumenti medi di DMO alla colonna lombare, all’anca totale, al collo del femore e al trocantere (tabella 2).

Tabella 2: Cambiamento relativo medio rispetto al basale della DMO della colonna lombare, dell’anca totale, del collo del femore e del trocantere dopo un anno (analisi primaria) e due anni di trattamento (Per-Protocol Population) nello studio BM 16550.

Dati a un anno nello studio BM 16550 Dati a due anni nello studio BM 16550
Cambiamenti medi relativi rispetto al basale
% [95% IC]
acido ibandronico 2,5 mg al giorno
(N=377)
acido ibandronico 3 mg iniezione ogni 3 mesi (N=365) acido ibandronico 2,5 mg al giorno
(N=334)
acido ibandronico 3 mg iniezione ogni 3 mesi (N=334)
DMO colonna lombare L2-L4 3,8 [3,4, 4,2] 4,8 [4,5, 5,2] 4,8 [4,3, 5,4] 6,3 [5,7, 6,8]
DMO anca totale 1,8 [1,5, 2,1] 2,4 [2,0, 2,7] 2,2 [1,8, 2,6] 3,1 [2,6, 3,6]
DMO collo del femore 1,6 [1,2, 2,0] 2,3 [1,9, 2,7] 2,2 [1,8, 2,7] 2,8 [2,3, 3,3]
DMO trocantere 3,0 [2,6, 3,4] 3,8 [3,2, 4,4] 3,5 [3,0, 4,0] 4,9 [4,1, 5,7]

Inoltre, l’iniezione di acido ibandronico 3 mg ogni 3 mesi si è dimostrata superiore all’acido ibandronico orale 2,5 mg al giorno per aumenti nella DMO della colonna lombare in un’analisi prospettica ad un anno, p<0,001 e a due anni, p<0,001.

Per la DMO della colonna lombare, il 92,1% delle pazienti trattate con 3 mg per iniezione ogni 3 mesi ha aumentato o mantenuto la propria DMO dopo 1 anno di trattamento (ovvero erano responder) rispetto all’84,9% delle pazienti trattate con 2,5 mg al giorno per via orale (p=0,002). Dopo 2 anni di trattamento, il 92,8% delle pazienti trattate con 3 mg per iniezione e l’84,7% delle pazienti trattate con la terapia orale di 2,5 mg avevano aumentato o mantenuto la DMO della colonna lombare (p=0,001).

Per DMO dell’anca totale, l’82,3% delle pazienti trattate con 3 mg per iniezione ogni 3 mesi sono state responder ad un anno, rispetto al 75,1% delle pazienti trattate con 2,5 mg al giorno per via orale (p=0,02). Dopo 2 anni di trattamento, l’85,6% delle pazienti trattate con iniezioni da 3 mg e il 77,0% delle pazienti trattate con la terapia orale di 2,5 mg ha aumentato o mantenuto l’DMO dell’anca totale (p=0,004).

La percentuale delle pazienti che hanno aumentato o mantenuto la propria DMO a un anno sia alla colonna lombare che all’anca totale era del 76,2% nel braccio trattato con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi e 67,2% nel braccio trattato con 2,5 mg al giorno per via orale (p=0,007). A due anni, l’80,1% e il 68,8% delle paziente rispondeva a questo criterio rispettivamente nel braccio trattato con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi e in quello trattato con 2,5 mg al giorno (p=0,001).

Marcatori biochimici del turnover osseo

Riduzioni clinicamente significative dei livelli sierici di CTX sono stati osservati in tutti i punti temporali misurati. A 12 mesi i cambiamenti relativi mediani rispetto al basale sono stati -58,6% per il regime con iniezione endovenosa da 3 mg ogni 3 mesi e -62,6% per il regime giornaliero orale da 2,5 mg. Inoltre il 64,8% delle pazienti trattate con l’iniezione da 3 mg ogni 3 mesi è stato identificato come responder (definito come una riduzione ≥50 % rispetto al basale), rispetto al 64,9% delle pazienti trattate con 2,5 mg al giorno per via orale. La riduzione del CTX sierico è stata mantenuta nell’arco dei 2 anni, con più della metà delle pazienti identificate come responder in entrambi i gruppi di trattamento.

Sulla base dei risultati dello studio BM 16550, si prevede che l’iniezione endovenosa di acido ibandronico 3 mg, somministrata ogni 3 mesi sia almeno efficace quanto il regime di acido ibandronico 2,5 al giorno per via orale nella prevenzione delle fratture.

Acido ibandronico 2,5 mg compresse giornaliere

Nello studio iniziale sulle fratture (MF 4411) della durata di tre anni, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, è stata dimostrata una riduzione statisticamente significativa e rilevante dal punto di vista medico nell’incidenza di nuove fratture vertebrali radiografiche morfometriche e cliniche (tabella 3). In questo studio l’acido ibandronico è stato valutato a dosi orali di 2,5 mg al giorno e 20 mg ad intermittenza con regime esplorativo. L’acido ibandronico veniva assunto 60 minuti prima del primo pasto o bevanda della giornata (periodo di digiuno post-dose). Lo studio ha arruolato donne da 55 a 80 anni di età, che erano in post-menopausa da almeno 5 anni, con DMO della colonna lombare da -2 a -5 SD al di sotto della media pre- menopausa (T-score) in almeno una vertebra [L1-L4] e che avevano da 1 a 4 fratture vertebrali prevalenti.

Tutte le pazienti venivano trattate con 500 mg di calcio e 400 IU di vitamina D al giorno. L’efficacia è stata valutata in 2928 pazienti. L’acido ibandronico 2,5 mg somministrato giornalmente ha mostrato una riduzione statisticamente significativa e rilevante dal punto di vista medico nell’incidenza di nuove fratture vertebrali. Questo regime ha ridotto l’insorgenza di nuove fratture vertebrali radiografiche del 62% (p=0,0001) nel corso dei tre anni della durata dello studio. Una riduzione del rischio relativo del 61% è stata osservata dopo 2 anni (p=0,0006). Non è stata ottenuta nessuna differenza statisticamente significativa dopo 1 anno di trattamento (p=0,056). L’effetto anti-frattura è stato costante nel corso della durata dello studio. Non ci sono indicazioni di un declino dell’effetto nel tempo.

L’incidenza delle fratture cliniche vertebrali è stata inoltre ridotta in maniera significativa del 49% dopo 3 anni (p=0,011). La riduzione staticamente significativa della perdita di peso rispetto al placebo (p<0,0001) riflette il forte effetto sulle fratture vertebrali.

Tabella 3: Risultati dello studio MF 4411 sulle fratture della durata di 3 anni (%, 95 % IC)

Placebo (N=974) Acido ibandronico 2,5 mg
al giorno (N=977)
Riduzione del rischio relativo Nuove fratture vertebrali
morfometriche
62% (40,9, 75,1)
Incidenza di nuove fratture
vertebrali morfometriche
9,56% (7,5, 11,7) 4,68% (3,2, 6,2)
Riduzione del rischio relativo
di fratture vertebrali cliniche
49% (14,03, 69,49)
Incidenza di fratture vertebrali
cliniche
5,33% (3,73, 6,92) 2,75% (1,61, 3,89)
DMO – cambiamento relativo
medio al basale nella colonna lombare a 3 anni
1,26% (0,8, 1,7) 6,54% (6,1, 7,0)
DMO – cambiamento relativo medio al basale nell’anca totale
a 3 anni
-0,69%
(-1,0, -0,4)
3,36%
(3,0, 3,7)

L’effetto del trattamento con acido ibandronico è stato ulteriormente valutato in un’analisi della sottopopolazione di pazienti che, al basale, aveva T-score della DMO della colonna lombare inferiore a -2,5 (tabella 4). La riduzione del rischio di frattura vertebrale è stata coerente con quella osservata nella popolazione generale.

Tabella 4: Risultati dello studio MF 4411% sulle fratture della durata di 3 anni (%, 95 % IC) per i pazienti con T-score della DMO della colonna lombare inferiore a -2,5 al basale

Placebo (N=587) acido ibandronico 2,5
mg al giorno (N=575)
Riduzione del rischio relativo Nuove fratture vertebrali
morfometriche
59% (34,5, 74,3)
Incidenza di nuove fratture
vertebrali morfometriche
12,54% (9,53, 15,55) 5,36% (3,31, 7,41)
Riduzione del rischio relativo di
fratture vertebrali cliniche
50% (9,49, 71,91)
Incidenza di fratture vertebrali
cliniche
6,97% (4,67, 9,27) 3,57% (1,89, 5,24)
DMO – cambiamento relativo
medio al basale nella colonna vertebrale a 3 anni
1,13% (0,6, 1,7) 7,01% (6,5, 7,6)
DMO – cambiamento relativo medio al basale nell’anca totale a

3 anni

-0,70% (-1,1, -0,2) 3,59% (3,1, 4,1)

Nella popolazione generale dei pazienti dello studio MF4411, non è stata osservata alcuna riduzione per le fratture non vertebrali, tuttavia l’ibandronato giornaliero è sembrato efficace in una sottopopolazione a rischio elevato (T-score della DMO del collo del femore <-3,0), laddove è stata osservata una riduzione del rischio di frattura non vertebrale del 69%.

Il trattamento giornaliero orale con acido ibandronico 2,5 mg compresse ha dato luogo ad aumenti progressivi nella DMO di siti vertebrali e non vertebrali dello scheletro.

L’aumento della DMO della colonna lombare a 3 anni rispetto al placebo è stato di 5,3% e 6,5% rispetto al basale. Aumenti all’anca rispetto al basale sono stati di 2,8% al collo del femore, 3,4% all’anca totale e 5,5% al trocantere.

I marcatori biochimici del turnover osseo (come il CTX urinario e l’osteocalcina sierica) hanno mostrato i modelli di soppressione previsti ai livelli pre-menopausa e hanno raggiunto una soppressione massima entro un periodo di 3-6 mesi di uso di acido ibandronico 2,5 al giorno.

Una riduzione clinicamente significativa del 50% nei marcatori biochimici di riassorbimento osseo è stata osservata già dopo un mese dall’inizio del trattamento con acido ibandronico 2,5 mg.

Popolazione pediatrica (vedere paragrafi 4.2 e 5.2)

L’acido ibandronico non è stato studiato nella popolazione pediatrica, pertanto non sono disponibili dati di sicurezza ed efficacia per questa popolazione di pazienti.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Gli effetti farmacologici primari dell’acido ibandronico sull’osso non sono direttamente correlati alle concentrazioni plasmatiche effettive, come dimostrato da vari studi su animali e nell’uomo.

Le concentrazioni plasmatiche dell’acido ibandronico aumentano in maniera proporzionale alla dose dopo somministrazione endovenosa di 0,5-6 mg.

Assorbimento

Non pertinente

Distribuzione

Dopo l’esposizione sistemica iniziale, l’acido ibandronico si lega rapidamente all’osso o viene escreto nelle urine. Nell’uomo, il volume apparente terminale di distribuzione è di almeno 90 l e la percentuale della dose che raggiunge l’osso è stimata essere il 40-50% della dose circolante. Il legame alle proteine plasmatiche nell’uomo è approssimativamente dell’85 % – 87% (determinato in vitro alle concentrazioni terapeutiche dell’acido ibandronico) e perciò sono improbabili le interazioni con altri medicinali dovute a fenomeni di spiazzamento.

Biotrasformazione

Non vi sono evidenze che l’acido ibandronico venga metabolizzato, sia negli animali che nell’uomo.

Eliminazione

L’acido ibandronico viene rimosso dalla circolazione tramite assorbimento osseo (stimato intorno al 40-50% nelle donne in post- menopausa) e il resto viene eliminato in forma immodificata per via renale.

L’intervallo nelle emivite apparenti osservate è ampio, il valore dell’emivita terminale apparente è generalmente nell’intervallo compreso tra 10-72 ore. Poiché i valori calcolati sono in gran parte una funzione della durata dello studio, la dose utilizzata e la sensibilità del saggio, è probabile che la reale emivita terminale sia sostanzialmente più lunga, in comune con altri bifosfonati. I livelli plasmatici iniziali scendono rapidamente, raggiungendo il 10% del valore al picco entro 3 e 8 ore dalla somministrazione endovenosa o orale, rispettivamente.

La clearance totale dell’acido ibandronico è bassa con valori medi compresi tra 84-160 ml/min. La clearance renale (circa 60 ml/min in donne sane in postmenopausa) rappresenta il 50-60% della clearance totale ed è correlata alla clearance della creatinina. La differenza tra la clearance totale apparente e quella renale si pensa rifletta la captazione da parte dell’osso.

La via secretoria non sembra comprendere sistemi di trasporto noti di tipo acido o basico coinvolti nell’escrezione di altre sostanze attive (vedere paragrafo 4.5). Inoltre, l’acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi P450 epatici umani e non induce il sistema del citocromo P450 epatico nel ratto.

Farmacocinetica in particolari situazioni cliniche

Sesso

La farmacocinetica dell’acido ibandronico è simile in uomini e donne.

Razza

Non vi sono evidenze di differenze interetniche clinicamente rilevanti tra asiatici e caucasici nella disponibilità di acido ibandronico. Vi sono pochi dati disponibili su pazienti di origine africana.

Pazienti con compromissione renale

La clearance renale dell’acido ibandronico in pazienti affette da compromissione renale di vari gradi presenta una relazione lineare con la clearance della creatinina (CLcr)

Non è necessario alcun aggiustamento della dose per le pazienti con compromissione renale lieve o moderata (CLcr pari o superiore a 30 ml/min).

I soggetti con compromissione renale grave (CLcr inferiore a 30 ml/min), trattati con somministrazione orale giornaliera di 10 mg di acido ibandronico per 21 giorni, hanno presentato concentrazioni plasmatiche 2-3 volte più elevate rispetto ai soggetti con funzione renale normale e la clearance totale dell’acido ibandronico era di 44 ml/min. Dopo somministrazione endovenosa di 0,5 mg di acido ibandronico le clearance totale, renale e non renale si sono ridotte rispettivamente del 67%, 77% e 50% nei soggetti con insufficienza renale grave, ma non c’è stata riduzione nella tollerabilità associata all’aumento nell’esposizione. A causa della limitata esperienza clinica, l’acido ibandronico non è raccomandato nei pazienti con compromissione renale grave (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 4.4). La farmacocinetica dell’acido ibandronico in pazienti con malattia renale in fase terminale sono stati valutati solo in un piccolo numero di pazienti gestiti tramite emodialisi, pertanto la farmacocinetica di acido ibandronico in pazienti non sottoposti a emodialisi non è noto. A causa di dati limitati disponibili, l’acido ibandronico non deve essere utilizzato in tutti i pazienti con malattia renale in fase terminale.

Pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2)

Non vi sono dati di farmacocinetica per l’acido ibandronico in pazienti affetti da compromissione epatica. Il fegato non ha un ruolo rilevante nella clearance dell’acido ibandronico, dato che questo non è metabolizzato ma eliminato tramite escrezione renale e con la captazione da parte dell’osso. Non sono perciò necessari aggiustamenti di dose nei pazienti con compromissione epatica.

Anziani (vedere paragrafo 4.2)

Mediante un’analisi multivariata, l’età non si è dimostrata un fattore indipendente per alcuno dei parametri farmacocinetici valutati. Dato che la funzione renale diminuisce con l’età, questo è l’unico fattore che deve essere considerato (vedere sezione sulla compromissione renale).

Popolazione pediatrica (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 5.1)

Non vi sono dati sull’utilizzo dell’acido ibandronico in questi gruppi di età.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Nei cani sono stati osservati effetti tossici, come ad esempio segni di danno renale, solo ad esposizioni considerate sufficientemente in eccesso rispetto all’esposizione massima nell’uomo, indicando una scarsa rilevanza per la pratica clinica.

Mutagenicità/Cancerogenicità

Non è stata osservata alcuna indicazione di potenziale cancerogeno. I test di genotossicità non hanno evidenziato attività genetica per l’acido ibandronico.

Tossicità riproduttiva

Non sono stati eseguiti studi specifici per il regime di dose a 3 mesi. In studi con regimi di dose giornalieri per via endovenosa non sono state riscontrate evidenze di tossicità fetale diretta o effetti teratogeni per l’acido ibandronico in ratti e conigli. L’aumento di peso si è ridotto nella prole F1 dei ratti. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione orale, gli effetti sulla fertilità consistevano in una aumentata perdita di preimpianto alla dose di 1 mg/kg/die o superiore. Negli studi di riproduzione

condotti nei ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha diminuito la conta degli spermatozoi alle dosi di 0,3 e 1 mg/kg/die e ha ridotto la fertilità nei maschi alla dose di 1 mg/kg/die e nelle femmine alla dose di 1,2 mg/kg/die. Le altre reazioni avverse dell’acido ibandronico negli studi di tossicità riproduttiva condotti sul ratto sono stati quelli osservati per la classe dei bifosfonati. Essi comprendono un ridotto numero di siti d’impianto, interferenza con il parto naturale (distocia) e un aumento delle modificazioni viscerali (sindrome nefro-pelvico-ureterale).

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Sodio cloruro

Acido acetico, glaciale Sodio acetato triidrato

Acqua per preparazioni iniettabili Sodio idrossido (per aggiustare il pH) Acido cloridrico (per aggiustare il pH)

06.2 Incompatibilità

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Kalosso soluzione iniettabile non deve essere miscelato con soluzioni contenenti calcio o altre specialità medicinali somministrate per via endovenosa.

06.3 Periodo di validità

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anni

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare nella confezione originale per proteggere dalla luce. Questo medicinale non richiede alcuna temperatura particolare di conservazione.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Siringhe pre-riempite (5 ml) in vetro trasparente di Tipo I con un cappuccio sulla punta, un tappo a stantuffo in gomma grigia rivestito in teflon (con silicone, elastomero di bromobutile) e asta dello stantuffo in polistirene, contenente 3 ml di soluzione iniettabile.

Confezioni da 1 siringa pre-riempita e 1 ago per iniezione o 4 siringhe pre-rimepite e 4 aghi per iniezione. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Quando il prodotto viene somministrato in una linea di infusione endovenosa esistente, l’infuso deve essere limitato a una soluzione isotonica salina o una soluzione di glucosio 50 mg/ml (5%). Ciò si applica anche alle soluzioni utilizzate per irrorare valvole a farfalla e altri dispositivi.

La soluzione iniettabile non utilizzata, la siringa e l’ago per iniezione devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Gedeon Richter Plc. Gyömrői út 19-21

1103 Budapest Ungheria

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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AIC n. 040640056

AIC n. 040640068

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Novembre 2012

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: ———-