Lamivudina Mylan 100 mg: Scheda Tecnica del Farmaco

Lamivudina Mylan 100 mg

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Lamivudina Mylan 100 mg: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Lamivudina Mylan Pharma 100 mg compresse rivestite con film

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni compressa rivestita con film contiene 100 mg di lamivudina Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film

Color pesca, rivestita con film, a forma di capsula, biconvessa, dai bordi smussati e con impresso “LN1” su un lato e “M” sull’altro.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Lamivudina è indicata per il trattamento dell’epatite B cronica nei pazienti adulti con:

malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di alanina aminotransferasi (ALT) persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi. L’inizio del trattamento con lamivudina deve essere considerato solo quando non sia disponibile o appropriato l’impiego di un agente antivirale alternativo con una barriera genetica più elevata (vedere paragrafo 5.1).

malattia epatica scompensata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata alla

lamivudina (vedere paragrafo 4.2).

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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La terapia con lamivudina deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’epatite B cronica.

Posologia

Adulti

La dose raccomandata di lamivudina è di 100 mg una volta al giorno.

Nei pazienti con malattia epatica scompensata, lamivudina deve essere sempre usata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata verso lamivudina, al fine di ridurre il rischio di resistenza ed ottenere una rapida soppressione virale.

Durata del trattamento

La durata ottimale del trattamento non è nota.

nei pazienti con epatite B cronica (CHB) HBeAg positiva senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo che la sieroconversione HBeAg (scomparsa di HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) è stata confermata, per limitare il rischio di recidiva virologica o fino alla sieroconversione HBsAg o se si verifica perdita di efficacia (vedere paragrafo 4.4). I livelli sierici di ALT e HBV DNA devono essere monitorati regolarmente dopo la sospensione del trattamento per rilevare ogni recidiva virologica tardiva.

nei pazienti con CHB HBeAg negativa (mutanti pre-core) senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione HBs o se vi è evidenza di perdita di

efficacia. Con il trattamento prolungato deve essere effettuata una regolare valutazione al fine di confermare che la continuazione della terapia scelta rimanga appropriata per il paziente.

nei pazienti con malattia epatica scompensata o cirrosi, e in quelli sottoposti a trapianto di fegato, deve essere evitata la cessazione del trattamento (vedere paragrafo 5.1).

In caso di interruzione di lamivudina, i pazienti devono essere periodicamente controllati allo scopo di evidenziare una epatite recidivante (vedere paragrafo 4.4).

Resistenza clinica

Nei pazienti con CHB, sia HBeAg positiva che HBeAg negativa, lo sviluppo del mutante YMDD (tirosina-metionina-aspartato-aspartato) dell’HBV, può portare ad una diminuita risposta terapeutica alla lamivudina, evidenziata da un aumento di HBV DNA e di ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento. Per ridurre il rischio di resistenza nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia, un passaggio a/o l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata a lamivudina, sulla base delle linee guida terapeutiche, devono essere presi in considerazione qualora i livelli sierici di HBV DNA rimangano rilevabili dopo 24 settimane e oltre di trattamento (vedere paragrafo 5.1).

Nei pazienti con infezione concomitante da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere, il trattamento con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali).

Popolazioni speciali

Danno renale

Nei pazienti con danno renale da moderato a grave, le concentrazioni di lamivudina nel siero (AUC) risultano aumentate a causa della ridotta clearance renale. Il dosaggio deve pertanto essere ridotto nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/minuto. Se sono richieste dosi inferiori a

Clearance della creatinina Dose iniziale di lamivudina soluzione Dose di mantenimento una volta al giorno
da 30 a < 50 20 ml (100 mg) 10 ml (50 mg)
da 15 a < 30 20 ml (100 mg) 5 ml (25 mg)
da 5 a
< 15
7 ml (35 mg) 3 ml (15 mg)
< 7 ml (35 mg) 2 ml (10 mg)

100 mg, si deve impiegare la soluzione orale di lamivudina (vedere Tabella 1 seguente). Tabella 1: Dosaggio di lamivudina nei pazienti con clearance renale ridotta.

*Lamivudina soluzione orale contenente 5 mg/ml di lamivudina.

I dati disponibili in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente (per una durata inferiore o uguale a

4 ore di dialisi 2-3 volte a settimana), indicano che dopo la riduzione della dose iniziale di lamivudina per compensare la clearance della creatinina del paziente, durante la dialisi non è necessario nessun altro adattamento del dosaggio.

Compromissione epatica

I dati ottenuti nei pazienti con compromissione epatica, compresi quelli con malattia epatica allo stadio terminale e in attesa di trapianto, mostrano che la farmacocinetica di lamivudina non è significativamente influenzata dalla disfunzione epatica. Sulla base di questi dati, non

è necessario un adattamento della posologia nei pazienti con compromissione epatica a meno che questa non sia accompagnata dal danno renale.

Pazienti anziani

Nei pazienti anziani, il normale invecchiamento accompagnato da riduzione della funzionalità renale non ha effetti clinicamente significativi sull’esposizione a lamivudina, tranne che nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di lamivudina negli infanti, nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono descritti nei paragrafi 4.4 e 5.1 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione circa la posologia.

Modo di somministrazione Per uso orale

Lamivudina Mylan Pharma può essere assunto con o senza cibo.

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Riacutizzazione dell’epatite

Riacutizzazione durante il trattamento

Le riacutizzazioni spontanee dell’epatite cronica B sono relativamente comuni e sono caratterizzate da aumenti transitori dell’ALT nel siero. Dopo l’inizio

della terapia antivirale, l’ALT del siero può aumentare in alcuni pazienti mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono. Nei pazienti con malattia epatica compensata, tali aumenti di ALT del siero

in generale non sono stati accompagnati da un aumento delle concentrazioni della bilirubina sierica o da segni di scompenso epatico.

Con una terapia prolungata sono state identificate sub-popolazioni virali HBV con ridotta suscettibilità alla lamivudina (mutante YMDD dell’HBV). In alcuni pazienti lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV può portare ad una riacutizzazione dell’epatite, evidenziata soprattutto dall’innalzamento dei valori sierici delle ALT e dalla ricomparsa di HBV DNA (vedere paragrafo 4.2). Nei pazienti con presenza del mutante YMDD dell’HBV, si deve considerare un passaggio a/o l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata alla lamivudina sulla base delle linee guida terapeutiche (vedere paragrafo 5.1).

Riacutizzazione dopo sospensione del trattamento

Riacutizzazione acuta dell’epatite è stata osservata nei pazienti che avevano sospeso la terapia per l’epatite B ed era in generale caratterizzata dall’aumento delle ALT sieriche e dalla ricomparsa dell’HBV-DNA. Negli studi controllati di fase III senza alcun trattamento attivo di follow-up, l’incidenza di aumento delle ALT dopo il trattamento (più di tre volte rispetto ai valori basali) era più alto nei pazienti trattati con lamivudina (21%) rispetto a quelli che ricevevano placebo (8%). Comunque, la percentuale di pazienti che avevano avuto aumenti dopo il trattamento, associati con incrementi della bilirubina, era bassa e simile in entrambi i bracci in trattamento (vedere la Tabella 3 nel paragrafo 5.1). Per i pazienti trattati con lamivudina, la maggior parte degli aumenti delle ALT dopo trattamento, si è registrata tra le 8 e le 12 settimane dopo il trattamento. La maggior parte degli eventi è risultata essere autolimitante, tuttavia si sono osservati alcuni decessi. Se la lamivudina viene sospesa i pazienti devono essere periodicamente monitorati sia a livello clinico che attraverso la valutazione di test sierici di funzionalità epatica (livelli di ALT e di bilirubina) per almeno quattro mesi, e in seguito come previsto dalla pratica clinica.

Riacutizzazione nei pazienti con cirrosi scompensata

Coloro che subiscono il trapianto e i pazienti con cirrosi scompensata corrono maggior rischio di replicazione virale attiva. In tali pazienti, a causa di una ridotta funzionalità epatica, la riattivazione dell’epatite dovuta alla sospensione della lamivudina o alla perdita di efficacia durante il trattamento, può provocare scompenso grave, anche fatale. Questi pazienti devono essere controllati per i parametri clinici, virologici e sierologici associati all’epatite B, per la funzione renale ed epatica e per la risposta antivirale durante il trattamento (almeno ogni mese), e, se il trattamento viene sospeso per qualsiasi ragione, per almeno 6 mesi dopo il trattamento. I parametri di laboratorio da controllare devono includere (come minimo) ALT sierica, bilirubina, albumina, ureico ematico, creatinina e stato virologico: antigeni/anticorpi HBV, e dove possibile, le concentrazioni sieriche di DNA dell’HBV. I pazienti che manifestano segni di insufficienza epatica durante o dopo il trattamento devono essere controllati più frequentemente come ritenuto appropriato.

Per i pazienti che manifestano evidenza di epatite ricorrente dopo il trattamento, non esistono dati sufficienti relativi al beneficio di una ripresa del trattamento con lamivudina.

Disfunzione mitocondriale dopo esposizione in utero

Gli analoghi nucleosidici e nucleotidici, possono influire sulla funzione mitocondriale a livelli variabili, più pronunciati con stavudina, didanosina e zidovudina. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita: questi riguardavano prevalentemente regimi terapeutici contenenti zidovudina. Le principali reazioni avverse osservate riguardano patologie ematologiche (anemia, neutropenia) e disturbi metabolici (iperlipasemia). Questi eventi

sono stati spesso transitori. Raramente sono state osservate patologie neurologiche a insorgenza ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). Al momento non è noto se tali patologie neurologiche siano transitorie o permanenti. Questi risultati devono essere tenuti in considerazione per qualsiasi bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, che presenta manifestazioni cliniche severe di eziologia non nota, soprattutto manifestazioni neurologiche. Questi risultati non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV.

Pazienti pediatrici

La lamivudina è stata somministrata ai bambini (dai due anni in poi) e agli adolescenti con epatite B cronica compensata. Tuttavia a causa della limitazione dei dati, la somministrazione di lamivudina in questa popolazione di pazienti non è attualmente raccomandata (vedere paragrafo 5.1).

Epatite Delta o epatite C

L’efficacia di lamivudina in pazienti con concomitante infezione da epatite Delta o epatite C non è stata stabilita e si raccomanda cautela.

Trattamenti immunosoppressivi

Esistono dati limitati sull’uso di lamivudina nei pazienti HBeAg negativi (mutanti pre-core) e in quelli sottoposti a concomitanti regimi immunosoppressivi, compresa la chemioterapia antitumorale. La lamivudina deve essere usata con cautela in tali pazienti.

Controlli

Durante la terapia con lamivudina i pazienti devono essere controllati regolarmente. I livelli sierici di ALT e di HBV DNA devono essere controllati ad intervalli di 3 mesi e nei pazienti HBeAg positivi, l’HBeAg deve essere valutato ogni 6 mesi.

Concomitante infezione da HIV

Nei pazienti con infezione concomitante da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere, la terapia con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali). Nei pazienti con infezione concomitante da HIV che non richiedono terapia antiretrovirale, esiste il rischio di mutazione del virus HIV quando la lamivudina viene usata da sola per il trattamento dell’epatite B cronica.

Trasmissione dell’epatite B

Non ci sono informazioni relative alla trasmissione materno-fetale del virus dell’epatite B, nelle donne gestanti trattate con lamivudina. Devono essere seguite le normali procedure raccomandate per l’immunizzazione contro il virus dell’epatite B nei bambini.

I pazienti devono essere informati che la terapia con lamivudina non ha mostrato essere in grado di ridurre il rischio di trasmissione del virus dell’epatite B ad altri, pertanto devono continuare ad essere adottate adeguate precauzioni.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Lamivudina Mylan Pharma non deve essere presa con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o medicinali contenenti emtricitabina (vedere paragrafo 4.5).

La combinazione di lamivudina con cladribina deve essere evitata (vedere paragrafo 4.5). Lamivudina Mylan Pharma contiene sodio

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per compressa, cioè

essenzialmente “senza sodio”.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.

La probabilità di interazioni metaboliche è bassa a causa del limitato metabolismo, del basso legame con le proteine plasmatiche e della eliminazione renale pressoché completa della sostanza nella sua forma immodificata.

Lamivudina è prevalentemente eliminata per secrezione cationica organica attiva. Deve esser tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente se la loro principale via di eliminazione è la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come per esempio trimetoprim. Altri medicinali (per esempio ranitidina, cimetidina) vengono eliminati solo in parte tramite questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con lamivudina.

Le sostanze prevalentemente escrete attraverso il sistema attivo degli anioni organici, oppure tramite filtrazione glomerulare, difficilmente danno luogo ad interazioni clinicamente significative con lamivudina.

La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento dell’esposizione a lamivudina di circa il 40 %. Lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica di trimetoprim o di sulfametossazolo. Tuttavia, non è necessaria alcuna

modifica posologica di lamivudina, a meno che il paziente non abbia danno renale.

È stato osservato un lieve aumento del parametro Cmax (28 %) di zidovudina, quando somministrata in associazione con lamivudina; tuttavia l’esposizione complessiva (AUC)

non risulta alterata in modo significativo. Zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica di lamivudina (vedere paragrafo 5.2).

Lamivudina non presenta interazione farmacocinetica con l’alfa-interferone, quando i due medicinali sono somministrati insieme. Nei pazienti che ricevevano lamivudina in concomitanza con comuni medicinali immunosoppressori (per es. ciclosporina A), non è stata osservata alcuna interazione sfavorevole clinicamente rilevante. Tuttavia, non sono stati realizzati formali studi di interazione.

Emtricitabina

A causa di analogie, lamivudina non deve essere somministrata in concomitanza con altri analoghi della citidina, come emtricitabina. Inoltre, lamivudina non deve essere assunta con altri medicinali contenenti lamivudina (vedere paragrafo 4.4).

Cladribina

In vitro lamivudina inibisce la fosforilazione intracellulare di cladribina portando ad un potenziale rischio di perdita di efficacia di cladribina, in caso di associazione in ambito clinico.

Alcune evidenze cliniche supportano anche una

possibile interazione tra lamivudina e cladribina. Pertanto, la somministrazione concomitante di lamivudina con cladribina deve essere evitata (vedere paragrafo 4.4).

Sorbitolo

La somministrazione concomitante di sorbitolo soluzione (3,2 g, 10,2 g, 13,4 g) con una singola dose di 300 mg (dose giornaliera adulto per l’HIV) di lamivudina soluzione orale ha determinato diminuzioni dose-dipendenti del 14%, 32%, e 36% nell’esposizione a lamivudina (AUC∞) e 28%, 52%, e 55% nella Cmax di lamivudina negli adulti. Quando possibile, evitare la co- somministrazione cronica di lamivudina con medicinali contenenti sorbitolo o altri poli-alcoli ad azione osmotica o alcoli monosaccaridici (per esempio xilitolo, mannitolo, lactitolo, maltitolo). Qualora la co-somministrazione cronica non possa essere evitata, prendere in considerazione un monitoraggio più frequente della carica virale dell’HBV.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Gravidanza

Gli studi nell’animale con lamivudina hanno mostrato un aumento delle morti embrionali precoci nei conigli ma non nei ratti (vedere paragrafo 5.3). Nell’uomo è stato dimostrato il verificarsi del passaggio di lamivudina attraverso la placenta.

I dati disponibili nell’uomo dall’Antiretroviral Pregnancy Registry che riportano più di 1000 esiti dopo esposizione dal primo trimestre e più di 1000 esiti dal secondo e terzo trimestre nelle donne in gravidanza non indicano alcun effetto in termini di malformazione e a livello feto/neonatale. Meno dell’1% di queste donne erano state trattate per l’HBV, mentre la maggior parte erano state trattate per l’HIV a dosaggi più alti e con altri medicinali concomitanti. Lamivudina può essere usata in gravidanza se clinicamente necessario.

Per le pazienti che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano una gravidanza, si deve considerare la possibilità di una ricomparsa dell’epatite a seguito della sospensione della lamivudina.

Allattamento

Sulla base di più di 200 coppie madre/figlio in trattamento per HIV, le concentrazioni sieriche di lamivudina nei bambini allattati al seno da madri in trattamento per HIV sono molto basse (meno del 4% delle concentrazioni sieriche materne), e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i bambini allattati al seno raggiungono le 24 settimane di età. La quantità totale di

lamivudina ingerita da un bambino allattato al seno è molto bassa e pertanto è probabile che ciò porti ad esposizioni che forniscono un effetto antivirale sub-ottimale. L’epatite B materna non comporta una

controindicazione all’allattamento al seno se il neonato viene adeguatamente gestito per la prevenzione dell’epatite B alla nascita e non vi è evidenza che la bassa concentrazione di lamivudina nel latte materno comporti effetti indesiderati nei bambini allattati al seno.

Pertanto l’allattamento al seno può essere preso in considerazione nelle madri che allattano trattate con lamivudina per l’HBV, tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento al seno per il bambino e il beneficio della terapia per la madre. Qualora vi fosse trasmissione materna dell’HBV, nonostante l’adeguata profilassi, deve essere presa in considerazione l’interruzione dell’allattamento al seno per ridurre il rischio di insorgenza di mutanti resistenti alla lamivudina nel neonato.

Fertilità

Studi sulla riproduzione negli animali non hanno mostrato effetti sulla fertilità maschile o femminile (vedere paragrafo 5.3).

Disfunzione mitocondriale

È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici, sia in vivo che in vitro, causano danno mitocondriale di grado variabile. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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I pazienti devono essere informati che durante il trattamento con lamivudina sono stati osservati casi di malessere ed affaticamento. Lo stato clinico del paziente e il profilo delle reazioni avverse a lamivudina devono essere tenuti presenti quando si considera la capacità del paziente di guidare o usare macchinari.

04.8 Effetti indesiderati

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Sommario del profilo di sicurezza

L’incidenza di reazioni avverse e le anomalie di laboratorio (ad eccezione dell’innalzamento dei livelli di ALT e CPK, vedere di seguito) sono risultate simili tra i pazienti trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina. Le reazioni avverse più comunemente osservate erano malessere ed affaticamento, infezioni del tratto respiratorio, mal di gola e disturbi tonsillari, cefalea, dolore o crampi addominali, nausea, vomito e diarrea.

Riassunto tabellare delle reazioni avverse

Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla classificazione per sistemi e organi e alla frequenza. Le categorie di frequenza sono assegnate solo a quelle reazioni avverse considerate possibilmente correlate, almeno causalmente, alla lamivudina. Le frequenze sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100 a < 1/10), non comune (≥ 1/1000 a < 1/100), raro (≥ 1/10.000 a < 1/1000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Le categorie di frequenza assegnate alle reazioni avverse sono principalmente basate sull’esperienza proveniente dagli studi clinici comprendenti un totale di 1171 pazienti con epatite B cronica, trattati con lamivudina 100 mg.

Patologie del sistema emolinfopoietico
Non nota Trombocitopenia
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Molto raro Acidosi lattica
Disturbi del sistema immunitario
Raro Angioedema
Patologie epatobiliari
Molto comune Aumento dei livelli di ALT (vedere paragrafo 4.4 )
Le riacutizzazioni dell’epatite rilevate essenzialmente dagli incrementi delle ALT sieriche sono state riportate durante il trattamento e dopo la sospensione di lamivudina.
La maggior parte degli eventi è stata di natura autolimitante, tuttavia molto raramente sono stati osservati casi fatali (vedere
paragrafo 4.4).
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune Eruzione cutanea, prurito
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune Aumento dei livelli di CPK
Comune Disturbi muscolari, comprendenti mialgia e crampi*
Non nota Rabdomiolisi

*La frequenza osservata negli studi clinici di fase III nel gruppo in trattamento con lamivudina non è stata maggiore di quella osservata nel gruppo trattato con placebo.

Popolazione pediatrica

Sulla base dei dati limitati nei bambini da 2 a 17 anni di età, non è stato identificato alcun nuovo problema di sicurezza rispetto agli adulti.

Altre popolazioni speciali

In pazienti con infezione da HIV, sono stati osservati casi di pancreatite e neuropatia periferica (o parestesia). In pazienti con epatite B cronica non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza di questi eventi fra pazienti trattati con lamivudina e con placebo.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

04.9 Sovradosaggio

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Negli studi di tossicità acuta nell’animale, la somministrazione di lamivudina a dosaggi particolarmente elevati non ha dato origine ad alcuna tossicità d’organo. I dati disponibili sulle conseguenze del sovradosaggio acuto per via orale nell’uomo, sono limitati. Non vi sono stati decessi e i pazienti si sono ristabiliti. Non sono stati identificati segni o sintomi specifici a seguito di sovradosaggio.

In caso di sovradosaggio il paziente deve essere monitorato e sottoposto ad adeguato trattamento standard di supporto. Lamivudina è dializzabile, quindi l’emodialisi continua, sebbene non sia stata studiata, potrebbe essere usata nel trattamento del sovradosaggio.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: Antivirali per uso sistemico, nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF05.

La lamivudina è un agente antivirale attivo contro il virus dell’epatite B in tutte le linee cellulari testate e negli animali infettati sperimentalmente.

Sia nelle cellule sane che in quelle infettate, lamivudina è metabolizzata nel suo derivato trifosfato (TP), che rappresenta la forma attiva del prodotto originario. Negli epatociti,

l’emivita intracellulare del trifosfato è 17-19 ore, in vitro. Lamivudina-TP funge da substrato della polimerasi virale dell’HBV.

La formazione di ulteriore DNA virale è bloccata per incorporazione di lamivudina-TP nella catena e successivo termine della catena.

Lamivudina-TP non interferisce con il normale metabolismo cellulare dei deossinucleotidi. Inoltre, è solo un debole inibitore della alfa e beta DNA-polimerasi dei mammiferi. Inoltre, lamivudina-TP ha scarso effetto sul contenuto in DNA delle cellule dei mammiferi.

In saggi sui potenziali effetti delle sostanze sulla struttura mitocondriale e sul contenuto e funzione del DNA, la lamivudina è risultata priva di effetti tossici apprezzabili. Ha un bassissimo potenziale nel diminuire il contenuto di DNA mitocondriale, non viene incorporata, in maniera permanente, all’interno del DNA mitocondriale e non funge da inibitore della DNA polimerasi gamma mitocondriale.

Esperienza clinica

Esperienza in pazienti con CHB HBeAg positiva e con malattia epatica compensata

In studi controllati, un anno di terapia con lamivudina ha soppresso significativamente la replicazione dell’HBV DNA [il 34-57 % dei pazienti è risultato al di sotto dei limiti di rilevazione del test (test di ibridizzazione in soluzione, Abbott Genostics, LLOD < 1,6 pg/ml)], ha normalizzato i livelli di ALT (nel 40-72 % dei pazienti), ha indotto sieroconversione HBeAg (perdita dell’HBeAg e rilevazione dell’HBeAb con perdita dell’HBV DNA [mediante test convenzionali], nel 16-18 % dei pazienti), ha migliorato il quadro istologico (il 38-52 % dei pazienti ha avuto una diminuzione > di 2 punti secondo l’Indice di Attività Istologica di Knodell [HAI]) e ha ridotto la progressione a fibrosi (nel 3-17

% dei pazienti) e la progressione a cirrosi.

Nei pazienti che non erano stati in grado di raggiungere la sieroconversione HBeAg negli studi iniziali controllati di 1 anno, il trattamento protratto con lamivudina per ulteriori due anni, ha evidenziato un ulteriore miglioramento nella fibrosi “a ponte”. Nei pazienti con mutante YMDD dell’HBV, il 50% dei pazienti (41/82) ha avuto un miglioramento dei parametri di infiammazione epatica, il 71 % (40/56) dei pazienti senza mutante YMDD dell’HBV, ha avuto un miglioramento. Il miglioramento nella fibrosi “a ponte” si è verificato nel 63% (19/30) dei pazienti senza mutante YMDD e nel 50% (22/44) dei pazienti con il mutante. Il cinque percento (3/56) dei pazienti senza mutante YMDD e il 13 % (11/82) dei pazienti con mutante YMDD, ha mostrato un peggioramento nei parametri di infiammazione epatica rispetto alla situazione pre-trattamento. La progressione a cirrosi si è verificata nel 6% (4/68) dei pazienti con mutante YMDD, mentre nessun paziente senza mutante ha avuto una progressione a cirrosi.

In uno studio relativo ad un trattamento prolungato effettuato su pazienti asiatici (NUCB3018), il tasso di sieroconversione HBeAg e quello di normalizzazione delle ALT alla fine del periodo di trattamento di 5 anni, è stato rispettivamente del 48 % (28/58) e del 47 % (15/32). La sieroconversione HBeAg è risultata aumentata nei pazienti con livelli elevati di ALT; il 77 % (20/26) dei pazienti con valori di ALT > di 2 ULN prima del trattamento, avevano avuto sieroconversione. Alla fine dei 5 anni tutti i pazienti hanno mostrato livelli di HBV DNA che risultavano non rilevabili o al di sotto dei livelli pre- trattamento.

Ulteriori risultati dallo studio distribuiti in base alla presenza del mutante YMDD sono sintetizzati in

Tabella 2.

Tabella 2: efficacia a 5 anni – risultati sulla base della presenza/assenza di mutante YMDD (Studio asiatico) NUCB3018

Soggetti, % (numero)
Mutante YMDD: parametri dell’HBV YMDD1 Non YMDD1
Sieroconversione HBeAg 38
9
60
5
8
92
0
28
73
46
21
32
(15/40) (1/11)

(9/15)

(2/40)

(2/25) (23/25)

(11/40) (29/40)

(13/28) (6/28)

(9/28)

72
33
100
6
0
100
0
33
67
50
0
50
(13/18) (2/6) (11/11)

(1/18)

(4/4)

(6/18) (12/18)

(2/4)

(2/4)

– tutti i pazienti
– valori basali di ALT ≤ di 1 ULN2
– valori basali di ALT > di 2 ULN
Valori di HBV DNA non rilevabili
– valore basale3
– settimana 2604
negativo
positivo < del valore basale
positivo > del valore basale
Normalizzazione delle ALT
– valore basale
normale
superiore al normale
– settimana 260
normale
superiore al normale < del valore
basale
superiore al normale > del valore
basale

1 i pazienti individuati come mutanti YMDD erano quelli con mutante YMDD dell’HBV ≥ 5% ad almeno un test annuale durante un periodo di 5 anni. I pazienti individuati come YMDD-non mutanti erano quelli con una percentuale di virus dell’HBV selvaggio > del 95 % in tutti i test

annuali durante il periodo di studio dei 5 anni.

2 limiti superiori alla norma

3 test di ibridizzazione in soluzione, Abbott Genostics (LLOD < 1,6 pg/ml)

4 Chiron Quantiplex test (LLOD 0,7 Meq/ml)

Dati di confronto in base alla presenza del mutante YMDD erano anche disponibili per un’analisi istologica ma solamente fino a tre anni. Nei pazienti con mutante YMDD dell’HBV, il 46% (18/39) ha avuto miglioramenti nell’attività necroinfiammatoria e il 23% (9/39) ha evidenziato un peggioramento. Nei pazienti senza il mutante, il 74% (20/27) ha avuto miglioramenti nell’attività necroinfiammatoria e il 7% (2/27) ha avuto un peggioramento.

A seguito della sieroconversione HBeAg, la risposta sierologia e la remissione clinica sono generalmente durature dopo l’interruzione della lamivudina. Tuttavia, si può verificare una ricaduta a seguito di sieroconversione. In uno studio di follow-up a lungo termine, in pazienti che avevano avuto una precedente sieroconversione e interruzione di lamivudina, il 39% dei soggetti ha subito una ricaduta virologica tardiva. Pertanto, dopo la sieroconversione HBeAg, i pazienti devono essere controllati periodicamente per valutare che siano mantenute le risposte sierologiche e cliniche. Nei pazienti in cui non è mantenuta una risposta sierologica prolungata, deve essere preso in considerazione il ritorno al trattamento con lamivudina o con un farmaco antivirale alternativo per ristabilire il controllo clinico dell’HBV.

In pazienti seguiti fino a 16 settimane dopo la sospensione del trattamento ad un anno, si sono osservati aumenti delle ALT post-trattamento più frequentemente in quelli trattati con lamivudina rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo. Un confronto post-trattamento degli aumenti delle ALT tra la 52a e la 68a settimana nei pazienti che avevano sospeso la

lamivudina alla 52a settimana e i pazienti che, negli stessi studi, avevano ricevuto placebo durante tutto il corso del trattamento è mostrato in Tabella 3. La proporzione dei pazienti che avevano avuto innalzamenti delle ALT post- trattamento, associati ad un incremento dei livelli di bilirubina è stata bassa e simile in pazienti esposti sia a lamivudina che a placebo.

Tabella 3: aumenti delle ALT dopo trattamento in 2 studi controllati con placebo negli adulti

Valori anomali Pazienti con aumenti delle ALT/ Pazienti sotto osservazione*
Lamivudina Placebo
ALT ≥ di 2 volte i valori basali 37/137 (27%) 22/116 (19%)
ALT ≥ di 3 volte i valori basali 5 29/137 (21%) 9/116 (8%)
ALT ≥ di 2 volte i valori basali e valori assoluti di 21/137 (15%) 8/116 (7%)
ALT ≥ 2 volte i valori basali; e bilirubina > di 2 volte ULN e ≥ di 2 volte i valori basali 1/137 (0,7%) 9/116 (0,9%)

*Ciascun paziente può essere rappresentato in una o più categorie

†Paragonabile al Grado 3 di tossicità in accordo con i criteri modificati WHO ULN = upper limit of normal (limiti superiori della norma)

Esperienza in pazienti con HBeAg, CHB negativa

Dati preliminari indicano che l’efficacia di lamivudina nei pazienti con HBeAg, CHB negativa, è simile a quella nei pazienti con HBeAg, CHB positiva, con il 71 % dei pazienti che presentano soppressione del HBV DNA al di sotto del limite di rilevazione del test, il 67% di normalizzazione delle ALT e il 38 % con miglioramento nell’HAI dopo un anno di trattamento. Quando la lamivudina veniva interrotta, la maggior parte dei pazienti (70 %) mostrava una ripresa della replicazione virale. I dati derivano da uno studio relativo ad un trattamento prolungato (NUCAB3017), in pazienti HBeAg negativi trattati con lamivudina. In questo studio, dopo due anni di trattamento, la normalizzazione delle ALT e la non rilevabilità del HBV DNA si è verificata, rispettivamente, nel 43% (30/69) e nel 47% (32/68) dei pazienti, mentre un miglioramento nell’indice dello stato necroinfiammatorio, è stato evidenziato nel 37% (18/49) dei pazienti. Nei pazienti senza mutante YMDD dell’HBV, il 64% (14/22) dei pazienti ha mostrato miglioramento dell’indice necroinfiammatorio e il 5% (1/22) dei pazienti aveva avuto un peggioramento rispetto alla situazione pre-trattamento. Nei pazienti con mutante, 4/26 (15%) pazienti hanno mostrato miglioramento dell’indice necroinfiammatorio e 8/26 (31%) pazienti hanno avuto un peggioramento rispetto alla situazione pre-trattamento. Nessun paziente di entrambi i gruppi ha avuto una progressione a cirrosi.

Frequenza di emergenza del mutante YMDD dell’HBV e impatto sulla risposta al trattamento

La monoterapia con lamivudina porta, dopo un anno di terapia, ad una selezione del mutante YMDD dell’HBV in circa il 24% dei pazienti, che aumentano a 69% dopo 5 anni di terapia. Lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV è associato, in alcuni pazienti, ad una ridotta risposta al trattamento, come evidenziato dagli aumentati livelli di HBV DNA e dall’innalzamento delle ALT, rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento, dalla progressione dei segni e sintomi di epatite e /o dal peggioramento degli indici di necroinfiammazione epatica. Dato il rischio di presenza di mutanti YMDD dell’HBV, non è appropriato il mantenimento di lamivudina in monoterapia nei pazienti con HBV DNA sierico rilevabile a 24 settimane o oltre di trattamento (vedere paragrafo 4.4).

In uno studio in doppio cieco, in pazienti con CHB con mutante YMDD dell’HBV e malattia epatica compensata (NUC20904), con una ridotta risposta virologica e biochimica alla lamivudina (n=95), l’aggiunta di adefovir dipivoxil 10 mg una volta al giorno, al corrente regime di lamivudina 100 mg per

52 settimane, ha provocato una riduzione mediana dell’HBV DNA di 4,6 log10 copie/ml, rispetto all’incremento mediano di 0,3 log10 copie/ml, nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia. La normalizzazione dei livelli delle ALT si è verificata nel 31% (14/45) dei pazienti trattati con la terapia combinata, rispetto al 6 % (3/47) dei pazienti trattati con lamivudina da sola. La soppressione virale si è mantenuta (studio di follow-on NUC20917) con la terapia di combinazione durante il secondo anno di trattamento alla settimana 104 con i pazienti che avevano continuato a migliorare nella risposta virologica e biochimica.

In uno studio retrospettivo per determinare i fattori associati all’innalzamento dell’HBV DNA, 159 pazienti asiatici HBeAg positivi sono stati trattati con lamivudina e seguiti per un periodo medio di almeno 30 mesi. Quei pazienti con livelli di HBV DNA maggiori di 200 copie/ml a 6 mesi (24 settimane) di terapia con lamivudina avevano un 60% di possibilità di sviluppare il mutante YMDD se comparati con l’8% dei soggetti con livelli di HBV DNA inferiori a 200 copie/ml a 24 settimane di terapia con lamivudina. Il rischio di sviluppo del mutante YMDD è stato del 63% rispetto al 13% con un limite di 1000 copie/ml (NUCB3009 e NUCB3018).

Esperienza in pazienti con malattia epatica scompensata

In pazienti con malattia epatica scompensata non sono stati condotti studi controllati con placebo perché considerati inappropriati. In studi non controllati, nei quali lamivudina veniva somministrata prima e durante il trapianto, veniva dimostrata un’efficace soppressione dell’HBV DNA e la normalizzazione dell’ALT. Quando la terapia con lamivudina è proseguita dopo il trapianto, si sono verificati la riduzione del tasso di re-infezione da trapianto causato da HBV, un aumento della perdita dell’HBsAg e un tasso di sopravvivenza ad un anno dal trapianto del 76 – 100 %.

Come previsto, a causa della concomitante immunosoppressione, dopo 52 settimane di trattamento il tasso di insorgenza di mutanti YMDD dell’HBV è stato più alto (36 % – 64

%) nella popolazione con trapianto del fegato rispetto ai pazienti immunocompetenti con CHB (14 % – 32 %).

Quaranta pazienti (HBeAg negativi o HBeAg positivi) con malattia epatica scompensata o con ricomparsa dell’HBV dopo trapianto del fegato e mutante YMDD, sono stati arruolati, in aperto, in un braccio dello studio NUC20904. L’aggiunta di 10 mg di adefovir dipivoxil una volta al giorno al corrente regime di 100 mg di lamivudina per 52 settimane, ha evidenziato una diminuzione mediana dell’HBV DNA pari a 4,6 log10 copie/ml. Inoltre, è stato riscontrato un miglioramento della funzionalità epatica dopo un anno di terapia. Questo livello di soppressione virale si è mantenuto (studio di follow-on NUC20917) con la terapia di combinazione durante il secondo anno di trattamento, alla settimana 104, e la

maggior parte dei pazienti ha avuto un miglioramento nei markers di funzionalità epatica e ha continuato a trame beneficio clinico.

Esperienza nei pazienti con CHB con fibrosi avanzata o cirrosi

In uno studio controllato con placebo condotto su 651 pazienti con epatite B cronica, clinicamente compensata, e con fibrosi o cirrosi confermate istologicamente, il trattamento con lamivudina (durata mediana 32 mesi) ha ridotto in maniera significativa il livello di progressione complessiva della malattia (7,8%, 34/436, per lamivudina, rispetto al 17,7%, 38/215, per il placebo, p = 0,001), evidenziato da una riduzione significativa della quota di pazienti che avevano valori di Child-Pugh aumentati (3,4%, 15/436, rispetto all’8,8%, 19/215, p = 0,023), o che sviluppavano carcinoma epatocellulare (3,9%, 17/436, rispetto al 7,4%, 16/215, p=0,047). Il tasso di progressione complessiva della malattia nel gruppo trattato con lamivudina è stato maggiore nei soggetti con presenza di mutante YMDD dell’HBV (11%, 23/209) in confronto a quelli senza presenza di mutante YMDD dell’HBV (5%, 11/221). Tuttavia la progressione della malattia nei soggetti con mutante YMDD nel gruppo trattato con lamivudina è stata più bassa rispetto alla progressione della malattia nel gruppo trattato con placebo (11%, 23/209, rispetto al 18%, 38/214, rispettivamente). La conferma della sieroconversione HBeAg si è verificata nel 47 % (118/252) dei soggetti trattati con lamivudina e il 93 % (320/345) dei soggetti che assumevano lamivudina diventava HBV DNA negativo (VERSANT [versione 1], test bDNA, LLOD < 0,7 Meq/ml) durante lo studio.

Esperienza nei bambini e negli adolescenti

La lamivudina è stata somministrata ai bambini e agli adolescenti con CHB compensata in uno studio controllato con placebo condotto su 286 pazienti di età compresa tra i 2 e i 17 anni. Questa popolazione era costituita soprattutto da bambini con epatite B minima. Un dosaggio di 3 mg/kg una volta al giorno (fino ad un massimo di 100 mg al giorno) è stato impiegato nei bambini di età compresa tra i 2 e gli 11 anni e un dosaggio di 100 mg una volta al giorno negli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni. Tale dosaggio necessita di essere ulteriormente confermato. La differenza negli indici di sieroconversione HBeAg (scomparsa dell’HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) tra i gruppi trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina non era, in questa popolazione, statisticamente significativa (gli indici dopo un anno erano 13% (12/95), per il gruppo trattato con placebo, rispetto al 22% (42/191),

per il gruppo trattato con lamivudina; p = 0.057). L’incidenza del mutante YMDD dell’HBV è

risultata simile a quella osservata negli adulti con un intervallo dal 19%, alla 52a settimana, fino a raggiungere il 45% nei pazienti trattati ininterrottamente per 24 mesi.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Assorbimento

La lamivudina è ben assorbita nel tratto gastrointestinale, e la biodisponibilità di lamivudina orale negli adulti è compresa normalmente tra l’80 e l’85%. A seguito di somministrazione orale, il tempo medio (tmax) per il raggiungimento della massima concentrazione sierica (Cmax) è di circa 1 ora. A dosi terapeutiche, cioè 100 mg/die, il valore di Cmax è dell’ordine di 1,1-1,5 µg/ml, ed i valori minimi sono 0,015-0,020 µg/ml.

La somministrazione di lamivudina in concomitanza con il cibo determina un ritardo del parametro tmax e una diminuzione di Cmax (ridotto fino al 47%). Tuttavia, non essendo influenzato il tasso di lamivudina assorbita (calcolato in base alla AUC), la lamivudina può essere somministrata con o senza cibo.

Distribuzione

Studi effettuati a seguito di somministrazione per via endovenosa mostrano che il volume medio di distribuzione è pari a 1,3 l/kg. Lamivudina mostra una farmacocinetica lineare

nell’ambito delle dosi terapeutiche e mostra una bassa percentuale di legame plasmatico con l’albumina.

Dati limitati mostrano che lamivudina penetra nel sistema nervoso centrale e raggiunge il fluido cerebrospinale (CSF). Il valore medio del rapporto tra la concentrazione di lamivudina nel liquor e nel siero, dopo 2-4 ore dalla somministrazione orale, è di circa 0,12.

Biotrasformazione

Lamivudina viene escreta, immodificata, principalmente per via renale. A causa del limitato metabolismo epatico (5-10%) e del ridotto legame con le proteine plasmatiche, è bassa la probabilità di interazioni metaboliche di altre sostanze con lamivudina.

Eliminazione

Il valore medio di clearance sistemica di lamivudina è circa 0,3 l/h/kg. Il tempo medio dell’emivita di eliminazione osservato è compreso fra le 5 e le 7 ore. Lamivudina è prevalentemente escreta immodificata nelle urine attraverso filtrazione glomerulare e secrezione attiva (sistema di trasporto dei cationi organici). La clearance renale è responsabile del 70% dell’eliminazione di lamivudina.

Popolazioni speciali

Studi effettuati su pazienti con danno renale hanno evidenziato che l’eliminazione di lamivudina è influenzata dalla disfunzione renale. È necessaria una riduzione della dose in quei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min (vedere paragrafo 4.2).

La farmacocinetica di lamivudina non è modificata dalla compromissione epatica. Dati limitati su pazienti sottoposti a trapianto di fegato mostrano che la compromissione della funzionalità epatica non influenza la farmacocinetica della lamivudina in maniera significativa, a meno che non si accompagni a disfunzione renale.

Sulla base del profilo farmacocinetico della lamivudina, è ipotizzabile che nei pazienti anziani il normale invecchiamento con il concomitante declino della funzionalità renale non abbia significativi effetti clinici sull’esposizione a lamivudina, con l’esclusione dei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min (vedere paragrafo 4.2).

05.3 Dati preclinici di sicurezza

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Negli studi di tossicità nell’animale, la somministrazione di lamivudina ad alte dosi non è stata associata ad alcuna rilevante tossicità d’organo. Alle dosi più elevate, sono stati osservati effetti minori sugli indicatori della funzionalità epatica e renale, oltre che occasionali riduzioni nel peso del fegato. Una riduzione della conta di eritrociti e di neutrofili è stata identificata come l’effetto probabilmente più rilevante dal punto di vista clinico. Questi eventi sono stati raramente osservati durante gli studi clinici.

La lamivudina non ha evidenziato caratteristiche di mutagenicità nei test sui batteri ma, come molti analoghi dei nucleosidi, ha mostrato attività in un test citogenetico in vitro e nel test sul linfoma del topo. La lamivudina non è genotossica in vivo a dosi che inducono concentrazioni plasmatiche circa 60-70 volte più alte dei livelli plasmatici previsti in ambito clinico. Poiché l’attività mutagena in vitro di lamivudina non è stata confermata dai test in vivo, ne consegue che lamivudina non dovrebbe rappresentare un rischio genotossico per i pazienti in trattamento.

Gli studi sulla riproduzione negli animali non hanno evidenziato teratogenicità, né alcun effetto sulla fertilità nel maschio o nella femmina. Quando somministrata a coniglie gravide, a livelli di esposizione paragonabili a quelli raggiunti nell’uomo, lamivudina induce letalità precoce dell’embrione. Ciò non si verifica nel ratto anche a esposizioni sistemiche molto elevate.

I risultati di studi di cancerogenesi a lungo termine con lamivudina nel ratto e nel topo non hanno mostrato alcun potenziale cancerogeno

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa:

Cellulosa microcristallina Sodio amido glicolato Magnesio stearato

Rivestimento della compressa:

Ipromellosa

Titanio diossido (E171) Glicole propilenico

Ferro ossido giallo (E172) Ferro ossido rosso (E172)

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente

06.3 Periodo di validità

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3 anni.

Per i flaconi, periodo di validità dopo prima apertura del confezionamento primario: 100 giorni.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Flacone in HDPE con tappo in PP e sigillo termosaldato in alluminio, contenente 84 compresse rivestite con film.

Blister in PVC / PVdC – foglio di alluminio, con 28 o 84 compresse rivestite con film. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Mylan S.p.A., Via Vittor Pisani 20, 20124 Milano.

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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COMPRESSE RIVESTITE CON FILM" 28 COMPRESSE IN BLISTER PVC/PVDC-AL

043569021 – "100 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM" 84 COMPRESSE IN BLISTER PVC/PVDC-AL

043569033 – "100 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM" 84 COMPRESSE IN FLACONE HDPE

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Febbraio 2016

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 07/03/2021