Rixathon – Rituximab: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Rixathon

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Rixathon: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

Se sei un paziente, consulta anche il Foglietto Illustrativo (Bugiardino) di Rixathon

01.0 Denominazione del medicinale

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Rixathon 100 mg concentrato per soluzione per infusione Rixathon 500 mg concentrato per soluzione per infusione

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Rixathon 100 mg concentrato per soluzione per infusione

Ogni mL contiene 10 mg di rituximab.

Ogni flaconcino da 10 mL contiene 100 mg di rituximab. Rixathon 500 mg concentrato per soluzione per infusione Ogni mL contiene 10 mg di rituximab.

Ogni flaconcino da 50 mL contiene 500 mg di rituximab.

Il rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano ottenuto con tecniche di ingegneria genetica, costituito da una immunoglobulina glicosilata con le regioni costanti IgG1 di origine umana e con le sequenze della regione variabile della catena leggera e della catena pesante di origine murina. L’anticorpo viene prodotto utilizzando una coltura di cellule di mammifero in sospensione (ovariche di Hamster Cinese) e purificato con cromatografia affine e scambio ionico, incluse procedure specifiche di inattivazione e rimozione virale.

Eccipiente con effetti noti

Ogni flaconcino da 10 mL contiene 2,3 mmol (52,6 mg) di sodio. Ogni flaconcino da 50 mL contiene 11,5 mmol (263,2 mg) di sodio.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Concentrato per soluzione per infusione (concentrato sterile).

Liquido limpido, da incolore a leggermente giallastro, con pH compreso tra 6,3 e 6,7 e osmolarità ≥ 240 mOsm/kg.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Rixathon è indicato negli adulti per le seguenti indicazioni: Linfoma non-Hodgkin (LNH)

Rixathon è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma follicolare in III-IV stadio precedentemente non trattati, in associazione a chemioterapia.

La terapia di mantenimento con Rixathon è indicata per il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare che rispondono a terapia di induzione.

Rixathon in monoterapia è indicato per il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare in III- IV stadio che sono chemioresistenti o sono in seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia.

Rixathon è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma non-Hodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione a chemioterapia CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisolone).

Rixathon in associazione a chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni) con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) CD20 positivo, linfoma di Burkitt (BL)/leucemia di Burkitt (leucemia acuta a cellule B mature; BAL) o linfoma simil Burkitt (BLL) in stadio avanzato precedentemente non trattato.

Leucemia linfatica cronica (LLC)

Rixathon in associazione a chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con LLC precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria. Sono disponibili solo dati limitati sull’efficacia e la sicurezza per pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali, incluso rituximab, o per pazienti refrattari a un trattamento precedente con rituximab più chemioterapia.

Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni. Artrite reumatoide Rixathon in associazione a metotrexato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva di grado severo in pazienti adulti che hanno mostrato un’inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), comprendenti uno o più inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF).

Rituximab ha mostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare, come valutato mediante raggi X e di migliorare le funzioni fisiche, quando somministrato in associazione a metotrexato.

Granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA)

Rixathon in associazione a glucocorticoidi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con GPA (di Wegener) e MPA attiva di grado severo.

Rixathon in associazione a glucocorticoidi è indicato per l’induzione della remissione in pazienti pediatrici (di età ≥ 2 e < 18 anni) con GPA (di Wegener) e MPA attiva di grado severo.

Pemfigo volgare (PV)

Rixathon è indicato per il trattamento di pazienti con PV da moderato a severo.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Rixathon deve essere somministrato sotto lo stretto controllo di un operatore sanitario esperto e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4).

Premedicazione e trattamento profilattico

La premedicazione con un farmaco antipiretico ed un antistaminico, ad esempio paracetamolo e difenidramina, deve sempre essere assunta prima di ogni somministrazione di Rixathon.

In pazienti adulti affetti da LNH e LLC la premedicazione con glucocorticoidi deve essere presa in considerazione se Rixathon non è somministrato in associazione a chemioterapia contenente glucocorticoidi.

Per i pazienti adulti affetti da LNH e LLC a cui viene somministrato Rixathon alla velocità di infusione di 90 minuti, la premedicazione con glucocorticoidi deve essere presa in considerazione se Rixathon non è somministrato in associazione a chemioterapia contenente glucocorticoidi.

Nei pazienti pediatrici affetti da LNH deve essere eseguita una premedicazione con paracetamolo e antistaminico anti-H1 (= difenidramina o equivalente) 30-60 minuti prima dell’inizio dell’infusione di Rixathon. Occorre inoltre somministrare prednisone come indicato nella tabella 1.

Per i pazienti con LLC si raccomanda la profilassi con adeguata idratazione e somministrazione di uricostatici iniziando 48 ore prima dell’inizio della terapia per ridurre il rischio di sindrome da lisi tumorale. Per i pazienti con LLC la cui conta dei linfociti è > 25 x 109/L si raccomanda di somministrare prednisone/prednisolone 100 mg per via endovenosa immediatamente prima dell’infusione di Rixathon per diminuire la percentuale e la severità delle reazioni acute da infusione e/o la sindrome da rilascio di citochine.

In pazienti affetti da artrite reumatoide, GPA o MPA o da PV, la premedicazione con 100 mg di metilprednisolone per via endovenosa deve essere completata 30 minuti prima di ogni infusione di Rixathon, al fine di ridurre l’incidenza e la severità delle reazioni correlate all’infusione (IRR).

In pazienti adulti affetti da GPA o MPA è raccomandata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa alla dose di 1.000 mg/die da 1 a 3 giorni prima della prima infusione di Rixathon (l’ultima dose di metilprednisolone può essere somministrata nello stesso giorno della prima infusione di Rixathon). Questa deve essere seguita da prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare gli 80 mg/die e la riduzione a scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile secondo la condizione clinica) durante e dopo la fase di induzione di 4 settimane del trattamento con Rixathon.

Per i pazienti adulti con GPA o MPA o con pemfigo volgare, durante e dopo il trattamento con Rixathon, è raccomandata la profilassi per la polmonite da Pneumocystis jiroveci (PJP), come appropriato in accordo alle linee guida locali sulla pratica clinica.

Popolazione pediatrica

In pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA, prima della prima infusione endovenosa di Rixathon, devono essere somministrate tre dosi giornaliere di metilprednisolone per via endovenosa da 30 mg/kg/die (non si deve superare 1 g/die) per trattare i sintomi severi di vasculite. Prima della prima infusione di Rixathon possono essere somministrate fino a tre ulteriori dosi giornaliere di metilprednisolone per via endovenosa da 30 mg/kg.

Una volta completata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa i pazienti devono ricevere prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare i 60 mg/die) e la riduzione a scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile secondo la condizione clinica (vedere paragrafo 5.1).

Per i pazienti pediatrici con GPA o MPA, durante e dopo il trattamento con Rixathon, è raccomandata la profilassi per la PJP, come appropriato.

Posologia

È importante controllare l’etichetta del medicinale al fine di garantire la somministrazione al paziente della formulazione appropriata come prescritto.

Linfoma non-Hodgkin (LNH)

Linfoma non-Hodgkin follicolare

Terapia di associazione

La dose raccomandata di Rixathon in associazione a chemioterapia per il trattamento di induzione di pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati o ricaduti/refrattari è di 375 mg/m2 di superficie corporea per ciclo, fino a 8 cicli.

Rixathon deve essere somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia, dopo somministrazione endovenosa della componente glucocorticoidea della chemioterapia, se applicabile.

Terapia di mantenimento

Linfoma follicolare precedentemente non trattato

La dose raccomandata di Rixathon usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati che hanno risposto al trattamento di induzione è: 375 mg/m2 di superficie corporea una volta ogni due mesi (iniziando 2 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (12 infusioni in totale).

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

La dose raccomandata di Rixathon usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare ricaduto/refrattario che hanno risposto al trattamento di induzione è di 375 mg/m2 di superficie corporea una volta ogni 3 mesi (iniziando 3 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (8 infusioni totali).

Monoterapia

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

La dose raccomandata di Rixathon in monoterapia usata come trattamento di induzione per pazienti adulti con linfoma follicolare allo stadio III-IV che sono chemioresistenti o che sono alla seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane.

Per il ritrattamento con Rixathon in monoterapia per pazienti che hanno risposto al precedente trattamento con rituximab in monoterapia per linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la dose raccomandata è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane (vedere paragrafo 5.1).

Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B in pazienti adulti

Rixathon deve essere impiegato in associazione a chemioterapia CHOP. La dose raccomandata è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia per 8 cicli dopo infusione endovenosa della componente glucocorticoidea del CHOP. Non sono ancora state stabilite la sicurezza e l’efficacia di rituximab in associazione ad altre chemioterapie nel LNH diffuso a grandi cellule B.

Aggiustamenti della dose durante il trattamento

Non sono raccomandate riduzioni della dose di Rixathon. Quando Rixathon è somministrato in associazione a chemioterapia, si devono applicare le riduzioni standard della dose per i medicinali chemioterapici.

Leucemia linfatica cronica (LLC)

La dose raccomandata di Rixathon in associazione a chemioterapia in pazienti precedentemente non trattati e recidivi/refrattari è di 375 mg/m2 di superficie corporea somministrati il giorno 0 del primo ciclo di trattamento seguiti da 500 mg/m2 di superficie corporea somministrati il giorno 1 di ogni ciclo successivo per 6 cicli totali. La chemioterapia deve essere somministrata dopo infusione di Rixathon.

Artrite reumatoide

Ai pazienti in terapia con Rixathon deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

Un ciclo di Rixathon consiste di due infusioni endovenose da 1.000 mg ciascuna. La dose raccomandata di Rixathon è di 1.000 mg per infusione endovenosa, seguita da una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg due settimane dopo.

La necessità di ulteriori trattamenti deve essere valutata 24 settimane dopo il ciclo precedente. Il ritrattamento deve essere effettuato in quel momento se l’attività residua della malattia rimane, altrimenti il ritrattamento deve essere ritardato fino a quando l’attività residua della malattia ricompare.

I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica di solito è raggiunta entro 16 – 24 settimane di un ciclo iniziale di trattamento. Nei pazienti nei quali non si evidenzia un beneficio terapeutico entro questo periodo di tempo, deve essere attentamente riconsiderato se continuare la terapia.

Granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA)

Ai pazienti trattati con Rixathon deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

Induzione della remissione in pazienti adulti

La dose raccomandata di Rixathon per la terapia d’induzione della remissione in pazienti adulti con GPA e MPA è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane (4 infusioni totali).

Terapia di mantenimento in pazienti adulti

Dopo la fase d’induzione della remissione con Rixathon, la terapia di mantenimento in pazienti adulti con GPA e MPA deve essere iniziata non prima che siano trascorse 16 settimane dall’ultima infusione di rituximab.

Dopo la fase d’induzione della remissione con altri immunosoppressori impiegati per il trattamento standard, la terapia di mantenimento con Rixathon deve essere iniziata durante il periodo di 4 settimane successivo alla remissione della malattia.

La somministrazione di Rixathon deve avvenire mediante due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna, separate da un intervallo di due settimane, e seguite successivamente da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi. Dopo l’ottenimento della remissione (assenza di segni e sintomi clinici) il trattamento dei pazienti con Rixathon deve proseguire per almeno 24 mesi. Per i pazienti potenzialmente esposti a un rischio superiore di ricaduta i medici devono valutare un prolungamento della terapia di mantenimento con Rixathon, fino a una durata massima di 5 anni.

Pemfigo volgare (PV)

Ai pazienti trattati con Rixathon deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.

La dose raccomandata di Rixathon per il trattamento del PV è di 1.000 mg per infusione endovenosa, seguita, due settimane dopo, da una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg in associazione a un ciclo di glucocorticoidi con riduzione a scalare della dose.

Terapia di mantenimento

Ai mesi 12 e 18 e, successivamente, ogni 6 mesi, se necessario, in base alla valutazione clinica deve essere somministrata per via endovenosa un’infusione di mantenimento di 500 mg.

Trattamento della ricaduta

In caso di ricaduta, i pazienti possono essere trattati con 1.000 mg per via endovenosa. In base alla valutazione clinica l’operatore sanitario deve altresi prendere in considerazione la ripresa o l’incremento della dose di glucocorticoidi da somministrare al paziente.

La somministrazione delle infusioni successive può avvenire non prima che siano trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.

Popolazioni particolari

Popolazione pediatrica

Linfoma non-Hodgkin (LNH)

Nei pazienti pediatrici di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni con DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato precedentemente non trattato, Rixathon deve essere usato in associazione a chemioterapia sistemica “Lymphome Malin B” (LMB) (vedere tabelle 1 e 2). La dose raccomandata di Rixathon è di 375 mg/m2 di superficie corporea (BSA), somministrata per infusione endovenosa. Non sono necessari aggiustamenti della dose di Rixathon diversi da quelli per BSA.

La sicurezza e l’efficacia di rituximab nei pazienti pediatrici di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni non sono state ancora stabilite in indicazioni diverse dal DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato precedentemente non trattato. Per i pazienti di età inferiore a 3 anni sono disponibili soltanto dati limitati. Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni.

Rixathon non deve essere usato nei pazienti pediatrici con linfoma diffuso a grandi cellule B CD20 positivo dalla nascita a < 6 mesi di vita (vedere paragrafo 5.1).

Tabella 1 Posologia della somministrazione di rituximab per i pazienti pediatrici con LNH

Ciclo Giorno di trattamento Dettagli relativi alla somministrazione
Prefase (COP) Nessuna
somministrazione di rituximab
Ciclo di induzione 1 (COPADM1) Giorno -2 (corrispondente al giorno 6 della prefase)
1a infusione di rituximab
Durante il 1° ciclo di induzione, prednisone viene somministrato nell’ambito del regime
chemioterapico e deve essere somministrato prima di rituximab.
Giorno 1
2a infusione di rituximab
Rituximab verrà somministrato 48 ore dopo la prima infusione di rituximab.
Ciclo di induzione 2 (COPADM2) Giorno -2
3a infusione di rituximab
Nel 2° ciclo di induzione, prednisone non viene somministrato contestualmente alla
somministrazione di rituximab.
Giorno 1
4a infusione di rituximab
Rituximab verrà somministrato 48 ore dopo la terza
infusione di rituximab.
Ciclo di consolidamento 1 Giorno 1
5a infusione di
Prednisone non viene somministrato
Ciclo Giorno di trattamento Dettagli relativi alla somministrazione
(CYM/CYVE) rituximab contestualmente alla somministrazione di
rituximab.
Ciclo di consolidamento 2 (CYM/CYVE) Giorno 1
6a infusione di rituximab
Prednisone non viene somministrato
contestualmente alla somministrazione di rituximab.
Ciclo di mantenimento 1 (M1) Giorni 25-28 del ciclo di consolidamento 2 (CYVE)
Nessuna somministrazione di
rituximab
Ha inizio una volta ripristinata la conta delle cellule periferiche dal ciclo di consolidamento 2 (CYVE), con ANC > 1,0 x 109/l e piastrine > 100 x 109/l.
Ciclo di mantenimento 2 (M2) Giorno 28 del ciclo di mantenimento 1 (M1) Nessuna
somministrazione di rituximab
ANC = conta assoluta dei neutrofili; COP = ciclofosfamide, vincristina, prednisone; COPADM = ciclofosfamide, vincristina, prednisolone, doxorubicina, metotrexato; CYM = citarabina (Aracytin, Ara-C), metotrexato; CYVE = citarabina (Aracytin, Ara-C), etoposide (VP16)

Tabella 2 Piano terapeutico per i pazienti pediatrici con LNH: chemioterapia concomitante con rituximab

Piano terapeutico Stadiazione del paziente Dettagli relativi alla somministrazione
Gruppo B Stadio III con alti livelli di LDH (> N x 2), stadio IV con SNC negativo Prefase seguita da 4 cicli:
2 cicli di induzione (COPADM) con HDMTX 3 g/m2 e 2 cicli di consolidamento
(CYM)
Gruppo C Gruppo C1:
BAL con SNC negativo, stadio IV e BAL con SNC positivo e CSF negativo
Prefase seguita da 6 cicli:
2 cicli di induzione (COPADM) con HDMTX 8 g/m², 2 cicli di consolidamento (CYVE) e 2 cicli di mantenimento (M1 e M2)
Gruppo C3:
BAL con CSF positivo, stadio IV con CSF positivo
I cicli consecutivi devono essere somministrati non appena consentito dal ripristino della conta delle cellule ematiche e dalla condizione del paziente, eccetto per i cicli di mantenimento che vengono somministrati a intervalli di 28 giorni.
BAL = leucemia di Burkitt (leucemia acuta a cellule B mature); CSF = liquido cefalorachidiano; HDMTX = metotrexato ad alte dosi; LDH = lattato deidrogenasi; SNC = sistema nervoso centrale

Granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA)

Induzione della remissione

La dose raccomandata di Rixathon per la terapia d’induzione della remissione in pazienti pediatrici con GPA o MPA attiva di grado severo è di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrata per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane.

La sicurezza e l’efficacia di Rixathon in pazienti pediatrici (di età ≥ 2 e < 18 anni) non sono state ancora stabilite per indicazioni diverse dalla GPA o MPA attiva di grado severo.

Rixathon non deve essere usato in pazienti pediatrici di età inferiore a 2 anni affetti da GPA o MPA attiva di grado severo poiché esiste la possibilità di una risposta immunitaria inadeguata verso le vaccinazioni pediatriche contro malattie infantili comuni e prevenibili da vaccino (ad es. morbillo, parotite, rosolia e poliomielite) (vedere paragrafo 5.1).

Pazienti anziani

Non è necessaria la modifica della dose in pazienti anziani (di età > 65 anni). Modo di somministrazione Rixathon è per uso endovenoso. La soluzione di Rixathon preparata deve essere somministrata per infusione endovenosa tramite deflussore dedicato. Non deve essere somministrata come push o bolus endovenoso.

I pazienti devono essere attentamente monitorati per l’insorgenza della sindrome da rilascio di citochine (vedere paragrafo 4.4). Ai pazienti che sviluppano reazioni severe, soprattutto dispnea severa, broncospasmo o ipossia, deve essere immediatamente interrotta l’infusione. I pazienti con LNH devono poi essere valutati per la presenza di sindrome da lisi tumorale tramite l’effettuazione di idonei esami di laboratorio e per la presenza di infiltrazione polmonare tramite radiografia del torace. In tutti i pazienti, l’infusione non deve essere ripresa fino alla completa risoluzione di tutti i sintomi e alla normalizzazione dei valori di laboratorio e della radiografia del torace. Soltanto a questo punto l’infusione può essere ripresa a una velocità iniziale ridotta a non meno della metà rispetto a quella precedentemente adottata. Qualora dovessero di nuovo verificarsi le stesse reazioni avverse severe, la decisione di interrompere il trattamento deve essere attentamente considerata caso per caso.

Le reazioni, lievi o moderate, correlate all’infusione (IRR) (vedere paragrafo 4.8) generalmente rispondono alla riduzione della velocità di infusione. Quando i sintomi migliorano, la velocità di infusione può essere aumentata.

Prima infusione

La velocità di infusione iniziale raccomandata è 50 mg/h; dopo i primi 30 minuti, può essere aumentata con incrementi di 50 mg/h ogni 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.

Successive infusioni

Per tutte le indicazioni

Le successive dosi di Rixathon possono essere somministrate con una velocità di infusione iniziale di 100 mg/h e aumentate di 100 mg/h ad intervalli di 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.

Pazienti pediatrici – Linfoma non-Hodgkin

Prima infusione

La velocità di infusione iniziale raccomandata è 0,5 mg/kg/h (massimo 50 mg/h); in assenza di ipersensibilità o reazioni correlate all’infusione, tale velocità può essere incrementata progressivamente di 0,5 mg/kg/h ogni 30 minuti fino a un massimo di 400 mg/h.

Successive infusioni

Le successive dosi di Rixathon possono essere somministrate con una velocità di infusione iniziale di 1 mg/kg/h (massimo 50 mg/h), che può essere aumentata di 1 mg/kg/h ogni 30 minuti fino a un massimo di 400 mg/h.

Pazienti adulti – Solo per il linfoma non-Hodgkin (LNH) e la leucemia linfatica cronica (LLC) Se i pazienti non hanno manifestato alcun evento avverso correlato all’infusione di grado 3 o 4 durante il ciclo 1, è possibile somministrare un’infusione della durata di 90 minuti nel ciclo 2 con un regime chemioterapico contenente glucocorticoidi. Eseguire l’infusione iniziando a una velocità pari al 20% della dose totale somministrato nei primi 30 minuti e con il restante 80% della dose totale somministrato nel corso dei successivi 60 minuti. Se l’infusione della durata di 90 minuti risulta ben tollerata nel ciclo 2, è possibile impiegare la stessa velocità per la somministrazione del regime di trattamento restante (fino al ciclo 6 o 8).

L’infusione più rapida non deve essere somministrata a pazienti affetti da malattie cardiovascolari clinicamente significative, aritmie comprese, o che in passato hanno manifestato gravi reazioni all’infusione di rituximab o di una qualsiasi terapia biologica precedente.

Solo per l’artrite reumatoide

Schema alternativo per la somministrazione più rapida delle infusioni successive

Se con la prima o le successive infusioni somministrate alla dose di 1.000 mg di Rixathon secondo lo schema infusionale standard i pazienti non hanno manifestato una reazione grave correlata all’infusione, la seconda infusione e quelle successive possono essere somministrate a una velocità maggiore, alla stessa concentrazione delle infusioni precedenti (4 mg/mL per un volume di 250 mL). Iniziare l’infusione a una velocità di 250 mg/h per i primi 30 minuti e in seguito di 600 mg/h per i successivi 90 minuti. Se l’infusione più rapida risulta ben tollerata, è possibile impiegare il medesimo schema infusionale per la somministrazione delle infusioni successive.

L’infusione più rapida non deve essere somministrata a pazienti affetti da malattie cardiovascolari clinicamente significative, aritmie comprese, o che in passato hanno manifestato gravi reazioni all’infusione di rituximab o di una qualsiasi terapia biologica precedente.

 

04.3 Controindicazioni

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Controindicazioni all’uso nel linfoma non-Hodgkin (LNH) e nella leucemia linfatica cronica (LLC) Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Infezioni attive, severe (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa.

Controindicazioni all’uso nell’artrite reumatoide, nella granulomatosi con poliangite (GPA), nella poliangite microscopica (MPA) e nel pemfigo volgare (PV) Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Infezioni attive, severe (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa.

Scompenso cardiaco severo (classe IV New York Heart Association) o malattia cardiaca severa e non controllata (vedere paragrafo 4.4 per altri disordini cardiaci).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tracciabilità

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)

A tutti i pazienti in terapia con Rixathon per l’artrite reumatoide, la GPA, la MPA o il PV deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. La scheda di allerta contiene importanti informazioni di sicurezza per i pazienti riguardo il rischio potenzialmente maggiore di infezioni, compresa la PML.

Casi fatali molto rari di PML sono stati riportati in seguito all’utilizzo di rituximab. I pazienti devono essere monitorati ad intervalli regolari per ogni sintomo neurologico nuovo o in peggioramento o per segni suggestivi di PML. In caso di sospetta PML, le ulteriori somministrazioni devono essere sospese fino a quando la diagnosi di PML sia stata esclusa. Il medico deve valutare il paziente per determinare se i sintomi sono indicativi di disfunzione neurologica e, se cosi fosse, se questi sintomi sono possibilmente suggestivi di PML. Deve essere richiesta una consulenza neurologica se clinicamente indicata.

In caso di dubbio, deve essere presa in considerazione un’ulteriore valutazione, che includa esami quali la RMN preferibilmente con contrasto, il test del liquido cerebrospinale (CSF) per valutare il DNA del virus JC e ripetute valutazioni neurologiche.

Il medico deve essere particolarmente attento ai sintomi suggestivi di PML che il paziente può non notare (ad esempio sintomi cognitivi, neurologici o psichiatrici). Occorre inoltre consigliare al paziente di informare il proprio partner o chi si prende cura di lui riguardo il trattamento, poiché essi possono notare sintomi dei quali il paziente non è a conoscenza.

Se un paziente sviluppa PML, la somministrazione di Rixathon deve essere definitivamente interrotta.

A seguito di ricostituzione del sistema immunitario nei pazienti immunocompromessi con PML, si sono notati stabilizzazione o miglioramento. Non è noto se la diagnosi precoce di PML e la sospensione della terapia con rituximab possano portare ad una stabilizzazione o ad un miglioramento simili.

Linfoma non-Hodgkin (LNH) e leucemia linfatica cronica (LLC)

Reazioni correlate all’infusione

Rituximab è associato a reazioni correlate all’infusione, a loro volta potenzialmente associate al rilascio di citochine e/o altri mediatori chimici. La sindrome da rilascio di citochine può risultare clinicamente indistinguibile dalle reazioni acute di ipersensibilità.

Questo insieme di reazioni, che include sindrome da rilascio di citochine, sindrome da lisi tumorale e reazioni anafilattiche e di ipersensibilità, è descritto di seguito.

Durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab in formulazione endovenosa sono state segnalate reazioni correlate all’infusione severe e con esito fatale, la cui insorgenza si è verificata in un intervallo di tempo compreso tra 30 minuti e 2 ore dopo l’inizio della prima infusione endovenosa di rituximab. Tali reazioni sono state caratterizzate da eventi polmonari e in alcuni casi hanno compreso rapida lisi tumorale e sintomi della sindrome da lisi tumorale oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, ipotensione, orticaria, angioedema e altri sintomi (vedere paragrafo 4.8).

La sindrome severa da rilascio di citochine è caratterizzata da dispnea severa, spesso accompagnata da broncospasmo e ipossia, oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, orticaria e angioedema. Questa sindrome può essere associata ad alcune caratteristiche della sindrome da lisi tumorale come iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia, iperfosfatemia, insufficienza renale acuta, concentrazione elevata di lattato deidrogenasi (LDH) e può essere associata ad insufficienza respiratoria acuta e morte. L’insufficienza respiratoria acuta può essere accompagnata da eventi quali l’infiltrazione interstiziale polmonare o l’edema polmonare, visibili alla radiografia del torace. La sindrome si manifesta frequentemente entro una o due ore dall’inizio della prima infusione. I pazienti con anamnesi di insufficienza polmonare o con infiltrazione tumorale del polmone possono essere esposti a un rischio superiore di scarsi risultati e devono essere trattati con maggiore cautela. Ai pazienti che sviluppano sindrome severa da rilascio di citochine deve essere immediatamente sospesa l’infusione (vedere paragrafo 4.2) e deve essere somministrato un trattamento sintomatico aggressivo. Poiché il miglioramento iniziale dei sintomi clinici può essere seguito da un peggioramento, questi pazienti devono essere monitorati attentamente fino alla risoluzione o all’esclusione della sindrome da lisi tumorale e dell’infiltrazione polmonare.

L’ulteriore trattamento dei pazienti dopo la completa risoluzione di sintomi e segni ha raramente portato al ripetersi della sindrome severa da rilascio di citochine.

I pazienti con elevata massa tumorale o con elevato numero (≥ 25 x 109/L) di cellule neoplastiche circolanti come i pazienti con LLC, che possono essere esposti a un rischio maggiore di sindrome da rilascio di citochine particolarmente severa, devono essere trattati con estrema cautela. Questi pazienti devono essere monitorati molto attentamente per tutto il corso della prima infusione. In tali pazienti deve essere preso in considerazione, per la prima infusione, l’utilizzo di una velocità di infusione ridotta o una suddivisione della dose in due giorni durante il primo ciclo e in ogni ciclo successivo se la conta dei linfociti è ancora > 25 x 109/L.

Nel 77% dei pazienti trattati con rituximab sono state osservate reazioni avverse di ogni tipo correlate all’infusione (compresa la sindrome da rilascio di citochine accompagnata da ipotensione e broncospasmo nel 10% dei pazienti) (vedere paragrafo 4.8). Questi sintomi sono generalmente reversibili con l’interruzione dell’infusione di rituximab e con la somministrazione di farmaci antipiretici, antistaminici e occasionalmente ossigeno, soluzione iniettabile di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) endovena o farmaci broncodilatatori, e glucocorticoidi se necessario. Per le reazioni severe vedere la sindrome da rilascio di citochine descritta sopra.

In seguito alla somministrazione endovenosa di proteine sono state riportate nei pazienti reazioni di tipo anafilattico e altre reazioni di ipersensibilità. Diversamente dalla sindrome da rilascio di citochine, le reazioni di ipersensibilità si verificano tipicamente entro minuti dall’inizio dell’infusione. In caso di reazione allergica nel corso della somministrazione di rituximab, i prodotti medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato. Le manifestazioni cliniche dell’anafilassi possono apparire simili alle manifestazioni cliniche della sindrome da rilascio di citochine (descritta sopra). Le reazioni attribuite a ipersensibilità sono state riportate con minor frequenza rispetto a quelle attribuite al rilascio di citochine.

Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile.

Durante la somministrazione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di Rixathon.

Disordini cardiaci

Nei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come fibrillazione e flutter atriale, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca e/o chemioterapia cardiotossica devono essere attentamente monitorati.

Tossicità ematologiche

Sebbene rituximab non sia mielosoppressivo in monoterapia, deve essere posta particolare attenzione nel considerare il trattamento di pazienti con neutrofili < 1,5 x 109/L e/o con conta delle piastrine < 75 x 109/L, poiché per questo tipo di popolazione si ha una limitata esperienza clinica. Rituximab è stato utilizzato in 21 pazienti che avevano effettuato trapianto di midollo osseo autologo e in altri gruppi a rischio con una presumibile ridotta funzionalità midollare senza indurre mielotossicità.

Durante la terapia con Rixathon deve essere eseguita regolarmente la conta ematica completa, inclusa la conta dei neutrofili e delle piastrine.

Infezioni

Infezioni gravi, anche fatali, possono avvenire durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rixathon non deve essere somministrato a pazienti con infezioni attive severe (ad esempio tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3).

I medici devono essere cauti quando prendono in considerazione l’uso di Rixathon in pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni di base che possono ulteriormente predisporre i pazienti a infezioni gravi (vedere paragrafo 4.8).

Casi di riattivazione di epatite B sono stati riportati in soggetti che hanno ricevuto rituximab incluse segnalazioni di epatite fulminante ad esito fatale. La maggior parte di questi soggetti riceveva anche chemioterapia citotossica. Informazioni limitate provenienti da uno studio in pazienti con LLC recidiva/refrattaria suggeriscono che il trattamento con rituximab può anche peggiorare l’esito di infezioni di epatite B primarie. Lo screening del virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima dell’inizio del trattamento con Rixathon e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb. Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con Rixathon. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo prima dell’inizio del trattamento e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.

Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) sono stati riportati durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab nel LNH e nella LLC (vedere paragrafo 4.8). La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione a chemioterapia o come parte di un programma trapiantologico con cellule staminali ematopoietiche.

Immunizzazione

La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi, in seguito alla terapia con rituximab, non è stata studiata per pazienti con LNH e LLC e non si raccomanda la vaccinazione con vaccini con virus vivo. I pazienti trattati con Rixathon possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo; le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono tuttavia essere ridotte. In uno studio non randomizzato, pazienti adulti con LNH a basso grado ricaduto che hanno ricevuto rituximab in monoterapia quando confrontati con controlli non trattati di volontari sani hanno avuto una più bassa percentuale di risposte alla vaccinazione con antigeni di richiamo del tetano (16% rispetto a 81%) e neoantigeni Keyhole Limpet Haemocyanin (KLH) (4% rispetto a 76% quando valutati per un aumento nel titolo anticorpale > 2 volte). Per pazienti con LLC sono prevedibili risultati simili considerando le similitudini tra le due patologie, tuttavia ciò non è stato valutato mediante studi clinici.

La media dei titoli anticorpali pre-terapeutici contro un pannello di antigeni (Streptococcus pneumoniae, influenza A, parotite, rosolia, varicella) è stata mantenuta per almeno 6 mesi dopo il trattamento con rituximab.

Reazioni cutanee

Sono state segnalate reazioni cutanee severi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a rituximab, il trattamento deve essere interrotto permanentemente.

Popolazione pediatrica

Per i pazienti di età inferiore a 3 anni sono disponibili soltanto dati limitati. Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni.

Artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite (GPA), poliangite microscopica (MPA) e pemfigo volgare (PV) Popolazioni con artrite reumatoide naïve al metotrexato (MTX)

L’uso di rituximab non è raccomandato nei pazienti naïve al MTX dal momento che non è stato stabilito un rapporto rischio-beneficio favorevole.

Reazioni correlate all’infusione (IRR)

Rituximab è associato a IRR, che possono essere associate al rilascio di citochine e/o di altri mediatori chimici.

Sono stati riportati casi di IRR di grado severo con esito fatale in pazienti con artrite reumatoide nella fase post-marketing. Nel trattamento dell’artrite reumatoide la maggior parte delle reazioni correlate all’infusione negli studi clinici era di intensità lieve-moderata. I sintomi più comuni erano reazioni allergiche come cefalea, prurito, irritazione alla gola, arrossamenti, eruzione cutanea, orticaria, ipertensione e piressia. In generale, la proporzione di pazienti che manifestavano una qualche reazione all’infusione era più alta dopo la prima infusione che dopo la seconda in qualsiasi ciclo di trattamento. L’incidenza di IRR diminuiva nei cicli successivi (vedere paragrafo 4.8). Le reazioni riportate erano generalmente reversibili con la riduzione della velocità dell’infusione o l’interruzione della somministrazione di rituximab e l’assunzione di antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzione iniettabile di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) endovena o broncodilatatori, e glucocorticoidi, se necessario. Monitorare attentamente i pazienti con condizioni cardiache preesistenti e quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari. In funzione della severità delle IRR e all’intervento necessario, interrompere temporaneamente o definitivamente la somministrazione di Rixathon. Nella maggior parte dei casi, l’infusione può essere ripresa riducendo la velocità al 50% (per esempio da 100 mg/h a 50 mg/h), quando i sintomi sono stati completamente risolti.

Medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato, in caso di reazioni allergiche durante la somministrazione di Rixathon.

Non ci sono dati relativi alla sicurezza di rituximab nei pazienti con scompenso cardiaco moderato (classe III NYHA) o malattia cardiaca severa e non controllata. Nei pazienti trattati con rituximab, si è osservato che condizioni preesistenti di ischemia cardiaca, quali l’angina pectoris, sono divenute sintomatiche, cosi come fibrillazione e flutter atriale. Pertanto, nei pazienti con anamnesi di cardiopatia, e in quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari prima del trattamento con Rixathon deve essere considerato il rischio di complicanze cardiovascolari conseguenti alle reazioni infusionali e i pazienti devono essere attentamente monitorati durante la somministrazione. Durante l’infusione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di farmaci anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di Rixathon.

Le IRR in pazienti con GPA, MPA e PV erano coerenti con quelle osservate negli studi clinici condotti in pazienti con artrite reumatoide e nella fase post-marketing (vedere paragrafo 4.8).

Disordini cardiaci

Nei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter e fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto, i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca devono essere attentamente monitorati (vedere “Reazioni correlate all’infusione”, sopra).

Infezioni

Sulla base del meccanismo d’azione di rituximab e della conoscenza che le cellule B svolgono un ruolo importante nel mantenimento della normale risposta immune, i pazienti hanno un incremento del rischio di infezioni in seguito alla terapia con rituximab (vedere paragrafo 5.1). Infezioni gravi, inclusi eventi fatali, possono verificarsi durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rixathon non deve essere somministrato ai pazienti con infezione attiva severa (ad es. tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3) o ai pazienti severamente immunocompromessi (ad es. laddove i valori di CD4 o CD8 sono molto bassi). I medici devono prestare attenzione nel considerare l’impiego di rituximab nei pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni sottostanti che possono ulteriormente predisporre i pazienti a gravi infezioni ad es. ipogammaglobulinemia (vedere paragrafo 4.8). Si raccomanda che i livelli di immunoglobuline siano determinati prima dell’inizio del trattamento con Rixathon.

I pazienti che manifestano segni e sintomi di infezione in seguito a trattamento con Rixathon devono essere prontamente valutati e adeguatamente trattati. Prima di iniziare un ciclo successivo di trattamento con Rixathon, i pazienti devono essere rivalutati per qualsiasi rischio potenziale di infezioni.

Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) ad esito fatale sono stati riportati in seguito all’impiego di rituximab per il trattamento dell’artrite reumatoide e di patologie autoimmuni inclusi il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite.

Infezione da epatite B

Casi di riattivazione dell’epatite B, inclusi quelli a esito fatale, sono stati riportati nei pazienti affetti da artrite reumatoide, GPA e MPA che hanno ricevuto rituximab.

Lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento con Rixathon e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb.

Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.

Neutropenia ad insorgenza tardiva

Misurare i neutrofili prima di ciascun ciclo di Rixathon e ad intervalli regolari fino a 6 mesi dopo l’interruzione del trattamento e in caso di segni o sintomi di infezione (vedere paragrafo 4.8).

Reazioni cutanee

Sono state segnalate reazioni cutanee severe quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a Rixathon, il trattamento deve essere interrotto permanentemente.

Immunizzazione

I medici devono rivedere lo status delle vaccinazioni del paziente e i pazienti, prima di iniziare la terapia con Rixathon, devono, se possibile, aver completato tutte le immunizzazioni in accordo con le linee guida vigenti per l’immunizzazione. Le vaccinazioni devono essere completate almeno 4 settimane prima della prima somministrazione di Rixathon.

La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi seguente alla terapia con rituximab non è stata studiata. Perciò la vaccinazione con vaccini con virus vivo non è raccomandata durante la terapia con Rixathon o durante il periodo di deplezione delle cellule B periferiche.

I pazienti trattati con Rixathon possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo; le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono tuttavia essere ridotte. In uno studio randomizzato, pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab e metotrexato hanno avuto percentuali di risposta sovrapponibili a quelle dei pazienti che hanno ricevuto solo metotrexato agli antigeni di richiamo del tetano (39% rispetto a 42%), ridotte percentuali al vaccino polisaccaride del pneumococco (43% rispetto a 82% ad almeno 2 sierotipi di anticorpi anti-pneumococco) e ai neoantigeni KLH (47% rispetto a 93%), quando dati 6 mesi dopo rituximab. Se vengono richieste vaccinazioni con virus non vivo durante la terapia con rituximab, queste devono essere completate almeno 4 settimane prima dell’inizio del successivo ciclo di rituximab.

Nell’esperienza globale di ripetuti trattamenti di rituximab in un anno nell’ambito dell’artrite reumatoide, le percentuali di pazienti con titoli anticorpali positivi contro S. pneumoniae, influenza, parotite, rosolia, varicella e tossina del tetano sono state generalmente simili alle percentuali al basale.

Impiego concomitante/sequenziale di altri DMARD nel trattamento dell’artrite reumatoide

Non è raccomandato l’impiego concomitante di Rixathon e di terapie antireumatiche diverse da quelle specificate nell’indicazione e nella posologia relative all’artrite reumatoide.

Ci sono dati limitati da studi clinici per valutare pienamente la sicurezza dell’uso sequenziale dopo rituximab di altri DMARD (inclusi inibitori del TNF e altri biologici) (vedere paragrafo 4.5). I dati disponibili indicano che la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti è invariata quando tali terapie sono utilizzate in pazienti precedentemente trattati con rituximab; comunque i pazienti devono essere strettamente osservati per segni di infezione se agenti biologici e/o DMARD vengono utilizzati dopo la terapia con rituximab.

Neoplasie

I farmaci immunomodulatori possono aumentare il rischio di neoplasie. Tuttavia, i dati attuali non suggeriscono un incremento del rischio di neoplasie con rituximab usato nelle indicazioni per patologie autoimmuni oltre il rischio associato alla condizione autoimmune esistente.

Eccipienti

Questo medicinale contiene 2,3 mmol (o 52,6 mg) di sodio nel flaconcino da 10 mL e 11,5 mmol (o 263,2 mg) di sodio nel flaconcino da 50 mL, rispettivamente equivalenti al 2,6% (nel flaconcino da 10 ml) e al 13,2% (nel flaconcino da 50 ml) dell’assunzione massima giornaliera raccomandata dall’OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Indice

Al momento si hanno dati limitati sulla possibile interazione di farmaci con rituximab.

In pazienti con LLC, la co-somministrazione con rituximab non sembra avere un effetto sulla farmacocinetica di fludarabina o ciclofosfamide. In aggiunta, non c’è un apparente effetto di fludarabina e ciclofosfamide sulla farmacocinetica di rituximab.

La co-somministrazione con metotrexato non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di rituximab nei pazienti con artrite reumatoide.

I pazienti che hanno sviluppato anticorpi anti-proteine murine (HAMA) o anticorpi anti-farmaco (ADA) possono avere reazioni allergiche o di ipersensibilità quando vengono trattati con altri anticorpi monoclonali diagnostici o terapeutici.

In pazienti con artrite reumatoide, 283 pazienti hanno ricevuto successivamente una terapia con un DMARD biologico dopo rituximab. In questi pazienti, la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti durante la terapia con rituximab è stata 6,01 su 100 pazienti/anno confrontata con 4,97 su 100 pazienti/anno dopo il trattamento con il DMARD biologico.

 

04.6 Gravidanza e allattamento

Indice

Contraccezione negli uomini e nelle donne

Dato che rituximab ha un lungo tempo di ritenzione nei pazienti con deplezione di cellule B, le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci nel corso del trattamento e fino a 12 mesi dal completamento della terapia con Rixathon.

Gravidanza

È noto che le immunoglobuline IgG oltrepassano la barriera placentare.

I livelli di cellule B nei neonati umani in seguito a esposizione materna a rituximab non sono stati valutati nel corso degli studi clinici. Non ci sono dati adeguati e ben controllati di studi su donne in gravidanza, comunque in neonati nati da madri esposte a rituximab durante la gravidanza sono state riportate transitoria deplezione delle cellule-B e linfocitopenia. Effetti simili sono stati osservati negli studi condotti sugli animali (vedere paragrafo 5.3). Per questo motivo non si deve somministrare Rixathon in donne in gravidanza ad eccezione che il possibile beneficio superi il potenziale rischio.

Allattamento

Dati limitati sull’escrezione di rituximab nel latte materno suggeriscono concentrazioni di rituximab molto basse nel latte (dose relativa per lattanti inferiore allo 0,4%). Pochi casi di follow-up di lattanti allattati con latte materno descrivono la crescita normale e lo sviluppo fino a 2 anni d’età. Tuttavia, poiché questi dati sono limitati e i risultati a lungo termine sui lattanti allattati con latte materno rimangono sconosciuti, l’allattamento non è raccomandato durante il trattamento con rituximab e in modo ottimale nei 6 mesi successivi al trattamento con rituximab.

Fertilità

Gli studi condotti sugli animali non hanno rivelato effetti deleteri di rituximab a carico degli organi riproduttivi.

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Indice

Non sono stati effettuati studi sugli effetti di rituximab sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari, anche se l’attività farmacologica e le reazioni avverse ad oggi riportate suggeriscono che rituximab non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

 

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica (LLC) nei pazienti adulti Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza globale di rituximab nel linfoma non-Hodgkin e nella LLC si basa su dati di pazienti in studi clinici e sulla sorveglianza post-marketing. Questi pazienti sono stati trattati con rituximab in monoterapia (come trattamento di induzione o come trattamento di mantenimento post- induzione) o in associazione a chemioterapia.

Le reazioni avverse (ADR) osservate più frequentemente in pazienti che hanno ricevuto rituximab sono state le IRR che sono avvenute nella maggior parte dei pazienti durante la prima infusione. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione diminuisce significativamente con le successive infusioni ed è meno dell’1% dopo otto dosi di rituximab.

Gli eventi infettivi (soprattutto batterici e virali) si sono verificati nel 30-55% circa dei pazienti con LNH trattati in studi clinici e nel 30-50% circa dei pazienti con LLC trattati in studi clinici.

Le reazioni avverse gravi più frequentemente riportate o osservate sono state:

IRR (incluse la sindrome da rilascio di citochine e la sindrome da lisi tumorale), vedere paragrafo 4.4.

Infezioni, vedere paragrafo 4.4.

Eventi cardiovascolari, vedere paragrafo 4.4.

Altre ADR gravi riportate includono la riattivazione di epatite B e la PML (vedere paragrafo 4.4).

Tabella delle reazioni avverse

Le frequenze delle ADR riportate con rituximab in monoterapia o in associazione a chemioterapia sono riassunte nella tabella 3. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10), non comune (≥ 1/1.000, < 1/100), raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000) e molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Le ADR identificate solo durante la sorveglianza post-marketing e per le quali non è possibile stimare una frequenza, sono elencate sotto la voce “non nota”.

Tabella 3 ADR riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing in pazienti con LNH e LLC trattati con rituximab in monoterapia/mantenimento o in associazione a chemioterapia

Classificazion e per sistemi e organi secondo
MedDRA
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Infezioni ed Infezioni Sepsi, Infezioni PML
infestazioni batteriche, +polmonite, virali gravi2,
infezioni +infezione Pneumocysti
virali,
+bronchite
febbrile, herpes
zoster, infezioni
s jirovecii
del tratto
respiratorio,
infezioni fungine,
infezioni a
eziologia
sconosciuta,
+bronchite acuta,
+sinusite,
epatite B1
Patologie del Neutropenia, Anemia, Disturbi della Aumento Neutropenia
sistema emolinfopoiet leucopenia,
+neutropenia
+pancitopenia,
+granulocitopenia
coagulazione, anemia transitorio nel siero del tardiva3
ico febbrile,
+trombocitope
aplastica,
anemia
livello delle
IgM3
nia emolitica,
linfoadenopatia
Disturbi del Reazioni Ipersensibilità Anafilassi Sindrome da Trombocitope
sistema correlate lisi nia acuta
immunitario all’infusione4, tumorale, reversibile
angioedema sindrome da correlata
rilascio delle all’infusione4
citochine4,
malattia da
siero
Disturbi del Iperglicemia,
metabolismo perdita di peso,
e della edema periferico,
nutrizione edema facciale,
aumento della
LDH,
ipocalcemia
Disturbi psichiatrici Depressione, nervosismo
Classificazion e per sistemi e organi secondo
MedDRA
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie del sistema nervoso Parestesia, ipoestesia, agitazione, insonnia,
vasodilatazione, capogiro, ansia
Disgeusia Neuropatia periferica, paralisi del nervo facciale5 Neuropatia dei nervi cranici, perdita di altri sensi5
Patologie dell’occhio Disturbi della lacrimazione,
congiuntivite
Perdita severa della
vista 5
Patologie dell’orecchio
e del labirinto
Tinnito, otalgia Perdita dell’udito5
Patologie +Infarto +Insufficienza Severe Insufficienza
cardiache miocardico4 e 6, del ventricolo patologie cardiaca4 e 6
aritmia,
+fibrillazione
sinistro,
+tachicardia
cardiache4 e 6
atriale, sopraventricolar
tachicardia, e, tachicardia
+disturbi cardiaci ventricolare,
+angina,
+ischemia
miocardica,
bradicardia
Patologie Ipertensione, Vasculite
vascolari ipotensione (soprattutto
ortostatica, cutanea),
ipotensione vasculite
leucocitoclas
tica
Patologie Broncospasmo 4, Asma, Malattia Insufficienza Infiltrazione
respiratorie, patologie bronchiolite polmonare respiratoria4 polmonare
toraciche e respiratorie, obliterante, interstiziale7
mediastiniche dolore toracico, disturbi
dispnea, polmonari,
incremento della ipossia
tosse, rinite
Patologie Nausea Vomito, diarrea, Dilatazione Perforazione
gastrointestin dolore addominale gastrointesti
ali addominale, nale7
disfagia,
stomatite,
costipazione,
dispepsia,
anoressia,
irritazione della
gola
Classificazion e per sistemi e organi secondo
MedDRA
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie Prurito, Orticaria, Reazioni
della cute e eruzione sudorazione, cutanee
del tessuto cutanea, sudorazioni bollose
sottocutaneo +alopecia notturne,
+patologie della
severe,
sindrome di
cute Stevens-
Johnson,
necrolisi
epidermica
tossica
(sindrome di
Lyell)7
Patologie del Ipertonia,
sistema mialgia, artralgia,
muscoloschel dolore alla
etrico e del schiena, dolore al
tessuto collo, dolore
connettivo
Patologie renali e
urinarie
Insufficienza renale4
Patologie Febbre, Dolore in sede Dolore alla sede
sistemiche e brividi, tumorale, di infusione
condizioni astenia, rossore,
relative alla cefalea malessere,
sede di sindrome da
somministraz freddo,
ione +stanchezza,
+brividi,
+insufficienza
multi-organo4
Esami diagnostici Diminuzione dei livelli di
IgG
Per ciascuna voce, la frequenza si è basata sulle reazioni di qualsiasi grado (da lieve a severo) ad eccezione delle voci contrassegnate con "+" dove la frequenza si è basata solo sulle reazioni severe (≥ di grado 3 secondo i criteri di tossicità comuni NCI). È riportata solo la frequenza più elevata osservata negli studi.
1 Include riattivazione e infezioni primarie; frequenza basata sul regime R-FC nella LLC recidiva/refrattaria.
2 Vedere anche la sottostante sezione “Infezioni”.
3 Vedere anche la sottostante sezione “Reazioni avverse ematologiche”.
4 Vedere anche la sottostante sezione relativa alle reazioni correlate all’infusione. Raramente riportati casi fatali.
5 Segni e sintomi di neuropatia dei nervi cranici. Si è manifestata in tempi diversi fino a vari mesi dal completamento della terapia con rituximab.
6 Osservate soprattutto in pazienti con precedenti patologie cardiache e/o chemioterapia cardiotossica e sono state soprattutto associate con reazioni correlate all’infusione.
7 Inclusi casi fatali.

I seguenti termini sono stati riportati come eventi avversi durante gli studi clinici; tuttavia, sono stati riportati con un’incidenza simile o inferiore nei bracci rituximab rispetto ai bracci di controllo: tossicità ematologica, infezione neutropenica, infezioni del tratto urinario, disturbi del sensorio, piressia.

Segni e sintomi caratteristici di una reazione correlata all’infusione sono stati riportati in più del 50% dei pazienti in studi clinici e sono stati osservati soprattutto durante la prima infusione, generalmente dalla prima ora nelle prime due ore. Questi sintomi comprendono soprattutto febbre, brividi e brividi febbrili. Altri sintomi includono rossore, angioedema, broncospasmo, vomito, nausea, orticaria/eruzione cutanea, stanchezza, cefalea, irritazione della gola, rinite, prurito, dolore, tachicardia, ipertensione, ipotensione, dispnea, dispepsia, astenia e sintomi della sindrome da lisi tumorale. Reazioni severe correlate all’infusione (come broncospasmo, ipotensione) si sono verificate fino al 12% dei casi.

Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile. Esacerbazione di condizioni cardiache preesistenti come angina pectoris o insufficienza cardiaca congestizia oppure patologie cardiache severe (insufficienza cardiaca, infarto del miocardio, fibrillazione atriale), edema polmonare, insufficienza multi-organo, sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio di citochine, insufficienza renale e insufficienza respiratoria sono state riportate con una frequenza inferiore o sconosciuta. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione è diminuita sostanzialmente con le infusioni successive ed è < 1% dei pazienti dall’ottavo ciclo di trattamento contenente rituximab.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Infezioni

Rituximab induce deplezione delle cellule B nel 70-80% circa dei pazienti, ma questo evento è stato associato ad una diminuzione delle immunoglobuline sieriche solo in una minoranza di pazienti.

Infezioni localizzate da candida come da Herpes zoster sono state riportate con una incidenza più elevata nel braccio contenente rituximab in studi randomizzati. Infezioni severe sono state riportate nel 4% circa dei pazienti trattati con rituximab in monoterapia. Frequenze più elevate di tutte le infezioni, incluse infezioni di grado 3 o 4, sono state osservate durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni se confrontate con l’osservazione. Non si è verificata tossicità cumulativa in termini di infezioni riportate nel periodo di trattamento della durata di due anni. In aggiunta, durante il trattamento con rituximab sono state riportate altre infezioni virali gravi, sia nuove, che riattivate o esacerbate, alcune delle quali sono state fatali. La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione alla chemioterapia o come parte di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Esempi di queste infezioni virali gravi sono infezioni causate da virus herpetici (Citomegalovirus, Virus Varicella Zoster e Herpes Simplex), JC virus (leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)) e virus dell’epatite C. Durante gli studi clinici sono stati anche riportati casi di PML ad esito fatale che si sono verificati dopo la progressione della malattia e il ritrattamento. Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B, la maggior parte dei quali si è verificata in pazienti che hanno ricevuto rituximab in associazione a chemioterapia citotossica. In pazienti con LLC recidiva/refrattaria, l’incidenza di infezione di epatite B di grado 3/4 (riattivazione e infezione primaria) è stata del 2% in R-FC vs 0% in FC. Si è osservata progressione del sarcoma di Kaposi in pazienti esposti a rituximab con sarcoma di Kaposi pre-esistente. Questi casi si sono verificati in indicazioni non approvate e la maggior parte dei pazienti era HIV positiva.

Reazioni avverse ematologiche

Negli studi clinici con impiego di rituximab in monoterapia somministrato per 4 settimane, anomalie ematologiche si sono verificate in una minoranza di pazienti e sono state generalmente lievi e reversibili. Neutropenia severa (grado 3/4) è stata riportata nel 4,2% dei pazienti, anemia nell’1,1% e trombocitopenia nell’1,7% dei pazienti. Durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni, leucopenia (5% vs 2%, grado 3/4) e neutropenia (10% vs 4%, grado 3/4) sono state riportate con un’incidenza più elevata quando confrontate con l’osservazione. L’incidenza di trombocitopenia è stata bassa (< 1%, grado 3/4) e non è stata differente tra i bracci di trattamento.

Durante il trattamento negli studi con rituximab in associazione a chemioterapia, leucopenia di grado 3/4 (R-CHOP 88% vs CHOP 79%, R-FC 23% vs FC 12%), neutropenia (R-CVP 24% vs CVP 14%; R-CHOP 97% vs CHOP 88%, R-FC 30% vs FC 19% nella LLC precedentemente non trattata), pancitopenia (R-FC 3% vs FC 1% nella LLC precedentemente non trattata), sono state riportate generalmente con frequenze più elevate quando confrontate con chemioterapia da sola. Comunque, l’incidenza più elevata di neutropenia in pazienti trattati con rituximab e chemioterapia non è stata associata ad una incidenza più alta di infezioni e infestazioni se confrontata con pazienti trattati con sola chemioterapia. Studi sulla LLC precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria hanno stabilito che nel 25% dei pazienti trattati con R-FC la neutropenia è stata prolungata (definita come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1 x 109/L tra il giorno 24 e il giorno 42 dopo l’ultima dose) o si è verificata con un esordio tardivo (definito come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1 x 109/L oltre il giorno 42 dopo l’ultima dose nei pazienti che non avevano una precedente neutropenia prolungata o che avevano recuperato prima del giorno 42) dopo il trattamento con rituximab e FC. Non sono state riportate differenze nell’incidenza di anemia. Sono stati riportati alcuni casi di neutropenia tardiva che si sono verificati più di quattro settimane dopo l’ultima infusione di rituximab. Nello studio di prima linea sulla LLC, i pazienti in stadio Binet C hanno manifestato più eventi avversi nel braccio R-FC rispetto al braccio FC (R-FC 83% vs FC 71%). Nello studio sulla LLC recidiva/refrattaria, è stata riportata trombocitopenia di grado 3/4 nell’11% dei pazienti nel gruppo R- FC vs il 9% dei pazienti nel gruppo FC.

Negli studi con rituximab in pazienti con macroglobulinemia di Waldenström, aumenti transitori dei livelli sierici di IgM sono stati osservati dopo l’inizio del trattamento, i quali possono essere associati con iperviscosità e sintomi correlati. L’aumento transitorio di IgM generalmente ritorna almeno al livello basale entro 4 mesi.

Reazioni avverse cardiovascolari

Negli studi clinici con rituximab in monoterapia sono state riportate reazioni cardiovascolari nel 18,8% dei pazienti con ipotensione e ipertensione quali eventi più frequentemente segnalati. Sono stati riportati durante l’infusione casi di aritmia di grado 3 o 4 (incluse tachicardia ventricolare e sopraventricolare) e angina pectoris. Durante il trattamento di mantenimento, l’incidenza di disordini cardiaci di grado 3/4 è stata paragonabile tra i pazienti trattati con rituximab e l’osservazione. Eventi cardiaci sono stati riportati come eventi avversi seri (inclusa la fibrillazione atriale, l’infarto del miocardio, l’insufficienza ventricolare sinistra, l’ischemia del miocardio) nel 3% dei pazienti trattati con rituximab in confronto a < 1% dell’osservazione. Negli studi di valutazione di rituximab in associazione a chemioterapia, l’incidenza di aritmie cardiache di grado 3 e 4, soprattutto aritmie sopraventricolari come tachicardia e flutter/fibrillazione atriale, è stata più elevata nel gruppo R-CHOP (14 pazienti, 6,9%) se confrontato con il gruppo CHOP (3 pazienti, 1,5%). Tutte queste aritmie si sono verificate nel contesto dell’infusione di rituximab o sono state associate con condizioni predisponenti quali febbre, infezione, infarto acuto del miocardio o patologia respiratoria e cardiovascolare preesistente. Non è stata osservata differenza tra il gruppo R-CHOP e CHOP in termini di incidenza di altri eventi cardiaci di grado 3 e 4, inclusi l’insufficienza cardiaca, la patologia del miocardio e le manifestazioni di patologia delle arterie coronariche. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini cardiaci di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio sulla prima linea (4% R-FC, 3% FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (4% R-FC, 4% FC).

Apparato respiratorio

Sono stati riportati casi di malattia polmonare interstiziale, alcuni con esito fatale.

Patologie neurologiche

Durante il periodo di trattamento (fase della terapia di induzione costituita da R-CHOP per un massimo di otto cicli) quattro pazienti (2%) trattati con R-CHOP, tutti con fattori di rischio cardiovascolare hanno manifestato accidenti tromboembolici cerebrovascolari durante il primo ciclo di trattamento. Non c’è stata differenza tra i gruppi di trattamento in termini di incidenza di altri eventi tromboembolici. Al contrario, tre pazienti (1,5%) hanno avuto eventi cerebrovascolari nel gruppo CHOP, i quali si sono manifestati tutti durante il periodo di follow-up. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini del sistema nervoso di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4% R-FC, 4% FC) che nello studio sulla LLC recidiva/refrattaria (3% R-FC, 3% FC).

Sono stati riportati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES) / sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). I segni e i sintomi includevano disturbi visivi, cefalea, crisi epilettiche e alterazioni dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS, richiede conferma con imaging cerebrale. I casi riportati hanno riconosciuto fattori di rischio per PRES/RPLS, inclusi il concomitante stato di malattia del paziente, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.

Patologie gastrointestinali

È stata osservata perforazione gastrointestinale che in alcuni casi ha portato a morte in pazienti che ricevevano rituximab per il trattamento di LNH. Nella maggior parte di questi casi, rituximab era somministrato con la chemioterapia.

Livelli di IgG

Nello studio clinico che ha valutato rituximab nel trattamento di mantenimento nel linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la mediana dei livelli di IgG è stata sotto il limite inferiore di normalità (LLN) (< 7 g/L) dopo il trattamento di induzione sia nel gruppo osservazione che nel gruppo rituximab. Nel gruppo osservazione, la mediana dei livelli di IgG è aumentata successivamente sopra il LLN, ma è rimasta costante nel gruppo rituximab. La percentuale di pazienti con livelli di IgG sotto il LLN è stata del 60% circa nel gruppo rituximab nei due anni del periodo di trattamento, mentre è diminuita nel gruppo osservazione (36% dopo due anni).

Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab è stato osservato un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi severi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.

Sottopopolazioni di pazienti – rituxmab in monoterapia

Anziani (≥ 65 anni)

L’incidenza delle ADR di tutti i gradi e di grado 3/4 è stata simile nei pazienti anziani rispetto a pazienti più giovani (< 65 anni).

Malattia bulky

Si è verificata un’incidenza più elevata di ADR di grado 3/4 in pazienti con malattia bulky rispetto a pazienti senza malattia bulky (25,6% vs 15,4%). L’incidenza di ADR di ogni grado è stata simile in questi due gruppi.

Ritrattamento

La percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante il ritrattamento con ulteriori cicli di rituximab è stata simile alla percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante l’esposizione iniziale (ADR di ogni grado e di grado 3/4).

Sottopopolazioni di pazienti – Terapia di associazione a rituximab

Anziani (≥ 65 anni)

L’incidenza di eventi avversi di grado 3/4 a livello dell’apparato emolinfopoietico è stata più alta in pazienti anziani se confrontati a pazienti più giovani (< 65 anni), con LLC precedentemente non trattata o recidiva/refrattaria.

Esperienza clinica nel DLBCL/BL/BAL/BLL nei pazienti pediatrici

Riassunto del profilo di sicurezza

È stato condotto uno studio multicentrico, in aperto e randomizzato sulla chemioterapia “Lymphome Malin B” (LMB) con o senza rituximab in pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni) affetti da DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato precedentemente non trattato.

Nel complesso, 309 pazienti pediatrici hanno ricevuto rituximab e sono stati inclusi nella popolazione dell’analisi di sicurezza. I pazienti pediatrici randomizzati al braccio sottoposto a chemioterapia LMB con rituximab o arruolati nella parte a braccio singolo dello studio sono stati trattati con rituximab a una dose da 375 mg/m2 di BSA e hanno ricevuto un totale di sei infusioni endovenose di rituximab (due durante ciascuno dei due cicli di induzione e una durante ciascuno dei due cicli di consolidamento dello schema LMB).

Il profilo di sicurezza di rituximab nei pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni) affetti da DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato precedentemente non trattato è risultato tendenzialmente coerente con il profilo di sicurezza noto nei pazienti adulti affetti da LNH e LLC in termini di tipo, natura e severità. Rispetto alla sola chemioterapia, l’aggiunta di rituximab al regime chemioterapico ha determinato un aumento del rischio di alcuni eventi, tra cui infezioni (ivi inclusa sepsi).

Esperienza clinica nell’artrite reumatoide

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza globale di rituximab nell’artrite reumatoide si basa sui dati provenienti da pazienti trattati in studi clinici e dalla sorveglianza post-marketing.

Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti con artrite reumatoide da moderata a severa è riassunto nelle sezioni sottostanti. Negli studi clinici più di 3.100 pazienti hanno ricevuto almeno un ciclo di trattamento e sono stati seguiti per un periodo variabile da 6 mesi a più di 5 anni; circa 2.400 pazienti hanno ricevuto due o più cicli di trattamento con oltre 1.000 pazienti sottoposti a 5 o più cicli. Le informazioni sulla sicurezza raccolte durante l’esperienza post marketing riflettono il profilo atteso per le reazioni avverse già osservato negli studi clinici per rituximab (vedere paragrafo 4.4).

I pazienti hanno ricevuto 2 dosi da 1.000 mg di rituximab separate da un intervallo di due settimane, in associazione a metotrexato (10-25 mg/settimana). Le infusioni di rituximab sono state somministrate dopo infusione endovenosa di 100 mg di metilprednisolone; i pazienti hanno anche ricevuto un trattamento con prednisone orale per 15 giorni.

Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella

Le reazioni avverse sono elencate nella tabella 4. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (da  1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.

Le reazioni avverse più frequenti ritenute dovute all’assunzione di rituximab sono state le IRR. L’incidenza totale di IRR negli studi clinici è stata del 23% con la prima infusione ed è diminuita con le infusioni successive. IRR gravi sono state non comuni (0,5% dei pazienti) e si presentavano prevalentemente durante il ciclo iniziale. In aggiunta alle reazioni avverse osservate negli studi clinici sull’artrite reumatoide condotti con rituximab, sono stati riportati durante l’esperienza post-marketing leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) (vedere paragrafo 4.4) e reazione simil malattia da siero.

Tabella 4 Riassunto delle reazioni avverse riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing che si sono verificate nei pazienti con artrite reumatoide che hanno ricevuto rituximab

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Infezioni ed Infezione del Bronchiti, sinusiti, PML, Infezioni
infestazioni tratto gastroenteriti, tinea riattivazione virali
respiratorio pedis dell’epatite B gravi1
superiore,
infezioni del
tratto urinario
Classificazione per
sistemi e organi secondo MedDRA
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie del sistema
emolinfopoietico
Neutropenia2 Neutropenia tardiva3 Reazione simil malattia da siero
Disturbi del
sistema immunitario
Reazioni correlate all’infusione4 (ipertensione, nausea, eruzione cutanea, piressia, prurito, orticaria, irritazione alla gola, rossore, ipotensione, rinite, brividi febbrili, tachicardia, stanchezza, dolore orofaringeo, edema
periferico, eritema)
Reazioni correlate all’infusione4 (edema generalizzato, broncospasmo, dispnea, edema laringeo, edema angioneurotico, prurito generalizzato, anafilassi, reazione anafilattoide)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Disturbi del
metabolismo e della nutrizione
Ipercolesterolemia
Disturbi
psichiatrici
Depressione, ansia
Patologie del sistema nervoso Cefalea Parestesia, emicrania vertigini,
sciatica
Patologie cardiache Angina pectoris, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca,
infarto del miocardio
Flutter atriale
Patologie gastrointestinali Dispepsia diarrea, reflusso gastroesofageo, ulcerazione della bocca, dolore della
parte addominale superiore
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Necrolisi Epidermica Tossica (sindrome di Lyell), sindrome di
Stevens- Johnson6
Classificazione per
sistemi e organi secondo MedDRA
Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Patologie del sistema muscoloscheletrico
e del tessuto connettivo
Artralgia / dolore muscoloscheletrico, osteoartrite, borsiti
Esami diagnostici Ridotti livelli
di IgM5
Ridotti livelli di
IgG5
1 Vedere anche la sezione infezioni di seguito.
2 Categoria di frequenza derivante dai valori di laboratorio raccolti nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine negli studi clinici.
3 Categoria di frequenza derivante dai dati post-marketing.
4 Reazioni che si verificano durante o entro le 24 ore dall’infusione. Vedere anche il sottostante paragrafo sulle reazioni correlate all’infusione. Le IRR possono anche dipendere da ipersensibilità e/o dal meccanismo d’azione.
5 Include osservazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine.
6 Include casi fatali.

Cicli ripetuti

Cicli ripetuti di trattamento sono associati ad un profilo di reazioni avverse simile a quello osservato in seguito alla prima esposizione. La percentuale di tutte le reazioni avverse successivamente alla prima esposizione a rituximab era più alta durante i primi 6 mesi e diminuiva in seguito. Questo si verificava soprattutto per le IRR (più frequentemente durante il primo trattamento), l’esacerbazione dell’artrite reumatoide e le infezioni; tutte queste erano più frequenti nei primi 6 mesi di trattamento.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Reazioni correlate all’infusione

Negli studi clinici le reazioni avverse (ADR) più frequenti dopo il trattamento con rituximab erano le IRR (vedere tabella 4). Tra i 3.189 pazienti trattati con rituximab, 1.135 (36%) hanno mostrato almeno una IRR con 733/3.189 (23%) di pazienti che hanno manifestato una IRR successiva alla prima infusione del primo trattamento con rituximab. L’incidenza delle IRR diminuisce con le infusioni successive. Negli studi clinici meno dell’1% (17/3.189) dei pazienti ha manifestato una IRR grave.

Non ci sono state IRR di grado 4 secondo i criteri comuni di tossicità (CTC) e nessun caso di morte dovuto a IRR negli studi clinici. La proporzione di eventi di grado 3 secondo CTC e le IRR che portavano alla sospensione del trattamento si riduceva nel corso dei trattamenti e risultavano rare dal terzo ciclo in poi. La premedicazione con glucocorticoide endovena ha ridotto in modo significativo l’incidenza e la severità delle IRR (vedere paragrafi 4.2 e 4.4). Sono stati riportati casi severi di IRR con esito fatale nella fase post-marketing.

In uno studio disegnato per valutare la sicurezza di un’infusione più rapida di rituximab in pazienti affetti da artrite reumatoide, ai pazienti con artrite reumatoide attiva da moderata a severa che non hanno manifestato una IRR grave durante o entro le 24 ore successive alla prima infusione studiata, è stato concesso di sottoporsi a un’infusione endovenosa di rituximab della durata di 2 ore. I pazienti con anamnesi di grave reazione all’infusione di una terapia biologica per l’artrite reumatoide non sono stati ammessi allo studio. L’incidenza, le tipologie e la severità delle IRR erano coerenti con i dati storici. Non sono state osservate IRR gravi.

Infezioni

L’incidenza globale di infezioni riportata negli studi clinici era di circa 94 su 100 pazienti/anno nel gruppo trattato con rituximab. Le infezioni erano soprattutto da lievi a moderate e comprendevano principalmente infezioni delle vie aeree superiori e del tratto urinario. L’incidenza delle infezioni gravi o che richiedevano antibiotico per via endovenosa era di circa 4 su 100 pazienti/anno. L’incidenza delle infezioni gravi non ha mostrato alcun aumento significativo in seguito a cicli ripetuti con rituximab. Nel corso degli studi clinici sono state riportate infezioni del basso tratto respiratorio (inclusa polmonite), con incidenza simile nei gruppi trattati con rituximab rispetto ai gruppi di controllo.

Nell’esperienza post-marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab.

Casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva con esito fatale sono stati riportati in seguito all’uso di rituximab per il trattamento di patologie autoimmuni. Queste includono l’artrite reumatoide e patologie autoimmuni fuori indicazione, quali il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite.

Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B in pazienti con linfoma di non-Hodgkin che avevano ricevuto rituximab in combinazione a chemioterapia citotossica (vedere linfoma non-Hodgkin). Molto raramente sono state anche riportate riattivazioni di infezione da epatite B in pazienti con artrite reumatoide che avevano ricevuto rituximab (vedere paragrafo 4.4).

Reazioni avverse cardiovascolari

Reazioni cardiache gravi sono state osservate con un’incidenza di 1,3 su 100 pazienti/anno tra quelli trattati con rituximab e 1,3 su 100 pazienti/anno nei pazienti trattati con placebo. La proporzione di pazienti con reazioni cardiache (tutte o gravi) non è aumentata nei vari cicli.

Eventi neurologici

Sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)/sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, cefalea, crisi epilettiche e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.

Neutropenia

In seguito a trattamento con rituximab sono stati osservati casi di neutropenia, la maggior parte dei quali erano transitori e di intensità lieve o moderata. La neutropenia può verificarsi diversi mesi dopo la somministrazione di rituximab (vedere paragrafo 4.4).

Negli studi clinici controllati verso placebo, lo 0,94% (13/1.382) dei pazienti trattati con rituximab e lo 0,27% (2/731) dei pazienti trattati con placebo ha sviluppato neutropenia severa.

Nell’esperienza post-marketing eventi neutropenici, inclusa neutropenia ad esordio tardivo severo e persistente, alcuni dei quali sono stati associati ad infezioni fatali, sono stati segnalati raramente.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.

Anomalie di laboratorio

In pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgG o IgM sotto il limite inferiore della norma). Non c’è stato aumento della percentuale di infezioni generali o gravi in seguito a bassi livelli di IgG o IgM (vedere paragrafo 4.4).

Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab è stato osservato un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi severi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.

Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA) Induzione della remissione in pazienti adulti (Studio 1 su GPA/MPA)

Nello Studio 1 su GPA/MPA, 99 pazienti adulti sono stati trattati con rituximab (375 mg/m2, una volta alla settimana per 4 settimane) e glucocorticoidi per l’induzione della remissione della GPA e MPA (vedere paragrafo 5.1).

Le ADR elencate nella tabella 5 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono verificati con un’incidenza 5% nel gruppo rituximab e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.

Tabella 5 Reazioni avverse verificatesi a 6 mesi in 5% dei pazienti adulti che hanno ricevuto rituximab nell’ambito dello Studio 1 su GPA/MPA (Rituximab n = 99, ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto), o durante la sorveglianza post-marketing

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA
Reazione avversa
Frequenza
Infezioni ed infestazioni
Infezioni del tratto urinario 7%
Bronchite 5%
Herpes zoster 5%
Nasofaringite 5%
Infezioni virali gravi1 non nota
Patologie del sistema emolinfopoietico
Trombocitopenia 7%
Disturbi del sistema immunitario
Sindrome da rilascio delle citochine 5%
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Iperpotassiemia 5%
Disturbi psichiatrici
Insonnia 14%
Patologie del sistema nervoso
Vertigini 10%
Tremore 10%
Patologie vascolari
Ipertensione 12%
Rossore 5%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Tosse 12%
Dispnea 11%
Epistassi 11%
Congestione nasale 6%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 18%
Dispepsia 6%
Costipazione 5%
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Acne 7%
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Spasmi muscolari 18%
Artralgia 15%
Dolore alla schiena 10%
Debolezza muscolare 5%
Dolore muscoloscheletrico 5%
Dolore alle estremità 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Edema periferico 16%
Esami diagnostici
Riduzione dell’emoglobina 6%

1 Osservata durante la sorveglianza post-marketing. Vedere anche la sezione infezioni di seguito.

Terapia di mantenimento (Studio 2 su GPA/MPA)

Nello Studio 2 su GPA/MPA, 57 pazienti adulti in totale affetti da GPA e MPA attiva di grado severo sono stati trattati con rituximab per il mantenimento della remissione (vedere paragrafo 5.1).

Tabella 6 Reazioni avverse verificatesi in 5% dei pazienti adulti che hanno ricevuto rituximab nell’ambito dello Studio 2 su GPA/MPA (Rituximab n = 57), e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto, o durante la sorveglianza post-marketing

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA
Reazione avversa1
Frequenza
Infezioni ed infestazioni
Bronchite 14%
Rinite 5%
Infezioni virali gravi1 non nota
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Dispnea 9%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 7%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Piressia 9%
Malattia simil-influenzale 5%
Edema periferico 5%
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Reazioni correlate all’infusione2 12%
1 Osservate durante la sorveglianza post-marketing. Vedere anche la sezione infezioni sotto.
2 Informazioni più dettagliate sulle reazioni correlate all’infusione sono fornite nel paragrafo “Descrizione di una selezione di reazioni avverse”.

Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nelle indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse GPA e MPA. Nel complesso il 4% dei pazienti nel braccio trattato con rituximab ha manifestato eventi avversi che hanno comportato l’interruzione della terapia. Gli eventi avversi nel braccio trattato con rituximab erano, per la maggior parte, di intensità da lieve a moderata. Nel braccio trattato con rituximab nessun paziente ha sviluppato eventi avversi con esito fatale.

Gli eventi più frequentemente segnalati e considerati reazioni avverse da farmaco sono stati infezioni e reazioni correlate all’infusione.

Follow-up a lungo termine (Studio 3 su GPA/MPA)

In uno studio di sicurezza a lungo termine di tipo osservazionale, 97 pazienti affetti da GPA e MPA hanno ricevuto il trattamento con rituximab (media di 8 infusioni [range da 1 a 28]) fino a un massimo di 4 anni, a discrezione dei rispettivi medici e secondo la loro pratica abituale. Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nell’artrite reumatoide, nella GPA e nella MPA, e non sono state segnalate nuove reazioni avverse.

Popolazione pediatrica

Uno studio in aperto a braccio singolo è stato condotto su 25 pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA attiva di grado severo. Il periodo complessivo dello studio era costituito da una fase d’induzione della remissione, della durata di 6 mesi, con un follow-up della durata minima di 18 mesi e massima complessiva di 4,5 anni. Durante la fase di follow-up Rituximab è stato somministrato a discrezione dello sperimentatore (17 su 25 pazienti hanno ricevuto un trattamento aggiuntivo con rituximab). Il trattamento concomitante con altre terapie immunosoppressive era consentito (vedere paragrafo 5.1).

Le ADR sono state considerate eventi avversi verificatisi con un’incidenza ≥ 10% e comprendevano: infezioni (17 pazienti [68%] nella fase d’induzione della remissione; 23 pazienti [92%] nel periodo complessivo dello studio), IRR (15 pazienti [60%] nella fase d’induzione della remissione; 17 pazienti [68%] nel periodo complessivo dello studio) e nausea (4 pazienti [16%] nella fase d’induzione della remissione; 5 pazienti [20%] nel periodo complessivo dello studio).

Durante il periodo complessivo dello studio il profilo di sicurezza di rituximab è risultato coerente con quello riportato nel corso della fase d’induzione della remissione.

Per tipologia, natura e severità degli eventi avversi, il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA è risultato coerente con quello noto in pazienti adulti nelle indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse GPA o MPA nell’adulto.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Reazioni correlate all’infusione

Nello Studio 1 su GPA/MPA (valutazione dell’induzione della remissione patologica in pazienti adulti), le IRR sono state definite come qualsiasi evento avverso verificatosi entro 24 ore dall’infusione e considerato correlato all’infusione dallo sperimentatore nella popolazione studiata per la sicurezza. Dei 99 pazienti trattati con rituximab, 12 (12%) hanno manifestato almeno una IRR. Tutte le IRR erano di grado 1 o 2 secondo CTC. L’IRR più comune comprendeva la sindrome da rilascio di citochine, rossore, irritazione alla gola e tremore. Rituximab è stato somministrato in associazione a glucocorticoidi per via endovenosa che possono ridurre l’incidenza e la severità di questi eventi.

Nello Studio 2 su GPA/MPA (valutazione della terapia di mantenimento in pazienti adulti), 7 su 57 (12%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato almeno una IRR. L’incidenza dei sintomi indicativi di IRR è risultata maggiore durante o dopo la prima infusione (9%), mentre è diminuita con le infusioni successive (< 4%). Tutti i sintomi di IRR erano di intensità lieve o moderata e sono stati riportati principalmente sotto le voci Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche e Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo della classificazione per sistemi e organi.

Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA, le IRR segnalate sono state prevalentemente osservate con la somministrazione della prima infusione (8 pazienti [32%]) per poi diminuire nel corso del tempo con il numero delle infusioni di rituximab (20% con la seconda infusione, 12% con la terza infusione e 8% con la quarta infusione). I sintomi di IRR riportati con maggiore frequenza durante la fase d’induzione della remissione sono stati: cefalea, eruzione cutanea, rinorrea e piressia (8% per ogni sintomo). I sintomi di IRR osservati sono risultati simili a quelli noti nei pazienti adulti affetti da GPA e MPA in terapia con rituximab. Le IRR sono state, per la maggior parte, di grado 1 e grado 2, si sono verificate due IRR non gravi di grado 3 e non sono state segnalate IRR di grado 4 o 5. In un paziente è stata riportata una IRR grave di grado 2 (edema generalizzato risoltosi con il trattamento) (vedere paragrafo 4.4).

Infezioni

Nello Studio 1 su GPA/MPA, il tasso complessivo di infezioni è stato circa 237 per 100 paziente-anno (95% IC 197-285) all’endpoint primario a 6 mesi. Le infezioni erano prevalentemente da lievi a moderate e consistevano principalmente in infezioni del tratto respiratorio superiore, herpes zoster ed infezioni del tratto urinario. Il tasso di infezioni serie era di circa 25 per 100 paziente-anno.

L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la polmonite con una frequenza del 4%.

Nello Studio 2 su GPA/MPA, 30 su 57 (53%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato infezioni. L’incidenza di infezioni di qualsiasi grado è risultata simile tra i bracci di trattamento. Le infezioni erano prevalentemente lievi e moderate e quelle più frequentemente segnalate nel braccio trattato con rituximab includevano infezioni del tratto respiratorio superiore, gastroenterite, herpes zoster e infezioni del tratto urinario. L’incidenza di infezioni gravi è risultata simile in entrambi i gruppi di trattamento (circa 12%). L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la bronchite di intensità lieve o moderata.

Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici affetti da GPA e MPA attiva di grado severo, le infezioni segnalate sono state per il 91% non gravi e per il 90% da lievi a moderate.

Le infezioni più frequentemente riportate nel periodo complessivo dello studio sono state: infezioni del tratto respiratorio superiore (URTI; 48%), influenza (24%), congiuntivite (20%), nasofaringite (20%), infezioni del tratto respiratorio inferiore (16%), sinusite (16%), URTI virali (16%), infezione dell’orecchio (12%), gastroenterite (12%), faringite (12%) e infezione del tratto urinario (12%). In 7 pazienti (28%) sono state segnalate infezioni gravi che includevano, come eventi avversi riportati con maggiore frequenza, influenza (2 pazienti [8%]) e infezione del tratto respiratorio inferiore (2 pazienti [8%]).

Nella fase post-marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti affetti da GPA e MPA trattati con rituximab.

Neoplasie

Nello Studio 1 su GPA/MPA, l’incidenza di neoplasie nei pazienti trattati con rituximab negli studi clinici riferiti alla GPA e alla MPA era di 2,00 per 100 paziente-anno alla data di chiusura comune dello studio (quando l’ultimo paziente aveva completato il periodo di follow-up).

Sulla base del rapporto standardizzato per l’incidenza, l’incidenza di neoplasie sembra essere simile a quanto precedentemente riportato in pazienti con vasculite ANCA associata.

Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici non sono state segnalate neoplasie maligne con un periodo di follow-up fino a 54 mesi.

Reazioni avverse cardiovascolari

Nello Studio 1 su GPA/MPA, si sono verificati eventi cardiaci con un tasso di circa

273 per 100 paziente-anno (95% IC 149-470) all’endpoint primario a 6 mesi. Il tasso di eventi cardiaci seri era di 2,1 per 100 paziente-anno (95% IC 3-15). L’evento avverso segnalato più frequentemente è stata la tachicardia (4%) e la fibrillazione atriale (3%) (vedere paragrafo 4.4).

Eventi neurologici

Nell’ambito delle patologie autoimmuni sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)/sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, cefalea, crisi epilettiche e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.

Riattivazione dell’epatite B

Un piccolo numero di casi di riattivazione di epatite B, alcuni ad esito fatale, è stato segnalato in pazienti affetti da GPA e MPA in trattamento con rituximab nella fase post-marketing.

Ipogammaglobulinemia

In pazienti adulti e pediatrici affetti da GPA e MPA in trattamento con rituximab, è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgA, IgG o IgM al di sotto del limite inferiore di normalità).

Nello Studio 1 su GPA/MPA, a 6 mesi, nel gruppo rituximab il 27%, 58% e 51% dei pazienti con livelli normali di immunoglobuline al basale avevano bassi livelli di IgA, IgG e IgM, rispettivamente rispetto al 25%, 50% e 46% del gruppo ciclofosfamide. Dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgA, IgG o IgM non è stato osservato alcun incremento del tasso di infezioni complessive o di infezioni gravi.

Nello Studio 2 su GPA/MPA, non sono state osservate differenze clinicamente significative tra i due bracci di trattamento, né riduzioni dei livelli totali di immunoglobuline (IgG, IgM o IgA) per l’intera durata dello stesso.

Durante il periodo complessivo dello studio clinico condotto su pazienti pediatrici, 3 su 25 (12%) pazienti hanno segnalato un evento di ipogammaglobulinemia e 18 pazienti (72%) presentavano un abbassamento prolungato (definito come concentrazioni di Ig al di sotto del limite inferiore di normalità per almeno 4 mesi) dei livelli di IgG (di questi, 15 pazienti presentavano anche un abbassamento prolungato dei livelli di IgM). Tre pazienti sono stati trattati con immunoglobuline per via endovenosa (Ig e.v.). In base ai dati limitati disponibili non è possibile trarre solide conclusioni in merito al fatto che l’abbassamento prolungato dei livelli di IgG e IgM abbia comportato un incremento del rischio di infezioni gravi in questi pazienti. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.

Neutropenia

Nello Studio 1 su GPA/MPA, il 24% dei pazienti nel gruppo rituximab (singolo ciclo) e il 23% dei pazienti nel gruppo ciclofosfamide hanno sviluppato neutropenia di grado 3 o superiore secondo CTC. La neutropenia non è stata associata ad un osservato incremento di infezioni serie nei pazienti trattati con rituximab.

Nello Studio 2 su GPA/MPA, l’incidenza di neutropenia di qualsiasi grado è risultata pari allo 0% per i pazienti trattati con rituximab rispetto al 5% per i pazienti trattati con azatioprina.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Sono stati riportati molto raramente episodi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni con esito fatale.

Esperienza clinica nel pemfigo volgare

Riassunto del profilo di sicurezza nell’ambito dello Studio 1 (ML22196) e dello Studio 2 (WA29330) su PV Il profilo di sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi a breve termine nel trattamento di pazienti con PV è stato valutato in uno studio clinico di fase III, randomizzato, controllato, multicentrico e in aperto, condotto su pazienti affetti da pemfigo, di cui 38 con PV (Studio 1 su PV). Questi ultimi, randomizzati al gruppo rituximab, hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di 1.000 mg il giorno 1 e una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg il giorno 15. La somministrazione per via endovenosa delle dosi di mantenimento da 500 mg è avvenuta al mese 12 e 18. Al momento della ricaduta i pazienti potevano essere trattati con un’infusione endovenosa di 1.000 mg (vedere paragrafo 5.1).

Nello Studio 2 su PV, randomizzato, in doppio cieco, con doppia simulazione, controllato verso trattamento attivo e multicentrico, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di rituximab rispetto a micofenolato mofetile (MMF) in pazienti affetti da pemfigo volgare di grado moderato o severo per i quali è stata necessaria la somministrazione di corticosteroidi orali, 67 soggetti con pemfigo volgare hanno ricevuto il trattamento con rituximab (infusione endovenosa iniziale da 1000 mg il Giorno 1 dello studio e seconda infusione endovenosa da 1000 mg il Giorno 15 dello studio, ripetute alle Settimane 24 e 26) per un periodo massimo di 52 settimane (vedere paragrafo 5.1).

Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti affetti da pemfigo volgare è risultato coerente con quello stabilito per altre indicazioni autoimmuni approvate.

Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella per lo Studio 1 e lo Studio 2 su PV

Le reazioni avverse emerse nello Studio 1 e nello Studio 2 su PV sono riportate nella tabella 7. Nello Studio 1 su PV, le ADR sono state definite come eventi avversi che si sono verificati con un tasso  5% nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab, con una differenza assoluta  2% in termini di incidenza tra il gruppo trattato con rituximab e il gruppo trattato con prednisone a dose standard fino al mese 24. Nello Studio 1 nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una ADR. Nello Studio 2 su PV, le ADR sono state definite come eventi avversi che si sono verificati in  5% dei pazienti nel braccio rituximab e che sono stati valutati come correlati al trattamento.

Tabella 7 Reazioni avverse verificatesi nei pazienti affetti da PV trattati con rituximab nell’ambito dello Studio 1 (fino al Mese 24) e dello Studio 2 (fino alla Settimana 52) su PV, o durante la sorveglianza post-marketing

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Molto comune Comune Non nota
Infezioni ed infestazioni Infezioni del tratto respiratorio superiore Infezioni da virus herpetici
Herpes zoster Herpes orale Congiuntivite Nasofaringite Candidosi orale Infezioni del tratto
urinario
Infezioni virali gravi1
Tumori benigni, maligni e
non specificati (cisti e polipi compresi)
Papilloma cutaneo
Disturbi psichiatrici Disturbo depressivo persistente Depressione maggiore Irritabilità
Patologie del sistema nervoso Cefalea Capogiro
Patologie cardiache Tachicardia
Patologie gastrointestinali Dolore al quadrante addominale superiore
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Prurito
Orticaria Disturbi cutanei
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e delle
ossa
Dolore muscoloscheletrico Artralgia
Dolore alla schiena
Patologie sistemiche e
condizioni relative alla sede di somministrazione
Stanchezza
Astenia Piressia
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da
procedura
Reazioni correlate all’infusione2
1 Osservate durante la sorveglianza post-marketing. Vedere anche la sezione infezioni sotto.
2 Per lo Studio 1 su PV le IRR hanno incluso i sintomi raccolti in occasione della visita successiva prevista dopo ogni infusione e gli eventi avversi verificatisi il giorno dell’infusione o un giorno dopo la stessa. Per lo Studio 1 su PV i sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati sono stati cefalea, brividi, ipertensione, nausea, astenia e dolore.
Per lo Studio 2 su PV i sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati sono stati dispnea, eritema, iperidrosi, rossore/vampate di calore, ipotensione/bassa pressione arteriosa e eruzione cutanea/eruzione cutanea pruriginosa.

Descrizione di una selezione di reazioni avverse

Reazioni correlate all’infusione

Nello Studio 1 su PV le reazioni correlate all’infusione (IRR) sono state comuni (58%) e quasi tutte di intensità da lieve a moderata. La percentuale di pazienti che ha manifestato una IRR è stata pari al 29% (11 pazienti), 40% (15 pazienti), 13% (5 pazienti) e 10% (4 pazienti) a seguito, rispettivamente, della prima, della seconda, della terza e della quarta infusione. Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una IRR. La tipologia e la severità dei sintomi di IRR sono risultate simili a quelle osservate nei pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica.

Nello Studio 2 su PV, le IRR si sono verificate prevalentemente in occasione della prima infusione e la loro frequenza è diminuita con le infusioni successive: il 17,9%, il 4,5%, il 3% e il 3% dei pazienti ha manifestato IRR in occasione, rispettivamente, della prima, della seconda, della terza e della quarta infusione. In 11 su 15 pazienti che hanno sviluppato almeno una IRR, le reazioni correlate all’infusione sono risultate di grado 1 o 2. In 4 su 15 pazienti sono state segnalate IRR di grado ≥3 che hanno comportato l’interruzione della terapia con rituximab; 3 su 4 pazienti hanno manifestato IRR gravi (potenzialmente letali). Le IRR gravi si sono verificate in occasione della prima (2 pazienti) o della seconda (1 paziente) infusione e si sono risolte con la somministrazione di un trattamento sintomatico.

Infezioni

Nello Studio 1 su PV, 14 pazienti (37%) nel gruppo rituximab hanno manifestato infezioni correlate al trattamento rispetto a 15 pazienti (42%) nel gruppo prednisone a dose standard. Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni da herpes simplex e zoster, bronchite, infezioni del tratto urinario, infezioni fungine e congiuntivite. Tre pazienti (8%) nel gruppo rituximab hanno manifestato, in totale, 5 infezioni gravi (polmonite da Pneumocystis jirovecii, trombosi infettiva, discite intervertebrale, infezione polmonare, sepsi da Staphylococcus) e un paziente (3%) nel gruppo prednisone a dose standard ha sviluppato un’infezione grave (polmonite da Pneumocystis jirovecii).

Nello Studio 2 su PV, 42 pazienti (62,7%) nel braccio rituximab hanno manifestato infezioni. Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni del tratto respiratorio superiore, nasofaringite, candidosi orale e infezioni del tratto urinario. Sei pazienti (9%) nel braccio rituximab hanno sviluppato infezioni gravi.

Nella fase post-marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab.

Anomalie di laboratorio

Nello Studio 2 su PV, riduzioni transitorie della conta linfocitaria, determinate dalla diminuzione delle popolazioni di cellule T periferiche, e una riduzione transitoria dei livelli di fosforo sono state molto frequentemente osservate dopo l’infusione nel braccio rituximab. Tali eventi sono stati ritenuti indotti dall’infusione endovenosa di metilprednisolone somministrata come premedicazione.

Sebbene nello Studio 2 su PV sia stata frequentemente osservata una riduzione dei livelli di IgG e molto frequentemente una riduzione dei livelli di IgM, dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgG o IgM non è stata riscontrata alcuna evidenza di aumento del rischio di infezioni gravi.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Dagli studi clinici condotti sull’uomo è disponibile una limitata esperienza con dosi superiori a quella approvata per la formulazione endovenosa di rituximab. La più alta dose di rituximab per via endovenosa testata finora sull’uomo è 5.000 mg (2250 mg/m2), sperimentata in uno studio con aumento scalare della dose in pazienti affetti da LLC. Non sono stati identificati ulteriori segnali di sicurezza.

I pazienti che manifestano sovradosaggio devono interrompere immediatamente l’infusione ed essere attentamente monitorati.

Successivamente alla commercializzazione sono stati riportati cinque casi di sovradosaggio di rituximab. Tre di questi casi non hanno riportato eventi avversi. I due eventi avversi che sono stati riportati erano sintomi simil-influenzali con una dose di 1,8 g di rituximab e insufficienza respiratoria ad esito fatale con una dose da 2 g di rituximab.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01X C02 Rixathon è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali: http://www.ema.europa.eu.

Rituximab si lega in modo specifico all’antigene transmembranico CD20, una fosfoproteina non glicosilata, che si trova sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. L’antigene viene espresso su oltre il 95% di tutti i linfomi non-Hodgkin a cellule B (LNH).

Il CD20 si ritrova nelle cellule B normali e neoplastiche, ma non sulle cellule staminali emopoietiche, sulle cellule pro-B, sulle plasmacellule normali o su altri tessuti normali. L’antigene non viene internalizzato dopo legame anticorpale e non viene disseminato dalla superficie cellulare. Il CD20 non circola nel sangue come antigene libero e quindi non compete con il legame degli anticorpi.

Il dominio Fab del rituximab si lega all’antigene CD20 sui linfociti B e il dominio Fc può attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario con lo scopo di provocare la lisi delle cellule B. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall’effettore comprendono la citotossicità complemento-dipendente (CDC) attraverso il legame con il C1q e la citotossicità cellulare anticorpo- dipendente (ADCC) mediata da uno o più recettori Fcγ sulla superficie di granulociti, macrofagi e cellule NK. È stato anche dimostrato che il legame del rituximab all’antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi.

La conta delle cellule B periferiche è scesa al di sotto dei valori normali successivamente alla somministrazione della prima dose di rituximab. Nei pazienti trattati per tumori ematologici, il ripristino delle cellule B è iniziato entro 6 mesi dal trattamento e generalmente ritorna ai livelli di normalità entro 12 mesi dopo il completamento della terapia, sebbene in alcuni pazienti il recupero può essere più lungo (con una mediana del tempo di recupero di 23 mesi dopo la terapia di induzione). Nei pazienti con artrite reumatoide, la deplezione immediata delle cellule B nel sangue periferico è stata osservata in seguito a due infusioni da 1.000 mg ciascuna di rituximab, separate da un intervallo di 14 giorni. La conta periferica delle cellule B inizia ad aumentare dalla settimana 24 e segnali di ripristino si osservano nella maggior parte dei pazienti dalla settimana 40, sia quando rituximab è somministrato in monoterapia, sia quando è somministrato in associazione a metotrexato. Una piccola percentuale di pazienti ha manifestato una deplezione prolungata delle cellule B periferiche per 2 anni od oltre dopo l’ultima dose di rituximab. Nei pazienti con GPA o MPA, il numero delle cellule B del sangue periferico si è ridotto a < 10 cellule/µL dopo due infusioni settimanali di rituximab 375 mg/m2, ed è rimasto a questo livello nella maggior parte dei pazienti fino al time point di 6 mesi. La maggior parte dei pazienti (81%) ha mostrato segni di ricostituzione delle cellule B con conta > 10 cellule/µL entro 12 mesi, raggiungendo l’87% dei pazienti entro il mese 18.

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin (LNH) e nella leucemia linfatica cronica (LLC)

Linfoma follicolare

Monoterapia

Trattamento iniziale, settimanale per 4 dosi

Nello studio registrativo, 166 pazienti con LNH ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto 375 mg/m 2

di rituximab in infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane. La percentuale di risposte globali (ORR) nella popolazione valutata secondo l’intent to treat analysis (ITT) è stata del 48% (IC95% 41% – 56%) con un 6% di risposte complete (CR) e un 42% di risposte parziali (PR). La proiezione della mediana del tempo alla progressione (TTP) per i pazienti che hanno risposto è stata di 13,0 mesi. In un’analisi per sottogruppi, l’ORR è stata più elevata in pazienti con sottotipi istologici IWF B, C e D rispetto a quelli con sottotipo istologico IWF A (58% contro 12%), in pazienti con diametro maggiore della lesione < 5 cm rispetto a quelli con diametro maggiore > 7 cm (53% contro 38%) e in pazienti con ricaduta chemiosensibile rispetto a quelli con ricaduta chemioresistente (definita come durata della risposta < 3 mesi) (50% contro 22%). L’ORR nei pazienti precedentemente trattati con trapianto di midollo osseo autologo (ABMT) è stata del 78% contro il 43% dei pazienti non precedentemente trattati con ABMT. Età, sesso, grado di linfoma, diagnosi iniziale, presenza o assenza di malattia bulky, LDH normale o elevata, presenza di malattia extranodale non hanno avuto un effetto statisticamente significativo (test esatto di Fisher) sulla risposta a rituximab. Una correlazione statisticamente significativa è stata identificata tra la percentuale di risposta e il coinvolgimento del midollo osseo. Il 40% dei pazienti con coinvolgimento del midollo osseo ha risposto contro il 59% dei pazienti senza coinvolgimento del midollo osseo (p = 0,0186). Questo risultato non è stato supportato dall’analisi cosiddetta “stepwise logistic regression” nella quale i seguenti fattori sono stati identificati come fattori prognostici: tipo istologico, positività bcl-2 al basale, resistenza all’ultima chemioterapia e malattia bulky.

Trattamento iniziale, settimanale per 8 dosi

In uno studio multicentrico, a un singolo braccio di trattamento, 37 pazienti con LNH ricaduto o chemioresistente, a basso grado o follicolare a cellule B hanno ricevuto rituximab 375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per otto dosi. L’ORR è stata del 57% (Intervallo di confidenza (IC) al 95%: 41% – 73%; CR 14%, PR 43%) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 19,4 mesi (intervallo da 5,3 a 38,9 mesi).

Trattamento iniziale, malattia bulky, settimanale per 4 dosi

In un pool di dati di 3 studi, 39 pazienti con LNH ricaduto o chemioresistente, malattia bulky (singola lesione ≥ 10 cm di diametro), a basso grado o follicolare a cellule B, hanno ricevuto rituximab 375 mg/m2 in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. L’ORR è stata del 36% (IC95% 21% – 51%; CR 3%, PR 33%) con una mediana di TTP per i pazienti responsivi di 9,6 mesi (intervallo 4,5 – 26,8 mesi).

Ritrattamento, settimanale per 4 dosi

In uno studio multicentrico, con un singolo braccio di trattamento, 58 pazienti con LNH ricaduto o chemioresistente a basso grado o follicolare a cellule B, che avevano ottenuto una risposta clinica obiettiva ad un precedente ciclo di trattamento con rituximab, sono stati ritrattati con 375 mg/m2 di rituximab in infusione endovenosa settimanale per quattro dosi. Tre di questi pazienti avevano ricevuto due cicli di rituximab prima di essere arruolati e, cosi, hanno ricevuto un terzo ciclo nello studio. Due pazienti sono stati ritrattati due volte nello studio. Per i 60 ritrattamenti nello studio, la ORR è stata del 38% (IC95 % 26% – 51%; CR 10%, PR 28%) con una proiezione della mediana del TTP per i pazienti responsivi di 17,8 mesi (intervallo 5,4-26,6). Questo dato si presenta migliore rispetto al TTP ottenuto dopo il primo ciclo di rituximab (12,4 mesi).

Trattamento iniziale, in associazione a chemioterapia

In uno studio clinico in aperto randomizzato, 322 pazienti totali con linfoma follicolare precedentemente non trattati sono stati randomizzati a ricevere o chemioterapia CVP (ciclofosfamide 750 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino a un massimo di 2 mg il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die i giorni 1-5) ogni 3 settimane per 8 cicli o rituximab 375 mg/m2 in associazione a CVP (R-CVP).

Rituximab è stato somministrato il primo giorno di ogni ciclo di trattamento. 321 pazienti totali (162 R-CVP, 159 CVP) hanno ricevuto la terapia e sono stati analizzati per efficacia. La mediana di follow-up dei pazienti era 53 mesi. R-CVP ha portato a un beneficio significativo rispetto a CVP per l’endpoint primario, cioè il tempo al fallimento del trattamento (27 mesi rispetto a 6,6 mesi, p < 0,0001, log-rank test). La percentuale di pazienti con risposta tumorale (RC, RCu, RP) è stata significativamente più elevata (p < 0,0001, test del chi-quadrato) nel gruppo R-CVP (80,9%) rispetto al gruppo CVP (57,2%). Il trattamento con R-CVP ha prolungato significativamente il tempo alla progressione della malattia o alla morte se confrontato a CVP, 33,6 mesi e 14,7 mesi, rispettivamente (p< 0,0001, log-rank test). La mediana di durata della risposta è stata di 37,7 mesi nel gruppo R-CVP e di 13,5 mesi nel gruppo CVP (p < 0,0001, log-rank test).

La differenza tra i gruppi di trattamento riguardo la sopravvivenza globale ha evidenziato una differenza clinica significativa (p = 0,029, log-rank test stratificato per centro): la percentuale di sopravvivenza a 53 mesi è stata 80,9% per i pazienti nel gruppo R-CVP in confronto a 71,1% per i pazienti nel gruppo CVP.

Anche i risultati di altri tre studi randomizzati con impiego di rituximab in associazione a regimi di chemioterapia diversi da CVP (CHOP, MCP, CHVP/Interferone-α) hanno dimostrato miglioramenti significativi in termini di percentuali di risposta, parametri dipendenti dal tempo e sopravvivenza globale. I risultati più importanti di tutti e quattro gli studi sono riassunti nella tabella 8.

Tabella 8 Riassunto dei risultati più importanti dei quattro studi randomizzati di fase III che hanno valutato il beneficio di rituximab con diversi regimi di chemioterapia nel linfoma follicolare

Studio Trattamento, N Mediana di FU, mesi ORR,
%
CR,
%
Mediana TTF/PFS/ EFS,
mesi
OS
percentuali,
%
M39021 CVP, 159
R-CVP, 162
53 5781 1041 Mediana TTP: 14,7
33,6
p < 0,0001
53-mesi 71,1
80,9
p = 0,029
GLSG’00 CHOP, 205
R-CHOP, 223
18 9096 1720 Mediana TTF: 2,6 anni
Non raggiunta p < 0,001
18-mesi 90
95
p = 0,016
OSHO-39 MCP, 96
R-MCP, 105
47 7592 2550 Mediana PFS:
28,8 Non
raggiunta p < 0,0001
48-mesi 74
87
p = 0,0096
FL2000 CHVP-IFN, 183 R-CHVP-IFN, 175 42 8594 4976 Mediana EFS: 36 Non raggiunta
p < 0,0001
42-mesi
8491
p = 0,029

EFS – Sopravvivenza libera da eventi TTP – Tempo alla progressione o morte

PFS – Sopravvivenza libera da progressione TTF – Tempo al fallimento del trattamento

OS percentuali – percentuali di sopravvivenza al tempo dell’analisi

Terapia di mantenimento

Linfoma follicolare non precedentemente trattato

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III 1.193 pazienti con linfoma follicolare avanzato non precedentemente trattato hanno ricevuto terapia di induzione con R-CHOP (n = 881), R-CVP (n = 268) o R-FCM (n = 44), in base alla scelta dello sperimentatore. Un totale di 1.078 pazienti ha risposto alla terapia di induzione, dei quali 1.018 sono stati randomizzati alla terapia di mantenimento con rituximab (n = 505) od osservazione (n = 513). I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo stato di malattia. Il trattamento di mantenimento con rituximab consisteva di una singola infusione di rituximab somministrato alla dose di 375 mg/m2 di superficie corporea ogni 2 mesi fino a progressione della malattia o per un periodo massimo di 2 anni.

L’analisi primaria prespecifica è stata condotta a un tempo mediano di osservazione di 25 mesi dalla randomizzazione, la terapia di mantenimento con rituximab ha prodotto un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo dell’endpoint primario della sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore se confrontato con l’osservazione in pazienti con linfoma follicolare non precedentemente trattati (tabella 9).

Un beneficio significativo dato dal trattamento di mantenimento con rituximab è stato osservato anche per gli endpoint secondari sopravvivenza libera da eventi (EFS), tempo al successivo trattamento anti- linfoma (TNLT), tempo alla successiva chemioterapia (TNCT) e percentuale di risposta globale (ORR) nell’analisi primaria (tabella 9).

I dati ottenuti dal follow-up esteso di pazienti nello studio (follow-up mediano di 9 anni) hanno confermato il beneficio a lungo termine della terapia di mantenimento con rituximab in termini di PFS, EFS, TNLT e TNCT (tabella 9).

Tabella 9 Sintesi dei risultati di efficacia di mantenimento con rituximab vs. osservazione all’analisi primaria definita dal protocollo e dopo 9 anni di follow-up mediano (analisi finale)

Analisi primaria (FU mediano: 25 mesi) Analisi finale (FU mediano: 9 anni)
Osservazione Rituximab N=513 N=505 Osservazione Rituximab N=513 N=505
Primario di efficacia Sopravvivenza libera da progressione (mediana) log-rank valore di p rischio relativo (95% IC)
riduzione di rischio
NR NR
< 0,0001
0,50 (0,39, 0,64)
50%
4,06 anni 10,49 anni
< 0,0001
0,61 (0,52, 0,73)
39%
Secondario di efficacia Sopravvivenza globale (mediana) log-rank valore di p
rischio relativo (95% IC) riduzione di rischio
NR NR
0,7246
0,89 (0,45, 1,74)
11%
NR NR
0,7948
1,04 (0,77, 1,40)
-6%
Sopravvivenza libera da eventi (mediana)
log-rank valore di p rischio relativo (95% IC)
riduzione di rischio
38 mesi NR
< 0,0001
0,54 (0,43, 0,69)
46%
4,04 anni 9,25 anni
< 0,0001
0,64 (0,54, 0,76)
36%
TNLT (mediana) log-rank valore di p
rischio relativo (95% IC) riduzione di rischio
NR NR
0,0003
0,61 (0,46, 0,80)
39%
6,11 anni NR
< 0,0001
0,66 (0,55, 0,78)
34%
TNCT (mediana) log-rank valore di p
rischio relativo (95% IC) riduzione di rischio
NR NR
0,0011
0,60 (0,44, 0,82)
40%
9,32 anni NR
0,0004
0,71 (0,59, 0,86)
39%
Analisi primaria
(FU mediano: 25 mesi)
Analisi finale
(FU mediano: 9 anni)
Osservazione Rituximab
N=513 N=505
Osservazione Rituximab
N=513 N=505
Percentuale di risposta globale * Test del chi-quadrato valore di p
odds ratio (95% IC)
55% 74%
< 0,0001
2,33 (1,73, 3,15)
61% 79%
< 0,0001
2,43 (1,84, 3,22)
Percentuale di risposta completa (CR/CRu) *
Test del chi-quadrato valore di p odds ratio (95% IC)
48% 67%
< 0,0001
2,21 (1,65, 2,94)
53% 67%
< 0,0001
2,34 (1,80, 3,03)

*al termine del mantenimento/osservazione; risultati dell’analisi finale basati sulla mediana di follow-up di 73 mesi.

FU: follow-up; NR: non raggiungibile al tempo del cut off clinico; TNCT: tempo al successivo trattamento chemioterapico; TNLT: tempo al successivo trattamento anti-linfoma.

La terapia di mantenimento con rituximab ha fornito un consistente beneficio in tutti i sottogruppi predefiniti testati: sesso (maschi, femmine), età (< 60 anni,  60 anni), FLIPI score (≤1, 2 o 3), terapia di induzione (R-CHOP, R-CVP o R-FCM) e indipendentemente dalla qualità della risposta alla terapia di induzione (CR, CRu o PR). Analisi esplorative del beneficio del trattamento di mantenimento hanno mostrato un effetto meno pronunciato nei pazienti anziani (> 70 anni di età), tuttavia le dimensioni del campione erano ridotte.

Linfoma follicolare ricaduto/refrattario

In uno studio prospettico, in aperto, internazionale, multicentrico, di fase III, 465 pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente sono stati randomizzati in una prima fase alla terapia di induzione con CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisolone; n = 231) o rituximab più CHOP (R-CHOP, n = 234). I due gruppi di trattamento sono stati ben bilanciati riguardo le caratteristiche al basale e lo status di malattia. Un totale di 334 pazienti che hanno ottenuto una remissione completa o parziale dopo la terapia di induzione è stato randomizzato in una seconda fase a terapia di mantenimento con rituximab (n = 167) od osservazione (n = 167). Il trattamento di mantenimento con rituximab era costituito da una singola infusione di rituximab a 375 mg/m2 di superficie corporea somministrata ogni 3 mesi fino alla progressione di malattia o per un periodo massimo di due anni.

L’analisi finale di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati in entrambe le parti dello studio. Dopo una mediana del tempo di osservazione di 31 mesi per i pazienti randomizzati nella fase di induzione, R-CHOP ha migliorato significativamente la prognosi di pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente se confrontato con CHOP (vedere tabella 10).

Tabella 10 Fase di induzione: elenco dei risultati di efficacia di CHOP confrontato con R-CHOP (mediana del tempo di osservazione pari a 31 mesi)

CHOP R-CHOP valore p Riduzione del rischio1)
Variabili primarie di efficacia
ORR2) CR2)
PR2)
74%
16%
58%
87%
29%
58%
0,0003
0,0005
0,9449
NA NA NA

1) La stima è stata calcolata con il rischio relativo.

2) Ultima risposta tumorale come valutata dallo sperimentatore. Il test statistico “primario” per “risposta” è stato il trend test di CR rispetto a PR rispetto a non-risposta (p < 0,0001).

Abbreviazioni: NA, non disponibile; ORR: percentuale di risposte globali; CR: risposta completa; PR: risposta parziale.

Per i pazienti randomizzati alla fase di mantenimento dello studio, la mediana del tempo di osservazione è stata di 28 mesi dalla randomizzazione per il mantenimento. Il trattamento di mantenimento con rituximab ha portato ad un miglioramento clinico rilevante e statisticamente significativo per quanto riguarda l’endpoint primario, la PFS (tempo dalla randomizzazione per il mantenimento alla ricaduta, progressione di malattia o morte), quando confrontato con la sola osservazione (p < 0,0001 log-rank test). La mediana di PFS è stata di 42,2 mesi nel braccio mantenimento con rituximab rispetto a 14,3 mesi nel braccio osservazione. Usando l’analisi della regressione di Cox, il rischio di andare incontro a progressione di malattia o morte è stato ridotto del 61% con il trattamento di mantenimento con rituximab rispetto alla sola osservazione (IC al 95%: 45% – 72%). La stima di Kaplan-Meier della percentuale di pazienti liberi da progressione a 12 mesi è stata del 78% nel gruppo di mantenimento con rituximab rispetto al 57% nel gruppo osservazione.

Un’analisi della sopravvivenza globale ha confermato il beneficio significativo del mantenimento con 14º-+ Tabella 11 Fase di mantenimento: elenco dei risultati di efficacia di rituximab rispetto a osservazione (28 mesi di mediana del tempo di osservazione)

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier della mediana del tempo all’evento (mesi) Riduzione del rischio
Osservazione (N = 167) Rituximab (N = 167) Log-Rank valore p
Sopravvivenza libera da progressione (PFS) 14,3 42,2 < 0,0001 61%
Sopravvivenza globale NR NR 0,0039 56%
Tempo ad un nuovo trattamento 20,1 38,8 < 0,0001 50%
anti-linfoma
Sopravvivenza libera da malattiaa 16,5 53,7 0,0003 67%
Analisi dei sottogruppi
PFS
CHOP 11,6 37,5 < 0,0001 71%
R-CHOP 22,1 51,9 0,0071 46%
CR 14,3 52,8 0,0008 64%
PR 14,3 37,8 < 0,0001 54%
OS
CHOP NR NR 0,0348 55%
R-CHOP NR NR 0,0482 56%

NR: non raggiunto; a: applicabile solo a pazienti che ottengono una CR Il beneficio del trattamento di mantenimento con rituximab è stato confermato in tutti i sottogruppi analizzati indipendentemente dal regime di induzione (CHOP o R-CHOP) o dalla qualità di risposta al trattamento di induzione (CR o PR) (tabella 11). Il trattamento di mantenimento con rituximab ha prolungato significativamente la mediana di PFS in pazienti che hanno risposto alla terapia di induzione con CHOP (mediana di PFS 37,5 mesi rispetto a 11,6 mesi, p < 0,0001) come in quelli che hanno risposto a induzione con R-CHOP (mediana di PFS 51,9 mesi rispetto a 22,1 mesi, p = 0,0071). Anche se i sottogruppi erano piccoli, il trattamento di mantenimento con rituximab ha determinato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza globale per entrambi i sottogruppi di pazienti, sia quello che ha risposto a CHOP sia quello che ha risposto a R-CHOP, sebbene sia richiesto un più lungo follow-up per confermare questa osservazione.

Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B nei pazienti adulti

In uno studio randomizzato, in aperto, un totale di 399 pazienti anziani (età compresa tra 60 e 80 anni) non precedentemente trattati, con linfoma diffuso a grandi cellule B, ha ricevuto cicli standard di chemioterapia CHOP (ciclofosfamide 750 mg/m2, doxorubicina 50 mg/m2, vincristina 1,4 mg/m2 fino ad un massimo di 2 mg somministrati il giorno 1, e prednisolone 40 mg/m2/die somministrato i giorni 1-5) ogni 3 settimane per otto cicli, o rituximab 375 mg/m2 in associazione a CHOP (R-CHOP). Rituximab è stato somministrato il primo giorno del ciclo di trattamento.

L’analisi finale dei dati di efficacia ha incluso tutti i pazienti randomizzati (197 CHOP, 202 R-CHOP) ed ha presentato una mediana della durata di follow-up di circa 31 mesi. I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati per quanto riguarda le caratteristiche e lo stato della malattia al basale. L’analisi finale ha confermato che il trattamento con R-CHOP è stato associato ad un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo nella durata della sopravvivenza libera da eventi (il parametro di efficacia primario; mentre gli eventi erano la morte, la ricaduta o la progressione del linfoma, o il passaggio ad un nuovo trattamento anti-linfoma) (p = 0,0001). La stima di Kaplan-Meier della mediana di durata della sopravvivenza libera da eventi è stata di 35 mesi nel braccio R-CHOP contro i 13 mesi nel braccio CHOP, rappresentando una riduzione del rischio del 41%. A 24 mesi, la stima della sopravvivenza globale è stata del 68,2% nel braccio R-CHOP verso il 57,4% nel braccio CHOP. Una successiva analisi della durata della sopravvivenza globale, effettuata ad una mediana di durata di follow-up di 60 mesi, ha confermato il beneficio del trattamento R-CHOP sul CHOP (p = 0,0071), rappresentando una riduzione del rischio del 32%.

L’analisi di tutti i parametri secondari (percentuale di risposte, sopravvivenza libera da progressione, sopravvivenza libera da malattia, durata della risposta) ha verificato l’efficacia del trattamento R-CHOP confrontato a CHOP. La percentuale di risposte complete dopo 8 cicli è stata del 76,2% nel gruppo R-CHOP e del 62,4% nel gruppo CHOP (p = 0,0028). Il rischio di progressione di malattia si è ridotto del 46% e il rischio di ricaduta del 51%. In tutti i sottogruppi di pazienti (sesso, età, IPI aggiustato per età, stadio di Ann Arbor, ECOG, β2-microglobulina, LDH, albumina, sintomi B, malattia bulky, siti extranodali, coinvolgimento del midollo osseo), i rapporti di rischio di sopravvivenza libera da eventi e sopravvivenza globale (R-CHOP confrontato a CHOP) sono stati meno di 0,83 e 0,95 rispettivamente. R-CHOP è stato associato ad un miglioramento della prognosi sia in pazienti ad alto che in pazienti a basso rischio secondo l’IPI aggiustato per età.

Dati di laboratorio clinico

Non sono state osservate risposte da parte dei 67 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi umani contro il topo (HAMA). Dei 356 pazienti sottoposti all’esame per la ricerca degli anticorpi anti-farmaco (ADA), l’1,1% (4 pazienti) è risultato positivo.

Leucemia linfatica cronica (LLC)

In due studi in aperto randomizzati, un totale di 817 pazienti con LLC precedentemente non trattati e 552 pazienti con LLC recidiva/refrattaria, sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia FC (fludarabina 25 mg/m2, ciclofosfamide 250 mg/m2, i giorni 1-3) ogni 4 settimane per 6 cicli o rituximab in associazione a FC (R-FC). Rituximab è stato somministrato alla dose di 375 mg/m2 durante il primo ciclo, un giorno prima della chemioterapia, e alla dose di 500 mg/m2 il giorno 1 di ogni ciclo di trattamento successivo. I pazienti sono stati esclusi dallo studio sulla LLC recidiva/refrattaria se erano stati precedentemente trattati con anticorpi monoclonali o se erano refrattari (definito come fallimento nel raggiungere una remissione parziale per almeno 6 mesi) alla fludarabina o a qualsiasi analogo nucleosidico. Un totale di 810 pazienti (403 R-FC, 407 FC) per lo studio di prima linea (tabella 12a e tabella 12b) e 552 pazienti (276 R-FC, 276 FC) per lo studio sulla recidiva/refrattaria (tabella 13), sono stati analizzati per efficacia.

Nello studio di prima linea, dopo una mediana del tempo di osservazione di 48,1 mesi, la mediana della PFS è stata di 55 mesi nel gruppo R-FC e di 33 mesi nel gruppo FC (p < 0,0001, log-rank test). L’analisi della sopravvivenza globale ha dimostrato un beneficio significativo del trattamento con R- FC rispetto alla sola chemioterapia con FC (p = 0,0319, log-rank test) (tabella 12a). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in modo coerente nella maggior parte dei sottogruppi dei pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale (nello specifico stadi Binet A-C) (tabella 12b).

Tabella 12a Trattamento di prima linea della LLC

Descrizione dei risultati isultati di efficacia di rituximab più FC vs. FC da sola – 48,1 mesi mediana del tempo di osservazione

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier
della mediana del Tempo all’evento (Mesi)
Riduzione del rischio
FC (N = 409) R-FC (N = 408) Log-Rank valore p
Sopravvivenza libera da progressione (PFS) 32,8 55,3 < 0,0001 45%
Sopravvivenza globale NR NR 0,0319 27%
Sopravvivenza libera da eventi 31,3 51,8 < 0,0001 44%
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR) 72,6% 85,8% < 0,0001 n.a.
Percentuale di CR 16,9% 36,0% < 0,0001 n.a.
Durata della risposta2 36,2 57,3 < 0,0001 44%
Sopravvivenza libera da malattia (DFS)** 48,9 60,3 0,0520 31%
Tempo al nuovo trattamento 47,2 69,7 < 0,0001 42%

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato. NR: non raggiunto; n.a.: non applicabile.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Tabella 12b Trattamento di prima linea della LLC

Hazard ratio della sopravvivenza libera da progressione secondo lo stadio Binet (ITT) –48,1 mesi mediana del tempo di osservazione

Sopravvivenza libera da progressione (PFS) Numero di pazienti Hazard Ratio (IC al 95%) valore p (Wald test,
non corretto)
FC R-FC
Stadio Binet A 22 18 0,39 (0,15; 0,98) 0,0442
Stadio Binet B 259 263 0,52 (0,41; 0,66) < 0,0001
Stadio Binet C 126 126 0,68 (0,49; 0,95) 0,0224

IC: Intervallo di confidenza

Nello studio sulla recidiva/refrattaria, la mediana della sopravvivenza libera da progressione (obiettivo primario) è stata di 30,6 mesi nel gruppo R-FC e 20,6 mesi nel gruppo FC (p = 0,0002, log-rank test). Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in quasi tutti i sottogruppi di pazienti analizzati secondo il rischio di malattia al basale. Un lieve ma non significativo miglioramento nella sopravvivenza globale è stato riportato nel braccio R-FC confrontato con il braccio FC.

Tabella 13 Trattamento della LLC recidiva/refrattaria – descrizione dei risultati di efficacia di rituximab più FC vs sola FC (25,3 mesi mediana del tempo di osservazione)

Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier
della mediana del Tempo all’evento (mesi)
Riduzione del rischio
FC
(N = 276)
R-FC (N = 276) Log-Rank valore p
Sopravvivenza libera da
progressione (PFS)
20,6 30,6 0,0002 35%
Sopravvivenza globale 51,9 NR 0,2874 17%
Sopravvivenza libera da eventi 19,3 28,7 0,0002 36%
Parametri di efficacia Stima di Kaplan-Meier
della mediana del Tempo all’evento (mesi)
Riduzione del rischio
FC
(N = 276)
R-FC
(N = 276)
Log-Rank
valore p
Percentuale di risposte (CR, nPR, o PR)
Percentuale di CR Durata della risposta 2
Sopravvivenza libera da malattia (DFS)**
Tempo al nuovo trattamento
58,0%
13,0%
27,6
42,2
34,2
69,9%
24,3%
39,6
39,6
NR
0,0034
0,0007
0,0252
0,8842
0,0024
n.a.
n.a. 31%
−6%
35%

Percentuale di risposte e percentuale di CR analizzate secondo il test del chi-quadrato.

*: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR, nPR, PR; NR = non raggiunto; n.a. = non applicabile.

**: applicabile solo ai pazienti che ottengono una CR.

Anche i risultati di altri studi di supporto con l’impiego di rituximab in associazione ad altri regimi di chemioterapia (inclusi CHOP, FCM, PC, PCM, bendamustina e cladribina) per il trattamento di pazienti con LLC precedentemente non trattati e/o recidivi/refrattari, hanno evidenziato un’alta percentuale di risposte globali con benefici in termini percentuali di PFS, sebbene con una tossicità poco più alta (soprattutto mielotossicità). Questi studi supportano l’uso di rituximab con ogni chemioterapia.

I dati provenienti da circa 180 pazienti pre-trattati con rituximab hanno dimostrato un beneficio clinico (incluse CR) e supportano il ritrattamento con rituximab.

Popolazione pediatrica

È stato condotto uno studio multicentrico, in aperto e randomizzato sulla chemioterapia “Lymphome Malin B” (LMB; corticosteroidi, vincristina, ciclofosfamide, metotrexato ad alte dosi, citarabina, doxorubicina, etoposide e tripletta [metotrexato/citarabina/corticosteroide] chemioterapica per via intratecale) in monoterapia o in associazione a rituximab in pazienti pediatrici con DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato precedentemente non trattato. Per stadio avanzato si intende stadio III con alti livelli di LDH (“B-high”) (LDH > due volte il limite superiore dell’istituto relativo ai valori normali negli adulti [> Nx2]) o qualsiasi stadio IV o BAL. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con chemioterapia LMB o sei infusioni endovenose di rituximab a una dose da 375 mg/m2 di BSA in associazione a chemioterapia LMB (due durante ciascuno dei due cicli di induzione e una durante ciascuno dei due cicli di consolidamento) conformemente allo schema LMB. Nel complesso sono stati inclusi nelle analisi di efficacia 328 pazienti randomizzati, dei quali uno, di età inferiore a 3 anni, ha ricevuto rituximab in associazione a chemioterapia LMB.

I due bracci di trattamento, LMB (chemioterapia LMB) e R-LMB (chemioterapia LMB con rituximab), erano ben bilanciati per quanto riguarda le caratteristiche al basale. I pazienti avevano un’età mediana di 7 e 8 anni rispettivamente nel braccio LMB e nel braccio R-LMB. Circa la metà dei pazienti rientrava nel Gruppo B (50,6% nel braccio LMB e 49,4% nel braccio R-LMB), il 39,6% rientrava nel Gruppo C1 in entrambi i bracci, mentre il 9,8% e l’11,0% rientravano nel Gruppo C3 rispettivamente nei bracci LMB e R-LMB. In base alla stadiazione di Murphy, i pazienti erano perlopiù in stadio BL III (45,7% nel braccio LMB e 43,3% nel braccio R-LMB) o BAL con SNC negativo (21,3% nel braccio LMB e 24,4% nel braccio R-LMB). Meno della metà dei pazienti (45,1% in entrambi i bracci) presentava coinvolgimento del midollo osseo, mentre la maggior parte dei pazienti (72,6% nel braccio LMB e 73,2% nel braccio R-LMB) non manifestava alcun coinvolgimento dell’SNC. L’endpoint primario di efficacia era la EFS, ove con evento si intendeva l’insorgenza di progressione della malattia, recidiva, secondo tumore maligno, decesso per qualsiasi causa o mancata risposta evidenziata dalla rilevazione di cellule vitali nella malattia residua dopo il secondo ciclo di CYVE, a seconda dell’evento verificatosi per primo. Gli endpoint secondari di efficacia erano la OS e la CR (remissione completa).

All’analisi ad interim predefinita con circa 1 anno di follow-up mediano è stato osservato un miglioramento clinicamente rilevante dell’endpoint primario di EFS, con un tasso a 1 anno stimato del 94,2% (IC al 95%: 88,5%-97,2%) nel braccio R-LMB vs 81,5% (IC al 95%: 73,0%-87,8%) nel braccio LMB e un HR da modello di Cox corretto pari a 0,33 (IC al 95%: 0,14-0,79). Alla raccomandazione dell’IDMC (comitato indipendente di monitoraggio dei dati) basata su questo risultato, la randomizzazione è stata sospesa e i pazienti del braccio LMB hanno potuto passare al trattamento con rituximab.

Le analisi primarie di efficacia sono state effettuate su 328 pazienti randomizzati con un follow-up mediano di 3,1 anni. I risultati sono illustrati nella tabella 14.

Tabella 14 Panoramica dei risultati relativi all’analisi primaria di efficacia (popolazione ITT)

Analisi LMB (N = 164) R-LMB (N = 164)
EFS 28 eventi 10 eventi
Log-rank test a una coda, valore p 0,0006
HR da modello di Cox corretto 0,32 (IC al 90%: 0,17; 0,58)
Tassi di EFS a 3 anni 82,3%
(IC al 95%: 75,7%; 87,5%)
93,9%
(IC al 95%: 89,1%; 96,7%)
OS 20 decessi 8 decessi
Log-rank test a una coda, valore p 0,0061
HR da modello di Cox corretto 0,36 (IC al 95%: 0,16; 0,81)
Tassi di OS a 3 anni 87,3%
(IC al 95%: 81,2%; 91,6%)
95,1%
(IC al 95%: 90,5%; 97,5%)
Tasso di CR 93,6% (IC al 95%: 88,2%; 97,0%) 94,0% (IC al 95%: 88,8%; 97,2%)

Dall’analisi primaria di efficacia è emerso che l’aggiunta di rituximab alla chemioterapia LMB si associa a un beneficio in termini di EFS rispetto alla sola chemioterapia LMB, con un HR della EFS pari a 0,32 (IC al 90%: 0,17-0,58) derivante da un’analisi di regressione di Cox con correzione per gruppo nazionale, istologia e gruppo terapeutico. Sebbene non siano state osservate importanti differenze nel numero di pazienti con CR tra i due gruppi di trattamento, il beneficio apportato dall’aggiunta di rituximab alla chemioterapia LMB è risultato evidente anche nell’endpoint secondario di OS, con un HR della OS pari a 0,36 (IC al 95%: 0,16-0,81).

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per linfoma follicolare e leucemia linfatica cronica, e nella popolazione pediatrica dalla nascita a < 6 mesi di vita per il linfoma diffuso a grandi cellule B CD20 positivo. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nell’artrite reumatoide

L’efficacia e la sicurezza di rituximab nell’alleviare i sintomi e i segni dell’artrite reumatoide in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF sono state dimostrate in uno studio registrativo randomizzato, controllato, in doppio-cieco, multicentrico (Studio 1).

Lo Studio 1 ha valutato 517 pazienti con inadeguata risposta o intolleranza a uno o più farmaci inibitori del TNF. I pazienti eleggibili avevano un’artrite reumatoide attiva, diagnosticata in accordo con i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR). Rituximab è stato somministrato in 2 infusioni endovenose separate da un intervallo di 15 giorni. I pazienti hanno ricevuto 2 x 1.000 mg infusioni endovenose di rituximab o placebo in associazione a MTX. Tutti i pazienti hanno ricevuto in concomitanza 60 mg di prednisone per via orale nei giorni 2-7 e 30 mg nei giorni da 8 a 14 dopo la prima infusione. L’endpoint primario era la proporzione di pazienti che raggiungevano una risposta ACR20 alla settimana 24. I pazienti erano seguiti oltre le 24 settimane per gli obiettivi a lungo termine, che includevano la valutazione radiografica a 56 settimane e a 104 settimane. Durante questo periodo, l’81% dei pazienti provenienti dal gruppo placebo originale ha ricevuto rituximab tra le settimane 24 e 56, nell’ambito di un’estensione del protocollo di studio in aperto.

Studi con rituximab in pazienti con artrite in fase precoce (early) (pazienti non precedentemente trattati con metotrexato e pazienti con inadeguata risposta al metotrexato ma non ancora trattati con inibitori del TNF-alfa) hanno raggiunto i loro endpoint primari. Rituximab non è indicato per questi pazienti dal momento che i dati di sicurezza sul trattamento a lungo termine con rituximab non sono sufficienti, in particolare riguardo al rischio di sviluppare neoplasie o PML.

Risultati dell’attività della malattia

Rituximab in associazione a metotrexato ha aumentato significativamente la percentuale di pazienti che ha raggiunto almeno il 20% di miglioramento nella risposta ACR, rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 15). In tutti gli studi registrativi il beneficio del trattamento era simile nei pazienti, indipendentemente da età, sesso, superficie corporea, razza, numero di precedenti trattamenti o stato della malattia.

Miglioramenti clinicamente e statisticamente significativi sono stati osservati anche in tutte le singole componenti della risposta ACR (conta delle articolazioni dolenti e tumefatte, valutazione globale del paziente e del medico, indice di disabilità (HAQ), valutazione del dolore e delle proteine C reattive (mg/dL)).

Tabella 15 Risultati della risposta clinica all’endpoint primario dello Studio 1 (popolazione ITT)

Risultato5 Placebo+MTX Rituximab + MTX (2 × 1.000 mg)
Studio 1 N = 201 N = 298
ACR20 ACR50 ACR70 36 (18%)
11 (5%)
3 (1%)
153 (51%)***80 (27%)***37 (12%)***
Risposta EULAR (buona/moderata) 44 (22%) 193 (65%)***
Variazione media del DAS -0,34 -1,83***

† Risultato a 24 settimane

Differenza significativa dal placebo + MTX al time point primario: ***p ≤ 0,0001 I pazienti trattati con rituximab in associazione a metotrexato presentavano una riduzione significativamente maggiore nel DAS28 (Disease Activity Score) rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 15). Analogamente, in tutti gli studi una risposta EULAR (European League Against Rheumatism) da buona a moderata è stata raggiunta da un numero significativamente più elevato di pazienti trattati con rituximab e metotrexato rispetto ai pazienti trattati con metotrexato da solo (tabella 15).

Risposta radiologica

Il danno articolare strutturale è stato accertato radiologicamente ed espresso come variazione del punteggio Sharp totale modificato (mTSS) e dei suoi componenti, il punteggio dell’erosione e il punteggio del restringimento della rima articolare.

Nello Studio 1, effettuato in soggetti con risposta inadeguata o intolleranza alle terapie con uno o più antagonisti del TNF, i pazienti che hanno ricevuto rituximab in associazione a metotrexato, i pazienti hanno evidenziato alla settimana 56 una progressione a livello radiografico significativamente minore rispetto a quelli che originariamente hanno ricevuto metotrexato in monoterapia. Dei pazienti trattati originariamente con metotrexato in monoterapia, l’81% ha ricevuto rituximab come terapia di salvataggio tra le settimane 16 e 24, o come prolungamento dello studio, prima della settimana 56.

Inoltre, una percentuale più elevata di pazienti che ha ricevuto l’originale trattamento con rituximab/MTX non ha evidenziato progressione delle lesioni erosive nell’arco delle 56 settimane (tabella 16).

Tabella 16 Risultati radiologici dopo 1 anno (popolazione mITT)

Placebo+MTX Rituximab + MTX 2 × 1.000 mg
Studio 1 (n = 184) (n = 273)
Variazione media dal basale:
Punteggio Sharp totale modificato 2,30 1,012
Punteggio dell’erosione 1,32 0,602
Punteggio del restringimento della rima articolare 0,98 0,41**
Percentuale di pazienti senza modifiche radiologiche 46% 53%, NS
Percentuale di pazienti con nessuna progressione erosiva 52% 60%, NS

150 pazienti originariamente randomizzati nello Studio 1 per placebo + MTX hanno ricevuto almeno un ciclo di RTX + MTX in un anno. 2p < 0,05, **p < 0,001 Abbreviazione: NS, non significativo.

L’inibizione della percentuale di progressione del danno articolare è stata anche osservata sul lungo termine. L’analisi radiografica a 2 anni nello Studio 1 ha dimostrato una significativa riduzione della progressione del danno articolare strutturale nei pazienti che avevano ricevuto rituximab in associazione a metotrexato rispetto a quelli con il solo metotrexato e cosi pure una percentuale significativamente più alta di pazienti senza progressione del danno articolare oltre i 2 anni.

Funzionalità fisica e risultati sulla qualità di vita

Riduzioni significative nell’indice di disabilità (HAQ-DI) e nell’astenia (FACIT-Fatigue) sono stati osservati nei pazienti trattati con rituximab rispetto a pazienti trattati con metotrexato da solo. La percentuale di pazienti trattati con rituximab che hanno mostrato una differenza minima clinicamente importante (MCID) nel HAQ-DI (definita come una riduzione del punteggio totale individuale > 0,22) era anche maggiore di quella riscontrata nei pazienti che hanno ricevuto il solo metotrexato (tabella 17).

È stato dimostrato un significativo miglioramento nella salute in termini di qualità della vita con un significativo miglioramento sia nel punteggio della salute fisica (PHS) sia nel punteggio della salute mentale (MHS) dell’SF-36. Inoltre, una percentuale significativamente più alta di pazienti ha raggiunto MCID per questi punteggi (tabella 17).

Tabella 17 Risultati sulla funzione fisica e sulla qualità di vita alla settimana 24 nello Studio 1

Risultati5 Placebo+MT X Rituximab + MTX
(2 × 1.000 mg)
Variazione media del HAQ-DI n = 201
0,1
n = 298
-0,4***
% HAQ-DI MCID 20% 51%
Variazione media del FACIT-T -0,5 -9,1***
Variazione media del SF-36 PHS n = 197
0,9
n = 294
5,8***
% SF-36 PHS MCID 13% 48%***
Variazione media del SF-36 MHS 1,3 4,7**
% SF-36 MHS MCID 20% 38%2

†Risultati alla settimana 24

Differenza significativa dal placebo al time point primario: 2p< 0,05, **p< 0,001, ***p≤ 0,0001. MCID HAQ- DI ≥ 0,22, MCID SF-36 PHS > 5,42, MCID SF-36 MHS > 6,33.

Efficacia nei pazienti sieropositivi agli autoanticorpi (RF e o anti-CCP)

I pazienti sieropositivi al Fattore Reumatoide (RF) e/o al Peptide Ciclico Citrullinato (anti-CCP) che sono stati trattati con rituximab in associazione a metotrexato hanno mostrato una migliore risposta rispetto ai pazienti negativi ad entrambi.

I risultati di efficacia nei pazienti trattati con rituximab sono stati analizzati sulla base dello stato degli autoanticorpi prima dell’inizio del trattamento. Alla settimana 24, i pazienti che erano sieropositivi all’RF e/o agli anti-CCP al basale hanno avuto una probabilità significativamente maggiore di raggiungere le risposte ACR20 e 50 rispetto ai pazienti sieronegativi (p = 0,0312 e p = 0,0096) (tabella 18). Questi risultati sono stati replicati alla settimana 48, dove la sieropositività autoanticorpale ha anche significativamente incrementato la probabilità di raggiungere l’ACR70. Alla settimana 48 i pazienti sieropositivi hanno una probabilità 2-3 volte maggiore di raggiungere una risposta ACR rispetto ai pazienti sieronegativi. I pazienti sieropositivi presentavano anche una riduzione significativamente maggiore del DAS28-VES rispetto ai pazienti sieronegativi (Figura 1).

Tabella 18 Riepilogo dell’efficacia sulla base dello stato autoanticorpale al basale

Settimana 24 Settimana 48
Sieropositivi (n = 514) Sieronegativi (n = 106) Sieropositivi (n = 506) Sieronegativi (n = 101)
ACR20 (%) 62,32 50,9 71,12 51,5
ACR50 (%) 32,72 19,8 44,9** 22,8
ACR70 (%) 12,1 5,7 20,92 6,9
Risposta EULAR (%) 74,82 62,9 84,32 72,3
Variazione media del
DAS28-VES
-1,97** -1,50 -2,48*** -1,72

Livelli significativi sono stati definiti come 2p< 0,05, **p< 0,001, ***p< 0,0001.

Figura 1: Variazione dal basale del DAS28-VES sulla base dello stato autoanticorpale al basale <.. image removed ..> Efficacia nel lungo termine con cicli ripetuti di terapia

Il trattamento con rituximab in associazione a metotrexato per cicli multipli ha dato notevoli miglioramenti nei segni clinici e nei sintomi dell’artrite reumatoide, come indicato dai risultati ACR, DAS28-VES e risposte EULAR che erano evidenti in tutte le popolazioni studiate (Figura 2). Si sono osservati sostanziali miglioramenti nella funzione fisica come indicato dal punteggio HAQ-DI e dalla percentuale di pazienti che hanno ottenuto MCID per HAQ-DI.

Figura 2: Risposte ACR per 4 cicli di trattamento (24 settimane dopo ciascun ciclo [Within Patient, Within Visit]) in pazienti con inadeguata risposta agli inibitori del TNF (n = 146) <.. image removed ..> Risultati dal laboratorio clinico

Negli studi clinici, un totale di 392 su 3.095 (12,7%) pazienti con artrite reumatoide sono risultati positivi agli ADA in seguito a trattamento con rituximab. Nella maggior parte dei pazienti, l’insorgenza di ADA non era associata a peggioramento clinico o ad un incrementato rischio di reazioni a infusioni successive. La presenza di ADA può essere associata ad un peggioramento delle reazioni infusionali o allergiche dopo la seconda infusione di cicli successivi.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per artrite autoimmune. Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.

Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite (GPA) e nella poliangite microscopica (MPA) Induzione della remissione in pazienti adulti

Nello Studio 1 su GPA/MPA, un totale di 197 pazienti di età pari o superiore a 15 anni con GPA (75%) e MPA (24%) attiva e di grado severo sono stati arruolati e trattati nello studio di non inferiorità multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con confronto attivo.

I pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere o ciclofosfamide per via orale giornaliera (2 mg/kg/die) per 3-6 mesi o rituximab (375 mg/m2) una volta alla settimana per 4 settimane. Tutti i pazienti nel braccio ciclofosfamide hanno ricevuto terapia di mantenimento con azatioprina durante il follow-up. I pazienti di entrambi i bracci hanno ricevuto 1.000 mg di metilprednisolone in bolo per via endovenosa (o un altro glucocorticoide a dose equivalente) al giorno da 1 a 3 giorni, seguiti da prednisone per via orale (1 mg/kg/die, senza superare gli 80 mg/die). La riduzione del prednisone è stata completata entro 6 mesi dall’inizio del trattamento in studio.

La misura dell’obiettivo primario era il raggiungimento della remissione completa a 6 mesi, definita come punteggio di Birmingham Vasculitis Activity per granulomatosi di Wegener (BVAS/WG) di 0, e assenza di terapia con glucocorticoidi. Il margine di non inferiorità predefinito per la differenza tra i trattamenti era del 20%. Lo studio ha dimostrato la non inferiorità di rituximab rispetto a ciclofosfamide per la remissione completa (CR) a 6 mesi (tabella 19).

L’efficacia è stata osservata sia per i pazienti di nuova diagnosi sia per i pazienti con malattia recidivante (tabella 20).

Tabella 19 Percentuale di pazienti adulti che hanno raggiunto la remissione completa a 6 mesi (Popolazione Intent-to-Treat Population2)

Rituximab (n = 99) Ciclofosfamide (n = 98) Differenza tra i trattamenti (rituximab –
Ciclofosfamide)
Tasso 63,6% 53,1% 10,6%
IC al 95,1%b
(−3,2%, 24,3%) a
− IC = intervallo di confidenza.
− * Imputazione del caso peggiore.
a La non inferiorità era dimostrata nel momento in cui il limite inferiore (−3,2%) era maggiore del margine di
non inferiorità predefinito (−20%).
b Il livello di confidenza al 95,1% riflette un ulteriore 0,001 alfa per considerare un’analisi ad interim di efficacia.

Tabella 20 Remissione completa a 6 mesi in base allo stato di malattia

Rituximab Ciclofosfamide Differenza (IC al 95%)
Tutti i pazienti Nuova diagnosi
Recidivanti
n = 99
n = 48
n = 51
n = 98
n = 48
n = 50
Remissione completa
Tutti i pazienti 63,6% 53,1% 10,6% (−3,2, 24,3)
Nuova diagnosi 60,4% 64,6% −4,2% (−23,6, 15,3)
Recidivanti 66,7% 42,0% 24,7% (5,8, 43,6)

L’attribuzione del caso peggiore è applicata ai pazienti con dati mancanti.

Remissione completa a 12 e 18 mesi

Nel gruppo rituximab, il 48% dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 39% dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Nei pazienti trattati con ciclofosfamide (seguita da azatioprina per il mantenimento della remissione completa), il 39% dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 33% dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Dal mese 12 al mese 18, nel gruppo rituximab, sono state osservate 8 recidive rispetto a 4 nel gruppo ciclofosfamide.

Esami di laboratorio

Un totale di 23 su 99 (23%) di pazienti trattati con rituximab nello studio sull’induzione della remissione sono risultati positivi ad ADA entro 18 mesi. Nessuno dei 99 pazienti trattati con rituximab era positivo ad ADA allo screening. Nell’ambito del suddetto studio la presenza di ADA non ha avuto alcun trend né effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Terapia di mantenimento in pazienti adulti

In uno studio prospettico, multicentrico, controllato e in aperto, un totale di 117 pazienti (88 affetti da GPA, 24 da MPA e 5 da vasculite ANCA associata limitata al rene) in remissione patologica sono stati randomizzati al trattamento con azatioprina (59 pazienti) o rituximab (58 pazienti). Dopo il trattamento di associazione a glucocorticoidi e ciclofosfamide in bolo i pazienti inclusi, di età compresa tra 21 e 75 anni e con malattia di nuova diagnosi o recidivante, erano in remissione completa. La maggioranza dei pazienti risultava ANCA-positiva alla diagnosi o durante il decorso della malattia e presentava una vasculite necrotizzante dei vasi di piccolo calibro istologicamente confermata con un fenotipo clinico di GPA o MPA oppure una vasculite ANCA associata limitata al rene oppure entrambe.

La terapia d’induzione della remissione consisteva in prednisone per via endovenosa, somministrato a discrezione dello sperimentatore e preceduto, in alcuni pazienti, da metilprednisolone in bolo, e in ciclofosfamide in bolo fino all’ottenimento della remissione dopo 4-6 mesi. In quel momento, ed entro 1 mese al massimo dalla somministrazione dell’ultimo bolo di ciclofosfamide, i pazienti sono stati randomizzati al trattamento con rituximab (due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna separate da un intervallo di due settimane [il giorno 1 e il giorno 15], seguite da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi per 18 mesi), o al trattamento con azatioprina (somministrata per via orale alla dose di 2 mg/kg/die per 12 mesi, successivamente alla dose di 1,5 mg/kg/die per 6 mesi e, infine, alla dose di 1 mg/kg/die per 4 mesi [trascorsi questi 22 mesi si verificava l’interruzione della terapia]). Per il trattamento con prednisone si è proceduto alla riduzione a scalare della dose e, successivamente, al mantenimento di una bassa dose (circa 5 mg/die) per almeno 18 mesi dopo la randomizzazione. La riduzione a scalare della dose di prednisone e la decisione di interrompere il trattamento con lo stesso dopo 18 mesi sono stati rimessi alla discrezione dello sperimentatore.

Tutti i pazienti sono stati seguiti fino al mese 28 (10 o 6 mesi dopo, rispettivamente, l’ultima infusione di rituximab o l’ultima dose di azatioprina). A tutti i pazienti con conta di linfociti T CD4+ inferiore a 250 per millimetro cubo è stato richiesto di sottoporsi alla profilassi per la polmonite da Pneumocystis jirovecii.

La misura di outcome primaria era il tasso di ricaduta grave al mese 28.

Risultati

Al mese 28 si è verificata ricaduta grave (definita come la ricomparsa di segni clinici e/o laboratoristici indicativi di attività della vasculite [BVAS > 0] che potrebbero comportare danno o insufficienza d’organo oppure risultare potenzialmente letali) in 3 (5%) pazienti nel gruppo rituximab e in 17 (29%) pazienti nel gruppo azatioprina (p=0,0007). Ricadute minori (non potenzialmente letali né comportanti grave danno d’organo) si sono invece manifestate in sette (12%) pazienti nel gruppo rituximab e in otto (14%) pazienti nel gruppo azatioprina.

Le curve relative al tasso di incidenza cumulativa hanno mostrato che il tempo alla prima ricaduta grave è risultato maggiore nei pazienti trattati con rituximab a partire dal mese 2 e che tale condizione è stata mantenuta fino al mese 28 (Figura 3).

Figura 3: Incidenza cumulativa nel tempo della prima ricaduta grave

<.. image removed ..> Percentuale di pazienti con prima ricaduta grave

Tempo di sopravvivenza (Mesi)

Numero di soggetti con recidive gravi
Azatioprina 0 0 3 3 5 5 8 8 9 9 9 10 13 15 17
Rituximab 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 3 3 3
Numero di soggetti a rischio
Azatioprina 59 56 52 50 47 47 44 44 42 41 40 39 36 34 0
Rituximab 58 56 56 56 55 54 54 54 54 54 54 54 52 50 0

N.B.: in assenza di eventi, i pazienti sono stati censurati al mese 28.

Esami di laboratorio

Nell’ambito dello studio clinico sulla terapia di mantenimento un totale di 6 su 34 (18%) pazienti trattati con rituximab ha sviluppato ADA e la presenza di tali anticorpi non ha avuto alcun trend né effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

Popolazione pediatrica

Granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA)

Lo studio WA25615 (PePRS) non controllato, a braccio singolo, in aperto e multicentrico ha coinvolto 25 pazienti pediatrici (di età ≥ 2 e < 18 anni) affetti da GPA o MPA attiva di grado severo. L’età mediana dei pazienti inclusi nello studio era 14 anni (range da 6 a 17 anni) e la maggior parte dei pazienti era di sesso femminile (20 su 25 [80%]). Al basale, 19 pazienti (76%) e 6 pazienti (24%) in totale presentavano, rispettivamente, GPA e MPA. All’ingresso nello studio 18 pazienti (72%) presentavano malattia di nuova diagnosi (13 pazienti con GPA e 5 pazienti con MPA), mentre 7 pazienti presentavano malattia recidivante (6 pazienti con GPA e 1 paziente con MPA).

Il disegno dello studio consisteva in una fase iniziale d’induzione della remissione, della durata di 6 mesi, con un follow-up della durata minima di 18 mesi e massima complessiva di 54 mesi (4,5 anni). Ai pazienti dovevano essere somministrate almeno 3 dosi di metilprednisolone per via endovenosa (30 mg/kg/die, senza superare 1 g/die) prima della prima infusione endovenosa di rituximab. Se clinicamente indicato, potevano essere somministrate dosi giornaliere aggiuntive (fino a un massimo di tre) di metilprednisolone per via endovenosa. Il regime d’induzione della remissione era composto da quattro infusioni endovenose di rituximab una volta alla settimana alla dose di 375 mg/m2 di superficie corporea, somministrate nei giorni 1, 8, 15 e 22 dello studio in associazione a prednisolone o prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (massimo 60 mg/die) con riduzione a scalare della dose fino a un minimo di 0,2 mg/kg/die (massimo 10 mg/die) entro il Mese 6. Dopo la fase d’induzione della remissione i pazienti potevano, a discrezione dello sperimentatore, ricevere ulteriori infusioni di rituximab il Mese 6 o successivamente per il mantenimento della remissione secondo il punteggio dell’attività della vasculite in pazienti pediatrici (Pediatric Vasculitis Activity Score, PVAS) e il controllo dell’attività della malattia (compresa la progressione o le riacutizzazioni della malattia) o per l’ottenimento della prima remissione.

Tutti e 25 i pazienti hanno completato le quattro infusioni endovenose settimanali previste dalla fase d’induzione della remissione di 6 mesi. In totale, 24 su 25 pazienti hanno completato almeno 18 mesi di follow-up.

Gli obiettivi dello studio erano valutare la sicurezza, i parametri farmacocinetici e l’efficacia di rituximab in pazienti pediatrici affetti da GPA e MPA (di età ≥ 2 e < 18 anni). Gli obiettivi di efficacia dello studio erano di tipo esplorativo e sono stati prevalentemente valutati utilizzando il punteggio dell’attività della vasculite in pazienti pediatrici (PVAS) (tabella 21).

Dose cumulativa di glucocorticoidi (per via endovenosa e orale) al Mese 6

Ventiquattro su 25 pazienti (96%) partecipanti allo studio WA25615 hanno ottenuto la riduzione a scalare della dose di glucocorticoidi orali a 0,2 mg/kg/die (o a ≤ 10 mg/die, se inferiore) al o entro il Mese 6 durante il periodo di riduzione a scalare della dose di steroidi orali definito dal protocollo.

È stata osservata una riduzione nell’uso complessivo mediano di glucocorticoidi orali dalla Settimana 1 (mediana = 45 mg per dose equivalente di prednisone [IQR: 35-60]) al Mese 6 (mediana = 7,5 mg [IQR: 4-10]), che è stata successivamente mantenuta al Mese 12 (mediana = 5 mg [IQR: 2-10]) e al Mese 18 (mediana =5 mg [IQR: 1-5]).

Trattamento al follow-up

Durante il periodo complessivo dello studio, i pazienti sono stati trattati con 4-28 infusioni di rituximab (per un massimo di 4,5 anni [53,8 mesi]). Ai pazienti sono stati somministrati fino a 375 mg/m2 x 4 di rituximab all’incirca ogni 6 mesi a discrezione dello sperimentatore. In totale, 17 su 25 pazienti (68%) hanno ricevuto un ulteriore trattamento con rituximab il Mese 6 o successivamente fino alla chiusura comune dello studio. Quattordici di questi 17 pazienti hanno ricevuto tale trattamento ulteriore tra il Mese 6 e il Mese 18.

Tabella 21 Studio WA25615 (PePRS) – Remissione secondo PVAS al Mese 1, 2, 4, 6, 12 e 18

Visita dello studio Numero di pazienti responsivi in remissione secondo PVAS2 (tasso di risposta [%])
n=25
IC al 95%
Mese 1 0 0,0%; 13,7%
Mese 2 1 (4,0%) 0,1%; 20,4%
Mese 4 5 (20,0%) 6,8%; 40,7%
Mese 6 13 (52,0%) 31,3%; 72,2%
Mese 12 18 (72,0%) 50,6%; 87,9%
Mese 18 18 (72,0%) 50,6%; 87,9%
* Punteggio PVAS pari a 0 e ottenimento della riduzione a scalare della dose di glucocorticoidi a 0,2 mg/kg/die (o 10 mg/die, se inferiore) al momento della valutazione.
αI risultati di efficacia sono di tipo esplorativo e per questi endpoint non è stata eseguita alcuna analisi statistica formale.
Fino al Mese 6 il trattamento con rituximab (375 mg/m2 x 4 infusioni) era lo stesso per tutti i pazienti.
Il trattamento di follow-up dopo il Mese 6 era a discrezione dello sperimentatore.

Esami di laboratorio

Un totale di 4 su 25 (16%) pazienti ha sviluppato ADA durante il periodo complessivo dello studio. Dati limitati dimostrano che non è stato osservato alcun trend nelle reazioni avverse segnalate dai pazienti risultati positivi ad ADA.

Nell’ambito degli studi clinici condotti sulla GPA e MPA in pazienti pediatrici, la presenza di ADA non ha avuto alcun trend né effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con rituximab nella popolazione pediatrica di età < 2 anni per GPA o MPA attiva di grado severo.

Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico. Esperienza clinica nel pemfigo volgare (PV) Studio 1 su PV (ML22196)

L’efficacia e la sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi (prednisone) a breve termine sono state valutate in pazienti di nuova diagnosi affetti da pemfigo da moderato a severo (74 casi di PV e 16 casi di pemfigo foliaceo [PF]) nell’ambito di uno studio randomizzato, in aperto, controllato e multicentrico. I pazienti, di età compresa tra 19 e 79 anni, non erano stati sottoposti a terapie precedenti per il pemfigo. In base alla severità della malattia, definita secondo i criteri di Harman, nella popolazione PV 5 (13%) pazienti nel gruppo rituximab e 3 (8%) pazienti nel gruppo prednisone a dose standard presentavano malattia moderata, mentre 33 (87%) pazienti nel gruppo rituximab e 33 (92%) pazienti nel gruppo con prednisone a dose standard presentavano malattia severa.

I pazienti sono stati stratificati in funzione della severità della malattia al basale (moderata o severa) e randomizzati in un rapporto 1:1 al trattamento con rituximab e prednisone a bassa dose o al trattamento con il solo prednisone a dose standard. I pazienti randomizzati al gruppo rituximab hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di rituximab da 1.000 mg il giorno 1 in associazione a prednisone orale alla dose di 0,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 3 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 6 mesi in presenza di malattia severa, e una seconda infusione di 1.000 mg il giorno 15. La somministrazione delle infusioni di mantenimento da 500 mg di rituximab è avvenuta al mese 12 e 18. I pazienti randomizzati al gruppo prednisone a dose standard hanno ricevuto prednisone orale a una dose iniziale di 1 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 12 mesi in presenza di malattia moderata, o di 1,5 mg/kg/die gradualmente diminuita nell’arco di 18 mesi in presenza di malattia severa. I pazienti nel gruppo rituximab che presentavano ricaduta potevano essere trattati con un’infusione aggiuntiva di rituximab da 1.000 mg in associazione alla reintroduzione o all’incremento graduale della dose di prednisone. Le infusioni di mantenimento e in caso di ricaduta sono state somministrate non prima che fossero trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.

L’obiettivo primario dello studio era la remissione completa (epitelizzazione completa e assenza di lesioni nuove e/o accertate) al mese 24 senza l’uso di prednisone per due o più mesi (RCsenza 2 mesi).

Risultati dello Studio 1 su PV

Per quanto riguarda il raggiungimento di RCsenza

2 mesi al mese 24 nei pazienti affetti da pemfigo volgare, lo studio ha mostrato risultati statisticamente significativi a favore di rituximab più prednisone a bassa dose rispetto al solo prednisone a dose standard (vedere tabella 22).

Tabella 22 Percentuale di pazienti affetti da pemfigo volgare che ha raggiunto la remissione completa senza terapia corticosteroidea per due o più mesi al mese 24 (Popolazione Intent-to-Treat Population – PV)

Rituximab + Prednisone
Prednisone N=36 Valore di pa IC al 95%b
N=38
Numero di pazienti 34 (89,5%) 10 (27,8%) <0,0001 61,7% (38,4; 76,5)
responsivi (tasso di
risposta [%])
a Il valore di p è ricavato mediante test esatto di Fisher con correzione secondo il metodo mid-P.
b L’intervallo di confidenza al 95% è calcolato utilizzando il metodo del punteggio con la correzione per la continuità descritto da Newcombe.

Rispetto ai pazienti trattati con prednisone a dose standard, durante il periodo di trattamento di 24 mesi il numero di pazienti trattati con rituximab più prednisone a bassa dose nei quali l’uso della terapia corticosteroidea è risultato assente o minimo (dose di prednisone pari o inferiore a10 mg/die) dimostra che rituximab è un farmaco risparmiatore di steroidi (Figura 4).

Figura 4: Numero di pazienti senza o con minimo uso della terapia corticosteroidea

(≤ 10 mg/die) nel corso del tempo

<.. image removed ..> Valutazione retrospettiva post-hoc dal laboratorio clinico

A 18 mesi, un totale di 19 su 34 (56%) pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab è risultato positivo ad ADA. La rilevanza clinica della formazione di ADA nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab non è chiara.

Studio 2 su PV (WA29330)

Uno studio randomizzato, in doppio cieco, con doppia simulazione, controllato verso trattamento attivo e multicentrico ha valutato l’efficacia e la sicurezza di rituximab rispetto a micofenolato mofetile (MMF) in pazienti affetti da pemfigo volgare moderato o severo che all’ingresso nello studio avevano ricevuto 60-120 mg/die di prednisone orale o equivalente (1,0-1,5 mg/kg/die), ridotti gradualmente fino a raggiungere una dose di 60 o 80 mg/die entro il Giorno 1. I pazienti presentavano una diagnosi confermata di pemfigo volgare formulata nei 24 mesi precedenti ed evidenza di grado moderato o severo dell’attività di malattia (definito come un punteggio totale PDAI [ Pemphigus Disease Area Index  15).

Centotrentacinque pazienti sono stati randomizzati al trattamento con rituximab 1000 mg, somministrati il Giorno 1, il Giorno 15, alla Settimana 24 e alla Settimana 26, oppure al trattamento con MMF orale 2 g/die per 52 settimane in associazione a 60 o 80 mg di prednisone orale con l’obiettivo di procedere, per quest’ultimo, a una riduzione a scalare della dose fino a 0 mg/die entro la Settimana 24.

L’obiettivo primario di efficacia dello studio era valutare l’efficacia di rituximab alla Settimana 52, rispetto a MMF, nel raggiungimento di una remissione completa sostenuta, definita come l’ottenimento della guarigione delle lesioni in assenza di nuove lesioni attive (ovvero punteggio PDAI pari a 0) senza l’uso (0 mg/die) di prednisone o equivalente, e nel mantenimento di tale risposta per almeno 16 settimane consecutive durante il periodo di trattamento di 52 settimane.

Risultati dello Studio 2 su PV

Lo studio ha dimostrato la superiorità di rituximab rispetto a MMF in associazione a corticosteroidi orali con dose a scalare nell’ottenimento di una remissione completa alla Settimana 52 senza l’uso di terapia corticosteroidea per 16 o più settimane (RCsenza

16 settimane) in pazienti affetti da pemfigo volgare (Tabella 23). I pazienti nella popolazione mITT presentavano malattia di nuova diagnosi nella maggior parte dei casi (74%) e malattia accertata nel 26% dei casi (durata della malattia  6 mesi e precedente trattamento per il pemfigo volgare).

Tabella 23 Percentuale di pazienti affetti da pemfigo volgare che hanno ottenuto una remissione completa sostenuta alla Settimana 52 senza l’uso di terapia corticosteroidea per 16 o più settimane (Popolazione Intent-to-Treat modificata)

Rituximab (N=62) MMF (N=63) Differenza (IC al 95%) Valore di p
Numero di pazienti 25 (40,3%) 6 (9,5%) 30,80% (14,70%; 45,15%) <0,0001
responsivi (tasso di
risposta [%])
Pazienti con nuova 19 (39,6%) 4 (9,1%)
diagnosi
Pazienti con 6 (42,9%) 2 (10,5%)
malattia accertata
IC = intervallo di confidenza. MMF = micofenolato mofetile.
Pazienti con nuova diagnosi = durata della malattia < 6 mesi o nessun precedente trattamento per il pemfigo volgare.
Pazienti con malattia accertata = durata della malattia ≥ 6 mesi e precedente trattamento per il pemfigo volgare.
Per il calcolo del valore di p è stato utilizzato il test di Cochran-Mantel-Haenszel.

L’analisi di tutti i parametri secondari (tra cui dose cumulativa di corticosteroidi orali, numero totale di riacutizzazioni della malattia e variazione della qualità di vita correlata alla salute, misurata mediante punteggio DLQI [Dermatology Life Quality Index, indice dermatologico della qualità di vita]) ha confermato i risultati statisticamente significativi di rituximab rispetto a MMF. L’analisi degli endpoint secondari è stata controllata per molteplicità.

Esposizione ai glucocorticoidi

La dose cumulativa di corticosteroidi orali è risultata significativamente inferiore nei pazienti trattati con rituximab. La dose cumulativa mediana (valore minimo, valore massimo) di prednisone alla Settimana 52 era pari a 2775 mg (450, 22180) nel gruppo rituximab rispetto a 4005 mg (900, 19920) nel gruppo MMF (p = 0,0005).

Riacutizzazione della malattia

Il numero totale di riacutizzazioni di malattia è risultato significativamente inferiore nei pazienti trattati con rituximab rispetto a MMF (6 vs 44, p <0,0001), e il numero di pazienti che ha manifestato almeno una riacutizzazione della malattia è risultato inferiore (8,1% vs 41,3%).

Esami di laboratorio

Nello Studio 2 su PV, un totale di 20 su 63 (31,7%) pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab (19 con induzione del trattamento e 1 con potenziamento del trattamento) è risultato positivo agli ADA entro la Settimana 52 e la presenza di tali anticorpi non ha avuto alcun effetto negativo apparente sulla sicurezza o sull’efficacia.

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Linfoma non-Hodgkin (LNH) nei pazienti adulti

Sulla base di un’analisi farmacocinetica di popolazione condotta su 298 pazienti con LNH che hanno ricevuto un’infusione singola o infusioni multiple di rituximab come agente singolo o in associazione a terapia CHOP (dosi di rituximab utilizzate comprese tra 100 e 500 mg/m 2

), le stime tipiche di popolazione relative alla clearance non specifica (CL1), alla clearance specifica (CL2) con il probabile contributo delle cellule B o della massa tumorale, e al volume di distribuzione del compartimento centrale (V1) sono state 0,14 L/die, 0,59 L/die e 2,7 L, rispettivamente. La mediana stimata dell’emivita di eliminazione terminale di rituximab è stata di 22 giorni (intervallo: 6,1 – 52 giorni). La conta delle cellule CD19-positive al basale e il diametro delle lesioni tumorali misurabili hanno contribuito in parte alla variabilità nella CL2 di rituximab come rilevato dai dati di 161 pazienti che hanno assunto 375 mg/m 2

come infusione endovenosa per 4 dosi settimanali. I pazienti con conta di cellule CD19-positive più elevate o lesioni tumorali più ampie hanno avuto una CL2 più elevata.

Comunque, è rimasta una grande componente di variabilità inter-individuale per la CL2 dopo la correzione per conta di cellule CD19-positive e diametro delle lesioni tumorali. Il V1 è variato sulla base dell’area di superficie corporea ( Body Surface Area

, BSA) e della terapia CHOP. Questa variabilità nel V1 (27, 1% e 19,0%) determinata dall’intervallo della BSA (da 1,53 a 2,32 m2) e dalla terapia CHOP concomitante, rispettivamente, è stata relativamente piccola. Età, sesso e performance status WHO non hanno avuto effetto sulla farmacocinetica di rituximab. Questa analisi suggerisce che è poco probabile che l’aggiustamento della dose di rituximab con ognuna delle covariate valutate risulti in una riduzione significativa della sua variabilità farmacocinetica.

Rituximab, somministrato come infusione endovenosa alla dose di 375 mg/m2 a intervalli settimanali per 4 dosi a 203 pazienti con LNH naïve a rituximab, ha determinato una Cmax media dopo la quarta infusione di 486 µg/mL (intervallo: 77,5 – 996,6 µg/mL). Rituximab è stato rilevabile nel siero dei pazienti 3 – 6 mesi dopo il completamento dell’ultimo trattamento.

Dopo la somministrazione di rituximab alla dose di 375 mg/m2 come infusione endovenosa a intervalli settimanali per 8 dosi a 37 pazienti con LNH, la Cmax media è aumentata a ogni successiva infusione, variando da una media di 243 µg/mL (intervallo: 16 – 582 µg/mL) dopo la prima infusione a 550 µg/mL (intervallo: 171 – 1.177 µg/mL) dopo l’ottava infusione.

Il profilo farmacocinetico di rituximab quando è somministrato come 6 infusioni di 375 mg/m2 in associazione a 6 cicli di chemioterapia CHOP è stato simile a quello visto con solo rituximab.

DLBCL/BL/BAL/BLL nei pazienti pediatrici

Nella sperimentazione clinica volta a studiare DLBCL/BL/BAL/BLL nei pazienti pediatrici è stata esaminata la farmacocinetica in un sottogruppo di 35 pazienti di età uguale o superiore a 3 anni. La farmacocinetica è risultata sovrapponibile tra le due fasce d’età (da  3 a  12 anni vs da  12 a < 18 anni). Dopo due infusioni endovenose di rituximab da 375 mg/m2 in ciascuno dei due cicli di induzione (ciclo 1 e 2) seguite da un’infusione endovenosa di rituximab da 375 mg/m2 in ciascuno dei cicli di consolidamento (cicli 3 e 4), la concentrazione massima è risultata più elevata dopo la quarta infusione (ciclo 2) con una media geometrica di 347 g/mL, seguita successivamente da concentrazioni massime inferiori (ciclo 4: media geometrica di 247 g/mL). Con questo regime posologico si sono mantenuti i livelli di valle (media geometrica: 41,8 µg/mL [pre-dose ciclo 2, dopo 1 ciclo], 67,7 µg/mL [pre-dose ciclo 3, dopo 2 cicli] e 58,5 µg/mL [pre-dose ciclo 4, dopo 3 cicli]).

L’emivita di eliminazione mediana nei pazienti pediatrici di età uguale o superiore a 3 anni è stata di 26 giorni.

Le caratteristiche farmacocinetiche di rituximab nei pazienti pediatrici con DLBCL/BL/BAL/BLL sono risultate simili a quelle osservate nei pazienti adulti con LNH.

Sebbene per i pazienti di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 3 anni non siano disponibili dati farmacocinetici, la stima della farmacocinetica di popolazione avvalora un’esposizione sistemica (AUC, Ctrough) in questa fascia d’età sovrapponibile a quella della fascia d’età ≥ 3 anni (tabella 24). Una dimensione tumorale ridotta al basale si correla a un’esposizione maggiore a causa di un’inferiore clearance tempo-dipendente; tuttavia, le esposizioni sistemiche interessate dalle diverse dimensioni tumorali rimangono all’interno dell’intervallo in cui l’esposizione è risultata efficace e associata a un profilo di sicurezza accettabile.

Tabella 24 Stima dei parametri farmacocinetici dopo l’impiego dello schema posologico di rituximab in pazienti pediatrici con DLBCL/BL/BAL/BLL

Fascia d’età Da ≥ 6 mesi a < 3 anni Da ≥ 3 a < 12 anni Da ≥ 12 a < 18 anni
Ctrough (µg/mL) 47,5 (0,01-179) 51,4 (0,00-182) 44,1 (0,00-149)
AUC1-4 cicli
(µg*die/mL)
13501 (278-31070) 11609 (135-31157) 11467 (110-27066)

Risultati presentati come mediana (valore minino – valore massimo); Ctrough, pre-dose Ciclo 4.

LLC Rituximab è stato somministrato attraverso infusione endovenosa con la dose del primo ciclo di 375 mg/m2 aumentata a 500 mg/m2 per ogni ciclo successivo, per 5 dosi, in associazione a fludarabina e ciclofosfamide in pazienti con LLC. La media della Cmax (N = 15) dopo la quinta infusione di

500 mg/m2 è stata 408 μg/mL (intervallo 97 – 764 μg/mL) e la media dell’emivita terminale è stata di 32 giorni (intervallo 14 – 62 giorni).

Artrite reumatoide

In seguito a due infusioni endovenose di rituximab alla dose di 1.000 mg, a distanza di due settimane, l’emivita terminale media era di 20,8 giorni (intervallo da 8,58 a 35,9 giorni), la clearance sistemica media era di 0,23 L/giorno (intervallo da 0,091 a 0,67 L/die) e il volume di distribuzione medio allo stato stazionario era di 4,6 L (intervallo da 1,7 a 7,51 L). Le analisi farmacocinetiche di popolazione degli stessi dati hanno dato valori medi simili per la clearance e l’emivita sistemiche, di 0,26 L/die e 20,4 giorni, rispettivamente. Le analisi farmacocinetiche di popolazione hanno rivelato che la BSA e il sesso erano le covarianti più significative per spiegare la variabilità interindividuale nei parametri di farmacocinetica. Dopo aggiustamento per BSA, i soggetti maschi avevano un volume di distribuzione maggiore e una clearance più veloce dei soggetti di sesso femminile. Le differenze farmacocinetiche correlate al sesso non sono state considerate clinicamente rilevanti e non è stato necessario alcun aggiustamento della dose. Non sono disponibili dati di farmacocinetica nei pazienti con insufficienza renale o epatica.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata dopo due dosi endovenose da 500 mg e 1.000 mg al giorno 1 e 15 in quattro studi. In tutti questi studi, la farmacocinetica di rituximab è risultata dose- proporzionale oltre l’intervallo limitato di dose studiato. Il valore medio della Cmax di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 157 e 171 μg/mL per la dose 2 x 500 mg e tra 298 e 341 μg/mL per la dose 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio della Cmax era compreso tra 183 e 198 μg/mL per la dose 2 x 500 mg e compreso tra 355 e 404 μg/mL per la dose 2 x 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale era compresa tra 15 e 16 giorni per la dose 2 x 500 mg e tra 17 e 21 giorni per la dose 2 x 1.000 mg. Il valore medio della Cmax era tra il 16 e il 19% più alto dopo la seconda infusione rispetto alla prima infusione per entrambe le dosi.

La farmacocinetica di rituximab è stata valutata a seguito di due dosi endovenose da 500 mg e 1.000 mg dopo il ritrattamento nel secondo ciclo. Il valore medio della Cmax di rituximab nel siero dopo la prima infusione era compreso tra 170 e 175 μg/mL per la dose 2 x 500 mg e tra 317 e 370 μg/mL per la dose 2 x 1.000 mg. Dopo la seconda infusione, il valore medio della Cmax era di 207 μg/mL per la dose 2 x 500 mg e tra 377 e 386 μg/mL per la dose 2 x 1.000 mg. L’emivita media dell’eliminazione terminale dopo la seconda infusione, dopo il secondo ciclo, era di 19 giorni per la dose 2 x 500 mg e tra 21 e 22 giorni per la dose 2 x 1.000 mg. I parametri farmacocinetici per rituximab erano paragonabili nel corso dei due cicli di trattamento.

I parametri farmacocinetici nella popolazione di soggetti con inadeguata risposta agli anti TNF, sottoposti allo stesso schema posologico (2 x 1.000 mg per via endovenosa, a distanza di 2 settimane), erano simili con una concentrazione sierica massima media di 369 µg/mL e un’emivita terminale media di 19,2 giorni.

Granulomatosi con poliangite (GPA) e poliangite microscopica (MPA)

Popolazione adulta

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione dei dati di 97 pazienti con GPA e MPA che hanno ricevuto 375 mg/m2 di rituximab una volta alla settimana per quattro settimane, l’emivita mediana dell’eliminazione terminale stimata era di 23 giorni (range da 9 a 49 giorni).

La clearance media e il volume di distribuzione di rituximab erano di 0,313 L/die (range da 0,116 a 0,726 L/die) e 4,50 L (range da 2,25 a 7,39 L) rispettivamente. La concentrazione massima durante i primi 180 giorni (Cmax), la concentrazione minima al giorno 180 (C180) e l’area cumulativa sottesa alla curva nell’arco di 180 giorni (AUC180) si sono attestate rispettivamente a (mediana [range]) 372,6 (252,3-533,5) µg/mL, 2,1 (0-29,3) µg/mL e 10302 (3653-21874) µg/mL*die. I parametri farmacocinetici di rituximab nei pazienti adulti affetti da GPA e MPA appaiono simili a quelli che sono stati osservati nei pazienti con artrite reumatoide.

Popolazione pediatrica

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione su 25 bambini (di età compresa tra 6 e 17 anni) affetti da GPA e MPA che hanno ricevuto 375 mg/m2 di rituximab una volta alla settimana per quattro settimane, l’emivita mediana dell’eliminazione terminale stimata era di 22 giorni (range da 11 a 42 giorni). La clearance media e il volume di distribuzione di rituximab erano rispettivamente di 0,221 L/die (range da 0,0996 a 0,381 L/die) e 2,27 L (range da 1,43 a 3,17 L). La concentrazione massima durante i primi 180 giorni (Cmax), la concentrazione minima al giorno 180 (C180) e l’area cumulativa sottesa alla curva nell’arco di 180 giorni (AUC180) si sono attestate rispettivamente a (mediana [range]) 382,8 (270,6-513,6) µg/mL, 0,9 (0-17,7) µg/mL e 9787 (4838-20446) µg/mL*die. Tenendo conto dell’effetto prodotto dall’area di superficie corporea (BSA) sui parametri di clearance e volume di distribuzione, i parametri farmacocinetici di rituximab nei pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA sono risultati simili a quelli osservati nei pazienti adulti affetti da GPA o MPA.

Pemfigo volgare

I parametri farmacocinetici in pazienti adulti con pemfigo volgare trattati con rituximab 1000 mg ai Giorni 1, 15, 168 e 182 sono riassunti nella tabella 25.

Tabella 25 Farmacocinetica di popolazione in pazienti adulti affetti da pemfigo volgare nello Studio 2 su PV

Parametro Ciclo di infusione
1° ciclo di 1000 mg
Giorno 1 e Giorno 15 N=67
2° ciclo di 1000 mg
Giorno 168 e Giorno 182
N=67
Emivita dell’eliminazione terminale (giorni)
Mediana 21,0 26,5
(Range) (9,3-36,2) (16,4-42,8)
Clearance (L/die)
Media 391 247
(Range) (159-1510) (128-454)
Volume centrale di distribuzione (L)
Media 3,52 3,52
(Range) (2,48-5,22) (2,48-5,22)

Dopo le prime due somministrazioni di rituximab (ai Giorni 1 e 15, corrispondenti al Ciclo 1), i parametri farmacocinetici di rituximab in pazienti affetti da pemfigo volgare sono risultati simili a quelli osservati in pazienti affetti da granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica e in pazienti affetti da artrite reumatoide. Dopo le ultime due somministrazioni (ai Giorni 168 e 182, corrispondenti al Ciclo 2), la clearance di rituximab è diminuita mentre il volume centrale di distribuzione è rimasto invariato.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Il rituximab si è rivelato altamente specifico per l’antigene CD20 sulle cellule B. Gli studi sulla tossicità effettuati nella scimmia cynomolgus non hanno rivelato altri effetti se non l’attesa deplezione farmacologica delle cellule B nel sangue periferico e nel tessuto linfonodale.

Studi di tossicità evolutiva sono stati condotti nelle scimmie cynomolgus con dosi fino a 100 mg/kg (trattamento nei giorni di gestazione 20-50) e hanno dimostrato l’assenza di evidenza di tossicità per il feto dovuta a rituximab. In ogni caso, negli organi linfoidi del feto è stata osservata la deplezione farmacologica delle cellule B dose-dipendente, che si è mantenuta fino a dopo la nascita ed è stata associata ad una riduzione dei livelli di IgG negli animali neonati affetti. La conta delle cellule B è ritornata ai valori normali in questi animali entro 6 mesi dalla nascita e non ha compromesso le reazioni all’immunizzazione.

Non sono stati effettuati i test standard per indagare la mutagenicità, in quanto tali esami non sono rilevanti per questa molecola. Non sono stati eseguiti studi a lungo termine sugli animali per la definizione del potenziale carcinogenico del rituximab.

Non sono stati eseguiti studi specifici per determinare gli effetti di rituximab sulla fertilità. In generale negli studi di tossicità condotti sulle scimmie cynomolgus non sono stati osservati effetti deleteri a carico degli organi riproduttivi maschili o femminili.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Sodio citrato (E331) Polisorbato 80 (E433) Cloruro di sodio Idrossido di sodio (per aggiustamento del pH; E524) Acido cloridrico (per aggiustamento del pH; E507) Acqua per preparazioni iniettabili

 

06.2 Incompatibilità

Indice

Non sono state osservate incompatibilità tra Rixathon e le sacche di polivinile cloruro o di polietilene, o la strumentazione per infusione.

 

06.3 Periodo di validità

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Flaconcino mai aperto 3 anni a 2 °C – 8 °C.

Rixathon può essere conservato a temperature non superiori ai 30 °C per un singolo periodo fino a 7 giorni, ma che non oltrepassi la data di scadenza originaria. La nuova data di scadenza deve essere scritta sulla scatola. Dopo la rimozione dal frigorifero, Rixathon non deve essere conservato nuovamente in frigorifero.

Dopo diluizione della soluzione

Dopo diluizione in condizioni di asepsi in soluzione di cloruro di sodio:

La stabilità chimica e fisica di Rixathon diluito in soluzione iniettabile di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) è stata dimostrata per 30 giorni a 2 °C – 8 °C e successivamente per 24 ore a temperatura ambiente (≤25 °C).

Dopo diluizione in condizioni di asepsi in soluzione di glucosio:

La stabilità chimica e fisica di Rixathon diluito in soluzione di glucosio al 5% è stata dimostrata per 24 ore a 2 °C – 8 °C e successivamente per 12 ore a temperatura ambiente (≤25 °C).

Da un punto di vista microbiologico, la soluzione preparata per l’infusione deve essere utilizzata immediatamente. Se non viene utilizzata immediatamente, i tempi e le condizioni di conservazione prima dell’uso sono sotto la responsabilità dell’utilizzatore e non si dovrebbero normalmente superare le 24 ore a temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C, a meno che la diluizione sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Conservare in frigorifero (2 °C – 8 °C).

Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.

Per le condizioni di conservazione del flaconcino chiuso fuori dal frigorifero, vedere paragrafo 6.3. Per le condizioni di conservazione dopo la diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

Flaconcino da 10 mL: flaconcini in vetro trasparente di Tipo I con tappo in gomma butilica, contenenti 100 mg di rituximab in 10 mL. Confezioni da 2 o 3 flaconcini.

Flaconcino da 50 mL: flaconcini in vetro trasparente di Tipo I con tappo in gomma butilica, contenenti 500 mg di rituximab in 50 mL. Confezioni da 1 o 2 flaconcini.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Rixathon viene fornito in flaconcini sterili, senza conservanti, apirogeni, monouso. Per preparare Rixathon devono essere usati un ago e una siringa sterili.

Preparazione in asepsi

Quando si prepara l’infusione, si deve assicurare una manipolazione in asepsi. La preparazione deve essere: eseguita in condizioni di asepsi da personale addestrato ai sensi delle norme di buona pratica specialmente per quanto riguarda la preparazione in condizioni di asepsi dei prodotti parenterali, preparata in una cappa a flusso laminare o in una cabina di sicurezza biologica usando precauzioni standard per la manipolazione sicura degli agenti endovenosi.

Aspirare, in condizioni di sterilità, la quantità necessaria di Rixathon e diluire ad una concentrazione calcolata da 1 a 4 mg/mL di rituximab in una sacca per infusione contenente soluzione iniettabile sterile e apirogena di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%), oppure di D-glucosio 5% in acqua. Per miscelare la soluzione, capovolgere lentamente la sacca in modo da evitare il formarsi di schiuma. Deve essere posta attenzione affinché sia garantita la sterilità delle soluzioni preparate. Poiché il medicinale non contiene conservanti antimicrobici o agenti batteriostatici, si devono osservare le tecniche di asetticità. I medicinali per uso parenterale devono essere controllati visivamente per verificare la presenza di particelle o alterazioni del colore, prima di essere somministrati.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Indice

Sandoz GmbH Biochemiestr. 10 6250 Kundl Austria

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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Rixathon 100 mg concentrato per soluzione per infusione EU/1/17/1185/001 EU/1/17/1185/002 Rixathon 500 mg concentrato per soluzione per infusione EU/1/17/1185/003 EU/1/17/1185/004

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 15 giugno 2017 Data del rinnovo più recente: 24 febbraio 2022

 

10.0 Data di revisione del testo

Indice

Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 14/03/2023