Trinomia: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Trinomia

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Trinomia: ultimo aggiornamento pagina: 09/02/2018 (Fonte: A.I.FA.)

Se sei un paziente, consulta anche il Foglietto Illustrativo (Bugiardino) di Trinomia

01.0 Denominazione del medicinale

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Trinomia 100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide Trinomia 100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide Trinomia 100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Trinomia 100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide

Ogni capsula contiene 100 mg di acido acetilsalicilico, 20 mg di atorvastatina (come 21,69 mg di atorvastatina calcio triidrato) e 10 mg di ramipril.

Trinomia 100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide

Ogni capsula contiene 100 mg di acido acetilsalicilico, 20 mg di atorvastatina (come 21,69 mg di atorvastatina calcio triidrato) e 5 mg di ramipril.

Trinomia 100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide

Ogni capsula contiene 100 mg di acido acetilsalicilico, 20 mg di atorvastatina (come 21,69 mg di atorvastatina calcio triidrato) e 2,5 mg di ramipril.

Eccipiente(i) con effetti noti: contiene 73,61 mg di lattosio monoidrato e 0,48 mg di lecitina di soia. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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rigida.

Trinomia 100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide

Capsule di gelatina con guscio rigido misura 0 (lunghezza: 21,7 mm circa), con corpo e testa opachi rosa chiaro, con impresso “AAR 100/20/10”, contenenti due compresse rivestite con film da 50 mg di acido acetilsalicilico, di colore bianco o biancastro, con impresso “AS”, due compresse rivestite con film da 10 mg di atorvastatina, di colore marrone-verdastro, con impresso “AT” e una compressa rivestita con film da 10 mg di ramipril, di colore giallo chiaro, con impresso “R1”.

Trinomia 100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide

Capsule di gelatina con guscio rigido misura 0 (lunghezza: 21,7 mm circa), con testa opaca rosa chiaro e corpo opaco verde chiaro, con impresso “AAR 100/20/5”, contenenti due compresse rivestite con film da 50 mg di acido acetilsalicilico, di colore bianco o biancastro, con impresso “AS”, due compresse rivestite con film da 10 mg di atorvastatina, di colore marrone-verdastro, con impresso “AT” e una compressa rivestita con film da 5 mg di ramipril, di colore giallo chiaro, con impresso “R5”.

Trinomia 100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide

Capsule di gelatina con guscio rigido misura 0 (lunghezza: 21,7 mm circa), con testa e corpo opachi grigio chiaro, con impresso “AAR 100/20/2,5”, contenenti due compresse rivestite con film da

50 mg di acido acetilsalicilico, di colore bianco o biancastro, con impresso “AS”, due compresse rivestite con film da 10 mg di atorvastatina, di colore marrone-verdastro, con impresso “AT” e una compressa rivestita con film da 2,5 mg di ramipril, di colore giallo chiaro, con impresso “R2”.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Trinomia è indicato per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari, come terapia sostitutiva in pazienti adulti adeguatamente controllati con i monocomponenti somministrati in concomitanza, a dosi terapeutiche equivalenti.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Posologia

Adulti

I pazienti attualmente controllati con dosi terapeutiche equivalenti di acido acetilsalicilico, atorvastatina e ramipril possono passare direttamente alle capsule di Trinomia.

Il trattamento deve essere iniziato sotto supervisione medica (vedere paragrafo 4.4).

Per la prevenzione cardiovascolare, la dose di mantenimento target di ramipril è 10 mg una volta al giorno.

Popolazione pediatrica

Trinomia è controindicato nei bambini e negli adolescenti di età inferiore ai 18 anni (vedere paragrafo 4.3).

Popolazioni speciali

Pazienti con compromissione della funzione renale: la dose giornaliera nei pazienti con compromissione della funzione renale deve basarsi sulla clearance della creatinina (vedere paragrafo 5.2):

se la clearance della creatinina è  60 ml/min, la dose giornaliera massima di ramipril è 10 mg;

se la clearance della creatinina è compresa tra 30-60 ml/min, la dose giornaliera massima di ramipril è 5 mg.

Trinomia è controindicato nei pazienti in emodialisi e/o con grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina < 30 ml/min) (vedere paragrafo 4.3).

Pazienti con compromissione della funzione epatica: Trinomia deve essere somministrato con cautela in caso di compromissione della funzione epatica (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). I test della funzione epatica devono essere eseguiti prima di iniziare il trattamento e di seguito periodicamente. Nei pazienti che sviluppano segni o sintomi indicativi di lesione epatica devono essere eseguiti i test della funzione epatica. I pazienti che sviluppano un aumento dei livelli di transaminasi devono essere monitorati fino alla risoluzione della(e) anomalia(e). Qualora persista un aumento delle transaminasi di oltre 3 volte il limite superiore della norma (ULN), si raccomanda di sospendere Trinomia (vedere paragrafo 4.8).

Inoltre, in questi pazienti la dose giornaliera massima di ramipril è 2,5 mg e il trattamento deve essere iniziato esclusivamente sotto stretta sorveglianza medica.

Trinomia è controindicato nei pazienti con insufficienza epatica grave o in atto (vedere paragrafo 4.3).

Anziani

Nei pazienti molto anziani e cagionevoli il trattamento deve essere iniziato con cautela, a causa della maggiore probabilità di comparsa di effetti indesiderati.

Modo di somministrazione

Le capsule rigide di Trinomia sono per uso orale.

Trinomia deve essere assunto per via orale sotto forma di una singola capsula al giorno, preferibilmente dopo un pasto.

Trinomia deve essere ingerito con liquidi e non deve essere masticato o frantumato prima della deglutizione. La capsula non deve essere aperta. Il sistema di chiusura garantisce le proprietà farmacologiche dei farmaci attivi.

Evitare il succo di pompelmo quando si assume Trinomia.

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità ai principi attivi, ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, ad altri salicilati, ai farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), ad altri inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE) o alla tartrazina.

Ipersensibilità alla soia o alle arachidi.

In caso di anamnesi positiva per crisi asmatiche o altre reazioni allergiche all’acido salicilico o ad altri analgesici/antinfiammatori non steroidei.

Ulcera peptica ricorrente in fase attiva o pregressa e/o emorragia gastrointestinale, o altri tipi di sanguinamneto come emorragia cerebrovascolare.

Emofilia e altri disturbi della coagulazione.

Grave compromissione della funzione renale ed epatica (vedere paragrafo 4.2). Pazienti in emodialisi (vedere paragrafo 4.2).

Grave insufficienza cardiaca.

Trattamento concomitante con metotrexato a un dosaggio di 15 mg o più alla settimana (vedere paragrafo 4.5).

L’uso concomitante di Trinomia con medicinali contenenti aliskiren è controindicato nei pazienti affetti da diabete mellito o compromissione della funzione renale (velocità di filtrazione glomerulare GFR < 60 ml/min/1.73 m

2

) (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Pazienti con polipi nasali associati ad asma indotta o esacerbata dall’acido acetilsalicilico. Epatopatia in fase attiva o aumenti persistenti e inspiegabili delle transaminasi sieriche oltre 3 volte il limite superiore della norma (vedere paragrafo 4.4).

Durante la gravidanza, l’allattamento e in donne in età fertile che non utilizzano adeguate misure contraccettive (vedere paragrafo 4.6).

Trattamento concomitante con tipranavir o ritonavir a causa del rischio di rabdomiolisi (vedere paragrafi 4.4 e 4.5).

Trattamento concomitante con ciclosporina a causa del rischio di rabdomiolisi (vedere paragrafi 4.4 e 4.5).

Anamnesi positiva per angioedema (ereditario, idiopatico o dovuto a precedente angioedema con ACE-inibitori o agonisti del recettore dell’angiotensina II (AIIRA)).

Trattamenti extracorporei che comportano il contatto del sangue con superfici a carica negativa (vedere paragrafo 4.5).

Stenosi significativa dell’arteria renale bilaterale o stenosi dell’arteria renale in caso di singolo rene funzionante.

Il ramipril non deve essere usato in pazienti con stati ipotensivi o emodinamicamente instabili. Bambini e adolescenti al di sotto dei 18 anni. In caso di bambini di età inferiore a 16 anni con febbre, influenza o varicella, esiste il rischio di sviluppo della sindrome di Reye.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Trinomia deve essere utilizzato esclusivamente come terapia sostitutiva in pazienti adulti adeguatamente controllati con i monocomponenti somministrati in concomitanza, a dosi terapeutiche equivalenti.

Avvertenze per popolazioni speciali:

Si richiede una supervisione medica particolarmente attenta in caso di:

ipersensibilità ad altri analgesici/antinfiammatori/antipiretici/antireumatici o altri allergeni (vedere paragrafo 4.3);

altre allergie note (ad es. reazioni cutanee, prurito, orticaria), asma bronchiale, febbre da fieno, gonfiore delle mucose nasali (iperplasia delle adenoidi) e altre malattie respiratorie croniche (vedere paragrafo 4.3);

pazienti con anamnesi positiva per ulcere gastriche o enteriche o sanguinamento gastrointestinale (vedere paragrafo 4.3);

pazienti con ridotta funzione epatica e/o renale (vedere paragrafo 4.2);

pazienti a rischio particolare di ipotensione: in pazienti con sistema renina-angiotensina- aldosterone fortemente attivato, insufficienza cardiaca transitoria o persistente post-infarto del miocardio, pazienti a rischio di ischemia cardiaca o cerebrale, in caso di ipotensione acuta è necessaria la supervisione medica, comprendente il monitoraggio della pressione arteriosa, al fine di ridurre il rischio di un calo pronunciato acuto della pressione arteriosa e il deterioramento della funzione renale dovuto all’ACE-inibizione (vedere paragrafo 4.3);

deterioramento della circolazione cardiovascolare (vasculopatia renale, insufficienza cardiaca congestizia, deplezione del volume, intervento chirurgico maggiore, sepsi o eventi emorragici gravi);

pazienti con deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi; pazienti a rischio di aumento dei livelli di acido urico;

pazienti che consumano quantità considerevoli di alcol e/o con anamnesi positiva per epatopatie;

diagnosi di gravidanza: il trattamento deve essere interrotto immediatamente e, se opportuno, deve essere iniziata una terapia alternativa (vedere paragrafi 4.3 e 4.6);

gli ACE-inibitori causano una più elevata incidenza di angioedema nei pazienti neri, rispetto ai pazienti non neri.

Come per altri ACE-inibitori, il ramipril può essere meno efficace nel ridurre la pressione arteriosa nei soggetti neri, probabilmente a causa della maggiore prevalenza di ipotensione con bassi livelli di renina nella popolazione nera ipertesa.

Il monitoraggio durante il trattamento è richiesto in caso di:

trattamento concomitante con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi, inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI), farmaci antiaggreganti, anticoagulanti;

trattamento concomitante con ibuprofene;

pazienti che sviluppano segni o sintomi indicativi di lesione epatica;

intervento chirurgico: la terapia con Trinomia deve essere temporaneamente interrotta alcuni giorni prima di un intervento chirurgico maggiore in elezione, o quando sopravviene un’importante condizione medica o chirurgica. In caso di interventi di minore entità, come estrazioni dentali, Trinomia può contribuire al prolungamento del tempo di sanguinamento;

si richiede un monitoraggio particolarmente attento nei pazienti con compromissione della funzione renale (vedere paragrafo 4.2). Esiste il rischio di compromissione della funzione renale, in particolare nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia o sottoposti a trapianto di rene;

nei pazienti a rischio di sviluppo di iperkaliemia, ossia con insufficienza renale, età > 70 anni, diabete mellito non controllato, condizioni quali disidratazione, scompenso cardiaco acuto, acidosi metabolica o che utilizzano in concomitanza sali di potassio, diuretici risparmiatori di potassio e altri principi attivi che aumentano il potassio sierico, si raccomanda il monitoraggio regolare del potassio sierico (vedere paragrafo 4.5).

Avvertenza per effetti indesiderati specifici:

– Effetti sul fegato:

Devono essere effettuate prove di funzionalità epatica prima dell’inizio del trattamento con atorvastatina e periodicamente in tempi successivi. I pazienti che presentano segni o sintomi indicativi di danno epatico devono essere sottoposti a controllo della funzionalità epatica. I pazienti che sviluppano aumento delle transaminasi devono essere controllati fino alla normalizzazione dei

valori. Qualora persista un aumento delle transaminasi oltre 3 volte il limite normale superiore, si raccomanda la riduzione della dose o l’interruzione di Trinomia (vedere paragrafo 4.8)

Trinomia deve essere impiegato con cautela in pazienti che consumano abbondanti quantità di alcool e/o che hanno una storia di malattia epatica.

Prevenzione dell’Ictus mediante Riduzione Aggressiva dei Livelli di Colesterolo (studio SPARCL): Una analisi post-hoc dei sottotipi di ictus nei pazienti senza cardiomiopatia ischemica (CHD) che avevano avuto un ictus o un attacco ischemico transitorio recente (TIA), ha evidenziato una incidenza più elevata di ictus emorragico nei pazienti che avevano iniziato il trattamento con atorvastatina 80 mg rispetto al gruppo placebo. L’aumento del rischio è stato osservato in particolare nei pazienti con precedente ictus emorragico o infarto lacunare al momento dell’arruolamento nello studio. Per i pazienti con precedente ictus emorragico o infarto lacunare, il rapporto rischio/beneficio derivante dall’impiego di atorvastatina 80 mg non è chiaro e prima di iniziare il trattamento deve essere considerato attentamente il rischio potenziale di ictus emorragico.

Effetti sull’apparato muscoloscheletrico:

L’atorvastatina, come altri inibitori dell’HMG-CoA reduttasi, può in rare occasioni avere effetti sul muscolo scheletrico e causare mialgia, miosite e miopatia, che possono progredire in rabdomiolisi, una condizione clinica potenzialmente letale caratterizzata da un marcato aumento dei livelli di creatinchinasi (CK) (> 10 volte l’ULN), mioglobinemia e mioglobinuria, che possono portare a insufficienza renale.

Prima del trattamento:

L’atorvastatina deve essere prescritta con cautela in pazienti con fattori predisponenti alla rabdomiolisi. Il livello della creatinfosfochinasi (CPK) deve essere misurato prima di iniziare il trattamento in presenza delle seguenti condizioni:

Danno renale

Ipotiroidismo

Storia personale o familiare di disturbi muscolari ereditari

Precedenti di tossicità muscolare associata all’impiego di una statina o di un fibrato

Precedenti di malattia epatica e/o quando vengono assunte considerevoli quantità di bevande alcoliche

Negli anziani (età > 70 anni) la necessità di effettuare queste misurazioni deve essere valutata in base alla presenza di altri fattori predisponenti alla rabdomiolisi

Situazioni in cui si verificano aumenti nei livelli plasmatici, come le interazioni (vedere paragrafo 4.5) e in popolazioni speciali incluse sottopopolazioni genetiche (vedere paragrafo 5.2)

In tali situazioni il rischio del trattamento deve essere valutato in relazione al possibile beneficio e se ne raccomanda il monitoraggio clinico.

Se i livelli di CK sono significativamente elevati (> 5 volte l’ULN) al basale, il trattamento non deve essere iniziato.

Misurazione della creatinchinasi

La creatinchinasi (CK) non deve essere misurata dopo un intenso esercizio fisico o in presenza di qualsiasi possibile cause di incremento della CK in quanto ciò rende difficile l’interpretazione del valore ottenuto. Se i livelli di CK sono significativamente aumentati rispetto ai valori basali (> 5 volte il limite normale superiore), devono essere nuovamente misurati entro i 5-7 giorni successivi per confermare i risultati.

Durante il trattamento:

ai pazienti deve essere chiesto di riferire immediatamente la comparsa di dolore, crampi o debolezza muscolari, soprattutto se accompagnati da malessere o febbre;

se tali sintomi si verificano mentre il paziente è sottoposto a trattamento con atorvastatina, devono essere misurati i livelli di CK. Se tali livelli risultano significativamente elevati

(> 5 volte l’ULN), il trattamento deve essere interrotto;

se i sintomi muscolari sono intensi e causano fastidio quotidiano, anche se i livelli di CK sono elevati a 5 volte l’ULN, deve essere considerata la possibilità di interrompere il trattamento;

se i sintomi si risolvono e i livelli di CK ritornano nella norma, si può considerare il ripristino del trattamento con atorvastatina o l’introduzione di una statina alternativa, con un attento monitoraggio;

Trinomia deve essere sospeso se si verifica un aumento clinicamente significativo dei livelli di CK (> 10 volte l’ULN), o se viene diagnosticata o si sospetta rabdomiolisi.

Vi sono state segnalazioni molto rare di miopatia necrotizzante immuno-mediata (Immune-Mediated Necrotizing Myopathy, IMNM) durante o dopo il trattamento con alcune statine, inclusa atorvastatina. L’IMNM è caratterizzata clinicamente da debolezza persistente dei muscoli prossimali e da un’elevata creatinchinasi sierica, che permangono nonostante l’interruzione del trattamento con statine.

Trattamento concomitante con altri medicinali

Il rischio di rabdomiolisi aumenta quando atorvastatina viene somministrata insieme ad alcuni medicinali che possono aumentare le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina come potenti inibitori del CYP3A4 o proteine di trasporto (es. ciclosporina, telitromicina, claritromicina, delavirdina, stiripentolo, ketoconazolo, voriconazolo, itraconazolo, posaconazolo e inibitori delle proteasi dell’HIV incluso ritonavir, lopinavir, atazanavir, indinavir, darunavir, ecc). Il rischio di miopatia può aumentare anche con l’uso concomitante di gemfibrozil e altri derivati dall’acido fibrico, eritromicina, niacina ed ezetimibe. Se possibile, in alternativa a questi medicinali, devono essere prese in considerazione terapie alternative (prive di interazioni).

Nei casi in cui la somministrazione concomitante di questi medicinali e atorvastatina è necessaria, devono essere attentamente valutati i rischi e i benefici del trattamento. Quando i pazienti stanno assumendo medicinali che aumentano la concentrazione plasmatica di atorvastatina, si raccomanda l’impiego di una dose iniziale più bassa di atorvastatina. Inoltre, in caso di trattamento concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 deve essere presa in considerazione una dose iniziale più bassa di atorvastatina e si raccomanda un appropriato monitoraggio clinico di questi pazienti (vedere paragrafo 4.5).

Trinomia non deve essere somministrato contemporaneamente a formulazioni sistemiche di acido fusidico o entro 7 giorni dalla sospensione del trattamento con acido fusidico. Nei pazienti in cui l’uso di acido fusidico ad azione sistemica è considerata essenziale, il trattamento con statine deve essere sospeso per tutta la durata del trattamento con acido fusidico. Sono stati segnalati casi di rabdomiolisi (tra cui alcuni decessi) nei pazienti trattati con acido fusidico e statine in combinazione (vedere paragrafo 4.5). Il paziente deve essere avvisato di consultare immediatamente il medico in caso di sintomi di debolezza muscolare, dolore o dolorabilità .

La terapia con statine può essere reintrodotta sette giorni dopo l’ultima dose di acido fusidico.

In circostanze eccezionali, in cui è necessario il trattamento con acido fusidico ad azione sistemica prolungata, ad esempio, per il trattamento di infezioni gravi, la necessità di co- somministrazione di Trinomia e acido fusidico deve essere considerata caso per caso e sotto stretto controllo medico

Pneumopatia interstiziale:

Casi eccezionali di pneumopatia interstiziale sono stati segnalati con alcune statine, soprattutto con la terapia a lungo termine (vedere paragrafo 4.8). Le caratteristiche che si presentato possono includere dispnea, tosse non produttiva e peggioramento dello stato di salute (affaticamento, perdita di peso e febbre). Se si sospetta lo sviluppo di pneumopatia interstiziale in un paziente, la terapia con statine deve essere interrotta.

Diabete mellito

I pazienti a rischio di diabete (glucosio a digiuno da 5,6 a 6,9 mmol/l, IMC > 30 kg/m2, trigliceridi elevati, ipertensione) devono essere monitorati dal punto di vista clinico e biochimico, secondo le linee guida nazionali.

Angioedema:

Angioedema è stato segnalato in pazienti trattati con ACE-inibitori, incluso ramipril (vedere paragrafo 4.8).

In caso di angioedema, il trattamento con Trinomia deve essere interrotto.

Deve essere immediatamente istituita una terapia di emergenza. Il paziente deve essere tenuto sotto osservazione per almeno 12-24 ore e dimesso dopo la completa risoluzione dei sintomi.

Angioedema intestinale è stato segnalato in pazienti trattati con ACE-inibitori, incluso ramipril (vedere paragrafo 4.8). Questi pazienti presentavano dolore addominale (con o senza nausea o vomito).

– Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS)

Esiste l’evidenza che l’uso concomitante di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren aumenta il rischio di ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta). Il duplice blocco del RAAS attraverso l’uso combinato di ACE- inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren non è pertanto raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Se la terapia del duplice blocco è considerata assolutamente necessaria, ciò deve avvenire solo sotto la supervisione di uno specialista e con uno stretto e frequente monitoraggio della funzionalità renale, degli elettroliti e della pressione sanguigna.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

Reazioni anafilattiche durante la desensibilizzazione:

La probabilità e la gravità delle reazioni anafilattiche e anafilattoidi al veleno di insetti e ad altri allergeni aumentano con l’ACE-inibizione. Si deve considerare la sospensione temporanea di Trinomia prima della desensibilizzazione.

Neutropenia/agranulocitosi

Neutropenia/agranulocitosi, trombocitopenia e anemia sono state osservate raramente ed è stata segnalata mielodepressione. Si raccomanda di monitorare i globuli bianchi del sangue. Un monitoraggio più frequente è consigliato nella fase iniziale del trattamento e nei pazienti con compromissione della funzione renale, in quelli con concomitanti malattie del collagene (ad es. lupus eritematoso o sclerodermia) e in quelli trattati con altri medicinali che possono causare alterazioni del quadro ematico (vedere paragrafi 4.5 e 4.8).

Tosse

La tosse è stata segnalata con l’uso di ACE-inibitori. Tipicamente, la tosse è non produttiva, persistente e si risolve dopo l’interruzione della terapia. La tosse indotta da ACE-inibitori deve essere considerata nell’ambito della diagnosi differenziale della tosse.

Trinomia contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit di lattasi o da malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Acido acetilsalicilico: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

– Effetto della somministrazione concomitante di medicinali sull’Acido Acetilsalicilico

Altri inibitori dell’aggregazione piastrinica: Gli inibitori dell’aggregazione piastrinica, come ticlopidina e clopidogrel possono provocare un aumento del tempo di coagulazione.

Altri analgesici / antinfiammatori non-steroidei e antireumatici: Questi farmaci aumentano il rischio di sanguinamento gastrointestinale e ulcere.

Glucocorticoidi sistemici (ad eccezione di idrocortisone come terapia sostitutiva nel morbo di Addison): i glucocorticoidi sistemici aumentano il rischio di ulcere e sanguinamento gastrointestinali Diuretici: i FANS possono causare insufficienza renale acuta, soprattutto in pazienti disidratati. In caso di uso concomitante di Trinomia e diuretici, si raccomanda di monitorare la corretta idratazione dei pazienti.

Alcol: l’alcol aumenta il rischio di ulcere e sanguinamento gastrointestinali.

Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI): gli SSRI aumentano il rischio di sanguinamento, in particolare di sanguinamento gastrointestinale, a causa dei loro effetti sinergici.

Agenti uricosurici: il trattamento concomitante con Trinomia riduce l’effetto degli agenti uricosurici e aumenta i livelli plasmatici di acido acetilsalicilico, diminuendone l’escrezione.

– Effetto dell’Acido Acetilsalicilico sulla somministrazione concomitante di medicinali

Terapia anticoagulante e trombolitica: l’acido acetilsalicilico può aumentare il rischio di sanguinamento se assunto prima o in concomitanza rispetto alla terapia anticoagulante e trombolitica. Pertanto, i pazienti che richiedono una terapia anticoagulante e trombolitica devono essere tenuti sotto osservazione per rilevare i segni di emorragia esterna o interna.

Digossina: i FANS aumentano i livelli plasmatici di digossina. Si raccomanda il monitoraggio dei livelli plasmatici di digossina durante il trattamento concomitante o la sospensione di Trinomia.

Agenti antidiabetici, inclusa insulina: la somministrazione concomitante di Trinomia e agenti antidiabetici, inclusa insulina, aumenta l’effetto ipoglicemizzante di questi medicinali. Si raccomanda il monitoraggio della glicemia (vedere sotto paragrafo Interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche di ramiprilprecauzioni per l’uso).

Metotrexato: i salicilati possono spiazzare il metotrexato dalle proteine di legame plasmatiche e ridurne la clearance renale, provocando concentrazioni tossiche di metotrexato nel plasma. È controindicato il trattamento concomitante con metotrexato a un dosaggio di 15 mg o più alla settimana (vedere paragrafo 4.3). In caso di dosaggio di metotrexato inferiore a 15 mg alla settimana, si deve eseguire il monitoraggio della funzione renale e l’esame emocromocitometrico, soprattutto all’inizio del trattamento.

Acido valproico: i salicilati possono spiazzare l’acido valproico dalle proteine di legame plasmatiche e ridurne il metabolismo, aumentando le concentrazioni plasmatiche di acido valproico.

Ibuprofene: non vi sono prove conclusive riguardo al potenziale d’interazione quando l’acido acetilsalicilico è utilizzato in concomitanza con ibuprofene a lungo termine, sebbene alcuni dati sperimentali abbiano dimostrato una riduzione dell’effetto sull’aggregazione piastrinica (vedere paragrafo 5.1).

Antiacidi: gli antiacidi possono aumentare l’eliminazione renale dei salicilati mediante alcalinizzazione delle urine.

ACE-inibitori: sebbene sia stato segnalato che l’acido acetilsalicilico può diminuire l’effetto benefico degli ACE-inibitori riducendo la sintesi delle prostaglandine vasodilatatorie, diversi studi hanno mostrato che esiste un’interazione negativa con ACE-inibitori a dosi elevate di aspirina (ad es. ≥ 325 mg), ma non con basse dosi di aspirina (ad es. ≤ 100 mg).

Ciclosporina: i FANS possono aumentare la nefrotossicità della ciclosporina, a causa degli effetti mediati dalle prostaglandine renali. Si raccomanda di monitorare attentamente la funzione renale, in particolare nei pazienti anziani.

Vancomicina: l’acido acetilsalicilico può aumentare il rischio di ototossicità della vancomicina.

Interferone-α: l’acido acetilsalicilico riduce l’attività dell’interferone-α.

Litio: i FANS riducono l’eliminazione del litio, aumentandone i livelli plasmatici, che possono raggiungere valori tossici. L’uso concomitante di litio e FANS non è raccomandato. Se tale trattamento in associazione è necessario, la concentrazione plasmatica di litio deve essere attentamente monitorata durante l’inizio, l’aggiustamento e la sospensione del trattamento.

Barbiturici: l’acido acetilsalicilico aumenta i livelli plasmatici dei barbiturici.

Zidovudina: l’acido acetilsalicilico può aumentare i livelli plasmatici di zidovudina, poiché inibisce in modo competitivo la glucuronidazione o inibisce direttamente il metabolismo microsomiale epatico.

Fenitoina: l’acido acetilsalicilico può aumentare i livelli plasmatici di fenitoina.

Esami di laboratorio: l’acido acetilsalicilico può alterare seguenti esami di laboratorio:

Sangue: aumento (biologico) di transaminasi (ALT e AST), fosfatasi alcalina, ammoniaca, bilirubina, colesterolo, creatinchinasi, digossina, tiroxina libera, lattato deidrogenasi (LDH), globulina legante la tiroxina, trigliceridi, acido urico e acido valproico; aumento (interferenza analitica) di glucosio, paracetamolo e proteine totali; riduzione (biologica) di tiroxina libera, glucosio, fenitoina, TSH, TSH-RH, tiroxina, trigliceridi, triiodotironina, acido urico e clearance della creatin; riduzione (interferenza analitica) di transaminasi (ALT), albumina, fosfatasi alcalina, colesterolo, creatinchinasi, lattato deidrogenasi (LDH) e proteine totali;

Urine: riduzione (biologica) di estriolo; riduzione (interferenza analitica) di acido 5-idrossindolacetico, acido 4-idrossi-3-metossimandelico, estrogeni totali e glucosio.

Atorvastatina: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

– Effetto di medicinali somministrati in concomitanza su atorvastatina

L’atorvastatina è metabolizzata dal citocromo P450 3A4 (CYP3A4) ed è un substrato delle proteine di trasporto, ad esempio il trasportatore responsabile della captazione epatica OATP1B1. La somministrazione concomitante di medicinali inibitori del CYP3A4 o delle proteine di trasporto può provocare un aumento delle concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e un maggiore rischio di miopatia. Il rischio può essere aumentato anche dalla somministrazione concomitante di atorvastatina con altri medicinali che possono indurre miopatia, quali derivati dell’acido fibrico ed acido fusidico ed ezetimibe (vedere paragrafo 4.4).

(vedere paragrafo 4.4).

Inibitori del CYP3A4:

È stato dimostrato che i potenti inibitori del CYP3A4 provocano un marcato aumento delle concentrazioni di atorvastatina (vedere Tabella 1 e informazioni specifiche di seguito). La somministrazione concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 (ad es. ciclosporina, telitromicina, claritromicina, delavirdina, stiripentolo, ketoconazolo, voriconazolo, itraconazolo, posaconazolo e inibitori della proteasi dell’HIV, tra cui ritonavir, lopinavir, atazanavir, indinavir, darunavir, ecc.) deve essere evitata se possibile. Nei casi in cui la somministrazione concomitante di questi medicinali con atorvastatina non possa essere evitata, si raccomanda un adeguato monitoraggio clinico del paziente (vedere Tabella 1).

Gli inibitori moderati del CYP3A4 (ad es. eritromicina, diltiazem, verapamil e fluconazolo) possono aumentare le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina (vedere Tabella 1). Con l’uso di eritromicina in associazione con statine è stato osservato un aumento del rischio di miopatia. Non sono stati effettuati studi d’interazione per valutare gli effetti di amiodarone o verapamil su atorvastatina. Sia amiodarone che verapamil sono noti inibitori dell’attività del CYP3A4 e la somministrazione concomitante di atorvastatina può causare un aumento dell’esposizione all’atorvastatina. Pertanto la dose massima più bassa deve essere considerata e un monitoraggio clinico del paziente è raccomandato quando si usano in concomitanza gli inibitori moderati del CYP3A4. Si raccomanda un adeguato monitoraggio clinico dopo l’inizio della terapia con l’inibitore o in seguito a un aggiustamento della dose dell’inibitore.

Induttori del CYP3A4

La somministrazione concomitante di atorvastatina con induttori del citocromo P450 3A (ad es. efavirenz, rifampicina, iperico) può comportare riduzioni variabili delle concentrazioni plasmatiche di atorvastatina. A causa del duplice meccanismo d’interazione della rifampicina (induzione del citocromo P450 3A e inibizione del trasportatore responsabile della captazione degli epatociti OATP1B1), si raccomanda la co-somministrazione simultanea di atorvastatina con rifampicina, poiché la somministrazione ritardata di atorvastatina dopo la somministrazione di rifampicina è stata associata a una riduzione significativa delle concentrazioni plasmatiche di atorvastatina. Tuttavia, non è noto l’effetto della rifampicina sulle concentrazioni di atorvastatina negli epatociti e, nel caso in cui la somministrazione concomitante non possa essere evitata, i pazienti devono essere tenuti sotto attenta osservazione per valutare l’efficacia.

Inibitori delle proteine di trasporto

Gli inibitori delle proteine di trasporto (ad es. ciclosporina) possono aumentare l’esposizione sistemica all’atorvastatina (vedere Tabella 1). Non è noto l’effetto dell’inibizione dei trasportatori responsabili della captazione epatica sulle concentrazioni di atorvastatina negli epatociti. Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, si raccomanda il monitoraggio clinico per valutare l’efficacia (vedere Tabella 1).

Gemfibrozil / derivati dell’acido fibrico

L’uso di fibrati in monoterapia è occasionalmente associato a eventi di natura muscolare, inclusa rabdomiolisi. Il rischio di tali eventi può aumentare in caso di uso concomitante di derivati dell’acido fibrico e atorvastatina. Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, i pazienti devono essere adeguatamente monitorati (vedere paragrafo 4.4).

Ezetimibe

L’uso di ezetimibe in monoterapia è associato a eventi di natura muscolare, inclusa rabdomiolisi. Il rischio di tali eventi può quindi aumentare in caso di uso concomitante di ezetimibe e atorvastatina. Si raccomanda un adeguato monitoraggio clinico di questi pazienti.

Colestipolo

Le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono risultate inferiori (di circa il 25%) quando colestipolo è stato somministrato in concomitanza con atorvastatina. Tuttavia, gli effetti sul profilo lipidico sono risultati maggiori quando atorvastatina e colestipolo sono stati somministrati in concomitanza, rispetto alla somministrazione dei due medicinali in monoterapia.

Acido fusidico

Il rischio di miopatia inclusa la rabdomiolisi può essere aumentato dalla somministrazione concomitante di acido fusidico ad azione sistemica con le statine. Il meccanismo di questa interazione (se è farmacodinamico o farmacocinetico, o entrambi) è ancora sconosciuto. Ci sono state segnalazioni di rabdomiolisi (tra cui alcuni decessi) in pazienti trattati con questa combinazione.

Se il trattamento con acido fusidico ad azione sistemica è necessario, il trattamento con atorvastatina deve essere sospeso per tutta la durata del trattamento con acido fusidico. Vedere anche paragrafo 4.4.

Colchicina

Sebbene non siano stati condotti studi di interazione con atorvastatina e colchicina, sono stati riprotati casi di miopatia in seguito all’uso concomitante di atorvastatina e colchicina; pertanto, si richiede cautela in caso di prescrizione di atorvastatina insieme alla colchicina.

– Effetto dell’atorvastatina sui medicinali somministrati in concomitanza

Digossina

Quando dosi multiple di digossina e 10 mg di atorvastatina sono stati somministrati in concomitanza, le concentrazioni di digossina allo stato stazionario sono aumentate leggermente. I pazienti che assumono digossina devono essere adeguatamente monitorati.

Contraccettivi orali

La somministrazione concomitante di atorvastatina e un contraccettivo orale ha prodotto aumenti delle concentrazioni plasmatiche di noretindrone ed etinilestradiolo.

Warfarin

In uno studio clinico in pazienti sottoposti a terapia cronica con warfarin, la somministrazione concomitante di atorvastatina 80 mg/die e warfarin ha causato una lieve diminuzione di circa 1,7 secondi del tempo di protrombina durante i primi quattro giorni di somministrazione; tale valore è ritornato nella norma entro 15 giorni di trattamento con atorvastatina. Sebbene siano stati segnalati solo casi molto rari di interazioni clinicamente significative con anticoagulanti, nei pazienti che assumono anticoagulanti cumarinici il tempo di protrombina deve essere determinato prima di iniziare il trattamento con atorvastatina e con sufficiente frequenza nelle prime fasi della terapia, per assicurare che non si verifichino alterazioni significative del tempo di protrombina. Non appena sia stato documentato un tempo di protrombina stabile, tale valore può essere monitorato secondo gli intervalli di solito raccomandati per i pazienti trattati con anticoagulanti cumarinici. In caso di sospensione del trattamento con Trinomia, la stessa procedura deve essere ripetuta. La terapia con atorvastatina non è stata associata a sanguinamento o variazioni del tempo di protrombina in pazienti che non assumono anticoagulanti.

Tabella 1: Effetto dei medicinali somministrati in concomitanza sulla farmacocinetica di atorvastatina

Medicinale somministrato in concomitanza e regime posologico Atorvastatina
Dose (mg) Variazione dell’AUC& Raccomandazione clinica4
Tipranavir 500 mg BID/ Ritonavir 200 mg BID, 8 giorni (giorni da 14 a 21) 40 mg il giorno 1, 10 mg il giorno 20 ↑ 9,4 volte Trinomia è controindicato in questi casi.
Telaprevir 750 mg ogni 8 ore, 10 giorni 20 mg, SD ↑ 7,9 volte
Ciclosporina 5,2 mg/kg/die, dose stabile 10 mg OD per 28 giorni ↑ 8,7 volte
Lopinavir 400 mg BID/ Ritonavir 100 mg BID, 14 giorni 20 mg OD per 4 giorni ↑ 5,9 volte Nei casi in cui è necessaria la co-somministrazione con atorvastatina, si raccomandano dosi di mantenimento di atorvastatina più basse. A dosi di atorvastatina superiori a 20 mg, si raccomanda il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Claritromicina 500 mg BID per 9 giorni 80 mg OD per 8 giorni ↑ 4,4 volte
Saquinavir 400 mg BID/ Ritonavir (300 mg BID dai giorni 5-7, aumentato a 400 mg BID il giorno 8), i giorni 5-18, 30 min dopo la somministrazione di atorvastatina 40 mg OD per 4 giorni ↑ 3,9 volte Nei casi in cui è necessaria la co-somministrazione con atorvastatina, si raccomandano dosi di mantenimento di atorvastatina più basse. Con dosi di atorvastatina che superano 40 mg, si raccomanda il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Darunavir 300 mg BID/Ritonavir 100 mg BID, 9 giorni 10 mg OD per 4 giorni ↑ 3,3 volte
Itraconazolo 200 mg OD, 4 giorni 40 mg SD ↑ 3,3 volte
Fosamprenavir 700 mg BID/ Ritonavir 100 mg BID, 14 giorni 10 mg OD per 4 giorni ↑ 2,5 volte
Fosamprenavir 1400 mg BID, 14 giorni 10 mg OD per 4 giorni ↑ 2,3 volte
Nelfinavir 1250 mg BID, 14 giorni 10 mg OD per 28 giorni ↑ 1,7 volte^ Nessuna raccomandazione specifica.
Succo di pompelmo, 240 ml OD * 40 mg SD ↑ 37% L’assunzione concomitante di grandi quantità di succo di pompelmo e atorvastatina non è raccomandata.
Diltiazem 240 mg OD, 28 giorni 40 mg SD ↑ 51% Dopo l’inizio della terapia o i successivi aggiustamenti della dose di diltiazem, si raccomanda un adeguato monitoraggio clinico di questi pazienti.
Eritromicina 500 mg QID, 7 giorni 10 mg SD ↑ 33%^ Si raccomanda la dose massima più bassa e ilmonitoraggio clinico di questi pazienti.
Amlodipina 10 mg, dose singola 80 mg SD ↑ 18% Nessuna raccomandazione specifica.
Cimetidina 300 mg QID, 2 settimane 10 mg OD per 4 settimane ↓ meno dell’1% Nessuna raccomandazione specifica.
Sospensione antiacida di magnesio e idrossidi di alluminio, 30 ml QID, 2 settimane 10 mg OD per 4 settimane ↓ 35%^ Nessuna raccomandazione specifica.
Efavirenz 600 mg OD, 14 giorni 10 mg per 3 giorni ↓ 41% Nessuna raccomandazione specifica.
Rifampicina 600 mg OD, 7 giorni (in co-somministrazione) 40 mg SD ↑ 30% Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, si raccomanda la co-somministrazione simultanea di atorvastatina e rifampicina, con monitoraggio clinico.
Rifampicina 600 mg OD, 5 giorni (dosi separate) 40 mg SD ↓ 80%
Gemfibrozil 600 mg BID, 7 giorni 40 mg SD ↑ 35% Si raccomanda la dose massima più bassa e il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Fenofibrato 160 mg OD, 7 giorni 40 mg SD ↑ 3% Si raccomanda la dose massima più bassa e il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Boceprevir 800 mg TID, 7 giorni 40 mg SD ↑ 2,3 volte Si raccomanda una dose iniziale inferiore ed il monitoraggio clinico di questi pazienti. La dose di atorvastatina non deve superare una dose giornaliera di 20 mg durante la co-somministrazone di boceprevir.

& I dati riportati come variazione di x volte rappresentano un semplice rapporto tra la somministrazione concomitante e atorvastatina in monoterapia (ad es. 1 volta = nessuna variazione). I dati riportati come variazione % rappresentano la differenza percentuale rispetto all’atorvastatina in monoterapia (ad es. 0% = nessuna variazione).

# Vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 4.5 per la significatività clinica.

* Contiene uno o più componenti che inibiscono il CYP3A4 e possono aumentare le concentrazioni plasmatiche dei medicinali metabolizzati dal CYP3A4. L’assunzione di un bicchiere da 240 ml di succo di pompelmo ha prodotto inoltre una riduzione dell’AUC del 20,4% per il metabolita attivo orto-idrossilato. Grandi quantità di succo di pompelmo (superiori a 1,2 l per 5 giorni) hanno aumentato l’AUC dell’atorvastatina di 2,5 volte e l’AUC delle sostanze attive (atorvastatina e metaboliti).

^ Attività equivalente di atorvastatina totale

L’aumento è indicato con "↑", la diminuzione con "↓"

OD = una volta al giorno; SD = dose singola; BID = due volte al giorno; TID = tre volte al giorno; QID = quattro volte al giorno

Tabella 2: Effetto dell’atorvastatina sulla farmacocinetica dei medicinali somministrati in concomitanza

Atorvastatina e regime posologico Medicinale somministrato in concomitanza
Medicinale/dose (mg) Variazione dell’AUC& Raccomandazione clinica
80 mg OD per 10 giorni Digossina 0,25 mg OD, 20 giorni ↑ 15% I pazienti che assumono digossina devono essere adeguatamente monitorati.
40 mg OD per 22 giorni Contraccettivo orale OD, 2 mesi Nessuna raccomandazione specifica.
– noretindrone 1 mg ↑ 28%
-etinilestradiolo 35 mcg ↑ 19%
80 mg OD per 15 giorni * Fenazone, 600 mg SD ↑ 3,0% Nessuna raccomandazione specifica.
10 mg, SD Tipranavir 500 mg BID/ritonavir 200 mg BID, 7 giorni Nessuna variazione Nessuna raccomandazione specifica
10 mg, OD per 4 giorni Fosamprenavir 1400 mg BID, 14 giorni ↓ 27% Nessuna raccomandazione specifica
10 mg OD per 4 giorni Fosamprenavir 700 mg BID/ritonavir 100 mg BID, 14 giorni Nessuna variazione Nessuna raccomandazione specifica

& I dati riportati come variazione % rappresentano la differenza percentuale rispetto all’atorvastatina in monoterapia (ad es. 0% = nessuna variazione).

* La somministrazione concomitante di dosi multiple di atorvastatina e fenazone ha evidenziato un effetto minimo o non rilevabile sulla clearance del fenazone.

L’aumento è indicato con "↑", la diminuzione con "↓"

OD = una volta al giorno; SD = dose singola

Ramipril: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

Associazioni controindicate

I trattamenti extracorporei che comportano il contatto del sangue con superfici a carica negativa, come la dialisi o l’emofiltrazione con alcune membrane ad alto flusso (ad es. membrane in poliacrilonitrile) e aferesi delle lipoproteine a bassa densità con destrano solfato, a causa dell’aumento del rischio di gravi reazioni anafilattoidi (vedere paragrafo 4.3). Se si richiede tale trattamento, occorre considerare l’uso di una membrana per dialisi di diverso tipo o di un agente antipertensivo di diversa classe.

Precauzioni per l’uso

– Sali di potassio, eparina, diuretici risparmiatori di potassio e altri principi attivi che aumentano il potassio plasmatico (inclusi antagonisti dell’angiotensina II, trimetoprim, tacrolimus): può verificarsi iperkaliemia, pertanto si richiede un attento monitoraggio del potassio sierico.

– Agenti antipertensivi (ad es. diuretici) e altre sostanze che possono abbassare la pressione arteriosa (ad es. nitrati, antidepressivi triciclici, anestetici, assunzione acuta di alcol, baclofene, alfuzosina, doxazosina, prazosina, tamsulosina, terazosina): è da prevedere un potenziamento del rischio di ipotensione.

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren, è associato ad una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 5.1).

– Simpaticomimetici vasopressori e altre sostanze (ad es. isoproterenolo, dobutamina, dopamina, epinefrina) che possono ridurre l’effetto antipertensivo di ramipril: si raccomanda il monitoraggio della pressione arteriosa.

Allopurinolo, immunosoppressori, corticosteroidi, procainamide, citostatici e altre sostanze che possono alterare il quadro emocromocitometrico: maggiore probabilità di reazioni ematologiche (vedere paragrafo 4.4).

– Sali di litio: l’escrezione del litio può essere ridotta dagli ACE-inibitori, con conseguente aumento della tossicità del litio. I livelli di litio devono essere monitorati.

– Agenti antidiabetici, inclusa insulina: possono verificarsi reazioni di ipoglicemia. Si raccomanda il monitoraggio della glicemia.

04.6 Gravidanza e allattamento

Indice

Donne in età fertile

Le donne in età fertile devono usare un metodo di contraccezione adeguato (vedere paragrafo 4.3). Gravidanza

Trinomia è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

L’uso di ACE inibitori non è raccomandato durante il primo trimestre di gravidanza (vedere paragrafo 4.4). L’uso di ACE inibitori è controindicato durante il secondo ed il terzo trimestre di gravidanza (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

L’evidenza epidemiologica sul rischio di teratogenicità a seguito dell’esposizione ad ACE inibitori durante il primo trimestre di gravidanza non ha dato risultati conclusivi; tuttavia non può essere escluso un lieve aumento del rischio. A meno che la terapia continuativa con ACE inibitori sia considerata essenziale, le pazienti che progettano una gravidanza devono essere indirizzate verso

trattamenti antipertensivi alternativi, con un comprovato profilo di sicurezza per l’uso in gravidanza. Quando viene diagnosticata la gravidanza, il trattamento con gli ACE inibitori deve essere interrotto immediatamente e, se appropriato, deve essere avviata una terapia alternativa.

E’ noto che una esposizione a terapia con ACE inibitori/ Antagonisti dei Recettori dell’Angiotensina II (AIIRA) durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza induce fetotossicità nell’uomo (diminuzione della funzionalità renale, oligoidramnios, ritardo nell’ossificazione del cranio) e tossicità neonatale (insufficienza renale, ipotensione, iperpotassiemia). (Vedere anche paragrafo 5.3 ‘Dati preclinici di sicurezza’). Nel caso in cui si sia verificata un’esposizione ad ACE inibitori a partire dal secondo trimestre di gravidanza, si raccomanda un controllo ecografico della funzionalità renale e del cranio. I neonati le cui madri hanno assunto ACE inibitori devono essere attentamente monitorati per ipotensione, oliguria e iperpotassiemia (vedere anche paragrafi 4.3 e 4.4).

Durante il primo e il secondo trimestre di gravidanza, l’acido acetilsalicilico deve essere assunto solo nei casi di effettiva necessità.

L’inibizione della sintesi delle prostaglandine può avere effetti negativi sulla gravidanza e/o sullo sviluppo embrionale/fetale. I dati derivati da studi epidemiologici mostrano un aumento del rischio di morte fetale, nonché di malformazioni cardiache e gastroschisi, dopo la somministrazione di inibitori della sintesi delle prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Si suppone che il rischio aumenti in relazione al dosaggio e alla durata del trattamento.

L’esperienza precedente con dosi giornaliere di 50-150 mg di acido acetilsalicilico somministrato a donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre non ha evidenziato inibizione del travaglio, aumentata tendenza al sanguinamento o chiusura prematura del dotto arterioso.

Non vi sono dati sufficienti per confermare o escludere l’associazione di acido acetilsalicilico a un aumento del rischio di aborto spontaneo. Inoltre, non vi sono dati che dimostrino l’associazione di acido acetilsalicilico a malformazioni, anche se non si può escludere un aumento del rischio di gastroschisi.

In una meta-analisi comprendente 6 studi di coorte, 1 studio randomizzato controllato e 15 studi caso-controllo (Kozer et al., 2002), riguardante la relazione tra malformazioni e trattamento con acido acetilsalicilico durante il primo trimestre di gravidanza, non è stato evidenziato un aumento significativo del rischio di malformazioni (odds ratio= 1,33 OR IC al 95%: 0,94 – 1,89). Lo studio di coorte più importante comprendeva circa 15.000 donne in gravidanza che avevano assunto acido acetilsalicilico durante il primo trimestre.

Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva nei riguardi dei principi attivi acido acetilsalicilico, atorvastatina e ramipril (vedere paragrafo 5.3).

Nel caso in cui donne che prevedono di iniziare una gravidanza o donne nel primo o secondo trimestre di gravidanza assumono acido acetilsalicilico, la durata del trattamento deve essere il più possibile breve.

Durante il terzo trimestre di gravidanza, a causa dell’uso di inibitori della sintesi delle prostaglandine, il feto può essere esposto a:

tossicità cardiopolmonare (chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare);

deficit renale, che può provocare insufficienza renale e oligoidramnios.

La madre e il feto, al termine della gravidanza, possono essere esposti a:

possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che può verificarsi anche alle dosi più basse;

inibizione delle contrazioni uterine, con conseguente ritardo o prolungamento del travaglio.

La sicurezza di atorvastatina nelle donne in gravidanza non è stata stabilita. Non sono stati condotti studi clinici controllati con atorvastatina in donne in gravidanza. Sono stati segnalati rari casi di

anomalie congenite in seguito all’esposizione intrauterina a inibitori dell’HMG-CoA reduttasi. Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).

Il trattamento materno con atorvastatina può ridurre i livelli fetali di mevalonato, un precursore della biosintesi del colesterolo. L’aterosclerosi è un processo cronico e di solito la sospensione dei medicinali ipolipemizzanti durante la gravidanza dovrebbe avere un impatto minimo sul rischio a lungo termine associato all’ipercolesterolemia primaria.

Per questi motivi, Trinomia non deve essere utilizzato in donne in gravidanza, che pianificano o che sospettano una gravidanza. Il trattamento con Trinomia deve essere sospeso per la durata della gravidanza o fino a quando non sia stato escluso lo stato di gravidanza (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Allattamento

Piccole quantità di acido acetilsalicilico e dei suoi metaboliti passano nel latte materno. Non è noto se atorvastatina o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno. Nei ratti le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono simili a quelle nel latte (vedere praragrafo 5.3). Inoltre, sono disponibili informazioni insufficienti riguardo all’uso di ramipril durante l’allattamento (vedere paragrafo 5.2).

A causa delle potenziali reazioni avverse gravi, le donne che assumono Trinomia non devono allattare con latte materno (vedere paragrafo 4.3).

Fertilità

In studi condotti su animali l’atorvastatina non ha avuto effetti sulla fertilità di uomini e donne (vedere paragrafo 5.3).

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Indice

L’acido acetilsalicilico e l’atorvastatina non alterano o alterano in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

A causa del componente ramipril, alcuni effetti avversi (ad es. sintomi di un calo della pressione arteriosa, quali capogiri) possono alterare la capacità di concentrazione e di reazione del paziente e costituire pertanto un rischio nelle situazioni in cui tali capacità sono di particolare importanza (ad es. nell’uso di veicoli o di macchinari).

Ciò può accadere in particolare quando si passa da altri preparati alla terapia con Trinomia o quando si aumenta la dose. Pertanto, quando si assume Trinomia è consigliabile non guidare veicoli o usare macchinari per diverse ore.

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Riassunto del profilo di sicurezza

Trinomia deve essere utilizzato esclusivamente come terapia sostitutiva in pazienti adeguatamente controllati con i singoli componenti somministrati in concomitanza a dosi terapeutiche equivalenti.

Gli effetti indesiderati più comuni associati al trattamento con aspirina sono i disturbi gastrointestinali. Ulcere e sanguinamenti non sono comuni (meno di 1 caso su 100). La perforazione del tratto gastrointestinale è molto rara (meno di 1 caso su 10.000). Informare immediatamente il medico se si notano feci scure o presenza di sangue nel vomito (segni di grave emorragia gastrica).

Gli effetti avversi noti associati alla terapia con ramipril comprendono tosse secca persistente e reazioni correlate all’ipotensione. Effetti avversi non comuni (meno di 1 caso su 100) sempre associati alla terapia con ramipril includono angioedema, compromissione renale ed epatica. Neutropenia e agranulocitosi si verificano raramente (meno di 1 caso su 1.000).

La mialgia (dolore muscolare, spasmi muscolari, gonfiore alle articolazioni) rappresenta un effetto avverso comune associato al trattamento con statine. Miopatia e rabdomiolisi sono rare (meno di 1 caso su 1.000). Il monitoraggio della CK deve essere considerato come parte della valutazione dei pazienti con livelli di CK significativamente elevati al basale [> 5 volte il limite superiore della norma (LSN)].

Nel database degli studi clinici controllati verso placebo con atorvastatina, comprendente 16.066 pazienti (8.755 atorvastatina vs 7.311 placebo) trattati per un periodo medio di 53 settimane, il 5,2% dei pazienti del gruppo atorvastatina ha interrotto il trattamento a causa di reazioni avverse, rispetto al 4,0% dei pazienti del gruppo placebo.

Come per altri inibitori dell’HMG-CoA reduttasi, un aumento delle transaminasi sieriche è stato segnalato nei pazienti trattati con atorvastatina. Queste alterazioni sono state in genere lievi, transitorie e non hanno richiesto l’interruzione del trattamento. Aumenti clinicamente importanti (> 3 volte il limite superiore della norma) delle transaminasi sieriche si sono verificati nello 0,8% dei pazienti trattati con atorvastatina. Questi aumenti erano dipendenti dalla dose e sono stati reversibili in tutti i pazienti.

Livelli sierici elevati di creatinchinasi (CK) oltre 3 volte il limite superiore della norma si sono osservati nel 2,5% dei pazienti trattati con atorvastatina, analogamente a quanto rilevato con altri inibitori dell’HMG-CoA reduttasi negli studi clinici. Livelli oltre 10 volte l’intervallo superiore della norma si sono verificati nello 0,4% dei pazienti trattati con atorvastatina (vedere paragrafo 4.4).

I seguenti eventi avversi sono stati segnalati con alcune statine:

– disfunzione sessuale;

depressione;

– casi eccezionali di pneumopatia interstiziale, in particolare con la terapia a lungo termine (vedere paragrafo 4.4);

– diabete mellito: la frequenza dipende dalla presenza o assenza di fattori di rischio (glicemia a digiuno ≥ 5,6 mmol/l, IMC > 30 kg/m², livelli elevati di trigliceridi, anamnesi positiva per ipertensione).

Riassunto in forma tabellare delle reazioni avverse

Tabella 3: Riassunto in forma tabellare delle reazioni avversemolto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, < 1/100); raro (≥1/10.000, < 1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)
Classificazione per Sistemi e Organi secondo MedDRA Effetti Indesiderati Frequenza
Ramipril Atorvastatina ASA
Patologie del sistema emolinfopoietico Eosinofilia. Non comune
Riduzione della conta leucocitaria (incluse neutropenia o agranulocitosi), riduzione della conta eritrocitaria, riduzione dell’emoglobina, riduzione della conta piastrinica (trombocitopenia). Raro
Sono state segnalate emorragie gravi, potenzialmente letali in alcuni casi, ad esempio emorragia cerebrale, soprattutto nei pazienti con ipertensione non controllata e/o in trattamento concomitante con anticoagulanti. Raro
Si osserva sanguinamento, ad es. sanguinamento nasale, sanguinamento gengivale, sanguinamento cutaneo o sanguinamento del tratto genito-urinario, con un possibile prolungamento del tempo di coagulazione (vedere paragrafo 4.4). Questo effetto può durare per 4-8 giorni dopo l’ingestione. Raro
Trombocitopenia. Raro
Insufficienza midollare, pancitopenia, anemia emolitica. Non nota
Patologie gastrointestinali Disturbi gastrointestinali quali pirosi, nausea, vomito, mal di stomaco e diarrea. Molto comune
Perdita ematica di lieve entità dal tratto gastrointestinale (micro-sanguinamento). Molto comune
Dispepsia, nausea, diarrea. Comune Comune
Vomito Comune Non comune
Disturbi digestivi, fastidio addominale. Comune
Infiammazione gastrointestinale Comune Non comune
Costipazione. Non comune Comune
Flatulenza. Comune
Ulcere gastrointestinali. Non comune
Sanguinamento gastrointestinale. Non comune
Anemia da carenza di ferro dovuta a perdite ematiche occulte dal tratto gastrointestinale dopo l’uso prolungato. Non comune
Dolore addominale superiore e inferiore, eruttazione, pancreatite. Non comune
Pancreatite (casi con esito fatale sono stati segnalati eccezionalmente con ACE-inibitori), aumento degli enzimi pancreatici, angioedema dell’intestino tenue, dolore addominale superiore comprese gastrite, bocca secca. Non comune
Glossite. Raro
Perforazione di un’ulcera gastrointestinale. Informare immediatamente il medico se si notano feci nere o la presenza di sangue nel vomito (segni di emorragia gastrica grave). Molto raro
Stomatite aftosa. Non nota
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Broncospasmo parossistico, dispnea grave, rinite, congestione nasale. Comune
Dolore faringolaringeo, epistassi. Comune
Tosse stizzosa, non produttiva, bronchite, sinusite, dispnea. Comune
Broncospasmo, compreso aggravamento dell’asma, congestione nasale. Non comune
Infezioni ed infestazioni Rinofaringite. Comune
Patologie del sistema nervoso Cefalea. Comune Comune
Capogiri. Comune Non comune
Vertigini ageusia. Non comune
Parestesia, disgeusia. Non comune Non comune
Ipoestesia, amnesia. Non comune
Neuropatia periferica. Raro
Tremore, disturbi dell’equilibrio. Raro
Ischemia cerebrale comprendente ictus ischemico e attacco ischemico transitorio, compromissione delle abilità psicomotorie, sensazione di bruciore, parosmia. Non nota
Cefalea, capogiri, alterazione dell’udito o ronzio alle orecchie (tinnito), confusione mentale Non applicabile (possono essere sintomi di sovradosaggio. Vedere paragrafo 4.9).
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Rash, in particolare maculo-papulare. Comune
Reazioni cutanee. Non comune
Orticaria, rash cutaneo, prurito, alopecia. Non comune
Angioedema; in casi molto eccezionali, l’ostruzione delle vie aeree conseguente all’angioedema può avere esito fatale; prurito, iperidrosi. Non comune
Edema angioneurotico, dermatite bollosa inclusi eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Raro
Dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi. Raro
Reazioni di fotosensibilità. Molto raro
Eritema multiforme. Non nota Molto raro
Necrolisi epidermica tossica, sindrome di Stevens-Johnson. Non nota
Pemfigo, aggravamento della psoriasi, dermatite psoriasiforme, esantema o enantema pemfigoide o lichenoide, alopecia. Non nota
Disturbi del sistema immunitario Reazioni allergiche. Comune
Reazioni di ipersensibilità della cute, del tratto respiratorio, del tratto gastrointestinale e del sistema cardiovascolare, in particolare nei pazienti asmatici (con questi possibili sintomi: riduzione della pressione arteriosa, dispnea, rinite, congestione nasale, shock anafilattico, edema di Quincke). Raro
Anafilassi. Molto raro
Reazioni anafilattiche o anafilattoidi, aumento degli anticorpi antinucleo. Non nota
Patologie epatobiliari Epatite. Non comune
Aumento degli enzimi epatici e/o della bilirubina coniugata. Non comune
Colestasi. Raro
Ittero colestatico, danno epatocellulare. Raro
Insufficienza epatica. Molto raro
Aumento dei valori nei test della funzione epatica. Molto raro
Insufficienza epatica acuta, epatite colestatica o citolitica (l’esito fatale si è verificato in casi molto eccezionali). Non nota
Patologie renali e urinarie Compromissione della funzione renale, compresa insufficienza renale acuta, aumento della diuresi, peggioramento della proteinuria preesistente, aumento dell’azotemia, aumento della creatinina ematica. Non comune
Compromissione della funzione renale. Molto raro
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Iperglicemia. Comune
Aumento della potassiemia. Comune
Ipoglicemia. Non comune Molto raro
Aumento ponderale. Non comune
Anoressia. Non comune Non comune
Diminuzione dell’appetito. Non comune
A basse dosi, l’acido acetilsalicilico riduce l’escrezione di acido urico. In pazienti predisposti, ciò può causare attacchi di gotta. Molto raro
Diminuzione della natriemia. Non nota
Disturbi psichiatrici Incubi, insonnia. Non comune
Umore depresso, ansia, nervosismo, irrequietezza, disturbi del sonno, compresa sonnolenza. Non comune
Stato confusionale. Raro
Disturbo dell’attenzione. Non nota
Patologie dell’occhio Visione offuscata. Non comune Non comune
Disturbi visivi. Non comune Raro
Congiuntivite. Raro
Patologie dell’orecchio e del labirinto Tinnito. Raro Non comune
Compromissione dell’udito. Raro
Perdita dell’udito. Molto raro
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Mialgia, spasmi muscolari. Comune Comune
Dolore alle estremità, gonfiore delle articolazioni, dorsalgia. Comune
Artralgia. Non comune Comune
Dolore al collo, affaticamento muscolare. Non comune
Miopatia, miosite, rabdomiolisi, tendinopatia, talvolta complicata da rottura. Raro
Miopatia necrortizzante immuno-mediata (vedere paragrafo 4.4) Non nota
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Impotenza erettile transitoria, diminuzione della libido. Non comune
Ginecomastia. Non nota Molto raro
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Dolore toracico, affaticamento. Comune Non comune
Piressia. Non comune Non comune
Malessere, edema periferico. Non comune
Astenia. Raro Non comune
Esami diagnostici Anomalie dei test di funzionalità epatica, aumento della creatinchinasi ematica. Comune
Presenza di globuli bianchi nelle urine. Non comune
Patologie cardiache Ischemia miocardica comprendente angina pectoris o infarto miocardico, tachicardia, aritmia, palpitazioni, edema periferico. Non comune
Patologie vascolari Ipotensione, calo della pressione arteriosa ortostatica, sincope. Comune
Vampate. Non comune
Stenosi vascolare, ipoperfusione, vasculite. Raro
Fenomeno di Raynaud. Non nota

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/responsabili-farmacovigilanza.

04.9 Sovradosaggio

Indice

Acido acetilsalicilico

Nel sovradosaggio cronico di acido acetilsalicilico, predominano sintomi a carico del sistema nervoso centrale, quali sonnolenza, capogiri, confusione o nausea (salicilismo). L’intossicazione acuta da acido acetilsalicilico, d’altro canto, è una grave alterazione dell’equilibrio acido-base. Anche nell’ambito delle dosi terapeutiche, l’aumento della respirazione provoca alcalosi respiratoria, compensata da un incremento dell’escrezione renale di carbonato di idrogeno per mantenere il pH ematico normale. A dosi tossiche, la compensazione non è più sufficiente e il pH ematico diminuisce, cosi come la concentrazione di carbonato di idrogeno. A volte, la pCO2 nel plasma può essere normale. La condizione clinica sembra essere acidosi metabolica, nonostante sia una combinazione di acidosi respiratoria e metabolica. Le relative cause sono: limitazione della respirazione su azione di dosi tossiche, accumulo di acido, in parte dovuto da una ridotta eliminazione per via renale (acido solforico e fosforico, oltre ad acido salicilico, acido lattico, acido acetoacetico e altri), a causa di una grave alterazione del metabolismo dei carboidrati. Si osservano inoltre squilibrio elettrolitico e perdite importanti di potassio.

Sintomi di intossicazione acuta

Oltre agli squilibri acido-base, si osservano anche squilibri elettrolitici (ad es. perdita di potassio), ipoglicemia, rash cutanei e sanguinamento gastrointestinale, sintomi come iperventilazione, tinnito, nausea, vomito, alterazione della vista e dell’udito, cefalee, capogiri e disorientamento.

L’intossicazione grave (oltre 400 g/ml) può provocare deliri, tremore, distress respiratorio, gonfiore, disidratazione, ipertermia e coma. Per le intossicazioni letali, la morte è in genere causata da un’insufficienza della funzione respiratoria.

Terapia dell’intossicazione

L’ambito delle opzioni terapeutiche per l’avvelenamento da acido acetilsalicilico è determinato dalla gravità, dallo stadio e dai sintomi clinici dell’intossicazione. Corrispondono alle procedure standard per ridurre l’assorbimento della sostanza, bilanciando idratazione ed elettroliti e controllando la termoregolazione e la funzione respiratoria alterate. La terapia è costituita prevalentemente da trattamenti che accelerano l’eliminazione e normalizzano l’equilibrio acido-base ed elettrolitico.

Oltre alle infusioni di sodio bicarbonato e potassio cloruro, si somministrano anche diuretici. Il valore pH delle urine deve essere basico, per aumentare il grado di ionizzazione dell’acido salicilico e, di conseguenza, ridurre il riassorbimento tubulare. È fortemente raccomandato il controllo dei parametri ematochimici (valore pH, pCO2,, bicarbonato, potassio, ecc.). I casi gravi possono richiedere emodialisi.

In caso di sospetto sovradosaggio, il paziente deve essere tenuto sotto osservazione per 24 ore, perché la comparsa dei sintomi e dei livelli plasmatici dei salicilati può richiedere diverse ore.

Atorvastatina

Non è disponibile un trattamento specifico per il sovradosaggio di atorvastatina. Qualora si verifichi un sovradosaggio, il paziente deve essere trattato sintomaticamente e devono essere istituite misure di supporto, secondo necessità. Devono essere eseguiti i test della funzione epatica e devono essere monitorati i livelli sierici di CK. A causa dell’ampio legame dell’atorvastatina alle proteine plasmatiche, non si prevede che l’emodialisi aumenti in misura significativa la clearance dell’atorvastatina.

Ramipril

I sintomi associati al sovradosaggio di ACE-inibitori possono comprendere vasodilatazione periferica eccessiva (con marcata ipotensione, shock), bradicardia, alterazioni elettrolitiche e insufficienza renale. Il paziente deve essere attentamente monitorato e il trattamento deve essere sintomatico e di supporto. Le misure consigliate prevedono disintossicazione primaria (lavanda gastrica, somministrazione di adsorbenti) e misure per il ripristino della stabilità emodinamica, inclusa la somministrazione di agonisti alfa-1-adrenergici o la somministrazione di angiotensina II (angiotensinamide). Il ramiprilato, il metabolita attivo di ramipril, viene scarsamente eliminato dalla circolazione generale mediante emodialisi.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

Indice

Categoria farmacoterapeutica: inibitori della HMG-CoA reduttasi, altre associazioni.

Codice ATC: C10BX06.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Trinomia in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per la prevenzione della cardiopatia ischemica (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

Acido acetilsalicilico

L’acido acetilsalicilico inibisce in maniera irreversibile l’aggregazione piastrinica. Questo effetto sulle piastrine è dovuto all’acetilazione della ciclossigenasi. Ciò inibisce in modo irreversibile la sintesi del trombossano A2 (una prostaglandina con azione di promozione dell’aggregazione piastrinica e di vasocostrizione) nelle piastrine. Questo effetto è permanente e di solito dura per tutti gli 8 giorni di vita della piastrina

Paradossalmente, l’acido acetilsalicilico inibisce anche la sintesi della prostaciclina (una prostaglandina che inibisce l’aggregazione piastrinica, ma con effetti vasodilatatori) nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni. Si tratta di un effetto transitorio. Non appena l’acido acetilsalicilico viene eliminato dal sangue, le cellule endoteliali nucleate sintetizzano nuovamente la prostaciclina. Di conseguenza, una singola dose bassa giornaliera di acido acetilsalicilico (< 100 mg/die) provoca l’inibizione del trombossano A2 nelle piastrine, senza influire considerevolmente sulla sintesi della prostaciclina.

L’acido acetilsalicilico appartiene inoltre al gruppo di antinfiammatori non steroidei acidici, con proprietà analgesiche, antipiretiche e antinfiammatorie. Il loro meccanismo d’azione consiste nell’inibizione irreversibile dell’enzima ciclossigenasi, coinvolto nella sintesi delle prostaglandine. A dosi più elevate, l’acido acetilsalicilico è utilizzato per il trattamento del dolore da lieve a moderato, dell’innalzamento della temperatura corporea e per il trattamento di malattie infiammatorie acute e croniche, quali l’artrite reumatoide.

I dati sperimentali dimostrano che l’ibuprofene può inibire l’aggregazione piastrinica dell’acido acetilsalicilico ai dosaggi più bassi, se somministrato in concomitanza. In uno studio che ha confrontato l’effetto della somministrazione di una dose singola di ibuprofene 400 mg, 8 ore prima o 30 minuti prima della somministrazione di 81 mg di acido acetilsalicilico (in compressa a rilascio immediato), si è osservata una riduzione dell’effetto dell’acido acetilsalicilico sulla formazione di trombossano o sull’aggregazione piastrinica. Tuttavia, questi dati sono limitati, a causa dell’incertezza in merito alla loro estrapolazione alla pratica clinica. Pertanto, non vi sono conclusioni di rilievo riguardo all’uso regolare di ibuprofene e non vi è inoltre alcun effetto clinico di rilievo che possa ritenersi associato all’uso occasionale di ibuprofene.

Atorvastatina

L’atorvastatina è un inibitore selettivo e competitivo dell’HMG-CoA reduttasi, l’enzima limitante responsabile della conversione del 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A in mevalonato, un precursore degli steroli, incluso il colesterolo. I trigliceridi e il colesterolo nel fegato sono incorporati in proteine a bassissima densità (Very Low-Density Lipoproteins, VLDL) e rilasciati nel plasma, per il trasporto ai tessuti periferici. Le lipoproteine a bassa densità (Low-Density Lipoprotein, LDL) si formano dalle VLDL e sono catabolizzate principalmente tramite il recettore con elevata affinità per le LDL (recettore delle LDL).

L’atorvastatina abbassa le concentrazioni plasmatiche di colesterolo e sieriche di lipoproteine, inibendo l’HMG-CoA reduttasi e di conseguenza la biosintesi del colesterolo a livello epatico, e aumenta il numero di recettori delle LDL epatici sulla superficie cellulare, per potenziare la captazione e il catabolismo delle LDL.

L’atorvastatina riduce la produzione di LDL e il numero di particelle di LDL. L’atorvastatina produce un aumento profondo e sostenuto dell’attività dei recettori delle LDL, associato a una benefica variazione della qualità delle particelle LDL in circolazione. Atorvastatina è efficace nel ridurre il colesterolo LDL nei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote, una popolazione che di solito non risponde ai medicinali ipolipemizzanti.

In uno studio dose-risposta, è stato dimostrato che l’atorvastatina riduce le concentrazioni di colesterolo totale (30% – 46%), colesterolo LDL (41% – 61%), apolipoproteina B (34% – 50%) e trigliceridi (14% – 33%), producendo al contempo aumenti variabili del colesterolo HDL e dell’apolipoproteina A1. Questi risultati sono coerenti nei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare eterozigote, forme non familiari di ipercolesterolemia e iperlipidemia mista, compresi i pazienti con diabete mellito non insulino-dipendente.

È stato dimostrato che le riduzioni del colesterolo totale, colesterolo LDL e apolipoproteina B riducono il rischio di eventi cardiovascolari e mortalità cardiovascolare.

Prevenzione della malattia cardiovascolare

L’effetto di atorvastatina sulla coronaropatia fatale e non fatale è stato valutato nel braccio ipolipemizzante dello studio ASCOT (Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial Lipid Lowering Arm), studio randomizzato in doppio cieco controllato verso placebo. I pazienti erano ipertesi, di età compresa tra 40 e 79 anni, senza pregresso infarto del miocardio o trattamento per angina e con livelli di colesterolo totale (CT) ≤ 6,5 mmol/l (251 mg/dl). Tutti i pazienti presentavano almeno 3 dei predefiniti fattori di rischio cardiovascolare: sesso maschile, età ≥ 55 anni, tabagismo, diabete, storia di coronaropatia in parente di primo grado, CT:HDL-C > 6, vasculopatia periferica, ipertrofia ventricolare sinistra, precedenti eventi cerebrovascolari, alterazioni specifiche all’ECG, proteinuria/albuminuria. Non tutti i pazienti inclusi presentavano un rischio elevato per un primo evento cardiovascolare.

I pazienti sono stati trattati con terapia antiipertensiva (regime a base di amlodipina o atenololo) ed atorvastatina 10 mg/die (n = 5.168) o placebo (n = 5.137).

L’effetto di atorvastatina sulla riduzione del rischio assoluto e relativo è il seguente:

Evento Riduzione Rischio Relativo (%) N. di Eventi (Atorvastatina vs. placebo) Riduzione Rischio Assoluto¹ (%) p
(CHD fatale e IM non fatale) 36% 100 vs. 154 1,1% 0,0005
Eventi cardiovascolari totali e procedure di rivascolarizzazione 20% 389 vs. 483 1,9% 0,0008
Eventi coronarici totali 29% 178 vs 247 1,4% 0,0006

¹ Basata sulla differenza nelle frequenze degli eventi che si sono verificati nel periodo di follow-up mediano di 3,3 anni.

CDH= malattia coronaria; IM= infarto del miocardio

La mortalità totale e la mortalità cardiovascolare non si sono ridotte significativamente (185 vs. 212 eventi, p=0,17 e 74 vs. 82 eventi, p=0,51). Nelle analisi di sottogruppo effettuate in base al sesso di appartenenza (81% uomini, 19% donne), è stato riscontrato un effetto positivo di atorvastatina negli uomini, ma non è stato possibile stabilirlo nelle donne, forse a causa delle basse percentuali di eventi nel sottogruppo delle donne. La mortalità totale e cardiovascolare sono state numericamente più elevate nelle donne (38 vs. 30 e 17 vs. 12), ma questo dato non era statisticamente significativo. Vi è stata una significativa interazione del trattamento a causa della terapia antiipertensiva al basale. L’endpoint primario (CHD fatale e IM non fatale) è stato ridotto significativamente dall’atorvastatina in pazienti trattati con amlodipina (HR 0,47 (0,32-0,69) p=0,00008), ma non in quelli trattati con atenololo (HR 0,83 (0,59-1,17), p= 0,287).

L’effetto dell’atorvastatina sulla cardiopatia fatale e non fatale è stato valutato anche in uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, lo studio CARDS (Collaborative Atorvastatin Diabetes Study) condotto in pazienti con diabete di tipo 2 di età 40 – 75 anni, senza storia pregressa di patologia cardiovascolare e con LDL-C ≤ 4,14 mmol/l (160 mg/dl) e TG ≤ 6,78 mmol/l (600 mg/dl). Tutti i pazienti presentavano almeno 1 dei seguenti fattori di rischio: ipertensione, tabagismo in atto, retinopatia, microalbuminuria o macroalbuminuria.

I pazienti sono stati trattati con atorvastatina 10 mg/die (n=1.428) o con placebo (n=1.410) per un periodo di follow-up mediano di 3,9 anni.

L’effetto dell’atorvastatina sulla riduzione del rischio assoluto e relativo è il seguente:

Evento Riduzione Rischio relativo (%) N. di Eventi (Atorvastatina vs. placebo) Riduzione Rischio Assoluto¹ (%) p
Eventi cardiovascolari maggiori [IMA acuto fatale e non-fatale, IM silente, decesso da CHD acuta, angina instabile, CABG, PTCA, rivascolarizzazione, ictus] 37% 83 vs. 127 3,2% 0,0010
IM (IMA acuto fatale e nonfatale, IM silente) 42% 38 vs 64 1,9% 0,0070
Icuts (fatale e non-fatale) 48% 21 vs. 39 1,3% 0,0163

¹Basata sulla differenza nelle frequenze degli eventi che si sono verificati nel periodo di follow-up mediano di 3,9 anni.

IMA = infarto acuto del miocardio, CHD = coronaropatia, CABG = intervento di by-pass aortocoronarico, IM= infarto miocardico, PTCA = angioplastica coronarica transluminale percutanea

Non sono state osservate differenze nell’effetto del trattamento in relazione al sesso di appartenenza, all’età o al livello basale di LDL-C. È stata osservata una tendenza positiva del tasso di mortalità (82 decessi nel gruppo placebo vs. 61 decessi nel gruppo atorvastatina, p=0,0592).

Ramipril

Meccanismo d’azione

Il ramiprilato, metabolita attivo del profarmaco ramipril, inibisce l’enzima dipeptidilcarbossipeptidasi I (sinonimi: enzima convertitore dell’angiotensina; chininasi II). A livello plasmatico e tissutale, questo enzima catalizza la conversione della angiotensina I nella sostanza ad attività vasocostrittrice angiotensina II, così come la degradazione della bradichinina, che ha attività di vasodilatazione. La ridotta formazione di angiotensina II e l’inibizione della degradazione della bradichinina provocano vasodilatazione.

Poiché l’angiotensina II stimola anche il rilascio di aldosterone, il ramiprilato causa una riduzione della secrezione di aldosterone. La risposta media agli ACE-inibitori in monoterapia è risultata inferiore nei pazienti neri (afro-caraibici) ipertesi (di solito una popolazione di ipertesi con basso livello di renina), rispetto ai pazienti non neri.

Effetti farmacodinamici

Proprietà antipertensive:

La somministrazione di ramipril causa una marcata riduzione della resistenza arteriosa periferica. In genere, non vi sono importanti variazioni del flusso plasmatico renale e della velocità di filtrazione glomerulare. La somministrazione di ramipril a pazienti ipertesi provoca una riduzione della pressione arteriosa in posizione eretta e in posizione supina, senza un aumento compensatorio della frequenza cardiaca.

Nella maggior parte dei pazienti, l’inizio dell’effetto antipertensivo di una singola dose si manifesta 1-2 ore dopo la somministrazione orale. Il picco dell’effetto di una singola dose si raggiunge di solito a 3-6 ore dalla somministrazione orale. L’effetto antipertensivo di una singola dose di solito ha una durata di 24 ore.

L’effetto antipertensivo massimo del trattamento continuo con ramipril si manifesta in genere dopo 3-4 settimane. È stato dimostrato che l’effetto antipertensivo persiste con la terapia a lungo termine della durata di 2 anni.

L’interruzione brusca di ramipril non provoca un aumento dell’effetto rebound rapido ed eccessivo della pressione arteriosa.

Insufficienza cardiaca:

Oltre alla terapia convenzionale con diuretici e glicosidi cardiaci opzionali, il ramipril si è dimostrato efficace nei pazienti con classi funzionali II-IV secondo la New York Heart Association. Il farmaco ha avuto effetti benefici sull’emodinamica cardiaca (riduzione della pressione di riempimento del ventricolo destro e sinistro, riduzione della resistenza vascolare periferica totale, aumento della gittata cardiaca e miglioramento dell’indice cardiaco). Ha ridotto inoltre l’attivazione neuroendocrina.

Efficacia e sicurezza clinica

Prevenzione cardiovascolare/nefroprotezione:

È stato eseguito uno studio controllato verso placebo preventivo (lo studio HOPE), in cui ramipril è stato aggiunto alla terapia standard in oltre 9.200 pazienti. Sono stati inclusi nello studio pazienti con maggiore rischio di malattia cardiovascolare, conseguente a malattia cardiovascolare aterotrombotica (anamnesi positiva per coronaropatia, ictus o vasculopatia periferica) o diabete mellito, con almeno un fattore di rischio supplementare (microalbuminuria documentata, ipertensione, livello di colesterolo totale elevato, basso livello di colesterolo delle lipoproteine ad alta densità o tabagismo).

Lo studio ha dimostrato che ramipril riduce in misura statisticamente significativa l’incidenza di infarto del miocardio, morte per cause cardiovascolari e ictus, da soli e combinati (eventi primari combinati).

Tabella 4: Lo studio HOPE: risultati principali

Ramipril Placebo Rischio relativo (intervallo di confidenza al 95%) Valore p
Tutti i pazienti n=4 645 n=4 652
Eventi primari combinati 14,0 17,8 0,78 (0,70-0,86) <0,001
Infarto del miocardio 9,9 12,3 0,80 (0,70-0,90) <0,001
Morte per eventi cardiovascolari 6,1 8,1 0,74 (0,64-0,87) <0,001
Ictus 3,4 4,9 0,68 (0,56-0,84) <0,001
Endpoint secondari
Morte per qualsiasi causa 10,4 12,2 0,84 (0,75-0,95) 0,005
Necessità di rivascolarizzazione, 16,0 18,3 0,85 (0,77-0,94) 0,002
Ospedalizzazione per angina instabile 12,1 12,3 0,98 (0,87-1,10) NS
Ospedalizzazione per insufficienza cardiaca 3,2 3,5 0,88 (0,70-1,10) 0,25
Complicanze correlate al diabete 6,4 7,6 0,84 (0,72-0,98) 0,03

Lo studio MICRO-HOPE, un sottostudio predefinito dello studio HOPE, ha valutato l’effetto dell’aggiunta di ramipril 10 mg al regime medico in corso, rispetto al placebo, in 3.577 pazienti di almeno ≥ 55 anni (senza limite superiore di età), con una maggioranza di diabete di tipo 2 (e almeno un altro fattore di rischio CV), normotesi o ipertesi.

L’analisi primaria ha evidenziato che 117 (6,5%) partecipanti trattati con ramipril e 149 (8,4%) trattati con placebo hanno sviluppato nefropatia conclamata, che corrisponde a una riduzione del rischio relativo (RRR) del 24%; IC al 95% [3-40], p = 0,027.

Lo studio REIN, uno studio multicentrico randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato con placebo, finalizzato a valutare l’effetto del trattamento con ramipril sulla velocità di riduzione della filtrazione glomerulare (GFR) in 352 pazienti normotesi o ipertesi (18-70 anni di età) con proteinuria lieve (escrezione urinaria di proteine media > 1 e < 3 g/24 h) o grave (≥ 3 g/24 h) dovuta a nefropatia cronica non diabetica. Entrambe le sottopopolazioni erano stratificate prospetticamente.

L’analisi principale dei pazienti con proteinuria più grave (strato interrotto prematuramente per il beneficio osservato nel gruppo ramipril) ha evidenziato che la velocità media di riduzione della GFR al mese era più bassa con ramipril rispetto al placebo: -0,54 (0,66) vs -0,88 (1,03) ml/min/mese, p = 0,038. La differenza tra i gruppi era pertanto pari a 0,34 (0,03-0,65) al mese e a circa 4 ml/min/anno; il 23,1% dei pazienti nel gruppo ramipril ha raggiunto l’endpoint secondario combinato di raddoppiamento della concentrazione di creatinina sierica al basale e/o malattia renale allo stadio terminale (End-Stage Renal Disease, ESRD) (necessità di dialisi o trapianto renale), rispetto al 45,5% nel gruppo placebo (p = 0,02).

Prevenzione secondaria dopo infarto del miocardio acuto:

Lo studio AIRE ha incluso più di 2.000 pazienti con segni clinici transitori/persistenti di insufficienza cardiaca, dopo infarto del miocardio documentato. Il trattamento con ramipril è stato iniziato 3-10 giorni dopo l’infarto del miocardio acuto. Lo studio ha dimostrato che, dopo un tempo medio di follow-up di 15 mesi, la mortalità nei pazienti trattati con ramipril era del 16,9%, mentre nei pazienti trattati con placebo era del 22,6%. Ciò significa una riduzione assoluta della mortalità del 5,7% e una riduzione del rischio relativo del 27% (IC al 95% [11-40%]).

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS):

Due grandi studi randomizzati e controllati (ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial) e VA Nephron-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes)) hanno esaminato l’uso della combinazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II.

ONTARGET è uno studio condotto in pazienti con anamnesi di patologia cardiovascolare o cerebrovascolare, o diabete mellito tipo 2 associato all’evidenza di danno d’organo. VA NEPHRON-D è uno studio condotto in pazienti con diabete mellito tipo 2 e nefropatia diabetica.

Questi studi non hanno dimostrato alcun significativo effetto benefico sugli esiti e sulla mortalità renale e/o cardiovascolare, mentre è stato osservato un aumento del rischio di iperpotassiemia, danno renale acuto e/o ipotensione rispetto alla monoterapia. Questi risultati sono pertinenti anche per gli altri ACE-inibitori e per gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II, date le loro simili proprietà farmacodinamiche.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono quindi essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiovascular and Renal Disease Endpoints) è uno studio volto a verificare il vantaggio di aggiungere aliskiren ad una terapia standard di un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa di un aumentato rischio di eventi avversi. Morte cardiovascolare e ictus sono stati entrambi numericamente più frequenti nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo e gli eventi avversi e gli eventi avversi gravi di interesse (iperpotassiemia, ipotensione e disfunzione renale) sono stati riportati più frequentemente nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Acido acetilsalicilico

L’acido acetilsalicilico viene metabolizzato nel suo metabolita attivo, l’acido salicilico, prima, durante e dopo l’assorbimento. I metaboliti vengono eliminati prevalentemente per via renale. Oltre all’acido salicilico, i principali metaboliti dell’acido acetilsalicilico sono il coniugato della glicina con acido salicilico (acido salicilurico), il glucuronide eterico ed esterico dell’acido salicilico (glucuronide salicil-fenolico e salicil-acilico), oltre all’acido gentisico formato per ossidazione dell’acido salicilico e al suo coniugato con glicina.

L’assorbimento dell’acido acetilsalicilico dopo somministrazione orale è rapido e completo, a seconda della formulazione galenica. L’idrolisi del residuo acetilico dell’acido acetilsalicilico avviene in una certa misura durante il passaggio attraverso la mucosa gastrointestinale. I livelli plasmatici massimi si raggiungono rispettivamente dopo 10-20 minuti (acido acetilsalicilico) o dopo 0,3-2 ore (salicilato totale).

La cinetica di eliminazione dell’acido salicilico dipende in larga misura dalla dose, data la limitata capacità di metabolizzazione dell’acido salicilico (l’emivita di eliminazione varia da 2 a 30 ore).

L’emivita di eliminazione dell’acido acetilsalicilico è solo di alcuni minuti; l’emivita di eliminazione dell’acido salicilico è di 2 ore dalla somministrazione di una dose di 0,5 g di acido acetilsalicilico, 4 ore dopo la somministrazione di 1 g e aumenta a 20 ore dopo una dose singola di 5 g.

Il legame alle proteine plasmatiche nei soggetti umani è dipendente dalla concentrazione; sono stati riferiti valori compresi tra il 49% e oltre il 70% (acido acetilsalicilico) e tra il 66% e il 98% (acido salicilico). Dopo la somministrazione di acido acetilsalicilico, l’acido salicilico è misurabile nel liquor e nel liquido sinoviale. L’acido salicilico attraversa la placenta e passa nel latte materno.

Atorvastatina

Assorbimento

L’atorvastatina è assorbita rapidamente dopo somministrazione orale; la concentrazione plasmatica massima (Cmax) si raggiunge entro 1-2 ore. L’entità dell’assorbimento aumenta in misura proporzionale alla dose di atorvastatina. Dopo somministrazione orale, le compresse rivestite con film di atorvastatina hanno una biodisponibilità del 95%-99%, rispetto alla soluzione orale. La

biodisponibilità assoluta dell’atorvastatina è pari a circa il 12% e la disponibilità sistemica dell’attività di inibizione dell’HMG-CoA reduttasi è di circa il 30%. La bassa disponibilità sistemica è attribuita alla clearance presistemica a livello della mucosa gastrointestinale e/o al metabolismo epatico di primo passaggio.

Distribuzione

Il volume medio di distribuzione dell’atorvastatina è di circa 381 l. L’atorvastatina si lega per  98% alle proteine plasmatiche.

Biotrasformazione

L’atorvastatina è metabolizzata dal citocromo P450 3A4 in derivati orto- e para-idrossilati e in vari prodotti di beta-ossidazione. Oltre ad altre vie metaboliche, questi prodotti sono ulteriormente metabolizzati per glucuronidazione. In vitro, l’inibizione della HMG-CoA reduttasi da parte dei metaboliti orto- e para-idrossilati è equivalente a quella dell’atorvastatina. Approssimativamente il 70% dell’attività inibitoria circolante per l’HMG-CoA reduttasi è attribuito ai metaboliti attivi

Eliminazione

L’atorvastatina è eliminata principalmente nella bile, dopo metabolismo epatico e/o extraepatico. Tuttavia, l’atorvastatina non sembra subire un significativo ricircolo enteroepatico. Nell’uomo, l’emivita di eliminazione plasmatica media dell’atorvastatina è di circa 14 ore. L’emivita dell’attività inibitoria dell’HMG-CoA reduttasi è approssimativamente di 20-30 ore, a causa del contributo dei metaboliti attivi.

Popolazioni speciali:

Anziani: le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono più elevate nei soggetti anziani rispetto ai giovani adulti, mentre gli effetti sul profilo lipidico sono paragonabili a quelli osservati nelle popolazioni di pazienti più giovani.

Popolazione pediatrica: In uno studio in aperto della durata di 8 settimane, pazienti pediatrici in stadio di Tanner 1 (n=15) e stadio di Tanner  2 (n=24) (età 6-17 anni), con ipercolesterolemia familiare eterozigote e colesterolo LDL al basale  4 mmol/l, sono stati trattati rispettivamente con compresse masticabili di atorvastatina da 5 o 10 mg oppure con compresse rivestite con film di atorvastatina da 10 o 20 mg, una volta al giorno. Il peso corporeo era l’unica covariata significativa nel modello di farmacocinetica di popolazione dell’atorvastatina. La clearance orale apparente di atorvastatina nei soggetti pediatrici è risultata simile a quella degli adulti, con scala allometrica in relazione al peso corporeo. Riduzioni coerenti del colesterolo LDL e dei trigliceridi totali sono state osservate nell’arco dell’intervallo di esposizione di atorvastatina e o-idrossiatorvastatina.

Sesso: le concentrazioni di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi nella donna differiscono da quelle nell’uomo (donne: circa il 20% più elevata per la Cmax e circa il 10% inferiore per l’AUC). Queste differenze non sono state di significatività clinica, non avendo prodotto differenze clinicamente significative negli effetti sul profilo lipidico tra uomini e donne.

Insufficienza renale: la malattia renale non influisce sulle concentrazioni plasmatiche o sugli effetti sul profilo lipidico di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi.

Insufficienza epatica: le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono marcatamente aumentate (circa 16 volte la Cmax e circa 11 volte l’AUC) nei pazienti con epatopatia alcolica cronica (Child-Pugh B).

Polimorfismo SLOC1B1: la captazione epatica di tutti gli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi, inclusa atorvastatina, coinvolge il trasportatore OATP1B1. Nei pazienti con polimorfismo SLCO1B1 esiste il rischio di un’aumentata esposizione all’atorvastatina, che può indurre un aumento del rischio di rabdomiolisi (vedere paragrafo 4.4). Il polimorfismo del gene codificante per l’OATP1B1 (SLCO1B1 c.521CC) è associato a un aumento dell’esposizione all’atorvastatina (AUC) pari a 2,4 volte rispetto agli individui senza questa variante genotipica (c.521TT). In questi pazienti è possibile anche una compromissione genetica della captazione epatica di atorvastatina. Non sono note le possibili conseguenze per l’efficacia.

Ramipril

Assorbimento

Dopo la somministrazione orale, il ramipril viene rapidamente assorbito dal tratto gastrointestinale: il picco di concentrazione plasmatica di ramipril si raggiunge entro un’ora. Sulla base del recupero urinario, l’entità dell’assorbimento è almeno del 56% e non è significativamente influenzata dalla presenza di cibo nel tratto gastrointestinale. La biodisponibilità del metabolita attivo, il ramiprilato, dopo la somministrazione orale di 2,5 e 5 mg di ramipril, è del 45%.

Il picco di concentrazione plasmatica di ramiprilato, l’unico metabolita attivo di ramipril, si raggiunge 2-4 ore dopo l’assunzione di ramipril. Le concentrazioni plasmatiche allo state stato stazionario di ramiprilato, dopo monosomministrazione giornaliera alle dosi abituali di ramipril, si raggiungono entro circa il quarto giorno di trattamento.

Distribuzione

Il legame sieroproteico di ramipril è di circa il 73%, mentre quello di ramiprilato è di circa il 56%.

Metabolismo

Il ramipril è quasi completamente metabolizzato in ramiprilato, e nell’estere della dichetopiperazina, nell’acido dichetopiperazinico e nei glucuronidi di ramipril e ramiprilato.

Eliminazione

L’escrezione dei metaboliti avviene principalmente per via renale.

Le concentrazioni plasmatiche di ramiprilato si riducono in modo polifasico. A causa del potente legame saturabile all’ACE e alla lenta dissociazione dall’enzima, il ramiprilato mostra una fase di eliminazione terminale prolungata a concentrazioni plasmatiche molto basse.

Dopo monosomministrazioni giornaliere multiple di ramipril, l’emivita effettiva delle concentrazioni di ramiprilato era di 13-17 ore per le dosi di 5-10 mg e più lunga per le dosi di 1,25-2,5 mg. Questa differenza è correlata alla capacità saturabile dell’enzima di legare il ramiprilato.

Una dose orale singola di ramipril ha prodotto livelli non rilevabili di ramipril e del suo metabolita nel latte materno. Non è noto, tuttavia, l’effetto di dosi multiple.

Pazienti con compromissione della funzione renale (vedere paragrafo 4.2): l’escrezione renale di ramiprilato è ridotta nei pazienti con funzione renale compromessa e la clearance renale del ramiprilato è correlata in misura proporzionale alla clearance della creatinina. Questo determina concentrazioni plasmatiche elevate di ramiprilato, che diminuiscono più lentamente rispetto ai soggetti con funzione renale normale.

Pazienti con compromissione della funzione epatica (vedere paragrafo 4.2): nei pazienti con funzione epatica compromessa, il metabolismo di ramipril a ramiprilato risulta ritardato, a causa della ridotta attività delle esterasi epatiche, e i livelli plasmatici di ramipril in tali pazienti risultavano aumentati. Il picco della concentrazione di ramiprilato in questi pazienti, tuttavia, non è diverso da quello dei soggetti con funzione epatica normale.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Non sono stati condotti studi non clinici di sicurezza con i singoli principi attivi usati in associazione

Acido acetilsalicilico

Il profilo preclinico di sicurezza dell’acido acetilsalicilico è ben documentato. Negli studi condotti sugli animali, non è stato dimostrato che i salicilati causino danno d’organo, eccetto per il danno renale a dosi elevate.

I possibili effetti mutageni dell’acido acetilsalicilico sono stati ampiamente esaminati in vitro e in vivo. Nel loro complesso, i risultati non indicano alcun sospetto di effetti mutageni. Lo stesso vale per gli studi che hanno esaminato i possibili effetti cancerogeni.

Negli studi sugli animali, effetti teratogeni dei salicilati sono stati segnalati per diverse specie. Nella prole esposta in fase prenatale, sono stati descritti compromissione dell’impianto, effetti embriotossici e fetotossici e compromissione della capacità di apprendimento.

Atorvastatina

L’atorvastatina è risultata negativa per il potenziale mutageno e clastogenico in una batteria di 4 test in vitro e in 1 test in vivo. L’atorvastatina non è risultata cancerogena nel ratto, ma dosi elevate nel topo (corrispondenti a 6-11 volte il valore dell’AUC0-24h raggiunto nell’uomo alla massima dose raccomandata) hanno evidenziato adenomi epatocellulari nei maschi e carcinomi epatocellulari nelle femmine.

Vi sono evidenze derivate da studi sperimentali sugli animali che gli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi possano alterare lo sviluppo embrionale o fetale. Nel ratto, nel coniglio e nel cane, l’atorvastatina non ha avuto effetti sulla fertilità e non è risultata teratogena; tuttavia, a dosi tossiche per la madre, è stata osservata tossicità fetale nel ratto e nel coniglio. Lo sviluppo della prole del ratto è risultato ritardato e la sopravvivenza postnatale ridotta durante l’esposizione delle madri a dosi elevate di atorvastatina. Nel ratto vi sono evidenze di passaggio transplacentare. Nel ratto, le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina sono simili a quelle riscontrate nel latte. Non è noto se atorvastatina/metaboliti siano escreti nel latte materno umano.

Ramipril

La somministrazione orale di ramipril è risultata priva di tossicità acuta nei roditori e nel cane. Studi che prevedevano la somministrazione orale cronica sono stati condotti su ratto, cane e scimmia.

Nelle tre specie, sono state riscontrate indicazioni di variazioni negli elettroliti plasmatici e di alterazioni del quadro ematico.

Come espressione dell’attività farmacodinamica del ramipril, è stato notato un pronunciato ingrossamento dell’apparato juxtaglomerulare nel cane e nella scimmia, con dosi di 250 mg/kg/die. Ratti, cani e scimmie hanno tollerato dosi rispettivamente di 2, 2,5 e 8 mg/kg/die senza effetti nocivi. È stato osservato un danno irreversibile nel rene di ratti giovani trattati con una dose singola di ramipril.

Studi di tossicità riproduttiva nel ratto, nel coniglio e nella scimmia non hanno rivelato proprietà teratogene. La fertilità non è stata compromessa nei maschi o nelle femmine di ratto. La somministrazione di ramipril a femmine di ratto durante il periodo fetale e l’allattamento ha prodotto danno renale irreversibile (dilatazione della pelvi renale) nella prole, a dosi giornaliere di 50 mg/kg di peso corporeo o superiori.

Test di mutagenesi estesi, utilizzando diversi sistemi di prova, non hanno evidenziato proprietà mutagene o genotossiche di ramipril. Studi di carcinogenesi a lungo termine condotti nel topo e nel ratto non hanno evidenziato alcun effetto cancerogeno.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Nucleo

Cellulosa microcristallina Talco

Sodio amido glicolato (tipo A) Lattosio monoidrato

Amido pregelatinizzato (di mais)

Carbonato di calcio Idrossipropilcellulosa Polisorbato 80 Crospovidone (tipo A) Silice colloidale anidra Magnesio stearato Ipromellosa

Sodio stearil fumarato

Film di rivestimento Alcol polivinilico Titanio diossido (E171) Talco

Lecitina (soia) Gomma xantana Ipromellosa Trietile citrato Povidone

Ferro ossido giallo (E172) Ferro ossido nero (E172)

Involucro della capsula:

Gelatina Titanio diossido

Ferro ossido rosso (E172) Gomma lacca

Etanolo (tracce) Ferro ossido nero

Glicole propilenico (tracce) Ammonio idrossido (tracce)

Nucleo

Cellulosa microcristallina Talco

Sodio amido glicolato (tipo A) Lattosio monoidrato

Amido pregelatinizzato (di mais) Calcio carbonato Idrossipropilcellulosa Polisorbato 80

Crospovidone (tipo A) Silice colloidale anidra Magnesio stearato Ipromellosa

Sodio stearil fumarato

Film di rivestimento Alcol polivinilico Titanio biossido (E171) Talco

Lecitina (soia) Gomma xantana Ipromellosa Trietile citrato Povidone

Ferro ossido giallo (E172) Ferro ossido nero (E172)

Involucro della capsula:

Gelatina Titanio diossido

Ferro ossido nero Ferro ossido rosso Gomma lacca Etanolo (tracce) Ferro ossido nero

Glicole propilenico(tracce) Ammonio idrossido (tracce)

Nucleo

Cellulosa microcristallina Talco

Sodio amido glicolato (tipo A) Lattosio monoidrato

Amido pregelatinizzato (di mais) Calcio carbonato Idrossipropilcellulosa Polisorbato 80

Crospovidone (tipo A) Silice colloidale anidra Magnesio stearato Ipromellosa

Sodio stearil fumarato

Film di rivestimento Alcol polivinilico Titanio diossido (E171) Talco

Lecitina (soia) Gomma xantana Ipromellosa Trietile citrato Povidone

Ferro ossido giallo (E172) Ferro ossido nero (E172)

Involucro della capsula:

Gelatina Titanio diossido

Ferro ossido nero Gomma lacca Etanolo (tracce) Ferro ossido nero

Glicole propilenico (tracce) Ammonio idrossido (tracce)

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

06.3 Periodo di validità

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3 anni

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Blister (OPA/Alluminio/PVC/Alluminio): 7, 14, 28, 56 o 98 capsule rigide in una scatola.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Nessuna istruzione particolare.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Ferrer Internacional, S.A. Gran Vía Carlos III, 94 08028 Barcellona SPAGNA

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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043397013 – "100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide" 7 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397025 – "100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide" 14 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397037 – "100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide" 28 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397049 – "100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide" 56 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397165- “100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide” 84 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397052 – "100 mg/20 mg/2,5 mg capsule rigide" 98 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397064 – "100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide" 7 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397076 – "100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide" 14 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397088 – "100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide" 28 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397090 – "100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide" 56 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397177- “100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide” 84 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397102 – "100 mg/20 mg/5 mg capsule rigide" 98 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397114 – "100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide" 7 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397126 – "100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide" 14 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397138 – "100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide" 28 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397140 – "100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide" 56 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397189- “100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide” 84 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al 043397153 – "100 mg/20 mg/10 mg capsule rigide" 98 capsule in blister Opa/Al/Pvc/Al

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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30 Aprile 2015

10.0 Data di revisione del testo

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11/06/2016