Gemzar: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Gemzar polvere per soluzione per infusione (Gemcitabina Cloridrato): sicurezza e modo d’azione

Gemzar polvere per soluzione per infusione (Gemcitabina Cloridrato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

La gemcitabina, in combinazione con cisplatino, è indicata nel trattamento di pazienti con carcinoma della vescica localmente avanzato o metastatico.

La gemcitabina è indicata nel trattamento di pazienti con adenocarcinoma del pancreas localmente avanzato o metastatico.

La gemcitabina, in combinazione con cisplatino è indicata nel trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) localmente avanzato o metastatico. La gemcitabina in monoterapia può essere considerata in pazienti anziani o con performance status uguale a 2.

La gemcitabina in combinazione con carboplatino è indicata nel trattamento di pazienti con carcinoma dell’epitelio dell’ovaio localmente avanzato o metastatico che hanno recidivato almeno 6 mesi dopo terapia di prima linea con platino.

La gemcitabina, in combinazione con paclitaxel, è indicata nel trattamento di pazienti con carcinoma della mammella non resecabile localmente ricorrente o metastatico che hanno recidivato dopo chemioterapia adiuvante e/o neoadiuvante. La precedente chemioterapia deve aver incluso una antraciclina a meno che questa non fosse controindicata.

Gemzar polvere per soluzione per infusione: come funziona?

Ma come funziona Gemzar polvere per soluzione per infusione? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Gemzar polvere per soluzione per infusione

Categoria farmacoterapeutica: analoghi della pirimidina, codice ATC: L01BC05 Attività citotossica in vitro

La gemcitabina mostra una significativa attività citotossica verso varie colture cellulari tumorali murine ed umane. Presenta una specificità a seconda della fase del ciclo cellulare, uccidendo soprattutto quelle cellule che si trovano nella fase di sintesi del DNA (fase S) e bloccando, in particolari condizioni, il passaggio delle cellule dalla fase G1 alla fase S. L’azione citotossica in vitro della gemcitabina dipende sia dalla concentrazione che dal tempo di esposizione.

Attività antitumorale in modelli preclinici

In modelli tumorali su animali, l’attività antitumorale di gemcitabina dipende dallo schema di dosaggio. Quando gemcitabina è somministrata giornalmente, si rileva un’alta mortalità tra gli animali ma una minima attività antitumorale. Se, tuttavia, gemcitabina è somministrata ogni terzo o quarto giorno, può essere somministrata in dosi non letali ma con notevole attività antitumorale nei confronti di un ampio spettro di tumori murini.

Meccanismo d’azione

Metabolismo cellulare e meccanismo d’azione: Gemcitabina (dFdC), che è un antimetabolita della pirimidina, viene metabolizzata a livello intracellulare dalla nucleoside-chinasi nei nucleosidi attivi difosfato (dFdCDP) e trifosfato (dFdCTP). L’attività citotossica della gemcitabina è dovuta all’inibizione della sintesi del DNA cellulare ad opera dei suoi due metaboliti attivi, la difluorodeossicitidindifosfato (dFdCDP) e la difluorodeossicitidintrifosfato (dFdCTP). Inizialmente, la dFdCDP inibisce la ribonucleotide reduttasi, che è l’unico enzima responsabile della catalizzazione delle reazioni producenti i trifosfati deossinucleosidici necessari per la sintesi del DNA. L’inibizione di questo enzima da parte della dFdCDP causa una riduzione della concentrazione dei deossinucleosidi in generale e, in particolare, della dCTP. Secondariamente, la dFdCTP compete con la dCTP per l’incorporazione nel DNA (autopotenziamento).

Analogamente, una piccola quantità di gemcitabina può anche essere incorporata nel RNA. Di conseguenza, la ridotta concentrazione intracellulare della dCTP potenzia l’incorporazione della dFdCTP nel DNA. La DNA ?-polimerasi è essenzialmente incapace di rimuovere la gemcitabina e riparare le catene di DNA in replicazione. Dopo che la gemcitabina è stata incorporata nel DNA, un nucleotide supplementare viene aggiunto alle catene di DNA in replicazione. Dopo questa aggiunta, si verifica una completa inibizione dell’ulteriore sintesi del DNA (mascheramento della catena terminale). Dopo essere stata incorporata nel DNA, la gemcitabina appare indurre il programmato processo di morte cellulare conosciuto come apoptosi.

Efficacia clinica

Carcinoma della vescica

Uno studio randomizzato di fase III su 405 pazienti con carcinoma a cellule di transizione uroteliali avanzato o metastatico non ha mostrato differenza tra i due bracci di trattamento, gemcitabina/cisplatino vs. metotrexate/vinblastina/adriamicina/cisplatino (MVAC), in termini di sopravvivenza media (12,8 e 14,8 mesi rispettivamente, con p = 0.547), di tempo alla progressione della malattia (7,4 e 7,6 mesi rispettivamente, con p = 0.842) e percentuale di risposta (49,4% e 45,7% rispettivamente, con p = 0.512). Comunque, l’associazione di gemcitabina e cisplatino dimostrava un miglior profilo di tossicità rispetto al trattamento MVAC.

Carcinoma del pancreas

In uno studio randomizzato di fase III su 126 pazienti con carcinoma del pancreas avanzato o metastatico, la gemcitabina ha mostrato una percentuale di risposta nel beneficio clinico significativamente più alta da un punto di vista statistico rispetto al 5-fluorouracile (23,8% e 4,8% rispettivamente, con p = 0.0022). Inoltre, un prolungamento statisticamente significativo del tempo della progressione da 0,9 a 2,3 mesi (log-rank p < 0.0002) e un prolungamento statisticamente

significativo della sopravvivenza media da 4,4 a 5,7 mesi (log-rank p < 0.0024) sono stati osservati in pazienti trattati con gemcitabina rispetto a quelli trattati con 5-fluorouracile.

Carcinoma del polmone non a piccole cellule

In uno studio randomizzato di fase III su 522 pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico, inoperabile, la gemcitabina in associazione al cisplatino ha mostrato una percentuale di risposta significativamente più alta da un punto di vista statistico rispetto alla somministrazione di solo cisplatino (31,0% e 12,0% rispettivamente, con p < 0.0001). Un prolungamento statisticamente significativo del tempo della progressione, da 3,7 a 5,6 mesi (log-rank p < 0.0012) e un prolungamento statisticamente significativo della sopravvivenza media da 7,6 a 9,1 mesi (log-rank p < 0.004) sono stati osservati in pazienti trattati con gemcitabina/cisplatino rispetto a quelli trattati con cisplatino.

In un altro studio randomizzato di fase III su 135 pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule allo stadio IIIB o IV, un’associazione di gemcitabina e cisplatino ha mostrato una percentuale di risposta significativamente più alta da un punto di vista statistico rispetto all’associazione di cisplatino con etoposide (40,6% e 21,2% rispettivamente, con p = 0.025). Un prolungamento statisticamente significativo del tempo della progressione, da 4,3 a 6,9 mesi (p = 0.014) è stato osservato in pazienti trattati con gemcitabina/cisplatino rispetto a quelli trattati con etoposide/cisplatino.

In entrambi gli studi è stato riscontrato che la tollerabilità era simile nei due bracci di trattamento.

Carcinoma dell’ovaio

In uno studio randomizzato di fase III, 356 pazienti con carcinoma epiteliale dell’ovaio avanzato che avevano presentato recidiva almeno 6 mesi dopo il completamento della terapia basata sulla somministrazione di platino sono stati randomizzati ad un trattamento con gemcitabina e carboplatino (GCb), o solo carboplatino (Cb). Un prolungamento statisticamente significativo del tempo della progressione della malattia, da 5,8 a 8,6 mesi (log-rank p = 0.0038) è stato osservato in pazienti trattati con GCb rispetto a quelli trattati con Cb. Differenze nella percentuale di risposta del 47,2% nel braccio di trattamento con GCb vs. 30,9% nel braccio di trattamento con Cb (con p = 0.0016) e nella sopravvivenza media a 18 mesi (GCb) vs. 17,3 (Cb) (con p = 0.73) sono risultate favorevoli al braccio di trattamento con GCb.

Carcinoma della mammella

In uno studio randomizzato di fase III su 529 pazienti con carcinoma della mammella localmente ricorrente o metastatico, inoperabile, con recidiva dopo chemioterapia adiuvante/neoadiuvante, la gemcitabina in associazione a paclitaxel ha mostrato un prolungamento statisticamente significativo del tempo della progressione della malattia documentata da 3,98 a 6,14 mesi (log-rank p = 0.0002) in pazienti trattati con gemcitabina/paclitaxel rispetto a quelli trattati con paclitaxel. Dopo 377 decessi, la sopravvivenza totale era 18,6 mesi vs. 15,8 mesi (log-rank p = 0.0489, HR 0.82) in pazienti trattati con gemcitabina/paclitaxel rispetto a quelli trattati con paclitaxel e la percentuale di risposta complessiva era 41,4% e 26,2% rispettivamente (con p = 0.0002).


Gemzar polvere per soluzione per infusione: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Gemzar polvere per soluzione per infusione, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Gemzar polvere per soluzione per infusione

I dati farmacocinetici di gemcitabina sono stati verificati in 353 pazienti in sette studi. Le 121 donne ed i 232 uomini presentavano un’età variabile da 29 a 79 anni. Di questi pazienti, circa il 45% presentava un carcinoma del polmone non a piccole cellule mentre il 35% aveva una diagnosi di carcinoma del pancreas. Con dosaggi variabili da 500 a 2.592 mg/m2 che venivano somministrati per infusione in un periodo variabile da 0,4 a 1,2 ore sono stati ottenuti i seguenti parametri farmacocinetici.

I picchi di concentrazione plasmatica (ottenuti entro 5 minuti dal termine dell’infusione) variavano da 3,2 a 45,5 µg/ml. Le concentrazioni plasmatiche del metabolita ottenute dopo somministrazione di una dose di gemcitabina di 1.000 mg/m2/30 min. risultano maggiori di 5 µg/ml per almeno 30 minuti dopo la fine dell’infusione, e superiori a 0,4 µg/ml per un’altra ora.

Distribuzione

Il volume di distribuzione del compartimento centrale era di 12,4 l/m2 per le donne e 17,5 l/m2 per gli uomini (la variabilità inter-individuale era del 91,9%). Il volume di distribuzione del compartimento periferico era di 47,4 l/m2 e risultava indipendente dal sesso del paziente.

La gemcitabina si lega in modo trascurabile alle proteine plasmatiche.

Emivita: questo dato variava da 42 a 94 minuti in base all’età e al sesso del paziente. In base allo schema di dosaggio consigliato, l’eliminazione di gemcitabina deve ritenersi virtualmente completa entro 5-11 ore dall’inizio della somministrazione per infusione. La gemcitabina non presenta accumulo quando somministrata una volta alla settimana.

Metabolismo

La gemcitabina viene rapidamente metabolizzata in dFdU dalla citidina deaminasi presente nel fegato, nel rene, nel sangue ed in altri tessuti. A livello intracellulare la gemcitabina viene trasformata in metaboliti mono-, di- e trifosfati (dFdCMP, dFdCDP and dFdCTP), dei quali il dFdCDP e il dFdCTP sono considerati metaboliti attivi. Questi metaboliti intracellulari non sono rilevabili nel plasma o nelle urine. Il metabolita 2′-deossi-2′,2′- difluorouridina (dFdU) non è attivo ed è rilevabile nel plasma e nelle urine.

Eliminazione

La clearance sistemica varia da 29,2 l/hr/m2 a 92,2 l/hr/m2 in base al sesso e all’età del paziente (la variabilità interindividuale era di 52,2%). Nelle donne la clearance è circa del 25% più bassa dei valori rilevati negli uomini. Quantunque rapida, la clearance si riduce sia negli uomini che nelle donne con l’età. Alle dosi consigliate di gemcitabina di 1.000 mg/m2 somministrate per infusione in 30 minuti, i valori di clearance più bassi rilevati nelle donne e negli uomini non comportano una riduzione del dosaggio di gemcitabina.

Eliminazione urinaria: Meno del 10% viene eliminata come sostanza immodificata. La clearance renale varia da 2 a 7 l/hr/m2.

Il 92-98% della dose di gemcitabina somministrata viene eliminato entro una settimana dalla somministrazione. Della quota eliminata, il 99% viene escreto per via urinaria sotto forma di dFdU, mentre meno dell’1% viene eliminato con le feci.

Dati di farmacocinetica del metabolita dFdCTP

Questo metabolita può essere isolato dalle cellule mononucleate del sangue periferico, ed i dati che seguono sono riferibili a queste cellule. Le sue concentrazioni intracellulari aumentano in maniera direttamente proporzionale alla dose di gemcitabina per infusioni variabili da 35 a 350 mg/m2/30 min. e producono valori di concentrazione all’equilibrio variabili da 0,4 a 5 µg/ml. A dosi capaci di produrre concentrazioni plasmatiche di gemcitabina superiori a 5 µg/ml, i livelli intracellulari del metabolita dFdCTP non aumentano, suggerendo che la formazione del metabolita è saturabile nelle cellule mononucleate.

L’emivita della fase di eliminazione terminale varia da 0,7 a 12 ore.

Dati di farmacocinetica del metabolita dFdU

Dopo una singola dose di 1.000 mg/m2/30 min. di gemcitabina il picco delle concentrazioni plasmatiche del metabolita dFdU varia da 28 a 52 µg/ml ed è raggiunto 3-15 minuti dopo la fine dell’infusione.

Valore minimo della concentrazione dopo la somministrazione della dose una volta alla settimana: 0.07-1.12 µg/ml, senza fenomeni apparenti di accumulo.

Concentrazione trifasica nel plasma rispetto alla curva tempo, emivita media della fase terminale – 65 ore (variabile da 33 a 84 ore).

Formazione di dFdU dal metabolita: 91%-98%.

Il volume medio di distribuzione del compartimento centrale del dFdU è di 18 l/m2 (variabile da 11 a 22 l/m2).

Il volume medio di distribuzione all’equilibrio è di 150 l/m2 (variabile da 96 a 228 l/m2). Distribuzione dei tessuti: Ampia.

La clearance media del dFdU è di 2,5 l/h/m2 (variabile da 1 a 4 l/h/m2). Eliminazione urinaria: totale.

Terapia di associazione gemcitabina e paclitaxel

La terapia di associazione non ha modificato i dati di farmacocinetica sia di gemcitabina che di paclitaxel.

Terapia di associazione gemcitabina e carboplatino

Quando somministrata in associazione con carboplatino i dati di farmacocinetica di gemcitabina non sono stati modificati.

Danno renale

Un’insufficienza renale di grado da lieve a moderato (filtrato glomerulare da 30 ml/min a 80 ml/min) non ha un effetto costante e significativo sulla cinetica di gemcitabina.


Gemzar polvere per soluzione per infusione: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Gemzar polvere per soluzione per infusione agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Gemzar polvere per soluzione per infusione è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Gemzar polvere per soluzione per infusione: dati sulla sicurezza

In studi con dose ripetuta fino a 6 mesi nei topi e nei cani, il risultato principale era che lo schema e la soppressione dell’ematopoiesi dose-dipendente si presentava reversibile.

La gemcitabina si dimostra mutagena in un test di mutazione in vitro e in un test in vivo di micronuclei di midollo osseo. Non sono stati effettuati studi a lungo termine sull’animale per la valutazione del potenziale cancerogeno.

In studi sulla fertilità la gemcitabina ha causato una ipospermatogenesi reversibile nei topi maschi. Non è stato individuato alcun effetto sulla fertilità delle femmine.

La valutazione di studi sperimentali sull’animale ha evidenziato una tossicità riproduttiva come ad esempio difetti alla nascita e altri effetti sullo sviluppo del feto o dell’embrione, la durata della gestazione o lo sviluppo peri e post-natale.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Gemzar polvere per soluzione per infusione: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Gemzar polvere per soluzione per infusione

Gemzar polvere per soluzione per infusione: interazioni

Non sono stati effettuati specifici studi di interazione (vedere paragrafo 5.2). Radioterapia

Radioterapia concomitante (effettuata contemporaneamente o separatamente entro un intervallo di tempo ? a 7 giorni) – La tossicità associata con questa terapia multimodale dipende da diversi fattori, inclusi dose e frequenza di somministrazione della gemcitabina, dose della radiazione, piano di trattamento radioterapico e tecnica applicata, tipo e volume di tessuto irradiato. Studi clinici e preclinici hanno dimostrato un’attività radiosensibilizzante della gemcitabina. Durante una singola sperimentazione clinica in cui la gemcitabina è stata somministrata alla dose di 1.000 mg/m2 per 6 settimane consecutive in concomitanza con una radioterapia toracica in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, è stata osservata una tossicità significativa manifestatasi con gravi mucositi, in particolare esofagiti e polmoniti, potenzialmente a rischio di vita per i pazienti, particolarmente quelli trattati con radioterapia su campi estesi [volumi medi di trattamento 4.795 cm3]. I risultati di studi effettuati successivamente hanno suggerito che è realizzabile una somministrazione di gemcitabina a dosi inferiori in concomitanza con radioterapia in quanto presenta una tossicità prevedibile, come è risultato da uno studio di fase II su pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule. Radioterapia al torace a dosi di 66Gy è stata somministrata in concomitanza con gemcitabina (600 mg/m2, quattro volte) e cisplatino (80 mg/m2, due volte) nel corso di 6 settimane. Il regime ottimale per una somministrazione sicura della gemcitabina in concomitanza con dosi radianti

terapeutiche, non è stato ancora determinato in tutti i tipi tumorali.

Radioterapia non concomitante (effettuata separatamente in un periodo di tempo superiore ai 7 giorni)

– L’analisi dei dati non suggerisce alcun aggravamento della tossicità nel caso in cui la gemcitabina sia somministrata fino a 7 giorni prima o dopo l’effettuazione della radioterapia, ad eccezione del fenomeno di “recall” da radiazione. I dati indicano che la terapia con gemcitabina può essere iniziata dopo che gli effetti acuti della radioterapia si sono risolti o almeno dopo una settimana dalla sua effettuazione.

Lesioni da radiazione sono state osservate su tessuti bersaglio (es. esofagiti, coliti e polmoniti) in associazione con l’uso, sia concomitante che non, di gemcitabina.

Altre

L’uso contemporaneo del vaccino per la febbre gialla e di altri vaccini vivi attenuati non è consigliato a causa del rischio di malattia sistemica, eventualmente con esito fatale, particolarmente nei pazienti che sono già immunodepressi.


Gemzar polvere per soluzione per infusione: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Gemzar polvere per soluzione per infusione: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Non sono stati effettuati studi sugli effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. È stato tuttavia riportato che la gemcitabina causa sonnolenza da lieve a moderata, specialmente in associazione al consumo di alcolici. Pertanto i pazienti devono essere messi in guardia per quanto riguarda la guida di veicoli e l’uso di macchinari finché non è sicuro che il trattamento con gemcitabina non ha causato sonnolenza.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco