Ninlaro: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Ninlaro (Ixazomib Citrato): sicurezza e modo d’azione

Ninlaro (Ixazomib Citrato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

NINLARO è indicato, in associazione con lenalidomide e desametasone, per il trattamento di pazienti adulti affetti da mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia.

Ninlaro: come funziona?

Ma come funziona Ninlaro? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Ninlaro

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, altri agenti antineoplastici, codice ATC: L01XX50

Meccanismo d’azione

Il profarmaco ixazomib citrato è una sostanza che, in condizioni fisiologiche, si idrolizza rapidamente trasformandosi nella forma biologicamente attiva, ixazomib.

Ixazomib è un inibitore orale del proteasoma, altamente selettivo e reversibile. Ixazomib si lega preferenzialmente alla sub-unità beta 5 del proteasoma 20S, inibendone l’attività chimotripsino-simile.

Ixazomib ha indotto l’apoptosi in diverse tipologie di cellule tumorali in vitro. Ixazomib ha dimostrato citotossicità in vitro su cellule mielomatose di pazienti in recidiva dopo numerose precedenti terapie, tra cui bortezomib, lenalidomide e desametasone. L’associazione di ixazomib e lenalidomide ha dimostrato un effetto citotossico sinergico su svariate linee cellulari di mieloma. In vivo, ixazomib ha dimostrato di possedere attività antitumorale in vari modelli di xenotrapianto tumorale, compresi modelli di mieloma multiplo. In vitro, ixazomib ha esibito un effetto sulle linee cellulari presenti nel microambiente del midollo osseo, come le cellule dell’endotelio vascolare, gli osteoclasti e gli osteoblasti.

Elettrofisiologia cardiaca

Dai risultati di un’analisi farmacocinetica-farmacodinamica dei dati ottenuti da 245 pazienti, ixazomib non ha prolungato l’intervallo QTc a esposizioni clinicamente rilevanti. Alla dose di 4 mg, la variazione media del QTcF rispetto al basale è stata calcolata a 0,07 ms (IC al 90%; -0,22, 0,36) in base a un’analisi basata su modelli. L’impossibilità di evidenziare un rapporto tra la concentrazione di ixazomib e l’intervallo RR sembra indicare l’assenza di effetti clinicamente significativi di ixazomib sulla frequenza cardiaca.

Efficacia e sicurezza clinica

L’efficacia e la sicurezza di ixazomib in associazione con lenalidomide e desametasone sono state valutate in uno studio di superiorità di fase III, multicentrico, internazionale, randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo (C16010), condotto su pazienti affetti da mieloma multiplo recidivato e/o refrattario e sottoposti ad almeno una precedente terapia. In totale, 722 pazienti (popolazione intent-to-treat [ITT]) sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere un’associazione di ixazomib, lenalidomide e desametasone (N = 360; regime con ixazomib) oppure placebo, lenalidomide e desametasone (N = 362; regime con placebo) fino a progressione della malattia o comparsa di tossicità inaccettabile.

Nello studio sono stati arruolati pazienti con mieloma multiplo refrattario, inclusi quelli con refrattarietà primaria, pazienti ricaduti in seguito a precedente terapia ed infine i pazienti che erano ricaduti e anche refrattari a qualsiasi precedente terapia. Sono stati considerati eleggibili

all’arruolamento i pazienti che avevano cambiato terapia prima della progressione della malattia, nonché i pazienti con malattie cardiovascolari sotto controllo. Da questo studio di fase III sono stati esclusi i pazienti refrattari alla lenalidomide o agli inibitori del proteasoma e i pazienti sottoposti a più di tre precedenti terapie. Per le finalità dello studio, la malattia refrattaria è stata definita come progressione in corso di trattamento o entro 60 giorni dall’assunzione dell’ultima dose di lenalidomide o di un inibitore del proteasoma. Poiché i dati disponibili per questi pazienti sono limitati, si raccomanda un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici prima di iniziare il regime contenente ixazomib.

Per tutti i pazienti in entrambi i gruppi di trattamento è stata raccomandata una profilassi antitrombotica, secondo quanto previsto dall’RCP della lenalidomide. Ai pazienti sono stati somministrati, come terapia di profilassi e/o per la gestione dei sintomi, altri farmaci concomitanti come antiemetici, antivirali e antistaminici, a discrezione del medico.

I pazienti hanno assunto una dose di ixazomib 4 mg o di placebo nei Giorni 1, 8 e 15 insieme a lenalidomide (25 mg) dal Giorno 1 al Giorno 21 e desametasone (40 mg) nei Giorni 1, 8, 15 e 22 di un ciclo di 28 giorni. Ai pazienti con compromissione renale è stata somministrata una dose iniziale di lenalidomide secondo quanto previsto dal relativo RCP. Il trattamento è proseguito fino a progressione della malattia o comparsa di tossicità inaccettabili.

I dati demografici e le caratteristiche della malattia al basale erano bilanciati e sovrapponibili tra i due bracci dello studio. L’età mediana era di 66 anni, con un intervallo di 38-91 anni; il 58% dei pazienti aveva più di 65 anni. Il 57% dei pazienti era di genere maschile. L’85% della popolazione era caucasica, il 9% asiatica e il 2% nera. Il 93% dei pazienti presentava un performance status ECOG di 0-1 e il 12% uno stadio di malattia al basale III ISS (N = 90). Il 25% dei pazienti aveva una clearance della creatinina < 60 ml/min. Il 23% dei pazienti era affetto da malattia delle catene leggere e nel 12% dei casi la malattia era misurabile solo mediante dosaggio delle catene leggere libere. Il 19% presentava anomalie citogenetiche ad alto rischio (del[17], t[4;14], t[14;16], N = 137), il 10% (N = 69) presentava l’anomalia del(17) e il 34% (N = 247) presentava amplificazione 1q. In precedenza i pazienti avevano ricevuto da una a tre terapie (mediana: 1), inclusi trattamenti pregressi con bortezomib (69%), carfilzomib (< 1%), talidomide (45%), lenalidomide (12%) e melfalan (81%). Il 57% dei pazienti era stato già sottoposto a un trapianto di cellule staminali. Il 77% dei pazienti era in recidiva dopo essere stato sottoposto alle precedenti terapie, mentre l’11% era refrattario alle precedenti terapie. La condizione di refrattarietà primaria, cioè malattia stabile o progressione di malattia come migliore risposta dopo tutte le precedenti terapie, è stata documentata nel 6% dei pazienti.

L’endpoint primario era rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione (PFS) secondo quanto stabilito dai Consensus Uniform Response Criteria dell’International Myeloma Working Group (IMWG) del 2011, e valutato da un comitato di revisione indipendente (IRC) che ha lavorato in cieco, basandosi sui risultati ottenuti dal laboratorio centrale. La risposta è stata valutata ogni 4 settimane, fino a progressione della malattia. All’analisi primaria (durata mediana del follow-up: 14,7 mesi, con mediana di 13 cicli) è stata riscontrata una differenza della PFS statisticamente significativa tra i bracci di trattamento. I risultati relativi alla PFS sono riassunti nella Tabella 4 e nella Figura 1. Il miglioramento della PFS nel regime con ixazomib è stato confermato dai miglioramenti del tasso di risposta globale.

Tabella 4: Sopravvivenza libera da progressione e risultati della risposta in pazienti con mieloma multiplo trattati con ixazomib o placebo in associazione con lenalidomide e desametasone (popolazione intent-to-treat)

Ixazomib + lenalidomide e desametasone
(N = 360)
Placebo + lenalidomide e desametasone
(N = 362)
Sopravvivenza libera da progressione
Eventi, n.
(%)
129 (36) 157 (43)
Mediana (mesi) 20,6 14,7
valore p* 0,012
Rapporto di rischio (Hazard ratio)
(IC al 95%)
0,74
(0,59-0,94)
Tasso di risposta globale (ORR), n.
(%)
282 (78,3) 259 (71,5)
Categoria di risposta, n.
(%)
Risposta completa (CR) 42 (11,7) 24 (6,6)
Risposta parziale molto
buona (VGPR)
131 (36,4) 117 (32,3)
Risposta parziale (PR) 109 (30,3) 118 (32,6)
Tempo alla risposta, mesi
Mediana 1,1 1,9
Durata della risposta§, mesi
Mediana 20,5 15,0

*Il valore p si basa sul log-rank test stratificato.

†Il rapporto di rischio (hazard ratio, HR) si basa su un modello di regressione a rischi proporzionali di Cox stratificato. Un rapporto di rischio inferiore a 1 indica un vantaggio a favore del regime con ixazomib.

‡ORR = CR+VGPR+PR

§Basata sul numero di pazienti rispondenti nella popolazione con risposta valutabile.

Figura 1: Diagramma di Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da progressione nella popolazione intent-to-treat

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È stata eseguita un’analisi ad interim programmata della sopravvivenza globale (OS) a un follow-up mediano di 23 mesi con il 35% del numero di decessi richiesto per l’analisi della OS finale nella popolazione ITT; i decessi registrati sono stati 81 nel regime con ixazomib e 90 nel regime con placebo. In nessuno dei due regimi è stata raggiunta la sopravvivenza globale mediana. Durante questa

analisi, la PFS mediana stimata nella popolazione ITT è stata di 20 mesi nel gruppo di pazienti trattati con il regime contenente ixazomib e 15,9 mesi nel gruppo di pazienti trattati con il regime contenente placebo (HR = 0,82 [IC al 95% (0,67, 1,0)]).

Uno studio di fase III randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo (n = 115) è stato condotto in Cina con un disegno e criteri di eleggibilità simili. Molti dei pazienti arruolati che in questo studio presentavano alla diagnosi iniziale una malattia in fase avanzata di stadio III secondo Durie-Salmon (69%), erano già stati sottoposti ad almeno 2 terapie precedenti (60%) e risultavano refrattari alla talidomide (63%). All’analisi primaria (follow-up mediano di 8 mesi con una mediana di 6 cicli di trattamento), la PFS mediana era di 6,7 mesi nel regime con ixazomib rispetto a 4 mesi nel regime con placebo (valore p = 0,035, HR = 0,60). All’analisi finale per OS con un follow-up mediano di

19,8 mesi, la OS era migliorata nei pazienti trattati con il regime contenente ixazomib rispetto al placebo [valore p = 0,0014, HR = 0,42, IC al 95%: 0,242, 0,726]).

Poiché il mieloma multiplo è una malattia eterogenea, nello studio di fase III (C16010) i benefici della terapia possono variare tra i sottogruppi (vedere Fìgura 2).

Figura 2: Forest plot della sopravvivenza libera da progressione in sottogruppi

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Nello studio di fase III (C16010), 10 pazienti (5 in ogni gruppo di trattamento) presentavano una compromissione renale severa al basale. Dei 5 pazienti trattati con il regime contenente ixazomib, uno ha ottenuto una risposta parziale confermata e 3 una malattia stabile confermata (comunque 2 erano risposte parziali non confermate e 1 una risposta parziale molto buona non confermata). Dei 5 pazienti trattati con il regime contenente placebo, 2 hanno ottenuto una risposta parziale molto buona confermata.

La qualità di vita, valutata in base ai punteggi ottenuti da questionari sullo stato di salute globale (EORTC QLQ-C30 e MY-20), è stata mantenuta durante il trattamento ed è risultata sovrapponibile nei due gruppi terapeutici nello studio di fase III (C16010).

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con ixazomib in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il mieloma multiplo (vedere paragrafo 4.2 per ìnformazìonì sull’uso pedìatrìco).


Ninlaro: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Ninlaro, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Ninlaro

Assorbimento

In seguito a somministrazione orale, il picco di concentrazione plasmatica di ixazomib è stato raggiunto circa un’ora dopo l’assunzione. La biodisponibilità orale assoluta media è del 58%. L’AUC di ixazomib aumenta in modo proporzionale alla dose per valori compresi tra 0,2 mg e 10,6 mg.

La somministrazione insieme a un pasto ad alto contenuto lipidico riduce l’AUC di ixazomib del 28% rispetto alla somministrazione a digiuno la mattina (vedere paragrafo 4.2).

Distribuzione

Ixazomib si lega per il 99% alle proteine plasmatiche e viene distribuito all’interno degli eritrociti con un rapporto tra AUC sangue-plasma pari a 10. Il volume di distribuzione allo stato di equilibrio è

543 L.

Biotrasformazione

Eliminazione

Ixazomib mostra un profilo di eliminazione multi-esponenziale. In base a un’analisi farmacocinetica di popolazione, la clearance (CL) sistemica era circa 1,86 L/h, con una variabilità interindividuale del 44%. L’emivita terminale (t1/2) di ixazomib era di 9,5 giorni. Con una somministrazione settimanale per via orale, al Giorno 15 è stato osservato un accumulo all’incirca doppio nell’AUC.

Escrezione

In seguito a somministrazione orale di una dose singola di 14C-ixazomib a 5 pazienti con tumore in stadio avanzato, il 62% della radioattività somministrata è stata escreta nelle urine e il 22% nelle feci. La forma invariata di ixazomib rappresentava meno del 3,5% della dose somministrata rintracciata nelle urine.

Popolazioni speciali

Compromissione epatica

La farmacocinetica di ixazomib è simile nei pazienti con funzionalità epatica normale e nei pazienti

con compromissione epatica lieve (bilirubina totale ? ULN e AST > ULN oppure bilirubina totale > 1-1,5 x ULN e qualsiasi valore di AST), secondo i risultati ottenuti da un’analisi farmacocinetica di popolazione.

La farmacocinetica di ixazomib è stata caratterizzata nei pazienti con funzionalità epatica normale a una dose di 4 mg (N = 12), nei pazienti con compromissione epatica moderata (bilirubina

totale > 1,5-3 x ULN; N = 13) a una dose di 2,3 mg o in caso di compromissione epatica severa (bilirubina totale > 3 x ULN, N = 18) a una dose di 1,5 mg. L’AUC dose-normalizzata della frazione non legata del farmaco è risultata del 27% superiore nei pazienti con compromissione epatica moderata o severa, rispetto ai pazienti con funzionalità epatica normale (vedere paragrafo 4.2).

Compromissione renale

La farmacocinetica di ixazomib è simile nei pazienti con funzionalità renale normale e nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata (clearance della creatinina ? 30 ml/min), secondo i risultati ottenuti da un’analisi farmacocinetica di popolazione.

La farmacocinetica di ixazomib è stata caratterizzata a una dose di 3 mg nei pazienti con funzionalità renale normale (clearance della creatinina ? 90 ml/min, N = 18), nei pazienti con compromissione renale severa (clearance della creatinina < 30 ml/min, N = 14) o nei pazienti con ESRD e necessità di dialisi (N = 6). L’AUC della frazione non legata del farmaco è risultata del 38% superiore nei pazienti con compromissione renale severa o ESRD con necessità di dialisi, rispetto ai pazienti con funzionalità renale normale. Le concentrazioni pre-filtro e post-filtro di ixazomib misurate durante le sedute di emodialisi sono risultate simili, a indicare che ixazomib non è dializzabile (vedere

paragrafo 4.2).

Età, sesso, etnia

In base ai risultati di un’analisi farmacocinetica di popolazione, non sono stati riscontrati effetti clinicamente significativi dovuti a fattori quali età (23-91 anni), genere, superficie corporea

(1,2-2,7 m2) o etnia sulla clearance di ixazomib. L’AUC mediana è risultata del 35% superiore nei pazienti di origine asiatica; tuttavia, le AUC di ixazomib nei pazienti caucasici e asiatici sono risultate in parte coincidenti.


Ninlaro: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Ninlaro agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Ninlaro è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Ninlaro: dati sulla sicurezza

Mutagenicità

Ixazomib non ha mostrato attività mutagena in un test di mutazione batterica inversa (test di Ames) né attività clastogena in un test del micronucleo sul midollo osseo nei topi. Ixazomib è risultato positivo in un test di clastogenicità in vitro sui linfociti del sangue periferico umano. Tuttavia, ixazomib è risultato negativo in un test di Ames eseguito in vivo sui topi, in cui è stata valutata la percentuale di DNA danneggiato nello stomaco e nel fegato. Pertanto, le evidenze indicano che ixazomib non è considerato un farmaco con un rischio genotossico.

Sviluppo riproduttivo ed embriofetale

Ixazomib ha causato tossicità embriofetale in ratti e conigli femmina gravidi solo a dosi tossiche per la madre e ad esposizioni leggermente superiori a quelle osservate nei pazienti che assumono la dose raccomandata. Non sono stati condotti studi con ixazomib sulla fertilità e lo sviluppo nelle prime fasi embrionali, né studi di tossicologia pre- e post-natale; sono state eseguite tuttavia analisi sui tessuti riproduttivi negli studi di tossicità generale. Non sono emersi effetti dovuti al trattamento con

ixazomib sugli organi riproduttivi maschili o femminili in studi condotti sui ratti (durata fino a 6 mesi) e sui cani (durata fino a 9 mesi).

Tossicologia e/o farmacologia animale

In studi di tossicità a dosi ripetute e con cicli multipli condotti su ratti e cani, i principali organi bersaglio sono stati l’apparato gastrointestinale, i tessuti linfatici e il sistema nervoso. In uno studio della durata di 9 mesi (10 cicli) condotto su cani a cui è stato somministrato il farmaco per via orale con una posologia che riproduceva il regime clinico (cicli di 28 giorni), sono stati osservati effetti neuronali microscopici, generalmente trascurabili e solo a dosi di 0,2 mg/kg (4 mg/m2). Dopo l’interruzione del trattamento, la maggioranza dei reperti relativi agli organi bersaglio ha dimostrato un recupero da parziale a totale, ad eccezione dei reperti neuronali nei gangli spinali lombari e nel cordone dorsale.

In seguito a somministrazione orale, uno studio sulla distribuzione tissutale nei ratti ha evidenziato che i tessuti cerebrali e spinali erano quelli con i livelli più bassi, a indicare che la penetrazione di ixazomib attraverso la barriera ematoencefalica sembra essere limitata. Tuttavia, la rilevanza di questi dati per l’uomo è sconosciuta.

Gli studi preclinici farmacologici di sicurezza, eseguiti sia in vitro (sui canali hERG) sia in vivo (su cani seguiti con telemetria dopo somministrazione di una singola dose orale) non hanno evidenziato effetti dovuti a ixazomib sulle funzioni cardiovascolari o respiratorie con un’AUC superiore a 8 volte il valore clinico.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Ninlaro: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Ninlaro

Ninlaro: interazioni

Interazioni farmacocinetiche

Inibitori del CYP

Induttori del CYP

Effetti di ixazomib su altri medicinali

Interazioni basate su proteine di trasporto

Contraccettivi orali


Ninlaro: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Ninlaro: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Ixazomib altera lievemente la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Durante le sperimentazioni cliniche sono stati osservati stanchezza e capogiri. È necessario avvisare i pazienti di non guidare né usare macchinari nel caso in cui si manifestino questi sintomi.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco