Retensir: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Retensir (Irbesartan): sicurezza e modo d’azione

Retensir (Irbesartan) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

RETENSIR è indicato negli adulti per il trattamento dell’ipertensione arteriosa essenziale.

E’ indicato anche per il trattamento della malattia renale nei pazienti adulti ipertesi con diabete mellito di tipo 2 come parte di un trattamento farmacologico antipertensivo (vedere paragrafo 5.1).

Retensir: come funziona?

Ma come funziona Retensir? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Retensir

Categoria farmacoterapeutica: antagonisti dell’angiotensina-II, non associati. Codice ATC: C09C A04.

Meccanismo d’azione

Irbesartan è un antagonista, potente e selettivo, del recettore dell’angiotensina-II (tipo AT1), attivo per somministrazione orale. Si ritiene che blocchi tutti gli effetti dell’angiotensina-II mediati dai recettori di tipo AT1, e ciò indipendentemente dall’origine della sintesi dell’angiotensina-II.

L’antagonismo selettivo per i recettori dell’angiotensina-II (AT1) provoca un aumento nei livelli

plasmatici di renina e angiotensina-II ed una riduzione nella concentrazione plasmatica dell’aldosterone. La potassiemia non viene invece sostanzialmente modificata dall’irbesartan da solo ai dosaggi raccomandati.

L’irbesartan non inibisce l’ACE (kininasi-II), un enzima che genera

angiotensina-II e catabolizza la bradichinina con produzione di metaboliti inattivi. Irbesartan non richiede un’attivazione metabolica per esplicare la propria attività farmacologica.

Efficacia e sicurezza clinica

Ipertensione

Irbesartan riduce i valori di pressione arteriosa con minime modificazioni della frequenza cardiaca. La riduzione della pressione arteriosa è dose-dipendente per monosomministrazioni giornaliere con una tendenza verso un plateau a dosi superiori a 300 mg. Dosi di 150-300 mg una volta al giorno sono risultate in grado di ridurre i valori di pressione arteriosa rilevati in posizione supina o seduta per tutto il periodo considerato (fino a 24 ore dall’ultima assunzione del medicinale), con decrementi medi superiori di 8-13/5-8 mmHg (rispettivamente valori sistolici e diastolici) rispetto a quelli rilevati con placebo.

Il picco della riduzione pressoria viene raggiunto entro 3-6 ore dopo la somministrazione e l’effetto di riduzione della pressione arteriosa viene mantenuto per almeno 24 ore. Ai dosaggi raccomandati, alla 24a ora la riduzione della pressione arteriosa è ancora circa il 60-70% del corrispondente picco

massimo di riduzione sistolico e diastolico. Una dose di 150 mg in monosomministrazione giornaliera ha prodotto una risposta antipertensiva a valle e media delle 24 ore del tutto simile ad una somministrazione della stessa quantità di medicinale in 2 dosi refratte.

L’effetto antipertensivo di RETENSIR è evidente entro 1-2 settimane di trattamento, con un massimo dell’effetto ottenibile entro 4-6 settimane dall’inizio della terapia. L’effetto antipertensivo risulta costante durante la terapia a lungo termine. Dopo sospensione improvvisa del medicinale la pressione arteriosa ritorna gradualmente ai valori di base. Non è stato osservato un effetto "rebound" sui valori pressori.

Gli effetti di riduzione della pressione arteriosa dell’irbesartan e dei diuretici tiazidici si sommano. In pazienti non adeguatamente controllati con irbesartan da solo, l’aggiunta di una bassa dose di

idroclorotiazide (12,5 mg) all’irbesartan in monosomministrazione giornaliera, produce una ulteriore riduzione della pressione arteriosa fino ad un massimo di 7-10/3-6 mmHg rispetto a placebo (rispettivamente valori sistolici e diastolici).

L’efficacia di RETENSIR non è influenzata dall’età o dal sesso. Come nel caso di altri medicinali che influiscono sul sistema renina-angiotensina, pazienti ipertesi di razza nera hanno una risposta

notevolmente inferiore alla monoterapia con irbesartan. Quando irbesartan viene somministrato in associazione ad una bassa dose di idroclorotiazide (es. 12,5 mg/die), la risposta antipertensiva dei pazienti di razza nera riflette quella dei pazienti di razza bianca.

Non c’è un effetto clinico rilevante sui livelli sierici di acido urico o sulla secrezione di acido urico urinario.

Ipertensione e diabete di tipo 2 con malattia renale

L’"Irbesartan Diabetic Nephropathy Trial (IDNT)" mostra che l’irbesartan diminuisce la progressione della malattia renale nei pazienti con insufficienza renale cronica e proteinuria franca. L’IDNT è stato uno studio controllato, in doppio cieco, di morbilità e mortalità che ha confrontato RETENSIR, amlodipina e placebo. Sono stati esaminati gli effetti a lungo termine (media 2,6 anni) di RETENSIR sulla progressione della malattia renale e sulla mortalità per tutte le cause in 1715 pazienti ipertesi con diabete di tipo 2, proteinuria ? 900 mg/die e creatinina sierica tra 1 e 3 mg/dl. I pazienti sono stati portati gradualmente da 75 mg ad una dose di mantenimento di 300 mg di RETENSIR, da 2,5 mg a 10 mg di amlodipina, o placebo, come tollerato. Generalmente, i pazienti di tutti i gruppi hanno ricevuto tra 2 e 4 medicinali antipertensivi (ad es. diuretici, beta bloccanti, alfa bloccanti) per raggiungere una pressione desiderata ? 135/85 mmHg o una riduzione di 10 mmHg nella PA sistolica se la pressione era > 160 mmHg. Il 60% dei pazienti nel gruppo placebo ha raggiunto questo obiettivo per la pressione arteriosa laddove il numero era 76% e 78% rispettivamente nel gruppo irbesartan e in quello amlodipina. L’irbesartan ha ridotto significativamente il rischio relativo di insorgenza dell’endpoint primario combinato comprensivo di raddoppio della creatinina sierica, malattia renale terminale (ESRD) o mortalità per tutte le cause. Circa il 33% dei pazienti nel gruppo irbesartan ha raggiunto l’endpoint primario renale composito in confronto al 39% e al 41% del gruppo placebo e di quello amlodipina [20% di riduzione del rischio relativo verso placebo (p= 0,024) e 23% di riduzione del rischio relativo in confronto all’amlodipina (p= 0,006)]. Quando ciascun componente l’endpoint primario è stato analizzato singolarmente, non si è osservato alcun effetto sulla mortalità per tutte le cause, mentre si sono

notati un andamento positivo nella riduzione dell’ESRD e una significativa riduzione nel raddoppio della creatinina sierica.

Sono stati analizzati sottogruppi sulla base di sesso, razza, età, durata del diabete, pressione basale, creatinina sierica, e tasso di escrezione di albumina per la verifica dell’efficacia. Nelle donne e nei

pazienti di razza nera, che rappresentavano rispettivamente il 32% e il 26% della popolazione totale in studio, non si è reso evidente un beneficio a livello renale, sebbene gli intervalli di confidenza non lo escludessero. Come per l’endpoint secondario degli eventi cardiovascolari fatali e non fatali, non si è osservata differenza tra i tre gruppi nella popolazione totale, sebbene nel gruppo irbesartan, rispetto al gruppo placebo, è stata notata un’aumentata incidenza di IM non fatale nelle femmine e una diminuzione della sua incidenza negli uomini. Nelle donne nel gruppo irbesartan, rispetto a quello amlodipina, si è osservato un aumento dell’incidenza di IM non fatale e di ictus, mentre

l’ospedalizzazione a causa di insufficienza cardiaca è risultata ridotta nella popolazione totale. Tuttavia, non è stata identificata alcuna spiegazione per questi risultati nelle donne.

Lo studio "Effects of Irbesartan on Microalbuminuria in Hypertensive Patients with Type 2 Diabetes Mellitus (IRMA 2)" mostra che l’irbesartan 300 mg diminuisce la progressione verso la proteinuria franca nei pazienti con microalbuminuria. L’IRMA 2 è stato un studio di morbilità controllato con placebo, in doppio cieco, su 590 pazienti con diabete di tipo 2, microalbuminuria, (30-300 mg/die) e funzione renale normale (creatinina sierica ? 1,5 mg/dl negli uomini e < 1,1 mg/dl nelle donne). Lo studio ha esaminato gli effetti a lungo termine (2 anni) di RETENSIR sulla progressione a proteinuria clinica (franca) [tasso di escrezione urinaria di albumina (UAER) > 300 mg/die e un aumento nel UAER di almeno il 30% rispetto al basale]. L’obiettivo predefinito in termini di pressione era ? 135/85 mmHg. Ulteriori medicinali antipertensivi (ad esclusione degli ACE inibitori, degli antagonisti dei recettori dell’angiotensina-II e dei calcio antagonisti diidropiridinici) sono stati aggiunti al bisogno per consentire il raggiungimento della pressione desiderata. Mentre in tutti i gruppi è stata raggiunta una pressione arteriosa simile, meno soggetti nel gruppo irbesartan 300 mg (5,2%) rispetto al placebo (14,9%) o nel gruppo irbesartan 150 mg (9,7%) hanno raggiunto l’endpoint della proteinuria franca, dimostrando una riduzione del rischio relativo del 70% rispetto al placebo (p= 0,0004) per le dosi più elevate. Durante i primi tre mesi di trattamento, non è stato osservato un parallelo miglioramento del tasso di filtrazione glomerulare (GFR). Il rallentamento della progressione verso la proteinuria clinica è stato evidente già dopo tre mesi ed è continuato durante un periodo di due anni.

La regressione alla normoalbuminuria (< 30 mg/die) è stato più frequente nel gruppo RETENSIR 300 mg (34%) rispetto al gruppo placebo (21%).

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone

Due grandi studi randomizzati e controllati (ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial) e VA Nephron-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes)) hanno esaminato l’uso della combinazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II. ONTARGET è stato uno studio condotto in pazienti con anamnesi di patologia cardiovascolare o cerebrovascolare, o diabete mellito tipo 2 associato all’evidenza di danno d’organo. VA NEPHRON-D è stato uno studio condotto in pazienti con diabete mellito tipo 2 e nefropatia diabetica.

Questi studi non hanno dimostrato alcun significativo effetto benefico sugli esiti e sulla mortalità renale e/o cardiovascolare, mentre è stato osservato un aumento del rischio di iperpotassiemia, danno renale acuto e/o ipotensione rispetto alla monoterapia. Questi risultati sono pertinenti anche per gli altri ACE-inibitori e per gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II, date le loro simili proprietà farmacodinamiche.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono quindi essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiovascular and Renal Disease Endpoints) è stato uno studio volto a verificare il vantaggio di aggiungere aliskiren ad una terapia standard di un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa di un aumentato rischio di eventi avversi. Morte cardiovascolare e ictus sono stati entrambi numericamente più frequenti nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo e gli eventi avversi e gli eventi avversi gravi di interesse (iperpotassiemia, ipotensione e disfunzione renale) sono stati riportati più frequentemente nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo.

Popolazione pediatrica

La riduzione della pressione arteriosa con dosaggi titolati stabiliti di irbesartan da 0,5 mg/kg (bassa), 1,5 mg/kg (media) e 4,5 mg/kg (alta), è stata valutata per un periodo di tre settimane su 318 bambini ed adolescenti, tra i 6 ed i 16 anni di età, ipertesi o a rischio (diabetici, storia familiare di ipertensione).

Al termine delle tre settimane, la riduzione media rispetto al basale della variabile primaria di efficacia, è stata per la pressione arteriosa sistolica da seduto a valle (SeSBP) di 11,7 mmHg (dose bassa), 9,3 mmHg (dose media), 13,2 mgHg (dose alta). Non si è osservata alcuna differenza

significativa tra questi dosaggi. La variazione media aggiustata della pressione arteriosa diastolica da seduto a valle (SeDBP) è stata la seguente: 3,8 mmHg (dose bassa), 3,2 mmHg (dose media),

5,6 mmHg (dose alta). Nel successivo periodo di 2 settimane, durante il quale i pazienti sono stati rirandomizzati o a principio attivo o a placebo, i pazienti trattati con placebo hanno avuto incrementi pari a 2,4 mmHg di SeSBP e 2,0 mmHg di SeDBP rispetto a variazioni rispettivamente di +0,1 e – 0,3 mmHg in quelli trattati con tutti i dosaggi di irbesartan (vedere paragrafo 4.2).


Retensir: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Retensir, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Retensir

Dopo somministrazione orale, irbesartan è ben assorbito: studi di biodisponibilità assoluta hanno dato valori di circa 60-80%. La concomitante assunzione di cibo non influenza significativamente la

Irbesartan, nell’intervallo di dosaggio da 10 a 600 mg, possiede una farmacocinetica lineare e dose proporzionale. È stato osservato un incremento meno che proporzionale nell’assorbimento orale alle dosi superiori ai 600 mg (due volte la dose massima raccomandata); il meccanismo di ciò risulta sconosciuto. I picchi delle concentrazioni plasmatiche sono raggiunti 1,5-2 ore dopo la somministrazione orale. Le clearance corporea totale e renale sono rispettivamente di 157-176 e

3-3,5 ml/min. L’emivita di eliminazione terminale dell’irbesartan è di 11-15 ore. La concentrazione

plasmatica allo stato stazionario viene raggiunta entro 3 giorni dall’inizio della monosomministrazione giornaliera. Un ridotto accumulo di irbesartan (< 20%) viene osservato nel plasma dopo ripetute monosomministrazioni giornaliere. In uno studio sono state osservate concentrazioni plasmatiche un po’ più alte nelle pazienti ipertese. In ogni caso, non sono emerse differenze nell’emivita ne’ nell’accumulo di irbesartan. Non sono necessari aggiustamenti del dosaggio nelle pazienti. I valori di AUC e Cmax dell’irbesartan sono risultati un po’ più alti anche in pazienti anziani (? 65 anni) rispetto ai soggetti giovani (18-40 anni). Comunque l’emivita terminale non è risultata significativamente modificata. Non sono necessari, nei pazienti anziani, aggiustamenti del dosaggio.

Irbesartan e i suoi metaboliti vengono eliminati sia per via biliare che renale. Dopo somministrazione orale o endovenosa di irbesartan 14C, il 20% circa della radioattività è rinvenuta nelle urine, mentre il rimanente è rilevabile nelle feci. Meno del 2% della dose assunta viene escreta nelle urine come irbesartan immodificato.

Popolazione pediatrica

La farmacocinetica di irbesartan è stata valutata su 23 bambini ipertesi dopo somministrazione singola e multipla di dosi giornaliere di irbesartan (2 mg/kg) fino ad un massimo dosaggio giornaliero di 150 mg per quattro settimane. Di quei 23 bambini, 21 sono stati valutati per confronto con la farmacocinetica degli adulti (dodici bambini avevano più di 12 anni, nove avevano tra i 6 e i 12 anni di età). I risultati hanno mostrato che la Cmax, l’AUC ed i livelli di clearance erano comparabili con quelli osservati in pazienti adulti ai quali erano stati somministrati 150 mg di irbesartan al giorno. Un accumulo limitato di irbesartan nel plasma (18%) è stato osservato dopo una dose giornaliera ripetuta una volta.

Insufficienza renale: in soggetti con insufficienza renale o emodializzati, i parametri di

farmacocinetica di irbesartan non risultano significativamente modificati. Irbesartan non viene rimosso durante il processo di emodialisi.

Insufficienza epatica: in soggetti con cirrosi epatica di grado lieve-moderato, i parametri di farmacocinetica di irbesartan non risultano significativamente modificati.

Non sono stati condotti studi in pazienti con grave insufficienza epatica.


Retensir: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Retensir agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Retensir è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Retensir: dati sulla sicurezza

Non c’è evidenza di abnorme tossicità d’organo bersaglio o sistemica a dosi clinicamente appropriate.

In studi preclinici di sicurezza, alte dosi di irbesartan (? 250 mg/kg/die nei ratti e ? 100 mg/kg/die nei macachi) hanno causato una riduzione dei parametri relativi ai globuli rossi (eritrociti, emoglobina, ematocrito). A dosi molto alte (? 500 mg/kg/die) cambiamenti degenerativi nel rene (come nefrite interstiziale, distensione tubulare, tubuli basofili, aumentate concentrazioni plasmatiche di urea e creatinina) sono state indotte dall’irbesartan nel ratto e nel macaco e sono considerate secondarie all’effetto ipotensivo del medicinale che comporta una diminuita perfusione renale. Inoltre, l’irbesartan ha indotto iperplasia/ipertrofia

delle cellule juxtaglomerulari (nei ratti ? 90 mg/kg/die, nei macachi ? 10 mg/kg/die). Tutti questi cambiamenti sono stati considerati causati dall’azione farmacologica dell’irbesartan. Alle dosi terapeutiche di irbesartan nell’uomo, l’iperplasia/ipertrofia delle cellule renali juxtaglomerulari non sembra avere rilevanza.

Non sono stati rilevati effetti di mutagenicità, clastogenicità o carcinogenicità.

Fertilità e capacità riproduttiva non sono state influenzate in studi su ratti maschi e femmine anche a

dosi di irbesartan che causano qualche tossicità parentale (da 50 a 650 mg/kg/giorno), inclusa mortalità alla dose più alta. Non sono stati osservati effetti significativi sul numero di corpi lutei, impianti, o feti vivi. Irbesartan non ha influenzato sopravvivenza, sviluppo, o riproduzione della prole. Studi negli animali indicano che irbesartan radiomarcato è rilevato nei feti di ratto e coniglio.

Irbesartan è escreto nel latte di ratti in allattamento.

Gli studi con irbesartan su animali evidenziano effetti tossici transitori (dilatazione della pelvi renale, idrouretere e edema sottocutaneo) nei feti di ratto, che regrediscono dopo la nascita. Nei conigli è stato riscontrato aborto o precoce riassorbimento dell’embrione a dosi alle quali si associa significativa tossicità materna, inclusa la morte.

Non sono stati osservati effetti teratogeni ne’ nel ratto ne’ nel coniglio.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Retensir: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Retensir

Retensir: interazioni

Diuretici ed altri agenti antipertensivi: altri agenti antipertensivi possono aumentare gli effetti

ipotensivi dell’irbesartan; comunque RETENSIR è stato somministrato senza problemi in combinazione con altri medicinali antipertensivi, come beta-bloccanti, calcio-antagonisti ad azione prolungata e diuretici tiazidici. Precedenti trattamenti con alte dosi di diuretici possono comportare una condizione di ipovolemia e rischio di ipotensione all’inizio della terapia con RETENSIR (vedere paragrafo 4.4).

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren, è associato ad una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafì 4.3, 4.4 e 5.1).

Integratori di potassio e diuretici risparmiatori di potassio: in base all’esperienza sull’uso di altri medicinali attivi sul sistema renina-angiotensina, l’uso contemporaneo di diuretici risparmiatori di potassio, integratori di potassio, sostituti del sale da cucina contenenti potassio o altri medicinali che

possano aumentare la potassiemia (es. eparina) può condurre ad un incremento dei livelli sierici di potassio e, perciò, non è raccomandato (vedere paragrafo 4.4).

Litio: sono stati riscontrati aumenti reversibili delle concentrazioni sieriche di litio e tossicità durante la somministrazione concomitante di litio e inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina.

Effetti simili sono stati finora documentati molto raramente con irbesartan. Perciò questa combinazione non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4). In caso di reale necessità della combinazione, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli sierici di litio.

Medicinali antinfiammatori non-steroidei: quando gli antagonisti dell’angiotensina II sono

somministrati contemporaneamente a medicinali antinfiammatori non steroidei (cioè inibitori selettivi COX-2, acido acetilsalicilico (> 3 g/die) e medicinali antinfiammatori non steroidei non selettivi), si può verificare attenuazione dell’effetto antipertensivo.

Come con gli ACE-Inibitori, l’uso simultaneo di antagonisti dell’angiotensina II e di medicinali antinfiammatori non steroidei può portare ad un maggiore rischio di peggioramento della funzione

renale, inclusa possibile insufficienza renale acuta, e ad un aumento del potassio sierico particolarmente in pazienti con preesistente modesta funzione renale. La combinazione deve essere

somministrata con cautela, specialmente negli anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e dopo l’inizio della terapia combinata si deve considerare il monitoraggio della funzione renale, da effettuare periodicamente in seguito.

La farmacocinetica della digossina non è stata alterata dalla somministrazione concomitante di irbesartan.


Retensir: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Retensir: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Nessuno studio è stato condotto sugli effetti di irbesartan sulla capacità di guidare e sull’uso di macchinari. In base alle sue proprietà farmacodinamiche è improbabile che irbesartan influenzi tali capacità. In caso di guida di veicoli o uso di macchinari, è da tener presente che, durante il trattamento possono verificarsi vertigini o stanchezza.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco