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  • #11220
    spenkaccio
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      Salve a tutti.
      Sono nuovo, e perciò, scusate se sbaglio qualcosa.
      Spiego qual’è il problema.Mio figlio,poco prima della partenza per il militare, ha cominciato a manifestare qualche segno di squilibrio mentale. Non ci siamo accorti subito di ciò che stava accadento.Fatto stà che è partito, ma le sue condizioni sono peggiorate, e quindi è stato riformato, con le conseguenze che ne sono derivate. Il primario del CIM qui da noi, l’ha preso in cura(!!!), emettendo il suo verdetto: Sindrome di Borderline.
      Ora va avanti da circa sette anni con Elopram 40. La situazione è stazionaria, anzi direi che si nota piano piano un lentissimo miglioramento.Fatto sta che poco tempo fa ho cominciato a interessarmi unpo’ su questa malattia. Ma leggi e rileggi mi sono reso conto che mio figlio non soffre affatto di questa patologia. Mi spiego, tutta la letteratura medica definisce senza ombra di dubbio le 9 condizioni cliniche (chiaramente non tutte e 9, basta che ne siano presenti 5), che devono osservarsi in pazienti affetti da DBP.
      Ma il ragazzo ne mostra a malapena una, e cioè la prima, ma neanche nella sua forma piena.Praticamente lui vive in una sua dimensione
      fatta unicamente del lento trascorrere del tempo, senza amici senza stimoli.Si alza prende il suo caffè, va in negozio ad aiutare la madre, ritorna a casa. La sera un po’ di tv.Ogni tanto va dalla nonna, o da uno zio.Ogni tanto decide di prendere l’ auto e farsi un giro.Tutto qui la sua vita.Secondo il mio modesto parere Borderline non c’entra assolutamente.Cosa e pensate? Qualcuno può aiutarmi.
      Saluto tutti, Ciao a presto

      #11217
      anonymous
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        Ti riferisci sicuramente ai 9 criteri diagnostici del DSM-IV. Effettivamente, dalla descrizione che fai, tuo figlio non rientrerebbe affatto nel Disturbo Borderline di Personalita’ (DBP), anche se devi prendere i miei commenti assolutamente con le pinze, perchè non posso certo visitare i pazienti a distanza…
        Da quello che racconti, sembrerebbe più un disturbo di personalità di tipo “schizoide”. Ti cito qui di seguito un estratto da Wikipedia:

        quote:

        Il disturbo schizoide di personalità (così come definito secondo i criteri diagnostici DSM IV–TR e, similmente, nel ICD-10) è un disturbo di personalità il cui tratto principale è il “distacco” emotivo del soggetto dagli altri, e verso la realtà circostante.

        La personalità schizoide manifesta chiusura in sé stessa o senso di lontananza, elusività o freddezza, sia esteriormente sia nel proprio vissuto interiore. La persona tende all’isolamento oppure ha relazioni comunicative formali o superficiali, non appare interessata a un legame profondo con persone reali, evita il coinvolgimento in relazioni intime con altri individui che non siano famigliari di primo grado.

        Il soggetto schizoide, all’esame clinico mostra una tendenza pervasiva a vivere emotivamente in un “mondo proprio” dai contorni vaghi, ed anche la sua idea di sè è affetta da incertezze.

        Le situazioni che scatenano la risposta schizoide, cioè la manifestazione dei sintomi, sono in genere quelle di tipo intimo con altre persone, come ad esempio le manifestazioni di affetto o di sentimenti intensi. La persona schizoide non è in grado di esprimere la sua partecipazione emotiva coerentemente e in un contesto di relazione, in contesti dove è richiesta spontaneità appare rigida o goffa. Nelle relazioni superficiali la persona può apparire normale.

        Un tratto caratterizzante tipico della personalità schizoide è l’assenza di piacere, ovvero l’incapacità di provare vero piacere o interesse in nessuna (o quasi nessuna) attività reale. Nell’esperienza individuale del paziente schizoide prevale il senso di vuoto o di mancanza di significato, riferito alla sua esistenza: il soggetto non riesce a trarre né piacere dalla realtà né a sentirsi “se stesso” o a percepirsi come pienamente presente.

        Il paziente schizoide si distingue nettamente dallo schizofrenico per il fatto che il disturbo non intacca le capacità cognitive e logiche, il soggetto è pienamente consapevole della realtà benché non vi partecipi emotivamente. La psicosi, stato mentale la cui persistenza è un sintomo della schizofrenia, è assente o circoscritta a brevi episodi.

        Le persone affette da disturbo schizoide hanno una vita sessuale scarsa, assente o percepita come non appagante in senso affettivo. La incapacità o grande difficoltà di partecipare alla “vita”, da parte della persona schizoide, può valere in vari ambiti, ma specialmente si manifesta nella vita emotiva e di relazione. Talvolta può non avere effetti visibili su altri ambiti, ad esempio sulle capacità lavorative.

        Oltre alla nozione di disturbo schizoide di personalità (introdotta dalla società psichiatrica americana (APA) negli anni ’50), il termine schizoide ha anche un uso comune, estensivo. Era stato coniato precedentemente, alla fine dell’800, per indicare uno stato mentale che presentava qualche somiglianza con la schizofrenia. Per questo i termini hanno la stessa radice, il greco skizo, “scissione”, e in passato questo disturbo è stato anche definito, impropriamente, “pre-schizofrenia”. In realtà le somiglianze sono solo esteriori: il termine schizoide indica una condizione molto diversa, da non confondere con la schizofrenia né con i molti disturbi che includono anche sintomi simili. Il disturbo schizoide si potrebbe definire più come un tratto, un aspetto strutturale della personalità o condizione esistenziale ed emotiva del soggetto, ma in senso medico è un disturbo di personalità, non ancora una malattia mentale.

        I manuali diagnostici storici “DSM” hanno creato la nozione “disturbo schizoide di personalità” apposta per descrivere il quadro sintomatico in cui questa condizione è la manifestazione problematica più evidente. Il termine “schizoide” viene però tuttora usato spesso per indicare, oltre al quadro sintomatico, più in generale anche la natura del sintomo, la situazione psicologica della persona che si può accompagnare a diversi quadri. Per cui sono d’uso espressioni quali: “condizione” o “stato” schizoide, “assetto” schizoide (o “distaccato”). Tali espressioni racchiudono quelle personalità affette da disagi emotivi e affettivi che nel loro funzionamento mostrano chiusura in sè stesse con la tipica, profonda, separazione di ambiti.

        [modifica] La diagnosi secondo il criterio DSM IV-TR
        Il manuale DSM IV-TR indica il riconoscimento del disturbo schizoide in base ai seguenti parametri:

        A. Un pattern pervasivo di tendenza al distacco dalle relazioni sociali e una gamma ristretta di espressioni o modalità emotive nelle situazioni interpersonali.
        Questa caratteristica compare nella prima età adulta, e si manifesta in diverse modalità e contesti (talvolta anche solo in alcuni ambiti della vita del paziente) dove compaiono, in modo prolungato e stabile, almeno quattro dei seguenti sintomi:

        1. Il soggetto non prova desiderio o piacere ad avere relazioni strette con altre persone, inclusa la famiglia
        2. Predilige quasi sempre attività solitarie o che implicano relazioni del tutto superficiali.
        3. Ha poco o nessun interesse in relazioni ed esperienze sessuali reali.
        4. Non prova vero piacere in nessuna o quasi attività.
        5. Manca di amicizie strette o confidenti oltre ai parenti di primo grado.
        6. Appare emotivamente indifferente a critiche o elogi.
        7. Dimostra “freddezza” emozionale, distacco oppure piattezza emotiva.

        B. Quando tali sintomi non sono dovuti: a cause neurologiche; non sono associati a schizofrenia, né un disturbo psicotico dell’umore (v. anche Disturbi dell’umore); essi devono riguardare un paziente adulto dovendo escludere un disturbo dell’età evolutiva. Inoltre, deve essere esclusa la diagnosi di autismo e la sindrome di Asperger. Le forme meno gravi di autismo possono essere facilmente confuse con il disturbo schizoide in mancanza di informazioni sulla storia clinica del paziente.

        Nel DSM IV (che è la versione precedente al DSM IV-TR) i criteri elencati avevano una leggera variante: al punto A.1. si notava che il paziente schizoide può provare solitudine e desiderio di relazionarsi ad altri, tuttavia non agisce o non è in grado di agire in pratica per modificare la condizione di solitudine. Inoltre secondo il DSM IV il soggetto potrebbe mostrarsi sensibile a critiche altrui.

        [modifica] La diagnosi secondo il criterio ICD-10
        L’ ICD-10 è la versione più recente del criterio diagnostico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; esso riguarda la classificazione di tutte le patologie mediche, non solo quelle psichiatriche. In questa classificazione la voce “disturbo schizoide di personalità” è definito come il quadro sintomatico caratterizzato dalla presenza continuativa di almeno tre dei seguenti sintomi:

        Freddezza emozionale,distacco o ridotta affettività.
        Limitata capacità di esprimere sentimenti sia positivi sia negativi verso gli altri.
        Significativa preferenza per le attività solitarie o di scarso impegno partecipativo.
        Mancanza (o numero ridottissimo) di amicizie o relazioni strette, e assenza del desiderio di averne.
        Marcata indifferenza a elogi o critiche.
        Il soggetto non ricava piacere da nessuna o quasi nessuna attività.
        Indifferenza a norme comportamentali e convenzioni sociali.
        Eccessive preoccupazioni verso fantasie o pensieri introspettivi.
        Scarso desiderio di esperienze sessuali che coinvolgano un’altra persona.

        Come si vede, nell ICD-10 i parametri sono nove anziché sette (come al punto A del DSM IV-TR). L’ICD-10 include due criteri comportamentali: l’indifferenza a norme e convenzioni sociali, e la indifferenza a elogi o critiche; la “difficoltà pratica ad esprimere emozioni intense riguardo ad altri” si può considerare equivalente a “ristretta gamma di espressioni o modalità emotive”. Si ritiene generalmente che i due criteri diagnostici descrivano lo stesso quadro clinico.


        Forse sarebbe meglio sentire una seconda opinione da un altro psichiatra.

        Ciao!

        #1339
        sanmag
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          #11218
          spenkaccio
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            Salve.
            Ho apprezzato moltissimo il suo intervento, e nella sua risposta credo di cominciare a vederci un po’ di chiarezza. Domanda : ma come puo’ uno psichiatra che segue da quasi 10 anni un paziente insistere con le sue teorie?, e l’ Elopram è la cura più indicata?.
            Grazie ancora,saluti.

            #11219
            anonymous
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              Lo psichiatra che segue il ragazzo da piu’ di 30 anni ha sicuramente molti piu’ elementi di me per porre la diagnosi e quindi è probabile che vi siano aspetti che io non conosco affatto. Non posso quindi che ripetere che la mia puo’ essere solo una vaga opinione basata solo su quello che mi racconti: non ho mai visitato tuo figlio, non lo conosco e quindi una diagnosi fatta in tal modo è sempre e solamente da prendere con le pinze.
              Rimane il consiglio, al di la’ di possibili altre diagnosi, di rivolgerti comunque ad un altro psichiatra per un secondo parere perche’ se viene comunque a perdersi il rapporto di fiducia col terapeuta, la stessa terapia diventera’ inevitabilmente inefficace.

              Ciao!

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