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  • #9151
    anonymous
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      Musicmagic ci scrive:

      quote:

      Caro dott., l’argomento ‘depressione’ è assai complesso sia per l’approccio farmacologico che da quello psicoterapeutico. Detto questo io soffro di un male che non posso più chiamare depressione (così come lo s’intende), e questo per 2 motivi che sono razionali solidi: 1. ho provato praticamente TUTTI gli psicofarmaci antidepressivi, dai triciclici agli SSRI per arrivare ai ‘nuovi’ come l’Efexor, tutto con grande insuccesso in quanto, quando andava ‘bene’ non sentivo nulla, in altri casi mi facevano solo male. Il secondo motivo è quello che ho conosciuto moltissime persone depresse e, per quanto ogni caso è a se, tutte avevano un denominatore comune che è difficile da spiegare a parole, ma che si nota osservandole. Detto questo, io, astemio, per puro caso scoprii l’alcol e mi è sembrato una spece di pozione magica: immediatamente via il basso tono dell’umore, via i DAP (dei quali pure soffro), insomma una rinascita (probabilmente non per il fegato!). Ora, ragionando pragmaticamente, dal momento che il vino è una mera sostanza chimica ben decifrata (CH3CH2OH) è possibile mai che ragionando e studiando in questo senso non si arrivi a capire su quali neurotrasmettitori agisce l’alcol e quindi prescrivere un farmaco sostitutivo?

      Grazie


      #9150
      anonymous
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        L’alcol agisce deprimendo il sistema nervoso centrale: diminuisce l’attività dei neuroni, analogamente ai farmaci sedativo-ipnotici (benzodiazepine). Il suo meccanismo d’azione non è precisamente lo stesso di quei medicinali, ma alcuni effetti risultano molto simili: anche il consumo di etanolo, infatti, induce tolleranza e dipendenza. L’alcol interagisce con le membrane neuronali sia aspecificamente, attraverso un processo di fluidificazione, sia selettivamente, interferendo con alcuni canali ionici associati a proteine-recettori.
        L’effetto finale complessivo dell’alcool sul SNC può essere descritto come una disinibizione dose dipendente dei meccanismi di controllo cerebrale. Le piacevoli sensazioni di apertura mentale, aumento dell’autostima, affabilità, fiducia negli altri e accondiscendenza, fino ad arrivare all’ euforia, sembrano invece dovute all’attivazione della via meso-limbica e meso-corticale. Queste sono infatti vie legate prevalentemente ai fenomeni di slatentizzazione, come documentato dall’analogia funzionale degli stati empatici dati dall’alcool etilico a basse dosi (inferiori di 0,5g/l).
        Moderate quantità di alcool producono dunque un effetto disinibitorio ed euforizzante caratterizzato da:
        -rilassamento con diminuzione della tensione e dell’ansia
        -socievolezza
        -euforia
        -sensazione di calore e benessere
        -effetto di “amnesia” rispetto alle preoccupazioni e i problemi da
        affrontare
        -riduzione dell’attenzione
        Quando la quantità di alcool assunta però oltrepassa il livello tollerato dall’organismo, gli effetti positivi ricercati lasciano il posto ad alcuni effetti negativi quali:
        -sonnolenza
        -depressione
        -aggressività e violenza
        -nausea
        -vomito
        -abbassamento della pressione
        -abbassamento della temperatura per perdita di calore
        -riduzione dei riflessi e allungamento dei tempi di reazione
        -peggioramento della coordinazione motoria
        -alterata valutazione delle distanze e della velocità

        A dosi estremamente elevate può sopraggiungere uno stato di incoscienza, coma o addirittura morte.
        La stessa quantità di alcool può produrre effetti diversi in individui diversi.
        I fattori più importanti che determinano questa variabilità sono:

        peso corporeo: una persona magra è meno capace di tollerare l’alcool
        rispetto a una persona di peso maggiore, poiché la stessa quantità di alcool si distribuirà in uno stesso volume di sangue

        sesso: le donne hanno minore capacità degli uomini di metabolizzare l’alcool e quindi ne tollerano minori quantità

        circostanza dell’assunzione: gli effetti dell’alcool sono più forti se assunto bere a digiuno

        L’alcool produce dipendenza mentale e fisica dopo un periodo di abuso
        prolungato. L’alcolismo presenta le caratteristiche di una classica tossicodipendenza con un bisogno costante di assumere la sostanza e sintomi di astinenza, quali tremori mattutini delle mani e della lingua, sudorazioni, crampi, nausea, ansia, irritabilità, che possono essere alleviati soltanto con l’ assunzione di bevande alcoliche.

        Dopo 1-2 settimane di assunzione cronica, il fegato incrementa la velocità di metabolizzazione dell’etanolo del 30%, s’instaura così la tolleranza farmacocinetica, o metabolica. Questa modificazione, dovuta all’aumentata produzione di enzimi epatici, insorge molto rapidamente, ma scompare altrettanto in fretta se s’interrompe il consumo di alcol.

        La tolleranza farmacodinamica insorge più tardi e comporta profonde
        alterazioni chimiche e strutturali delle membrane cellulari. L’organismo si abitua ad una certa dose di alcol così che, per ottenere gli stessi effetti, il soggetto deve ingerire quantitativi sempre maggiori. Questo tipo di adattamento è sicuramente il maggior responsabile della dipendenza fisica.

        La tolleranza comportamentale insorge quando il soggetto impara a
        <> normalmente in presenza di un tasso alcolico elevato.
        L’alcolista riesce a gestire gli effetti più comuni dell’alcol ma è solo un adattamento temporaneo. Col tempo, infatti, i deficit comportamentali peggiorano e non possono più essere dissimulati.

        Quando poi l’assunzione di alcol è costantemente eccessiva e prolungata nel tempo (quotidiana ma anche saltuaria) si manifestano, nell’arco degli anni, una serie di effetti tossici a carico di tutto l’organismo e soprattutto del fegato che è chiamato a metabolizzare l’etanolo ad acetaldeide, sostanza che risulta assai tossica e che se non viene eliminata totalmente danneggia le cellule epatiche. Una volta raggiunto il terzo stadio di adattamento, infatti, s’instaura la dipendenza fisica: le cellule, soprattutto i neuroni, necessitano di etanolo per continuare a svolgere normalmente le loro funzioni. Smettere è possibile ma comporta il superamento della crisi d’astinenza, continuando a bere, d’altra parte, si va incontro ad un lento ma inesorabile decadimento di tutti gli organi vitali. Inoltre molti dei danni causati dall’abuso di alcol non sono reversibili, cioè non guariscono una volta che ci si è disintossicati. Vediamo, in sintesi, solo le manifestazioni più comuni, che si verificano a carico dei singoli apparati, per comprendere quale sia il potenziale distruttivo di questa droga apparentemente innocua.

        Gli effetti sul sistema nervoso centrale Neuropatia periferica: probabilmente legata a deficienza di tiamina (vitamina B1), dato che l’alcolista tende ad alimentarsi poco e male. Si manifesta con torpore, formicolio e parestesia agli arti.

        Degenerazione cerebellare: nel caso in cui la malnutrizione è costante, si osserva una progressiva perdita dell’equilibrio nel soggetto, sia quando è fermo sia quando cammina. L’atrofia del cervelletto è chiaramente visibile effettuando una TAC o una risonanza magnetica.

        Deficienze cognitive: molti alcolizzati sperimentano difficoltà di
        apprendimento per compromissione della memoria, sia a breve sia a lungo termine. Fortunatamente questo handicap scompare, dopo almeno un anno di astinenza, e il soggetto riacquista le sue normali facoltà mentali.

        Sindromi psichiatriche: nell’alcolista possono manifestarsi depressione, ansia, allucinazioni uditive, illusioni paranoiche. Queste patologie possono persistere per diversi mesi, dopo che il paziente ha smesso di bere, e richiedono cure specifiche.

        Ora, il problema è proprio questo: l’alcool è un vero e proprio farmaco di cui si conoscono meccanismi di azione ed effetti. Se anche si producesse in laboratorio un analogo farmaco che, ad esempio, non avesse gli effetti epatotossici, tuttavia avrebbe gli stessi effetti collaterali sul sistema nervoso centrale.

        Saluti,

        #389
        sanmag
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