Capecitabina Teva 150 mg: Scheda Tecnica del Farmaco

Capecitabina Teva 150 mg

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Capecitabina Teva 150 mg: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film

Una compressa rivestita con film contiene 150 mg di capecitabina.

Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film

Una compressa rivestita con film contiene 500 mg di capecitabina.

Eccipiente con effetti noti

Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film

Una compressa rivestita con film contiene 15,6 mg di lattosio.

Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film

Una compressa rivestita con film contiene 52,0 mg di lattosio. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Compressa rivestita con film.

Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film

Le compresse rivestite con film sono compresse di colore pesca chiaro, di forma ovale biconvessa, delle dimensioni di 11,5 mm x 5,4 mm con impresso “C” su un lato e “150”sull’altro lato.

Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film

Le compresse rivestite con film sono compresse di colore pesca chiaro, di forma ovale biconvessa, delle dimensioni di 16,0 mm x 8,5 mm con impresso “C” su un lato e “500” sull’altro lato.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Capecitabina Teva è indicato:

per la terapia adiuvante nei pazienti sottoposti a chirurgia per carcinoma del colon di stadio III (stadio C di Dukes) (vedere paragrafo 5.1).

per il trattamento del tumore del colon-retto metastatico (vedere paragrafo 5.1).

per il trattamento di prima linea del tumore gastrico avanzato in associazione con un regime a base di platino (vedere paragrafo 5.1).

in associazione a docetaxel (vedere paragrafo 5.1) per il trattamento di pazienti con tumore della mammella localmente avanzato o metastatico dopo fallimento della chemioterapia citotossica. La precedente terapia deve avere incluso un’antraciclina.

in monoterapia per il trattamento di pazienti con tumore della mammella localmente avanzato o metastatico dopo fallimento di un regime chemioterapico contenente taxani e un’antraciclina o per le quali non è indicata un’ulteriore terapia con antracicline.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Capecitabina Teva deve essere prescritta solo da un medico specializzato nell’uso di medicinali antineoplastici. È raccomandato un attento monitoraggio durante il primo ciclo di trattamento per tutti i pazienti.

Il trattamento deve essere interrotto alla comparsa di progressione della malattia o tossicità grave. I calcoli della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per dosaggi iniziali di capecitabina di 1.250 mg/m2 e 1.000 mg/m2 sono dettagliati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.

Posologia

Posologia raccomandata (vedere paragrafo 5.1): Monoterapia Carcinoma del colon, del colon retto e della mammella

Nella somministrazione in monoterapia, il dosaggio iniziale raccomandato di capecitabina nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon, nel trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico o del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico è 1.250 mg/m2 somministrato due volte al giorno (mattino e sera; equivalente ad un dosaggio totale giornaliero pari a 2.500 mg/m2) per 14 giorni seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo. La terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon di stadio III è consigliata per una durata totale di 6 mesi.

Terapia di associazione

Carcinoma del colon, del colon retto e gastrico

Nel trattamento di associazione, la dose iniziale consigliata di capecitabina deve essere ridotta a 800- 1.000 mg/ m2 se somministrata due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo, o a 625 mg/m2 due volte al giorno se somministrato continuativamente (vedere paragrafo 5.1). In associazione a irinotecan, la dose iniziale consigliata è 800 mg/m2 se somministrata due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo in associazione con irinotecan 200 mg/m2 il giorno 1. L’introduzione di bevacizumab in regime di associazione non ha effetto sulla dose iniziale di capecitabina. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina più cisplatino, prima della somministrazione di cisplatino si deve procedere a una pre-medicazione, per mantenere un’adeguata idratazione, e a un trattamento antiemetico, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto del cisplatino. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina più oxaliplatino si raccomanda di eseguire la premedicazione con antiemetici, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto dell’oxaliplatino. Nei pazienti affetti da tumore del colon in stadio III si raccomanda un trattamento adiuvante della durata di 6 mesi.

Carcinoma della mammella

In associazione con docetaxel, la dose iniziale raccomandata di capecitabina nel trattamento del carcinoma mammario metastatico è di 1.250 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni, seguiti da un periodo di 7 giorni di intervallo, in associazione a docetaxel 75 mg/m2 in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane. Nei pazienti in trattamento con l’associazione capecitabina e docetaxel, prima della somministrazione di docetaxel si deve iniziare una premedicazione con un corticosteroide orale, come desametasone, in accordo al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto del docetaxel.

Calcolo della dose di Capecitabina Teva

Tabella 1 Calcolo della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per un dose iniziale di capecitabina di 1.250 mg/m2

Dosaggio di 1250 mg/m2 (due volte al giorno)
Dosaggio pieno
1.250 mg/m2
Numero di compresse da 150 mg e/o 500 mg per ogni somministrazione
(da assumere mattino e sera)
Dose ridotta (75%)
950 mg/m2
Dose ridotta (50%)
625 mg/m2
Superficie corporea (m2) Dose per singola
somministrazione (mg)
150 mg 500 mg Dose per singola
somministrazione (mg)
Dose per singola
somministrazione (mg)
≤1,26 1.500 3 1.150 800
1,27-1,38 1.650 1 3 1.300 800
1,39-1,52 1.800 2 3 1.450 950
1,53-1,66 2.000 4 1.500 1.000
1,67-1,78 2.150 1 4 1.650 1.000
1,79-1,92 2.300 2 4 1.800 1.150
1,93-2,06 2.500 5 1.950 1.300
2,07-2,18 2.650 1 5 2.000 1.300
≥2,19 2.800 2 5 2.150 1.450

Tabella 2 Calcolo della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per un dose iniziale di capecitabina di 1.000 mg/m2

Dosaggio di 1.000 mg/m2 (due volte al giorno)
Dosaggio pieno
1.000 mg/m2
Numero di compresse da 150 mg e/o 500 mg per ogni somministrazione (da assumere mattino e sera) Dose ridotta (75%)
750 mg/m2
Dose ridotta (50%)
500 mg/m2
Superficie corporea
(m2)
Dose per singola somministrazione
(mg)
150 mg 500 mg Dose per singola somministrazione
(mg)
Dose per singola somministrazione
(mg)
≤1,26 1.150 1 2 800 600
1,27-1,38 1.300 2 2 1.000 600
1,39-1,52 1.450 3 2 1.100 750
1,53-1,66 1.600 4 2 1.200 800
1,67-1,78 1.750 5 2 1.300 800
1,79-1,92 1.800 2 3 1.400 900
1,93-2,06 2.000 4 1.500 1.000
2,07-2,18 2.150 1 4 1.600 1.050
≥2,19 2.300 2 4 1.750 1.100

Modifiche della posologia durante il trattamento

Generale

La tossicità causata dalla somministrazione di capecitabina può essere gestita con trattamento sintomatico e/o modifica del dosaggio (interruzione del trattamento o riduzione della dose). Una volta ridotta, la dose non deve essere aumentata successivamente. In caso di tossicità che a giudizio del medico curante difficilmente assumerà caratteristiche di serietà o pericolosità per la vita, come l’alopecia, l’alterazione del gusto, le alterazioni delle unghie, il trattamento può essere continuato alla stessa dose senza riduzione o interruzione. I pazienti che assumono capecitabina devono essere informati della necessità di interrompere il trattamento immediatamente se si verifica una tossicità di grado moderato o grave. Le dosi di capecitabina omesse a causa di tossicità non possono essere sostituite. Qui di seguito sono riportate le modifiche del dosaggio consigliate in caso di tossicità: Tabella 3 Schema di riduzione della dose di capecitabina (ciclo di 3 settimane o somministrazione continua)

Gradi di tossicità* Modifiche della dose durante un ciclo di terapia Modifiche della dose per il ciclo successivo
(% della dose iniziale)
Mantenere il livello della dose Mantenere il livello della dose
-Prima comparsa Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1 100%
-Seconda comparsa 75%
-Terza comparsa 50%
-Quarta comparsa Interruzione permanente del trattamento Non applicabile
-Prima comparsa Interruzione del trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1 75%
-Seconda comparsa 50%
-Terza comparsa Interruzione permanente del trattamento Non applicabile
-Prima comparsa Interruzione permanente
o
Qualora il medico ritenga che sia nell’interesse del paziente proseguire il trattamento, interruzione del
trattamento fino al raggiungimento del grado 0-1
50%
-Seconda comparsa Interruzione permanente Non applicabile

Grado 1

Grado 2

Grado 3

Grado 4

*Secondo i Criteri Comuni di Tossicità (versione 1) del National Cancer Institute of Canada Clinical Trial Group (NCIC CTG) o i Criteri Comuni di Terminologia per gli Eventi Avversi (CTCAE) del Cancer Therapy Evaluation Program, US National Cancer Institute, versione 4.0. Per la sindrome mano-piede e l’iperbilirubinemia, vedere paragrafo 4.4.

Ematologia

I pazienti con conta dei neutrofili al basale <1,5 x 109/L e/o conta piastrinica <100 x 109/L non devono essere trattati con capecitabina. Nel caso in cui esami di laboratorio non pianificati durante un ciclo di trattamento mostrino che la conta dei neutrofili scende al di sotto di 1,0 x 109/L o che la conta piastrinica scende al di sotto di 75 x 109/L, il trattamento con capecitabina deve essere interrotto.

Modifiche della dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata in cicli di 3 settimane in associazione con altri medicinali Le modificazioni di dose per tossicità quando capecitabina è utilizzata in cicli di 3 settimane in associazione con altri medicinali devono essere fatte in accordo alla precedente tabella 3 per capecitabina e in accordo al relativo Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto per l’altro/gli altri medicinale/i.

All’inizio del ciclo di terapia, se è indicato un posticipo del trattamento sia per la capecitabina che per l’altro/gli altri medicinale/i, la somministrazione di tutta la terapia deve essere ritardata fino al raggiungimento delle condizioni per la ripresa della somministrazione di tutti i farmaci.

Durante il ciclo di trattamento, per quelle tossicità considerate dal medico non correlate alla capecitabina, il trattamento con capecitabina deve essere proseguito e la dose dell’altro medicinale modificata in accordo alle relative informazioni prescrittive.

Se l’altro/gli altri medicinale/i deve essere interrotto definitivamente, il trattamento con capecitabina può essere ripreso quando le condizioni per la reintroduzione della capecitabina si siano ristabilite.

Questo suggerimento si applica a tutte le indicazioni e a tutte le popolazioni particolari di pazienti.

Modifiche della dose per tossicità quando la capecitabina è utilizzata ininterrottamente in associazione con altri medicinali Modifiche della dose per tossicità quando la capecitabina è utilizzata ininterrottamente in associazione con altri medicinali devono essere fatte in accordo alla precedente tabella 3 per la capecitabina e in accordo al relativo Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto per l’altro/gli altri medicinale/i.

Modifiche della posologia in particolari popolazioni di pazienti

Compromissione della funzione epatica

Non vi sono sufficienti dati di sicurezza ed efficacia per poter raccomandare modifiche del dosaggio per i pazienti con funzione epatica compromessa. Non sono disponibili dati relativi alla compromissione della funzione epatica dovuta a cirrosi o ad epatite.

Compromissione della funzione renale

La capecitabina è controindicata in pazienti affetti da grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min [Cockcroft e Gault] al basale). L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti con compromissione della funzione renale moderata (clearance della creatinina 30-50 ml/min al basale) è maggiore rispetto alla popolazione totale. Nei pazienti con compromissione renale moderata al basale si raccomanda una riduzione al 75% per una dose iniziale di 1.250 mg/m2. Non è richiesta invece una riduzione della dose in pazienti con insufficienza renale moderata al basale per una dose iniziale di 1.000 mg/m2. Non si raccomanda alcuna modifica della dose iniziale nei pazienti affetti da insufficienza renale lieve (clearance della creatinina 51-80 ml/min al basale). Sono consigliabili un attento monitoraggio e l’interruzione immediata del trattamento se il paziente sviluppa un evento avverso di grado 2, 3 o 4 durante il trattamento, e la dose successiva deve essere modificata come indicato nella precedente tabella 3. Se durante il trattamento la clearance della creatinina calcolata scende al di sotto di 30 ml/min, l’assunzione di Capecitabina Teva deve essere interrotta. Queste raccomandazioni sulle modifiche della posologia in caso di compromissione della funzione renale si applicano sia alla monoterapia che all’uso in associazione (vedere anche il paragrafo “Anziani” riportato di seguito).

Anziani

Durante l’utilizzo della capecitabina in monoterapia, non è necessario alcun aggiustamento della dose iniziale. Tuttavia i pazienti di età ≥ 60 anni, rispetto ai soggetti più giovani, hanno più frequentemente riportato reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento.

Quando la capecitabina è stato usata in associazione con altri medicinali, i pazienti anziani (≥ 65 anni), hanno manifestato più reazioni avverse al farmaco di grado 3 e 4, comprese quelle che hanno portato all’interruzione del trattamento, rispetto ai pazienti più giovani. È consigliabile un attento monitoraggio dei pazienti di età ≥ 60 anni.

In associazione con docetaxel: nei pazienti di età uguale o superiore a 60 anni si è osservato un incremento del numero di reazioni avverse di grado 3 o 4 correlate al trattamento e di reazioni avverse serie correlate al trattamento (vedere paragrafo 5.1). Si raccomanda una dose iniziale di capecitabina ridotta al 75% (950 mg/m2 due volte al giorno) in pazienti di età uguale o superiore a 60 anni.

Se non si manifesta tossicità in pazienti di età ≥ 60 anni trattati con una dose iniziale ridotta di capecitabina in associazione con docetaxel, il dosaggio di capecitabina può essere cautamente aumentato a 1.250 mg/m2 due volte al giorno.

Popolazione pediatrica

Non esiste alcuna indicazione per un uso specifico di capecitabina nella popolazione pediatrica per le indicazioni del tumore del colon, colon-retto, gastrico e della mammella.

Modo di somministrazione

Le compresse di Capecitabina Teva devono essere ingerite intere con acqua entro 30 minuti dopo un pasto.

Le compresse di Capecitabina Teva non devono essere frantumate né tagliate.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1 o al fluorouracile, Anamnesi di reazioni gravi e inattese alla terapia con fluoropirimidina,

Assenza totale nota di diidropirimidina deidrogenasi (DPD) (vedere paragrafo 4.4), Durante la gravidanza e l’allattamento,

Pazienti con grave leucopenia, neutropenia o trombocitopenia,

Pazienti con grave compromissione della funzione epatica,

Pazienti con grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina al di sotto di 30 ml/min), Trattamento recente o concomitante con brivudina (vedere paragrafi 4.4 e 4.5 per le interazioni farmacologiche), Se esistono controindicazioni ad uno qualsiasi dei medicinali usati nel regime di associazione, tale medicinale non deve essere utilizzato.

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Tossicità limitanti la dose

Le tossicità che limitano la dose comprendono diarrea, dolori addominali, nausea, stomatite e sindrome mano-piede (reazione cutanea mano-piede, eritrodisestesia palmo-plantare). La maggior parte delle reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei dosaggi.

Diarrea

I pazienti con diarrea grave devono essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere somministrati liquidi ed elettroliti. Può essere somministrato trattamento antidiarroico standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i Criteri Comuni di Tossicità del NCIC si intende un incremento da 4 a 6 scariche al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9 scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento, e per diarrea di grado 4 un incremento ≥ a 10 scariche al giorno o diarrea molto emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).

Disidratazione

La disidratazione deve essere prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea, vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. La disidratazione può causare insufficienza renale acuta, specialmente in pazienti con una preesistente compromissione della funzionalità renale o quando la capecitabina viene somministrata in associazione a medicinali nefrotossici noti. L’insufficienza renale acuta secondaria a disidratazione potrebbe essere potenzialmente fatale. Se si verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con capecitabina deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il trattamento non deve essere ripreso finchè il paziente non è stato reidratato e ogni causa precipitante corretta o controllata. Modificazioni della dose devono essere effettuate per l’evento avverso precipitante secondo necessità (vedere paragrafo 4.2).

Sindrome mano-piede

Sindrome mano-piede, nota anche come reazione cutanea mano-piede o eritrodisestesia palmo- plantare o eritema delle estremità indotto da chemioterapia. La sindrome mano-piede di grado 1 è definita come intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolore delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento delle attività del paziente.

La sindrome mano-piede di grado 2 è definita come eritema e edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane del paziente.

La sindrome mano-piede di grado 3 è definita come desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l’attività lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. Una persistente o severa sindrome mano-piede (Grado 2 o superiore) può portare alla perdita delle impronte digitali che può incidere nell’identificazione del paziente. Se dovesse verificarsi sindrome mano-piede di grado 2 o 3 la somministrazione di capecitabina deve essere interrotta fino alla risoluzione o riduzione dell’intensità dei sintomi al grado 1. Dopo il verificarsi di sindrome mano- piede di grado 3, i dosaggi successivi di capecitabina devono essere diminuiti. Quando capecitabina e cisplatino vengono utilizzati in associazione, l’uso della vitamina B6 (piridossina) non è raccomandato per il trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano-piede, in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l’efficacia del cisplatino. Ci sono alcune evidenze che dexpantenolo è efficace per la profilassi della sindrome mano-piede in pazienti trattati con capecitabina.

Cardiotossicità

La terapia con fluoropirimidina è stata associata a cardiotossicità, comprendente infarto miocardico, angina, aritmia, shock cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche (inclusi casi molto rari di prolungamento dell’intervallo QT). Queste reazioni avverse possono verificarsi più frequentemente nei pazienti con precedente anamnesi di malattia dell’arteria coronarica. Aritmia cardiaca (comprendente fibrillazione ventricolare, torsione di punta e bradicardia), angina pectoris, infarto miocardico, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia sono stati segnalati nei pazienti trattati con capecitabina. È richiesta cautela nel caso di pazienti con anamnesi significativa di cardiopatia, aritmia e angina pectoris (vedere paragrafo 4.8).

Ipo- o ipercalcemia

Ipo- o ipercalcemia è stata riportata durante il trattamento con capecitabina. Si richiede cautela nel trattamento di pazienti con pre-esistente anamnesi di ipo- o ipercalemia (vedere paragrafo 4.8).

Malattie del sistema nervoso centrale o periferico

I pazienti affetti da malattie del sistema nervoso centrale o periferico, per esempio metastasi cerebrale o neuropatia, devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 4.8).

Diabete mellito o disturbi elettrolitici

Si richiede cautela nel trattamento di pazienti con diabete mellito o disturbi elettrolitici, poiché queste condizioni possono aggravarsi durante il trattamento con capecitabina.

Anticoagulanti cumarino-derivati

In uno studio di interazione con somministrazione in dose singola di warfarin, si è registrato un significativo incremento dell’AUC media (+57%) di S-warfarin. Questi dati suggeriscono un’interazione, probabilmente dovuta all’inibizione dell’isoenzima 2C9 del citocromo P450 da parte della capecitabina. I pazienti che assumono contemporaneamente capecitabina e anticoagulanti orali cumarino-derivati devono essere sottoposti ad un attento monitoraggio dei parametri della coagulazione (INR o tempo di protrombina) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza (vedere paragrafo 4.5).

Brivudina

Brivudina non deve essere somministrata in concomitanza con capecitabina. A seguito di questa interazione tra farmaci sono stati segnalati casi fatali. È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l’inizio della terapia con capecitabina. Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l’ultima dose di capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.5). In caso di somministrazione accidentale di brivudina ai pazienti in trattamento con capecitabina, misure efficaci per ridurre la tossicità di capecitabina devono essere adottate. Si raccomanda il ricovero immediato in ospedale. È necessario istituire tutte le misure opportune a prevenire infezioni sistemiche e disidratazione.

Compromissione della funzione epatica

In assenza di dati sulla sicurezza e l’efficacia in pazienti con funzione epatica compromessa, l’utilizzo di capecitabina deve essere attentamente monitorato nei pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata, indipendentemente dalla presenza o assenza di metastasi del fegato. La somministrazione di capecitabina deve essere interrotta se si verificano aumenti della bilirubina correlati al trattamento > di 3,0 x LSN o aumenti delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST) correlati al trattamento > di 2,5 x LSN. Il trattamento con capecitabina in monoterapia può essere ripreso quando la bilirubina si riduce a ≤3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si riducono a ≤2,5 x LSN.

Compromissione della funzione renale

L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti con compromissione moderata della funzione renale (clearance della creatinina 30-50 ml/min) è maggiore rispetto alla totalità della popolazione (vedere paragrafi 4.2 e 4.3).

Deficit di diidropirimidina deidrogenasi (DPD)

L’attività della DPD è un fattore limitante nel catabolismo di 5-fluorouracile (vedere paragrafo 5.2). I pazienti con deficit di DPD sono pertanto a maggior rischio di tossicità associata alle fluoropirimidine, tra cui ad esempio stomatite, diarrea, infiammazione delle mucose, neutropenia e neurotossicità.

La tossicità associata a deficit di DPD si manifesta generalmente durante il primo ciclo di trattamento o in seguito ad aumento della dose.

Assenza totale di attività di DPD

L’assenza totale di attività di DPD è una malattia rara (0,01-0,5% della popolazione Caucasica). I pazienti con una totale assenza di attività di DPD sono a rischio elevato di tossicità letale o potenzialmente letale e non devono essere sottoposti a trattamento con Capecitabina Teva (vedere paragrafo 4.3).

Deficit parziale di DPD

Si stima che il deficit parziale di DPD colpisca il 3-9% della popolazione Caucasica. I pazienti con deficit parziale di DPD sono a maggior rischio di tossicità grave epotenzialmente fatale. Per ridurre tale tossicità si raccomanda di somministrare una dose iniziale ridotta. In aggiunta ad altre misurazioni di routine, il deficit di DPD deve essere ritenuto un parametro di valutazione per la riduzione della dose. La riduzione della dose iniziale può avere un impatto sull’efficacia del trattamento. In assenza di grave tossicità, le dosi successive possono essere aumentate con attento monitoraggio.

Analisi del deficit della DPD

Si raccomanda l’esecuzione di test di genotipizzazione e/o fenotipizzazione prima dell’inizio del trattamento con Capecitabina Teva malgrado le incertezze associate alle metodologie ottimali di analisi pretrattamento. Fare riferimento alle linee guida i cliniche applicabili.

Caratterizzazione genotipica del deficit di DPD

Le analisi pretrattamento di mutazioni rare del gene DPYD sono in grado di identificare pazienti con deficit di DPD.

Le quattro varianti DPYD c.1905+1G>A [nota anche come DPYD*2A], c.1679T>G [DPYD*13], c.2846A>T e c.1236G>A/HapB3 possono causare un’assenza totale o una riduzione dell’attività enzimatica di DPD. Altre varianti rare possono essere inoltre associate a un incremento del rischio di tossicità grave o potenzialmente letale.

Alcune mutazioni omozigotiche ed eterozigotiche composte nel locus genetico DPYD (ad es. combinazioni delle quattro varianti con almeno un allele di c.1905+1G>A o c.1679T>G) sono note per causare l’assenza completa o quasi completa dell’attività enzimatica di DPD.

Pazienti con alcune varianti eterozigotiche DPYD (incluse c.1905+1G>A, c.1679T>G, c.2846A>T e varianti c.1236G>A/HapB3) sono a maggior rischio di grave tossicità quando trattati con fluoropirimidine.

La frequenza del genotipo eterozigote c.1905+1G>A nel gene DPYD nei pazienti Caucasici è di circa 1%, 1,1% per la variante c.2846A>T, 2,6-6,3% per la variante c.1236G>A/HapB3 e 0,07-0,1% per la variante c.1679T>G.

I dati sulla frequenza di queste quattro varianti DPYD in altre popolazioni rispetto a quella Caucasica sono limitati. Attualmente, le quattro varianti DPYD (c.1905+1G>A, c.1679T>G, c.2846A>T e c.1236G>A/HapB3) sono ritenute pressoché assenti nelle popolazioni Africane (-Americane) o Asiatiche.

Caratterizzazione fenotipica del deficit di DPD

Per la caratterizzazione fenotipica del deficit di DPD, si raccomanda la misurazione dei livelli ematici pre-terapeutici di uracile (U) endogeno del substrato DPD nel plasma.

Concentrazioni elevate di uracile pretrattamento sono associate a un aumento del rischio di tossicità. Malgrado le incertezze sulle soglie di uracile che definiscono il deficit parziale e l’assenza parziale di attività di DPD, un livello di uracile nel sangue ≥ 16 ng/ml e < 150 ng/ml deve essere ritenuto indicativo di deficit parziale di DPD e associato a un aumento del rischio di tossicità da fluoropirimidine. Un livello di uracile del sangue ≥ 150 ng/ml deve essere ritenuto indicativo di assenza totale di attività di DPD e associato a un rischio di tossicità fatale o potenzialmente fatale da fluoropirimidine.

Complicanze oftalmologiche

I pazienti devono essere attentamente monitorati per complicanze oftalmologiche come disturbi e cheratite corneale, soprattutto se hanno una precedente storia di disturbi agli occhi. Il trattamento dei disturbi oculari deve essere iniziato in maniera clinicamente appropriata.

Reazioni cutanee gravi

Capecitabina Teva può indurre reazioni cutanee gravi, quali sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Nei pazienti che manifestano una reazione cutanea grave durante il trattamento con Capecitabina Teva, si deve procedere all’interruzione permanente di questo medicinale.

Le compresse di Capecitabina Teva non devono essere frantumate né tagliate. In caso di esposizione del paziente o di colui che lo assiste a compresse di Capecitabina Teva frantumate o tagliate, potrebbero manifestarsi reazioni avverse al farmaco (vedere paragrafo 4.8).

Eccipienti

Lattosio

Capecitabina Teva contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.

Sodio

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per singola compressa rivestita con film, cioè essenzialmente ‘senza sodio’.

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Indice

Sono stati effettuati studi d’interazione solo negli adulti. Interazioni con altri medicinali: Brivudina

E’ stata riportata un’interazione clinicamente significativa tra brivudina e le fluoropirimidine (per es. capecitabina, 5-Fluorouracile, tegafur) dovuta all’inibizione della diidropirimidina deidrogenasi da parte di brivudina. Questa interazione, che comporta un aumento della tossicità delle fluoropirimidine, è potenzialmente fatale. Per questo motivo, brivudina non deve essere somministrata in concomitanza con capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l’inizio della terapia con capecitabina. Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l’ultima dose di capecitabina.

Substrati del citocromo P-450 2C9

Oltre agli studi sul warfarin, non sono stati condotti altri studi formali di interazione tra la capecitabina e altri substrati di CYP2C9. Occorre esercitare la debita cautela nel somministrare la capecitabina insieme ai substrati di 2C9 (ad esempio la fenitoina). Vedere anche interazione con anticoagulanti cumarino-derivati, e il paragrafo 4.4.

Anticoagulanti cumarino-derivati

Nei pazienti trattati contemporaneamente con capecitabina e anticoagulanti cumarino-derivati, come per esempio warfarin e fenprocumone, sono stati riportati alterazione dei parametri della coagulazione e/o emorragie. Tali reazioni si sono verificate entro diversi giorni e fino a diversi mesi dall’inizio della terapia con capecitabina e, in alcuni casi, entro un mese dall’interruzione della terapia con capecitabina. In studio clinico di interazione farmacocinetica, dopo la somministrazione di una singola dose di 20 mg di warfarin, il trattamento con capecitabina ha incrementato del 57% l’AUC di S- warfarin, con un incremento del 91% del valore di INR. Poiché il metabolismo di R-warfarin non è stato alterato, questi dati suggeriscono che la capecitabina riduce l’isoenzima 2C9 ma non ha effetti sugli isoenzimi 1A2 e 3A4. I pazienti che assumono anticoagulanti cumarino-derivati insieme a capecitabina devono essere monitorati regolarmente per eventuali alterazioni dei parametri della coagulazione (PT o INR) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza.

Fenitoina

Durante il trattamento concomitante di capecitabina e fenitoina sono stati registrati incrementi delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina, risultanti in sintomi da intossicazione da fenitoina in singoli casi. I pazienti che assumono fenitoina in concomitanza con capecitabina devono essere monitorati regolarmente per eventuali incrementi delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina.

Acido folinico/acido folico

Uno studio sull’associazione di capecitabina e acido folinico ha mostrato che l’acido folinico non ha effetti significativi sulla farmacocinetica della capecitabina e dei suoi metaboliti. Tuttavia, l’acido folinico produce effetti sulla farmacodinamica della capecitabina, la cui tossicità può risultare incrementata dall’acido folinico: la dose massima tollerata (DMT) di capecitabina da sola a regimi intermittenti è 3.000 mg/m2 al giorno, mentre quando la capecitabina viene associata all’acido folinico (30 mg p.o. due volte al giorno) la dose massima tollerata scende a soli 2.000 mg/m2 al giorno.

L’incremento di tossicità può essere rilevante quando si passa da 5-FU/LV ad un regime a base di capecitabina. A causa della somiglianza tra l’acido folinico e l’acido folico la tossicità incrementata può anche essere rilevante con l’integrazione di acido folico nel trattamento di deficit da folati.

Antiacidi

È stato studiato l’effetto di un antiacido contenente idrossido di alluminio e idrossido di magnesio sulla farmacocinetica della capecitabina. Si è verificato un lieve aumento delle concentrazioni plasmatiche della capecitabina e di un metabolita (5’-DFCR); non si è verificato alcun effetto sui 3 metaboliti principali (5’-DFUR, 5-FU e FBAL).

Allopurinolo

Sono state osservate interazioni del 5-FU con allopurinolo, con possibile diminuzione dell’efficacia del 5-FU. Si deve evitare l’uso concomitante di allopurinolo e capecitabina Interferone alfa

La dose massima tollerata di capecitabina è risultata di 2.000 mg/m2 al giorno quando assunta in associazione con interferone alfa-2a (3 MUI/m2 al giorno), rispetto a 3.000 mg/m2 al giorno quando capecitabina viene somministrata da sola.

Radioterapia

La dose massima tollerata di capecitabina in monoterapia utilizzando il regime intermittente è di 3.000 mg/m2 al giorno, mentre, quando combinata con radioterapia per il carcinoma del retto, la dose massima tollerata di capecitabina è di 2.000 mg/m2 al giorno, usando sia una somministrazione continua che una somministrazione giornaliera da lunedi a venerdi in concomitanza al ciclo di trattamento radioterapico di 6 settimane.

Oxaliplatino

Non si è verificata alcuna differenza clinicamente significativa nell’esposizione alla capecitabina o ai suoi metaboliti, platino libero o platino totale quando la capecitabina è stata somministrata in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab.

Bevacizumab

Non si è verificato alcun effetto clinicamente significativo del bevacizumab sui parametri farmacocinetici della capecitabina o dei suoi metaboliti in presenza di oxaliplatino.

Interazioni con il cibo

In tutti gli studi clinici i pazienti erano stati informati di dover assumere capecitabina nei 30 minuti successivi al pasto. Poiché gli attuali dati relativi alla sicurezza e all’efficacia si basano sulla somministrazione del medicinale insieme al cibo, si raccomanda di somministrare la capecitabina con del cibo. La somministrazione con cibo diminuisce la percentuale di assorbimento di capecitabina (vedere paragrafo 5.2).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

Indice

Donne in età fertile/Contraccezione in maschi e femmine

Alle donne in età fertile va consigliato di evitare una gravidanza durante il trattamento con capecitabina. In caso di gravidanza durante il trattamento con capecitabina, la paziente dovrà essere informata relativamente al rischio potenziale per il feto. Durante il trattamento e per 6 mesi dopo l’ultima dose di capecitabina deve essere utilizzato un metodo contraccettivo efficace.

In base ai risultati sulla tossicità genetica, durante il trattamento e per 3 mesi dopo l’ultima dose di capecitabina i pazienti maschi con partner di sesso femminile in età fertile devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci.

Gravidanza

Non sono stati effettuati studi con capecitabina su donne in gravidanza; si può tuttavia ritenere che la capecitabina se somministrata a donne in stato di gravidanza possa provocare danni al feto. In studi sulla tossicità durante la riproduzione condotti negli animali, la somministrazione di capecitabina ha provocato letalità embrionale e teratogenicità. Questi risultati sono gli effetti attesi dei derivati della fluoropirimidina. La capecitabina è controindicata in gravidanza.

Allattamento

Non è noto se la capecitabina sia escreta nel latte materno umano. Non sono stati condotti studi per valutare l’impatto di capecitabina sulla produzione di latte o la sua presenza nel latte materno.

Notevoli quantità di capecitabina e dei suoi metaboliti sono state ritrovate nel latte del topo durante il periodo dell’allattamento. Poiché il rischio di potenziale danno al lattante non è noto, l’allattamento deve essere sospeso durante il trattamento con capecitabina e per 2 settimane dopo l’ultima dose.

Fertilità

Non ci sono dati su capecitabina e sul suo impatto sulla fertilità. Gli studi registrativi di capecitabina hanno incluso femmine in età fertile e maschi solo se disponibili ad utilizzare un metodo contraccettivo adeguato per evitare la gravidanza per tutta la durata dello studio e per un periodo successivo ragionevole.

Negli studi sugli animali sono stati osservati effetti sulla fertilità (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Indice

La capecitabina altera lievemente o moderatamente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. La capecitabina può indurre capogiri, stato di affaticamento e nausea.

 

04.8 Effetti indesiderati

Indice

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo globale di sicurezza della capecitabina si basa sui dati relativi a più di 3.000 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o con capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. I profili di sicurezza della monoterapia con capecitabina nelle popolazioni di pazienti con carcinoma metastatico della mammella, carcinoma colonrettale metastatico e carcinoma del colon in ambito adiuvante sono simili. Vedere il paragrafo 5.1 per i dettagli sugli studi più importanti, inclusi i disegni dello studio e i risultati di efficacia più importanti Le reazioni avverse (ADR) correlate al trattamento più frequentemente riportate e/o clinicamente rilevanti sono state disturbi gastrointestinali (specialmente diarrea, nausea, vomito, dolore addominale, stomatite), sindrome mano-piede (eritrodisestesia palmo-plantare), affaticamento, astenia, anoressia, cardiotossicità, peggioramento della disfunzione renale ove la funzione fosse già precedentemente compromessa e trombosi/embolia.

Lista delle reazioni avverse in forma tabulare

Le ADR considerate dallo sperimentatore come possibilmente, probabilmente o lontanamente correlate alla somministrazione di capecitabina sono elencate nella Tabella 4 per l’assunzione di capecitabina in monoterapia, e nella tabella 5 per l’assunzione di capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni. Per classificare le ADR in base alla loro frequenza sono stati usati i seguenti termini: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10), non comune (≥ 1/1.000; < 1/100), raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Capecitabina in monoterapia

La Tabella 4 elenca le ADR associate all’uso della capecitabina in monoterapia sulla base di un’analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza provenienti da tre studi principali che hanno incluso oltre 1900 pazienti (studi M66001, SO14695 e SO14796). Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza in accordo all’incidenza globale derivante dall’analisi raggruppata.

Tabella 4 Riassunto delle ADR correlate riportate in pazienti trattati con capecitabina in monoterapia

Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune
Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati
clinicamente rilevanti
Raro/Molto raro (Esperienza post- commercializzazione)
Infezioni ed Infezione virale Sepsi, Infezione
infestazioni erpetica, delle vie urinarie,
Rinofaringite, Cellulite,
Infezione delle Tonsillite,
basse vie Faringite,
respiratorie Candidosi orale,
Influenza,
Gastroenterite,
Infezione fungina,
Infezione, Ascesso
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune
Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati clinicamente rilevanti
Raro/Molto raro (Esperienza post- commercializzazione)
dentale
Tumori benigni, maligni e non
specificati
Lipoma
Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia, Anemia Neutropenia febbrile, Pancitopenia, Granulocitopenia, Trombocitopenia, Leucopenia, Anemia emolitica, Aumento del valore del Rapporto Internazionale Normalizzato (INR) /
Prolungamento del tempo di
protrombina
Disturbi del sistema
immunitario
Ipersensibilità Angioedema (raro)
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Anoressia Disidratazione, Perdita di peso Diabete, Ipokaliemia, Disturbi dell’appetito, Malnutrizione,
Ipertrigliceridemia
Disturbi psichiatrici Insonnia, Depressione Stato confusionale, Attacco di panico, Depressione dell’umore, Riduzione della
libido
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune
Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati clinicamente rilevanti
Raro/Molto raro (Esperienza post- commercializzazione)
Patologie del sistema nervoso Cefalea, Letargia, Capogiri, Parestesia Disgeusia Afasia, Disturbi della memoria, Atassia, Sincope, Disturbi dell’equilibrio, Disturbi della sensibilità, Neuropatia
periferica
Leucoencepalopatia tossica (molto raro)
Patologie dell’occhio Aumento della lacrimazione, Congiuntivite, Irritazione oculare Ridotta acuità visiva, Diplopia Stenosi del dotto lacrimale (raro), Disturbi della cornea (raro), Cheratite (raro), Cheratite
puntata (raro)
Patologie
dell’orecchio e del labirinto
Vertigini, Dolore all’orecchio
Patologie cardiache Angina instabile, Angina pectoris, Ischemia miocardica/Infarto, Fibrillazione atriale, Aritmia, Tachicardia, Tachicardia sinusale,
Palpitazioni
Fibrillazione ventricolare (raro), Prolungamento QT (raro), Torsione di punta (raro), Bradicardia (raro), Vasospasmo (raro)
Patologie vascolari Tromboflebite Trombosi venosa profonda, Ipertensione, Petecchie, Ipotensione, Vampate di calore, Sensazione di freddo alle
estremità
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Dispnea, Epistassi, Tosse, Rinorrea Embolia polmonare, Pneumotorace, Emottisi, Asma,
Dispnea da sforzo
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune
Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati clinicamente rilevanti
Raro/Molto raro (Esperienza post- commercializzazione)
Patologie gastrointestinali Diarrea, Vomito, Nausea, Stomatite, Dolore addominale Emorragia gastrointestinale, Stipsi, Dolore nella parte superiore dell’addome, Dispepsia, Flatulenza, Secchezza delle fauci Ostruzione intestinale, Ascite, Enterite, Gastrite, Disfagia, Dolore nella parte inferiore dell’addome, Esofagite, Disturbi addominali, Malattia da reflusso gastroesofageo, Colite, Sangue
nelle feci
Patologie epatobiliari Iperbilirubinemia , Alterazioni degli esami di funzionalità
epatica
Ittero Insufficienza epatica (raro), Epatite colestatica (raro)
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sindrome da eritrodisestesia palmo- plantare** Rash, Alopecia, Eritema, Secchezza della pelle, Prurito, Iperpigmentazione cutanea, Rash maculare, Desquamazione della pelle, Dermatite, Disturbi di pigmentazione, Alterazione delle
unghie
Vescicola, Ulcerazione della pelle, Rash, Orticaria, Reazione di fotosensibilità, Eritema palmare, Gonfiore del viso, Porpora, Sindrome da “rievocazione” di irradiazione Lupus eritematoso cutaneo (raro), gravi reazioni cutanee come Sindrome Stevens- Johnson e necrolisi epidermica tossica (molto raro) (vedere paragrafo 4.4)
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Dolore alle estremità, Dolore alla schiena, Artralgia Gonfiore alle articolazioni, Dolore osseo, Dolore facciale, Rigidità muscoloscheletrica, Debolezza
muscolare
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Non comune
Gravi e/o pericolosi per la vita (grado 3-4) o considerati clinicamente rilevanti
Raro/Molto raro (Esperienza post- commercializzazione)
Patologie renali e urinarie Idronefrosi, Incontinenza urinaria, Ematuria, Nicturia, Aumento
della creatininemia
Patologie dell’apparato riproduttivo e
della mammella
Emorragia vaginale
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Affaticamento, Astenia Piressia, Edema periferico, Malessere, Dolore toracico Edema, Brividi, Malattia simil- influenzale, Rigidità, Aumento della temperatura
corporea

** Sulla base dell’esperienza post-marketing, una persistente o severa Sindrome da eritrodisestesia palmo- plantare può portare alla perdita delle impronte digitali (vedere paragrafo 4.4).

Capecitabina nella terapia di associazione

La Tabella 5 elenca le ADR associate all’uso della capecitabina in associazione con differenti regimi chemioterapici in molteplici indicazioni, sulla base dei dati di sicurezza relativi a oltre 3.000 pazienti. Le ADR sono state inserite nello specifico gruppo di frequenza (Molto comune o Comune) in base all’incidenza più elevata osservata negli studi clinici principali e solo se aggiuntive a quelle osservate con la capecitabina in monoterapia o se appartenenti a un gruppo di frequenza più elevata rispetto alla capecitabina in monoterapia (vedere tabella 4). Le ADR non comuni riportate per la capecitabina nella terapia di associazione sono in linea con le ADR riportate per la capecitabina in monoterapia o per la monoterapia con i medicinali di associazione (in letteratura e/o nei rispettivi riassunti delle caratteristiche del prodotto).

Alcune delle ADR sono reazioni che si osservano comunemente con il medicinale di associazione (ad es. la neuropatia sensoriale periferica con docetaxel o oxaliplatino, l’ipertensione con bevacizumab); tuttavia non si può escludere un peggioramento indotto dalla terapia con capecitabina.

Tabella 5 Riassunto delle ADR correlate riportate in pazienti trattati con capecitabina nella terapia di associazione in aggiunta a quelle osservate con capecitabina in monoterapia o osservate in un gruppo di frequenza più elevata rispetto alla capecitabina in monoterapia

Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Raro/Molto raro (Esperienza Post- commercializzazione)
Infezioni ed infestazioni Herpes zoster, Infezione delle vie urinarie, Candidosi orale, Infezione delle
vie aeree superiori,
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Raro/Molto raro (Esperienza Post- commercializzazione)
Rinite, Influenza,
+Infezione, Herpes orale
Patologie del sistema emolinfopoietico +Neutropenia,
+Leucopenia, +Anemia,
+Febbre neutropenica, Trombocitopenia
Depressione midollare,
+Neutropenia febbrile
Disturbi del sistema
immunitario
Ipersensibilità
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Riduzione dell’appetito Ipokaliemia, Iponatremia, Ipomagnesemia, Ipocalcemia,
Iperglicemia
Disturbi psichiatrici Disturbi del sonno,
Ansia
Patologie del sistema nervoso Parestesia, Disestesia, Neuropatia periferica, Neuropatia sensoriale periferica, Disgeusia,
Cefalea
Neurotossicità, Tremore, Neuralgia, Reazione di ipersensibilità,
Ipoestesia
Patologie dell’occhio Aumento della lacrimazione Disturbi visivi, Secchezza oculare, Dolore oculare, Compromissione della
vista, Visione offuscata
Patologie dell’orecchio
e del labirinto
Tinnito, Ipoacusia
Patologie cardiache Fibrillazione atriale,
Ischemia cardiaca/infarto
Patologie vascolari Edema degli arti inferiori, Ipertensione,
+Embolia e trombosi
Arrossamento, Ipotensione, Crisi ipertensive, Vampate di
calore, Flebiti
Patologie respiratorie, toraciche e
mediastiniche
Mal di gola, Disestesia della faringe Singhiozzo, Dolore laringofaringeo,
Disfonia
Patologie gastrointestinali Stipsi, Dispepsia Emorragia del tratto gastrointestinale superiore, Ulcerazione della bocca, Gastrite, Distensione addominale, Malattia da reflusso
gastroesofageo, Dolore
Sistema corporeo Molto comune
Tutti i gradi
Comune
Tutti i gradi
Raro/Molto raro (Esperienza Post- commercializzazione)
alla bocca, Disfagia, Emorragia rettale, Dolore all’addome inferiore, Disestesia orale, Parestesia orale, Ipoestesia orale,
Malessere addominale
Patologie epatobiliari Alterazione della
funzionalità epatica
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia, Alterazioni delle unghie Iperidrosi, Rash eritematoso, Orticaria,
Sudorazione notturna
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Mialgia, Artralgia, Dolore alle estremità Dolore mandibolare, Spasmi muscolari, Trisma, Debolezza
muscolare
Patologie renali e urinarie Ematuria, Proteinuria, Riduzione della clearance della
creatinina, Disuria
Insufficienza renale acuta secondaria alla disidratazione (raro)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Piressia, Debolezza,
+Letargia, Intolleranza alla temperatura
Infiammazione delle mucose, Dolore agli arti, Dolore, Brividi, Dolore toracico, Malattia simil- influenzale, Febbre, Reazione correlata all’infusione, Reazione nella sede di iniezione, Dolore nella sede di infusione, Dolore nella
sede di iniezione
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da
procedura
Contusione

+ Per ciascun termine, la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di tutti gradi. Per i termini contrassegnati da un “+”,la frequenza è stata calcolata sulla base delle ADR di grado 3-4. Le ADR sono state inserite in base alla frequenza più elevata osservata negli studi clinici principali sulla terapia di associazione.

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Sindrome mano-piede (vedere paragrafo 4.4) Negli studi sulla capecitabina in monoterapia (compresi gli studi sulla terapia adiuvante nel carcinoma del colon, sul trattamento del carcinoma del colon retto metastatico e sul trattamento del carcinoma della mammella), con il dosaggio di 1.250 mg/m2 di capecitabina due volte al giorno nei giorni 1-14 ogni 3 tre settimane, la sindrome mano-piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 53% e il 60%; nel braccio capecitabina/docetaxel per il trattamento del carcinoma mammario metastatico la frequenza è stata del 63%. Nella terapia con capecitabina in associazione, con il dosaggio di 1.000 mg/m2 di capecitabina due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 ogni tre settimane, la sindrome mano-piede di qualunque grado è stata osservata con una frequenza compresa tra il 22% e il 30%.

Una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o capecitabina in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) ha evidenziato che la sindrome mano-piede (di qualunque grado) si è manifestata in 2.066 pazienti (43%) dopo un periodo mediano di 239 giorni (95% IC: 201, 288) dall’inizio del trattamento con capecitabina. In tutti gli studi combinati le seguenti covariate hanno mostrato una significatività statistica associata ad un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammi), riduzione della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg), aumento dell’intensità di dose relativa nelle prime sei settimane, aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni), sesso femminile e buono stato di prestazione secondo l’ECOG al basale (0 vs ≥1).

Diarrea (vedere paragrafo 4.4

La capecitabina può indurre la comparsa di diarrea, che è stata osservata fino a un massimo del 50% dei pazienti.

I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra le seguenti covariate e un aumento del rischio di sviluppare diarrea: aumento del dosaggio iniziale di capecitabina (grammi), aumento della durata del trattamento in studio (settimane), avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni) e sesso femminile. Le seguenti covariate hanno mostrato significatività statistica associata ad una riduzione del rischio di sviluppare diarrea: aumento della dose cumulativa di capecitabina (0,1*kg) e aumento dell’intensità di dose relativa nelle prime 6 settimane.

Cardiotossicità (vedere paragrafo 4.4) Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base di un’analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici che hanno incluso 949 pazienti (2 studi di fase III e 5 studi di fase II nel carcinoma metastatico del colon retto e nel carcinoma metastatico della mammella), in associazione all’uso della capecitabina in monoterapia sono state osservate le seguenti ADR con un’incidenza inferiore allo 0,1%: cardiomiopatia, insufficienza cardiaca, morte improvvisa ed extrasistole ventricolari.

Encefalopatia

Oltre alle ADR descritte nelle tabelle 4 e 5, sulla base della suddetta analisi raggruppata dei dati sulla sicurezza clinica relativi a 7 studi clinici, l’uso della capecitabina in monoterapia è stato associato anche a encefalopatia, con un’incidenza inferiore allo 0,1%.

Esposizione a compresse di capecitabina frantumate o tagliate

In caso di esposizione a compresse di capecitabina frantumate o tagliate sono state segnalate le seguenti reazioni avverse al farmaco: irritazione o gonfiore oculare, rash cutaneo, mal di testa, parestesia, diarrea, nausea, irritazione gastrica e vomito.

Popolazioni speciali

Pazienti anziani (vedere paragrafo 4.2) Un’analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti di età ≥60 anni trattati con capecitabina in monoterapia e un’analisi dei pazienti trattati con l’associazione terapeutica di capecitabina più docetaxel hanno mostrato un aumento dell’incidenza delle reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento e delle reazioni avverse gravi correlate al trattamento rispetto ai pazienti di età <60 anni. Inoltre i pazienti di età ≥60 anni trattati con capecitabina e docetaxel hanno evidenziato un maggior numero di interruzioni premature del trattamento a causa di reazioni avverse rispetto ai pazienti con meno di 60 anni di età.

I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra l’avanzamento dell’età (incrementi di 10 anni) e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.

Sesso

I risultati di una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4.700 pazienti trattati con capecitabina hanno dimostrato che in tutti gli studi combinati è emersa un’associazione statisticamente significativa tra il sesso femminile e un aumento del rischio di sviluppare la sindrome mano-piede e diarrea e una riduzione del rischio di sviluppare neutropenia.

Pazienti con compromissione della funzione renale (vedere paragrafo 4.2, 4.4, e 5.2) Un’analisi dei dati sulla sicurezza in pazienti trattati con capecitabina in monoterapia (carcinoma del colon retto) con compromissione della funzione renale al basale ha mostrato un aumento dell’incidenza di reazioni avverse di grado 3 e 4 correlate al trattamento rispetto ai pazienti con funzione renale normale (36% nei pazienti senza insufficienza renale n=268 contro rispettivamente 41% nella compromissione lieve n=257 e 54% in quella moderata n=59) (vedere paragrafo 5.2). I pazienti con funzionalità renale moderatamente compromessa mostrano un aumento del tasso di riduzione della dose (44%) contro il 33% e il 32% nei pazienti con compromissione renale assente o lieve e un aumento dell’interruzione prematura del trattamento (21% di interruzioni durante i primi due cicli) rispetto a 5% e 8% nei pazienti con compromissione renale assente o lieve.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

Indice

Le manifestazioni di sovradosaggio acuto comprendono nausea, vomito, diarrea, mucosite, irritazione gastrointestinale ed emorragie, e depressione del midollo osseo. La gestione clinica del sovradosaggio deve considerare terapia convenzionale e intervento medico di supporto al fine di correggere le manifestazioni cliniche presenti e prevenire eventuali possibili complicanze delle stesse.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: antineoplastici, antimetaboliti, codice ATC: L01BC06

La capecitabina è una fluoropirimidina carbamato non citotossica, che agisce come precursore somministrabile per via orale della forma citotossica 5-fluorouracile (5-FU). La capecitabina è attivata tramite diversi passaggi enzimatici (vedere paragrafo 5.2). L’enzima coinvolto nella conversione finale in 5-FU, la timidina fosforilasi (ThyPase), si ritrova nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti normali, ma generalmente ad una concentrazione inferiore. Nei modelli tumorali da xenotrapianto umano la capecitabina ha dimostrato di avere un effetto sinergico in associazione a docetaxel, che può essere correlato alla iper-regolazione della timidina fosforilasi da parte di docetaxel.

Vi sono evidenze che il metabolismo del 5-FU nel percorso anabolico blocchi la reazione di metilazione dell’acido deossiuridilico in acido timidilico, interferendo cosi nella sintesi dell’acido deossiribonucleico (DNA). L’incorporazione di 5-FU porta inoltre all’inibizione della sintesi del RNA e delle proteine. Poiché DNA e RNA sono essenziali per la divisione e la crescita cellulare, l’effetto del 5-FU può dar luogo a una deficienza di timidina che provoca una crescita non bilanciata e la morte cellulare. Gli effetti della deprivazione di DNA e RNA sono particolarmente marcati nelle cellule con proliferazione più rapida e che metabolizzano il 5-FU più velocemente.

Carcinoma del colon e del colon-retto

Monoterapia con capecitabina nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso della capecitabina per la terapia adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio X-ACT, M66001). In questo studio, 1987 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.250 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo, come cicli di 3 settimane per 24 settimane) o 5-FU e leucovorin (schema della Clinica Mayo: 20 mg/m2 leucovorin e.v. seguiti da 425 mg/m2 5-FU in bolo per via endovenosa, nei giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni per 24 settimane). La capecitabina è risultata almeno equivalente al 5-FU/LV e.v. nella sopravvivenza libera da malattia nella popolazione per protocollo (HR 0,92; 95% IC 0,80-1,06). In tutta la popolazione randomizzata la differenza tra capecitabina e 5-FU/LV per la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale ha evidenziato HR pari rispettivamente a 0,88 (95% IC 0,77-1,01; p = 0,068) e 0,86 (95% IC 0,74-1,01; p = 0,060). Il follow-up mediano al tempo dell’analisi è stato di 6,9 anni. In un’analisi multivariata di Cox precedentemente pianificata, è stata dimostrata la superiorità della capecitabina verso il bolo di 5- FU/LV. I seguenti fattori erano stati predefiniti nell’analisi statistica per l’inclusione nel modello: età, tempo dalla chirurgia alla randomizzazione, sesso, livelli di CEA al basale, linfonodi al basale e paese. In tutta la popolazione randomizzata, la capecitabina ha dimostrato di essere superiore a 5-FU/LV sia in termini di sopravvivenza libera da malattia (HR: 0,849; 95% IC 0,739–0,976; p = 0,0212) sia in termini di sopravvivenza globale (HR: 0,828; 95% IC 0,705–0,971; p = 0,0203).

Terapia di associazione nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III, in pazienti con carcinoma del colon in stadio III (Dukes C) supportano l’uso della capecitabina in associazione con oxaliplatino (XELOX) per il trattamento adiuvante nei pazienti con carcinoma del colon (Studio NO16968). In questo studio, 944 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane, seguite da 1 settimana di riposo), in cicli di 3 settimane per 24 settimane, in associazione con oxaliplatino (130 mg/m2 in infusione endovenosa per 2 ore al giorno 1 di ogni ciclo, ogni 3 settimane); 942 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU in bolo e leucovorin. Nell’analisi primaria per la DFS nella popolazione ITT, XELOX ha dimostrato di essere significativamente superiore a 5-FU/LV (HR=0,80, 95% IC=[0,69; 0,93]; p=0,0045). Il tasso di DFS a 3 anni è stato del 71% nel braccio trattato con XELOX rispetto al 67% nel braccio trattato con 5-FU/LV. L’analisi eseguita per l’endpoint secondario della RFS supporta questi risultati con un HR di 0,78 (95% IC=[0,67; 0,92]; p=0,0024) nel braccio trattato con XELOX rispetto a quello trattato con il 5-FU/LV. XELOX ha dimostrato un trend di superiorità in OS con un HR di 0,87 (95% IC=[0,72; 1,05]; p=0,1486) che si traduce in una riduzione del 13% del rischio di morte. Il tasso di OS a 5 anni è stato del 78% per XELOX rispetto al 74% per 5-FU/LV. I dati di efficacia sono basati su un tempo di osservazione mediano di 59 mesi per l’OS e 57 mesi per la DFS. Il tasso di ritiro dallo studio per eventi avversi è stato più elevato nel braccio di trattamento con XELOX (21%) rispetto a quello del braccio con 5FU/LV in monoterapia (9%) nella popolazione ITT.

Monoterapia con capecitabina nel carcinoma del colon-retto metastatico

I dati di due studi clinici con uguale disegno, multicentrici, randomizzati, controllati, di fase III (SO14695; SO14796) supportano l’uso della capecitabina per il trattamento di prima linea del tumore metastatico del colon-retto. In questi studi 603 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.250 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e somministrati in cicli di 3 settimane). Seicentoquattro (604) pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU e leucovorin (regime Mayo: 20 mg/m2 leucovorin per via endovenosa seguiti da 425 mg/m2 di 5-FU in bolo per via endovenosa, ai giorni da 1 a 5, ogni 28 giorni). Le percentuali di risposta obiettiva globale nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) sono state: 25,7% (capecitabina) contro 16,7% (regime Mayo); p < 0,0002. Il tempo mediano alla progressione è stato di 140 giorni (capecitabina) contro 144 giorni (regime Mayo). La sopravvivenza mediana è stata di 392 giorni (capecitabina) contro 391 giorni (regime Mayo). Non sono attualmente disponibili dati di confronto sulla monoterapia con capecitabina nel tumore del colon-retto verso i regimi di associazione di prima linea.

Terapia di associazione nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16966) supportano l’uso della capecitabina in associazione con oxaliplatino o in associazione con oxaliplatino e bevacizumab per il trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico. Lo studio comprendeva due parti: una parte iniziale a due bracci nella quale 634 pazienti sono stati randomizzati a due differenti regimi di trattamento, cioè XELOX o FOLFOX-4, e una successiva parte 2×2 fattoriale nella quale 1401 pazienti sono stati randomizzati a quattro differenti regimi di trattamento, comprendenti XELOX più placebo, FOLFOX-4 più placebo, XELOX più bevacizumab, e FOLFOX-4 più bevacizumab. Vedere tabella 6 per i regimi di trattamento.

Tabella 6 Regimi di trattamento nello studio NO16966 (CCRm)

Trattamento Dose iniziale Schedula
FOLFOX-4
o FOLFOX-4 +
Bevacizumab
Oxaliplatino
Leucovorin
85 mg/m2 per via endovenosa 2 ore
200 mg/m2 per via endovenosa 2 ore
Oxaliplatino al giorno 1, ogni 2 settimane
Leucovorin al giorno 1 e 2, ogni 2 settimane
5-fluorouracile bolo/infusione
5-Fluorouracile 400 mg/m2 per via endovenosa. in bolo, per via endovenosa, ognuna al giorno 1 e 2, ogni 2 settimane
seguiti da 600 mg/m2
per via endovenosa
22 ore
Placebo o Bevacizumab 5 mg/kg per via endovenosa
30-90 min
Giorno 1, prima di FOLFOX-4, ogni 2 settimane
XELOX
o XELOX+
Bevacizumab
Oxaliplatino
Capecitabina
130 mg/m2 per via endovenosa 2 ore
1.000 mg/m2 orale due volte al giorno
Oxaliplatino al giorno 1, ogni 3 settimane
Capecitabina orale due volte al giorno per 2 settimane (seguite
da 1 settimana di interruzione)
Placebo o Bevacizumab 7,5 mg/kg per via endovenosa
30-90 min
Giorno 1, prima di XELOX, ogni 3 settimane
5-Fluorouracile: iniezione in bolo per via endovenosa immediatamente dopo il leucovorin

La non inferiorità dei bracci contenenti XELOX rispetto a quelli contenenti FOLFOX-4 nel confronto generale è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione di pazienti elegibili e nella popolazione intent-to-treat (vedere tabella 7). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza globale (vedere tabella 7). Il confronto di XELOX più bevacizumab verso FOLFOX-4 più bevacizumab è avvenuto tramite un’analisi esplorativa pre-pianificata. Nel confronto tra questi due sottogruppi di trattamento, XELOX più bevacizumab è risultato simile a FOLFOX-4 più bevacizumab in termini di sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 1,01; 97,5% IC 0,84-1,22). Il follow-up mediano al momento delle analisi primarie nella popolazione intent-to-treat era di 1,5 anni; i dati derivanti dalle analisi eseguite dopo un ulteriore anno di follow-up sono anch’essi riportati nella tabella 7. Comunque, l’analisi della PFS on- treatment non ha confermato i risultati dell’analisi della PFS generale e della OS: l’hazard ratio di XELOX verso FOLFOX-4 era di 1,24 con IC 97,5% 1,07-1,44. Sebbene le analisi di sensibilità mostrino che le differenze nei regimi posologici e la programmazione dei tempi di valutazione del tumore influiscano sull’analisi della PFS on-treatment, non è stata trovata una risposta definitiva a questo risultato.

ANALISI PRIMARIA
XELOX/XELOX+P/ XELOX+BV
(EPP*: N=967; ITT**: N=1.017)
FOLFOX-4/FOLFOX-4+P/ FOLFOX-4+BV
(EPP*: N=937; ITT**: N=1.017)
Popolazione Tempo mediano all’evento (Giorni) HR (97,5% CI)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
EPP ITT 241
244
259
259
1,05 (0,94; 1,18)
1,04 (0,93; 1,16)
Parametro: Sopravvivenza globale
EPP ITT 577
581
549
553
0,97 (0,84; 1,14)
0,96 (0,83; 1,12)
ULTERIORE ANNO DI FOLLOW UP
Popolazione Tempo mediano all’evento (Giorni) HR (97,5% CI)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
EPP ITT 242
244
259
259
1,02 (0,92; 1,14)
1,01 (0,91; 1,12)
Parametro: Sopravvivenza globale
EPP ITT 600
602
594
596
1,00 (0,88; 1,13)
0,99 (0,88; 1,12)

Tabella 7 Principali risultati di efficacia per l’analisi di non-inferiorità dello Studio NO16966 *EPP=popolazione di pazienti eligibili; **ITT=popolazione intent-to-treat.

In uno studio di fase III, randomizzato, controllato (CAIRO), è stato indagato l’effetto dell’utilizzo di capecitabina a una dose iniziale di 1.000 mg/m2 per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione a irinotecan per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico.

Ottocentoventi (820) pazienti sono stati randomizzati a ricevere un trattamento sequenziale (n=410) o di associazione (n=410). Il trattamento sequenziale consisteva in un trattamento di prima linea con capecitabina (1.250 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni), una seconda linea con irinotecan (350 mg/m2 al giorno 1) e una terza linea con l’associazione di capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni) e oxaliplatino (130 mg/m2 al giorno 1). Il trattamento di associazione consisteva in un trattamento di prima linea con capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni) associata a irinotecan (250 mg/m2 al giorno 1) (XELIRI) e una seconda linea con capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni) più oxaliplatino (130 mg/m2 al giorno 1). Tutti i cicli di trattamento sono stati somministrati a intervalli di 3 settimane. Nel trattamento di prima linea la sopravvivenza libera da progressione mediana nella popolazione intent-to-treat è stata di 5,8 mesi (IC al 95%; 5,1 – 6,2 mesi) per capecitabina in monoterapia e 7,8 mesi (IC al 95%: 7,0 – 8,3 mesi; p=0,0002) per XELIRI. Tuttavia, ciò si è associato a un aumento dell’incidenza di tossicità gastrointestinale e neutropenia durante il trattamento di prima linea con XELIRI (rispettivamente 26% e 11% per XELIRI e capecitabina in prima linea).

In tre studi randomizzati condotti su pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico, il regime XELIRI è stato messo a confronto con 5-FU + irinotecan (FOLFIRI). I regimi XELIRI comprendevano capecitabina 1000 mg/m2 due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 di un ciclo di tre settimane associata a irinotecan 250 mg/m2 al giorno 1. Nello studio più ampio (BICC-C) i pazienti sono stati randomizzati al trattamento in aperto con FOLFIRI (n=144), con 5-FU in bolo (mIFL) (n=145) o con XELIRI (n=141) e ulteriormente randomizzati al trattamento in doppio cieco con celecoxib o con placebo. La PFS mediana è stata di 7,6 mesi per FOLFIRI, 5,9 mesi per mIFL (p=0,004 per il confronto con FOLFIRI) e 5,8 mesi per XELIRI (p=0,015). L’OS mediana è stata di 23,1 mesi per FOLFIRI, 17,6 mesi per mIFL (p=0,09) e 18,9 mesi per XELIRI (p=0,27). I pazienti trattati con XELIRI hanno manifestato eccessiva tossicità gastronintestinale rispetto a quelli trattati con FOLFIRI (rispettivamente diarrea 48% e 14% per XELIRI e FOLFIRI).

Nello studio EORTC i pazienti sono stati randomizzati al trattamento in aperto con FOLFIRI (n=41) o con XELIRI (n=44) e ulteriormente randomizzati al trattamento in doppio cieco con celecoxib o con placebo. La PFS e la sopravvivenza globale (OS) mediane sono risultate inferiori per XELIRI rispetto a FOLFIRI (PFS 5,9 versus 9,6 mesi e OS 14,8 versus 19,9 mesi); inoltre, nei pazienti in trattamento con il regime XELIRI, sono stati riportati tassi eccessivi di diarrea (41% XELIRI; 5,1% FOLFIRI).

Nello studio pubblicato da Skof et al., i pazienti sono stati randomizzati a ricevere FOLFIRI o XELIRI. Il tasso di risposta globale è risultato pari al 49% nel braccio trattato con XELIRI e al 48% nel braccio trattato con FOLFIRI (p=0,76). Al termine del trattamento il 37% dei pazienti nel braccio trattato con XELIRI e il 26% dei pazienti nel braccio trattato con FOLFIRI non presentavano evidenza di malattia (p=0,56). La tossicità è risultata simile tra i trattamenti, ad eccezione della neutropenia, riportata più comunemente nei pazienti trattati con FOLFIRI.

Montagnani et al. si sono avvalsi dei risultati ricavati dai tre suddetti studi per fornire un’analisi globale degli studi randomizzati di confronto tra i regimi terapeutici FOLFIRI e XELIRI nel trattamento dell’mCRC. Al trattamento con FOLFIRI è stata associata una riduzione significativa del rischio di progressione della malattia (HR 0,76; IC al 95%: 0,62-0,95; p<0,01), un risultato parzialmente imputabile alla scarsa tolleranza dei regimi XELIRI impiegati.

I dati ricavati da uno studio clinico randomizzato (Souglakos et al., 2012) di confronto tra FOLFIRI + bevacizumab e XELIRI + bevacizumab non hanno evidenziato differenze significative in termini di PFS e OS tra i trattamenti. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con FOLFIRI più bevacizumab (Braccio A, n=167) o con XELIRI più bevacizumab (Braccio B, n=166). Per il Braccio B, il regime XELIRI ha impiegato capecitabina 1000 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni +irinotecan 250 mg/m2 al giorno 1. Per il trattamento con FOLFIRI-Bev e il trattamento con XELIRI- Bev, rispettivamente, il tempo mediano di sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale e i tassi di risposta sono stati i seguenti: 10,0 mesi e 8,9 mesi (p=0,64); 25,7 mesi e 27,5 mesi (p=0,55); 45,5% e 39,8% (p=0,32). I pazienti trattati con XELIRI + bevacizumab hanno riportato un’incidenza significativamente maggiore di diarrea, neutropenia febbrile e reazioni cutanee mano-piede rispetto ai pazienti trattati con FOLFIRI + bevacizumab con aumento significativo di ritardi nel trattamento, riduzioni della dose e interruzioni del trattamento.

I dati emersi da uno studio di fase II, multicentrico, randomizzato, controllato (AIO KRK 0604) avvalorano l’uso di capecitabina a una dose iniziale di 800 mg/m2 per 2 settimane ogni 3 settimane in associazione a irinotecan e bevacizumab per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma colorettale metastatico.

Centoventi (120) pazienti sono stati randomizzati a un regime XELIRI modificato con capecitabina 800 mg/m2 due volte al giorno per due settimane seguite da 7 giorni di riposo), irinotecan (200 mg/m2 in infusione di 30 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane) e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane); 127 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per due settimane seguite da 7 giorni di riposo), oxaliplatino (130 mg/m2 in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e bevacizumab (7,5 mg/kg in infusione da 30 a 90 minuti al giorno 1 ogni 3 settimane). In seguito a una durata media di follow- up per la popolazione dello studio di 26,2 mesi, le risposte al trattamento sono risultate quelle sotto indicate: Tabella 8 Risultati di efficacia per lo studio AIO KRK

XELOX + bevacizumab
(ITT: n=127)
XELIRI modificato + bevacizumab
(ITT: n=120)
Hazard ratio IC al 95%
Valore di p
Sopravvivenza libera da progessione dopo 6 mesi
ITT
IC al 95%
76%
69 – 84%
84%
77 – 90%
Sopravvivenza libera da progessione mediana
ITT
IC al 95%
10,4 mesi
9,0 – 12,0
12,1 mesi
10,8 – 13,2
0,93
0,82 – 1,07 p=0,30
Sopravvivenza globale mediana
ITT
IC al 95%
24,4 mesi
19,3 – 30,7
25,5 mesi
21,0 – 31,0
0,90
0,68 – 1,19 p=0,45

Terapia di associazione nel trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III (NO16967) supportano l’uso della capecitabina in associazione con oxaliplatino per il trattamento di seconda linea del carcinoma colorettale metastatico. In questo studio, 627 pazienti con carcinoma colorettale metastatico che avevano ricevuto un precedente trattamento con irinotecan in associazione con un regime a base di fluoropirimidine come trattamento di prima linea, sono stati randomizzati al trattamento con XELOX o FOLFOX-4. Per il regime del dosaggio di XELOX e FOLFOX-4 (senza aggiunta di placebo o bevacizumab), vedere la tabella 6. È stato dimostrato che XELOX è non-inferiore a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione per-protocol e intent-to-treat (vedere tabella 9). I risultati indicano che XELOX è equivalente a FOLFOX-4 in termini di sopravvivenza globale (vedere tabella 9). Il follow-up mediano al momento dell’analisi primaria nella popolazione intent-to-treat era di 2,1 anni; i dati derivati da analisi eseguite dopo ulteriori 6 mesi di follow-up sono inclusi anch’essi nella tabella 9.

Tabella 9 Principali risultati di efficacia per l’analisi di non-inferiorità dello Studio NO16967

ANALISI PRIMARIA
XELOX
(PPP*: N=251; ITT**: N=313)
FOLFOX-4
(PPP*: N=252; ITT**: N=314)
Popolazione Tempo mediano all’evento (Giorni) HR (95% CI)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPP ITT 154
144
168
146
1,03 (0,87; 1,24)
0,97 (0,83; 1,14)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPP ITT 388
363
401
382
1,07 (0,88; 1,31)
1,03 (0,87; 1,23)
ULTERIORI 6 MESI DI FOLLOW UP
Popolazione Tempo mediano all’evento
(Giorni)
HR (95% CI)
Parametro: Sopravvivenza libera da progressione
PPP ITT 154
143
166
146
1,04 (0,87; 1,24)
0,97 (0,83; 1,14)
Parametro: Sopravvivenza globale
PPP ITT 393
363
402
382
1,05 (0,88; 1,27)
1,02 (0,86; 1,21)

*PPP=popolazione per-protocol; **ITT=popolazione intent-to-treat

Carcinoma gastrico avanzato

I dati provenienti da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso della capecitabina nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (ML17032). In questo studio, 160 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con capecitabina (1.000 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane seguiti da 7 giorni di riposo) e cisplatino (80 mg/m2 in infusione endovenosa di 2 ore ogni 3 settimane). Un totale di centocinquantasei (156) pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5-FU (800 mg/m2 al giorno, in infusione continua dal giorno 1 al giorno 5 ogni 3 settimane) e cisplatino (80 mg/m2 in infusione endovenosa di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane). La capecitabina in associazione con cisplatino ha dimostrato la non-inferiorità rispetto a 5-FU in associazione con cisplatino in termini di sopravvivenza libera da progressione nell’analisi per protocollo (hazard ratio 0,81; IC al 95% 0,63- 1,04). La mediana della sopravvivenza libera da progressione è stata di 5,6 mesi (capecitabina + cisplatino) rispetto a 5,0 mesi (5-FU + cisplatino). L’hazard ratio per la durata della sopravvivenza (sopravvivenza globale) è stata simile all’hazard ratio per la sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0,85; IC al 95% 0,64-1,13). La mediana della durata della sopravvivenza è stata di 10,5 mesi (capecitabina + cisplatino) rispetto a 9,3 mesi (5-FU + cisplatino).

I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, di fase III di confronto tra capecitabina e 5-FU e tra oxaliplatino e cisplatino in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso della capecitabina nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (REAL-2). In questo studio, 1002 pazienti sono stati randomizzati con un disegno 2×2 fattoriale a uno dei seguenti 4 bracci: ECF: epirubicina (50 mg/m2 in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m2 in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5-FU (200 mg/m2 somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).

ECX: epirubicina (50 mg/m2 in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), cisplatino (60 mg/m2 in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e capecitabina (625 mg/m2 due volte al giorno continuativamente).

EOF: epirubicina (50 mg/m2 in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m2 in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e 5-FU (200 mg/m2 somministrato giornalmente in infusione continua mediante catetere centrale).

EOX: epirubicina (50 mg/m2 in bolo al giorno 1 ogni 3 settimane), oxaliplatino (130 mg/m2 in infusione di 2 ore al giorno 1 ogni 3 settimane) e capecitabina (625 mg/m2 due volte al giorno continuativamente).

Le analisi primarie sull’efficacia nella popolazione per protocollo ha dimostrato la non-inferiorità in termini di sopravvivenza globale per capecitabina verso i regimi a base di 5-FU (hazard ratio 0,86; IC al 95% 0,8-0,99) e per oxaliplatino verso regimi a base di cisplatino (hazard ratio 0,92; IC al 95% 0,80-1,1). La mediana della sopravvivenza globale è stata di 10,9 mesi nei regimi a base di capecitabina e 9,6 mesi in quelli contenenti 5-FU. La mediana della sopravvivenza globale è stata di 10,0 mesi nei regimi a base di cisplatino e di 10,4 mesi nei regimi a base di oxaliplatino.

La capecitabina è stata anche utilizzata in associazione con oxaliplatino nel trattamento del carcinoma gastrico avanzato. Studi con la capecitabina in monoterapia indicano che la capecitabina ha attività nel carcinoma gastrico avanzato.

Carcinoma del colon, del colon-retto e carcinoma gastrico avanzato: meta-analisi

Una meta-analisi di sei studi clinici (studi SO14695, SO14796, M66001, NO16966, NO16967, M17032) supporta l’uso della capecitabina in sostituzione del 5-FU in monoterapia e nel trattamento di associazione del carcinoma gastrointestinale. L’analisi aggregata include 3097 pazienti trattati con regimi contenenti capecitabina e 3.074 pazienti trattati con regimi contenenti 5-FU. La sopravvivenza globale mediana è stata di 703 giorni (95% IC: 671; 745) nei pazienti trattati con regimi contenenti capecitabina e di 683 giorni (95% IC: 646; 715) in quelli trattati con regimi contenenti 5-FU. L’hazard ratio per la sopravvivenza globale è stato di 0,94 (95% IC: 0,89; 1,00, p=0,0489), il che indica che i regimi contenenti capecitabina sono non-inferiori a quelli contenenti 5-FU.

Carcinoma della mammella

Terapia di associazione con capecitabina e docetaxel nel carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico I dati di uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato, di fase III, supportano l’utilizzo della capecitabina in associazione a docetaxel per il trattamento di pazienti con tumore della mammella localmente avanzato o metastatico dopo l’insuccesso della chemioterapia citotossica che includeva un’antraciclina. In questo studio 255 pazienti sono state randomizzate al trattamento con capecitabina (1.250 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana e docetaxel 75 mg/m2 in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). Duecentocinquantasei (256) pazienti sono state randomizzate al trattamento con docetaxel da solo (100 mg/m2 in infusione endovenosa di 1 ora ogni 3 settimane). La sopravvivenza è stata superiore nel braccio di associazione capecitabina + docetaxel (p=0,0126). La sopravvivenza mediana è stata di 442 giorni (capecitabina + docetaxel) rispetto a 352 giorni (docetaxel da solo). La percentuale di risposta obiettiva globale riscontrabile nell’intera popolazione randomizzata (valutazione dello sperimentatore) è stata del 41,6% (capecitabina + docetaxel) rispetto a 29,7% (docetaxel da solo); p = 0,0058. Il tempo alla progressione della malattia è stato superiore nel braccio di associazione capecitabina + docetaxel (p<0,0001). Il tempo mediano alla progressione è stato di 186 giorni (capecitabina + docetaxel) rispetto a 128 giorni (docetaxel da solo).

Monoterapia con capecitabina dopo il fallimento della chemioterapia contenente taxani, antracicline e dove la terapia con antracicline non è indicata I dati di due studi clinici multicentrici di fase II supportano l’utilizzo della capecitabina in monoterapia per il trattamento di pazienti dopo il fallimento della chemioterapia che includeva taxani e un’antraciclina o per le quali non sia indicata un’ulteriore terapia con antracicline. In questi studi 236 pazienti in totale sono state trattate con capecitabina (1.250 mg/m2 due volte al giorno per 2 settimane seguite da un intervallo di 1 settimana). La percentuale di risposta obiettiva globale (valutazione dello sperimentatore) è stata del 20% (primo studio) e del 25% (secondo studio). Il tempo mediano alla progressione è stato rispettivamente di 93 e 98 giorni. La sopravvivenza mediana è stata rispettivamente di 384 e 373 giorni.

Tutte le indicazioni

Una metanalisi su 14 studi clinici con dati relativi a più di 4700 pazienti trattati con capecitabina in monoterapia o in associazione con diversi regimi chemioterapici in molteplici indicazioni (carcinoma del colon, del colon retto, gastrico e della mammella) ha evidenziato una sopravvivenza globale più prolungata nei pazienti in trattamento con capecitabina che hanno sviluppato la sindrome mano-piede (HFS) rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato tale sindrome: sopravvivenza globale mediana 1.100 giorni (95% IC: 1.007;1.200) contro 691 giorni (95% IC: 638;754) con un hazard ratio di 0,61 (95% IC: 0,56; 0,66).

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con il medicinale di riferimento contenente capecitabina in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per l’adenocarcinoma del colon-retto, l’adenocarcinoma gastrico e il carcinoma della mammella (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

La farmacocinetica della capecitabina è stata valutata su un intervallo di dosaggio compreso tra 502 e 3514 mg/m2/die. I parametri della capecitabina, 5’-deossi-5-fluorocitidina (5’-DFCR) e 5’- deossi-5- fluorouridina (5’-DFUR) misurati ai giorni 1 e 14 erano simili. L’AUC del 5-FU al giorno 14 era superiore del 30%-35%. La riduzione della dose di capecitabina diminuisce l’esposizione sistemica al 5-FU in maniera più che dose-proporzionale, a causa della farmacocinetica non lineare relativa al metabolita attivo.

Assorbimento

Dopo somministrazione orale, la capecitabina è assorbita rapidamente ed estesamente; successivamente si converte completamente nei metaboliti 5′-DFCR e 5′-DFUR. La somministrazione con il cibo diminuisce la percentuale di assorbimento della capecitabina, ma provoca soltanto un effetto minore sulla AUC di 5′-DFUR e sulla AUC del successivo metabolita 5-FU. Alla dose di 1.250 mg/m2 al giorno 14 somministrata dopo i pasti, le concentrazioni plasmatiche massime (Cmax in μg/ml) di capecitabina, 5′-DFCR, 5′-DFUR, 5-FU e FBAL sono state rispettivamente di 4,67 – 3,05 – 12,1 – 0,95 e 5,46. Il tempo per il raggiungimento delle concentrazioni plasmatiche massime (Tmax in ore) è stato di 1,50 – 2,00 – 2,00 – 2,00 e 3,34. I valori di AUC0-∞ in μg•h/ml sono stati 7,75 – 7,24 – 24,6 – 2,03 e 36,3.

Distribuzione

Studi effettuati in vitro sul plasma umano hanno evidenziato che capecitabina, 5′-DFCR, 5′-DFUR e 5- FU sono legate alle proteine, principalmente all’albumina, in percentuali rispettivamente pari a 54%, 10%, 62% e 10%.

Biotrasformazione

La capecitabina è dapprima metabolizzata dalla carbossilesterasi epatica in 5′-DFCR, che viene poi convertita in 5′-DFUR ad opera della citidina deaminasi, localizzata principalmente nei tessuti del fegato e del tumore. Si ha poi un’ulteriore attivazione catalitica del 5′-DFUR ad opera della timidina fosforilasi (ThyPase). Gli enzimi coinvolti nell’attivazione catalitica sono presenti nei tessuti tumorali, ma anche nei tessuti sani, anche se generalmente in quantità inferiore. La biotrasformazione sequenziale enzimatica della capecitabina in 5-FU induce maggiori concentrazioni all’interno dei tessuti neoplastici. Nei tumori del colon-retto, la generazione di 5-FU sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore. Dopo somministrazione orale della capecitabina a pazienti con tumore colorettale, il rapporto della concentrazione di 5-FU nei tumori colorettali rispetto ai tessuti adiacenti era di 3,2 (con variazione da 0,9 a 8,0). Il rapporto della concentrazione di 5-FU nel tumore rispetto al plasma era di 21,4 (con variazione da 3,9 a 59,9, n=8), mentre il rapporto nei tessuti sani rispetto al plasma era di 8,9 (con variazione da 3,0 a 25,8, n=8). È stata misurata l’attività della timidina fosforilasi che è risultata essere 4 volte superiore nel tumore colorettale primitivo rispetto ai valori riportati nel tessuto normale adiacente. Sulla base di studi di immunoistochimica, la timidina fosforilasi sembra essere in gran parte localizzata nelle cellule stromali del tumore.

Il 5-FU è successivamente catabolizzato dall’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD) nel molto meno tossico diidro-5-fluorouracile (FUH2). La diidropirimidasi agisce sull’anello pirimidinico per ottenere l’acido 5-fluoro-ureidopropionico (FUPA). Infine, la β-ureido-propionasi trasforma il FUPA in α-fluoro-β-alanina (FBAL) che è eliminata con le urine. L’attività della diidropirimidina deidrogenasi (DPD) è il fattore critico limitante. La carenza di DPD può indurre una aumentata tossicità della capecitabina (vedere paragrafo 4.3 e 4.4).

Eliminazione

L’emivita di eliminazione (t1/2 in ore) di capecitabina, 5′-DFCR, 5′-DFUR, 5-FU e FBAL è stata rispettivamente di 0,85, 1,11, 0,66, 0,76 e 3,23. La capecitabina e i suoi metaboliti sono eliminati principalmente nelle urine; il 95,5% della dose di capecitabina somministrata è stato ritrovato nelle urine. L’escrezione fecale è minima (2,6%). Il principale metabolita escreto nelle urine è FBAL, che rappresenta il 57% della dose somministrata. Circa il 3% della dose somministrata è escreto nelle urine immodificato.

Terapia in associazione

Studi di fase I sulla valutazione degli effetti della capecitabina sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel e viceversa hanno dimostrato che non vi è alcun effetto da parte della capecitabina sulla farmacocinetica di docetaxel o paclitaxel (Cmax e AUC) e che non vi è alcun effetto di docetaxel o paclitaxel sulla farmacocinetica di 5’-DFUR.

Farmacocinetica in particolari popolazioni di pazienti

È stata condotta una analisi di farmacocinetica di popolazione in seguito a trattamento con capecitabina somministrata alla dose di 1.250 mg/m2 due volte al giorno in 505 pazienti affetti da tumore del colon-retto. Il sesso, la presenza o l’assenza di metastasi epatica al basale, lo status della performance secondo Karnofsky, la bilirubina totale, l’albumina sierica, ASAT e ALAT non hanno influito in maniera statisticamente significativa sulla farmacocinetica di 5’-DFUR, 5-FU e FBAL.

Pazienti con compromissione della funzione epatica dovuta a metastasi del fegato

Secondo quanto osservato in uno studio di farmacocinetica in pazienti tumorali con compromissione della funzione epatica da lieve a moderata dovuta a metastasi del fegato, la biodisponibilità della capecitabina e l’esposizione a 5-FU possono aumentare rispetto ai pazienti senza compromissione della funzione epatica. Non sono disponibili dati di farmacocinetica in pazienti con grave compromissione della funzione epatica.

Pazienti con compromissione della funzione renale

In base agli esiti di uno studio di farmacocinetica condotto in pazienti tumorali con compromissione della funzione renale da lieve a grave, non si ha alcuna evidenza di un effetto della clearance della creatinina sulla farmacocinetica del farmaco immodificato e di 5-FU. Si è osservato che la clearance della creatinina influenza l’esposizione sistemica a 5’-DFUR (aumento del 35% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%) e a FBAL (aumento del 114% della AUC quando la clearance della creatinina diminuisce del 50%). FBAL è un metabolita privo di attività antiproliferativa.

Pazienti anziani

In base alle analisi di farmacocinetica condotte su una popolazione di pazienti di varie età (da 27 a 86 anni) e di cui 234 (46%) pazienti erano di età superiore o uguale a 65 anni, l’età non influisce sulla farmacocinetica di 5’-DFUR e 5-FU. La AUC di FBAL aumentava con l’età (un incremento del 20% dell’età comporta un incremento del 15% nella AUC di FBAL). Tale incremento è probabilmente dovuto a una variazione della funzionalità renale.

Fattori etnici

In seguito alla somministrazione orale di 825 mg/m2 di capecitabina due volte al giorno per 14 giorni, pazienti giapponesi (n=18) hanno evidenziato una Cmax di circa il 36% inferiore e una AUC del 24% più bassa per la capecitabina rispetto ai pazienti di razza caucasica (n=22). I pazienti giapponesi hanno anche evidenziato una Cmax di circa il 25% inferiore e una AUC del 34% più bassa per la FBAL rispetto ai pazienti di razza caucasica. La rilevanza clinica di queste differenze è sconosciuta. Non sono state riscontrate differenze significative nell’esposizione ad altri metaboliti (5′-DFCR, 5′-DFUR e 5-FU).

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

In studi sulla tossicità a dosi ripetute, la somministrazione orale giornaliera di capecitabina alle scimmie cynomolgus e ai topi ha prodotto effetti tossici a livello gastrointestinale e del sistema ematopoietico e linfatico, tipici delle fluoropirimidine. Tali tossicità erano reversibili. È stata osservata tossicità della cute, caratterizzata da alterazioni degenerative/regressive, dovuta alla capecitabina. La capecitabina non ha evidenziato tossicità epatica e del SNC. Tossicità cardiovascolare (ad es. prolungamento dell’intervallo PR e dell’intervallo QT) è stata individuata nella scimmia cynomolgus dopo somministrazione per via endovenosa (100 mg/kg), ma non dopo somministrazioni in dose ripetuta di (1.379 mg/m2/day) per via orale.

Uno studio di carcinogenicità nel topo della durata di due anni non ha prodotto alcuna evidenza di carcinogenicità dovuta a capecitabina.

Nel corso di studi standard sulla fertilità, i topi femmina che hanno assunto capecitabina hanno evidenziato disturbi della fertilità; tale effetto è risultato comunque reversibile dopo un periodo di sospensione del farmaco. Inoltre, durante uno studio di 13 settimane si sono verificate variazioni atrofiche e degenerative negli organi riproduttivi dei topi maschi; tali effetti comunque si sono rivelati reversibili dopo un periodo di sospensione del farmaco (vedere paragrafo 4.6).

Studi sulla embriotossicità e teratogenicità nel topo hanno mostrato un aumento, correlato alla dose, di riassorbimento fetale e teratogenicità. Nella scimmia si sono osservati aborti e letalità embrionale a dosi elevate, ma non sono state riportate evidenze di teratogenicità.

La capecitabina non è risultata mutagena in vitro per i batteri (test di Ames) o per le cellule di mammifero (test di mutazione del gene V79/HPRT di criceto cinese). Tuttavia, come per altri analoghi nucleosidici (ad es. 5-FU), la capecitabina risultava clastogenica nei linfociti umani (in vitro) e ha mostrato un trend positivo nel test (in vivo) del micronucleo nel midollo osseo del topo.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

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Nucleo della compressa Lattosio Cellulosa microcristallina Ipromellosa Croscarmellosa sodica, Magnesio stearato Rivestimento della compressa Macrogol (400) Ipromellosa Titanio diossido (E171) Ossido di ferro giallo (E172) Ossido di ferro rosso (E172)

 

06.2 Incompatibilità

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Non pertinente.

 

06.3 Periodo di validità

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2 anni

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare a temperatura inferiore a 30 °C.

Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film PVC/PE/PVDC – Blister in alluminio contenente 10 compresse rivestite con film. Ogni confezione contiene 60 compresse.

Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film PVC/PE/PVDC – Blister in alluminio contenente 10 compresse rivestite con film. Ogni confezione contiene 120 compresse.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Devono essere seguite le procedure per la manipolazione sicura dei farmaci citotossici.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Teva B.V.

Swensweg 5 2031 GA Haarlem Paesi Bassi

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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Capecitabina Teva 150 mg compresse rivestite con film EU/1/12/761/001 Capecitabina Teva 500 mg compresse rivestite con film EU/1/12/761/002

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 20 aprile 2012 Data del rinnovo più recente: 09 gennaio 2017

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 13/04/2022