Entyvio: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Entyvio

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Entyvio: ultimo aggiornamento pagina: (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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Entyvio 300 mg polvere per concentrato per soluzione per infusione

 

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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Ogni flaconcino contiene 300 mg di vedolizumab.

Dopo la ricostituzione, ogni mL contiene 60 mg di vedolizumab.

Vedolizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato della classe delle IgG1 prodotto a partire da cellule di ovaio di criceto cinese (CHO, Chinese Hamster Ovary) utilizzando la tecnologia del DNA ricombinante.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

 

03.0 Forma farmaceutica

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Polvere per concentrato per soluzione per infusione.

Polvere o polvere compatta liofilizzata di colore da bianco a biancastro.

 

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Colite ulcerosa

Entyvio è indicato per il trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a severa, che hanno manifestato una risposta inadeguata, hanno avuto una perdita di risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o alla somministrazione di un antagonista del fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα).

Morbo di Crohn

Entyvio è indicato per il trattamento di pazienti adulti con morbo di Crohn attiva da moderata a severa che hanno manifestato una risposta inadeguata, hanno avuto una perdita di risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o alla somministrazione di un antagonista del fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα).

Pouchite

Entyvio è indicato per il trattamento di pazienti adulti con pouchite cronica attiva da moderata a severa che sono stati sottoposti a proctocolectomia e anastomosi ileo-anale con confezionamento di pouch ileale per la colite ulcerosa e che hanno manifestato una risposta inadeguata o hanno avuto una perdita di risposta alla terapia antibiotica.

 

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Il trattamento deve essere iniziato e continuato sotto la supervisione di operatori sanitari specialisti con esperienza nella diagnosi e nel trattamento della colite ulcerosa, del morbo di Crohn o della pouchite (vedere paragrafo 4.4). Ai pazienti deve essere consegnato il foglio illustrativo e la scheda di allerta del paziente.

Posologia

Colite ulcerosa

Il regime posologico raccomandato di vedolizumab per via endovenosa è 300 mg da somministrarsi mediante infusione endovenosa a 0, 2 e 6 settimane e, successivamente, ogni 8 settimane.

Se non si osserva un beneficio terapeutico entro la 10a settimana la terapia nei pazienti con colite ulcerosa deve essere interrotta (vedere paragrafo 5.1).

In presenza di una riduzione della risposta, alcuni pazienti potrebbero trarre beneficio da un aumento della frequenza di somministrazione di vedolizumab 300 mg per via endovenosa ogni 4 settimane.

Nei pazienti che rispondono al trattamento con vedolizumab, la somministrazione di corticosteroidi può essere ridotta e/o interrotta in base allo standard di cura.

Ripresa del trattamento

Se la terapia viene interrotta e vi è la necessità di riprendere il trattamento con vedolizumab per via endovenosa, si può valutare la somministrazione ogni 4 settimane (vedere paragrafo 5.1). Negli studi clinici, il periodo di interruzione del trattamento è stato esteso fino a 1 anno. A seguito di ripresa del trattamento con vedolizumab, l’efficacia è stata ripristinata senza un evidente aumento delle reazioni avverse o delle reazioni correlate all’infusione (vedere paragrafo 4.8).

Morbo di Crohn

Il regime posologico raccomandato di vedolizumab per via endovenosa è 300 mg da somministrarsi mediante infusione endovenosa a 0, 2 e 6 settimane e, successivamente, ogni 8 settimane.

I pazienti con morbo di Crohn che non rispondono alla terapia potrebbero trarre beneficio dalla somministrazione di una dose di vedolizumab per via endovenosa alla 10a settimana (vedere paragrafo 4.4). Nei pazienti che rispondono al trattamento, la terapia deve essere proseguita con somministrazioni ogni 8 settimane, a partire dalla 14a settimana. Nei pazienti con morbo di Crohn, la terapia deve essere interrotta se non si osserva un beneficio terapeutico entro la 14a settimana (vedere paragrafo 5.1).

Alcuni pazienti in cui è stata osservata una riduzione della risposta potrebbero trarre beneficio da un aumento della frequenza di somministrazione, fino ad arrivare a vedolizumab 300 mg per via endovenosa ogni 4 settimane.

Nei pazienti che rispondono al trattamento con vedolizumab, la somministrazione di corticosteroidi può essere ridotta e/o interrotta in base allo standard di cura.

Ripresa del trattamento

Se la terapia viene interrotta e vi è la necessità di riprendere il trattamento con vedolizumab per via endovenosa, si può valutare la somministrazione ogni 4 settimane (vedere paragrafo 5.1). Negli studi clinici, il periodo di interruzione del trattamento è stato esteso fino a 1 anno. A seguito di ripresa del trattamento con vedolizumab l’efficacia è stata ripristinata senza un evidente aumento delle reazioni avverse o delle reazioni correlate all’infusione (vedere paragrafo 4.8).

Pouchite

Il regime posologico raccomandato di vedolizumab per via endovenosa è 300 mg da somministrarsi mediante infusione endovenosa a 0, 2 e 6 settimane e, successivamente, ogni 8 settimane.

Il trattamento con vedolizumab deve essere iniziato in parallelo con una terapia antibiotica standard (per es., ciprofloxacina per quattro settimane) (vedere paragrafo 5.1).

L’interruzione del trattamento deve essere considerata se non si osservano evidenze di beneficio terapeutico entro 14 settimane di trattamento con vedolizumab.

Ritrattamento

Non sono disponibili dati sul ritrattamento nei pazienti con pouchite. Popolazioni speciali Pazienti anziani

Nei pazienti anziani non sono necessari adattamenti della dose. Le analisi di farmacocinetica di popolazione non hanno mostrato alcun effetto dovuto al fattore età (vedere paragrafo 5.2).

Pazienti con compromissione renale o epatica

Vedolizumab non è stato studiato in queste popolazioni di pazienti. Non possono quindi fornirsi raccomandazioni sulla dose.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di vedolizumab nei bambini di età compresa tra 0 e 17 anni non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

Entyvio 300 mg polvere per concentrato per soluzione per infusione è solo per uso endovenoso. Prima della somministrazione endovenosa, deve essere ricostituito e ulteriormente diluito.

Entyvio 300 mg polvere per concentrato per soluzione per infusione si somministra mediante infusione endovenosa della durata di 30 minuti. I pazienti devono essere monitorati durante e dopo l’infusione (vedere paragrafo 4.4).

Per le istruzioni sulla ricostituzione e la diluizione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6.

 

04.3 Controindicazioni

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Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Gravi infezioni in fase attiva, come tubercolosi (TB), sepsi, citomegalovirus, listeriosi e infezioni opportunistiche come la leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) (vedere paragrafo 4.4).

 

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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La somministrazione endovenosa di vedolizumab deve avvenire in strutture sanitarie adeguatamente attrezzate, in modo da consentire il trattamento di eventuali reazioni di ipersensibilità acuta, inclusa l’anafilassi. Durante la somministrazione endovenosa di vedolizumab devono essere prontamente disponibili all’uso idonee misure di monitoraggio e di supporto medico. Tutti i pazienti devono essere tenuti sotto osservazione continua durante ogni infusione. Per le prime 2 infusioni, devono anche essere posti sotto osservazione per circa 2 ore dopo il completamento dell’infusione, per rilevare segni e sintomi di reazioni di ipersensibilità acuta. Per tutte le infusioni successive, i pazienti devono essere posti sotto osservazione per circa 1 ora dopo il completamento dell’infusione.

Tracciabilità

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Reazioni correlate all’infusione e reazioni di ipersensibilità

Negli studi clinici sono state osservate reazioni correlate all’infusione (IRR, Infusion-Related Reactions) e reazioni di ipersensibilità, la maggior parte delle quali di intensità da lieve a moderata (vedere paragrafo 4.8).

In presenza di una IRR severa, di una reazione anafilattica o di altra reazione severa, la somministrazione di Entyvio deve essere interrotta immediatamente e si deve istituire un trattamento appropriato (per es., epinefrina e antistaminici) (vedere paragrafo 4.3).

Nel caso di IRR da lieve a moderata, si può ridurre la velocità di infusione o interrompere l’infusione e istituire un trattamento appropriato. Si potrà proseguire l’infusione una volta che la IRR, da lieve a moderata, sarà cessata. Nei pazienti con precedenti di IRR da lievi a moderate a vedolizumab, il medico deve valutare l’opportunità di somministrare un pretrattamento (per es., con antistaminico, idrocortisone e/o paracetamolo), prima dell’infusione successiva, per minimizzarne i rischi (vedere paragrafo 4.8).

Infezioni

Vedolizumab è un antagonista dell’integrina selettiva per l’intestino, senza evidenze di attività immunosoppressiva sistemica (vedere paragrafo 5.1).

Il medico deve essere consapevole del potenziale aumentato rischio di infezioni opportunistiche o infezioni per le quali l’intestino rappresenta una barriera difensiva (vedere paragrafo 4.8). Il trattamento con vedolizumab non deve essere iniziato in pazienti con infezioni attive severe fino a quando tali infezioni siano poste sotto controllo, e il medico deve valutare l’opportunità di sospendere il trattamento nei pazienti che sviluppano un’infezione severa durante la terapia cronica con vedolizumab. Cautela va esercitata nell’impiego di vedolizumab in pazienti con un’infezione cronica severa controllata, o con precedenti di infezioni severe ricorrenti. I pazienti devono essere strettamente monitorati al fine di rilevare eventuali infezioni prima, durante e dopo il trattamento.

Vedolizumab è controindicato nei pazienti con tubercolosi attiva (vedere paragrafo 4.3). Prima di iniziare il trattamento con vedolizumab, i pazienti devono essere sottoposti a screening per la tubercolosi in base alle procedure locali. Di fronte alla diagnosi di tubercolosi latente, prima di iniziare la terapia con vedolizumab, bisogna istituire un’appropriata terapia anti-tubercolosi in conformità con le raccomandazioni locali. Nei pazienti che ricevono una diagnosi di tubercolosi durante la terapia con vedolizumab, tale terapia deve essere interrotta fino alla risoluzione dell’infezione da tubercolosi.

Alcuni antagonisti dell’integrina e alcuni agenti immunosoppressori sistemici sono stati associati a leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML), un’infezione opportunistica rara e spesso fatale provocata dal virus di John Cunningham (JC). Legandosi all’integrina α4β7 espressa sui linfociti intestinali (gut-homing), vedolizumab esercita un effetto immunosoppressivo specifico per l’intestino. Sebbene non siano stati osservati effetti immunosoppressivi sistemici in soggetti sani, non sono noti gli effetti sulla funzionalità del sistema immunitario sistemico in pazienti con malattia infiammatoria intestinale.

Gli operatori sanitari devono monitorare i pazienti in terapia con vedolizumab per rilevare qualunque nuova insorgenza o un peggioramento dei segni e sintomi neurologici, come evidenziato nel materiale educazionale per i medici, e valutare, in questo caso, l’opportunità di un consulto neurologico. Al paziente deve essere consegnata la scheda di allerta (vedere paragrafo 4.2). Se si sospetta la PML, il trattamento con vedolizumab deve essere sospeso; in caso di conferma della diagnosi, il trattamento deve essere interrotto in via permanente.

Neoplasie

Nei pazienti con colite ulcerosa e morbo di Crohn, il rischio di neoplasie risulta aumentato. I medicinali immunomodulatori possono aumentare il rischio di sviluppare neoplasie (vedere paragrafo 4.8).

Utilizzo precedente e concomitante di prodotti biologici

Non sono disponibili dati, ottenuti da studi clinici, sull’uso di vedolizumab in pazienti precedentemente trattati con natalizumab o rituximab. Cautela va esercitata nell’uso di vedolizumab in questi pazienti.

Nel caso di pazienti precedentemente esposti a natalizumab, bisogna attendere normalmente almeno 12 settimane prima di iniziare la terapia con vedolizumab, salvo diversa indicazione basata sulle condizioni cliniche del paziente.

Non sono disponibili dati clinici sull’uso concomitante di vedolizumab e di immunosoppressori biologici. Pertanto, l’uso di vedolizumab in questi pazienti non è raccomandato.

Vaccini vivi e orali

In uno studio controllato verso placebo condotto su volontari sani, una singola dose di vedolizumab da 750 mg non ha abbassato i tassi di immunità protettiva contro il virus dell’epatite B in soggetti che avevano ricevuto, per via intramuscolare, 3 dosi di vaccino contenente l’antigene di superficie ricombinante dell’epatite B. I soggetti esposti a vedolizumab, dopo aver ricevuto un vaccino orale inattivato contro il colera, hanno fatto osservare tassi di sieroconversione inferiori. L’impatto su altri vaccini orali e nasali non è noto. Prima di iniziare la terapia con vedolizumab, si raccomanda che tutti i pazienti effettuino le dovute vaccinazioni e i richiami previsti dalle attuali linee guida per l’immunizzazione. I pazienti sottoposti al trattamento con vedolizumab possono continuare a ricevere vaccini non vivi. Non vi sono dati sulla trasmissione secondaria di infezioni causate da vaccini vivi in pazienti in terapia con vedolizumab. La somministrazione del vaccino influenzale deve avvenire mediante iniezione, in linea con l’abituale prassi clinica. È possibile somministrare altri vaccini vivi in concomitanza con vedolizumab soltanto se i benefici sono chiaramente superiori ai rischi.

Induzione della remissione nel morbo di Crohn

In alcuni pazienti, l’induzione della remissione nel morbo di Crohn potrebbe richiedere fino a 14 settimane. I motivi di ciò non sono del tutto noti e sono forse correlati al meccanismo d’azione. Questo dato va tenuto in considerazione, soprattutto nei pazienti che presentano, al basale, una malattia severa attiva non precedentemente trattata con antagonisti del TNFα (vedere anche paragrafo 5.1.) Le analisi esplorative di sottogruppi condotte negli studi clinici sul morbo di Crohn suggeriscono che la somministrazione di vedolizumab in pazienti non trattati allo stesso tempo con corticosteroidi potrebbe rivelarsi meno efficace nell’induzione della remissione nel morbo di Crohn, rispetto ai pazienti già sottoposti a trattamento con corticosteroidi (a prescindere dalla co-somministrazione di immunomodulatori, vedere paragrafo 5.1).

 

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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Non sono stati effettuati studi d’interazione.

Vedolizumab è stato studiato in pazienti adulti con colite ulcerosa e morbo di Crohn in terapia concomitante con corticosteroidi, immunomodulatori (azatioprina, 6-mercaptopurina e metotressato) e aminosalicilati. Le analisi di farmacocinetica di popolazione suggeriscono che la co-somministrazione di tali agenti non ha un effetto clinicamente significativo sulla farmacocinetica di vedolizumab.

Nei pazienti adulti con pouchite vedolizumab è stato somministrato in concomitanza con antibiotici (vedere paragrafo 5.1). La farmacocinetica di vedolizumab nei pazienti con pouchite non è stata studiata (vedere paragrafo 5.2).

L’effetto di vedolizumab sulla farmacocinetica di medicinali comunemente somministrati in concomitanza non è stato studiato.

Vaccinazioni

I vaccini vivi, in particolare i vaccini vivi orali, devono essere utilizzati con cautela in concomitanza con vedolizumab (vedere paragrafo 4.4).

 

04.6 Gravidanza e allattamento

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Donne in età fertile

Le donne in età fertile devono usare un metodo di contraccezione adeguato per prevenire la gravidanza, da proseguire per almeno 18 settimane dopo l’ultimo trattamento.

Gravidanza

I dati relativi all’uso di vedolizumab in donne in gravidanza sono in numero limitato.

Gli studi sugli animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti di tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).

A scopo precauzionale, è preferibile evitare l’uso di vedolizumab durante la gravidanza, a meno che i benefici non siano chiaramente superiori a qualsiasi potenziale rischio per la madre e il feto.

Allattamento

Vedolizumab è stato rilevato nel latte materno. L’effetto di vedolizumab sui lattanti allattati al seno e i suoi effetti sulla produzione di latte non sono noti. In uno studio sull’allattamento esclusivo, volto a valutare la concentrazione di vedolizumab nel latte materno di donne che allattavano affette da colite ulcerosa o morbo di Crohn attiva e in terapia con vedolizumab, la concentrazione di vedolizumab nel latte materno corrispondeva approssimativamente allo 0,4-2,2% della concentrazione sierica materna ottenuta da studi storici di vedolizumab. La dose giornaliera media stimata di vedolizumab ingerita dal lattante era di 0,02 mg/kg/die, equivalente a circa il 21% della dose giornaliera materna media corretta per peso corporeo.

L’uso di vedolizumab nelle donne che allattano deve tenere in considerazione il beneficio della terapia per la madre e i potenziali rischi per il lattante.

Fertilità

Non sono disponibili dati relativi agli effetti di vedolizumab sulla fertilità umana. Gli effetti sulla fertilità maschile e femminile non sono stati formalmente valutati in studi sull’animale (vedere paragrafo 5.3).

 

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Vedolizumab altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari, poiché un piccolo numero di pazienti ha riferito capogiri.

 

04.8 Effetti indesiderati

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Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse riportate con maggiore frequenza sono state infezioni (come nasofaringite, infezione delle vie respiratorie superiori, bronchite, influenza e sinusite), cefalea, nausea, piressia, stanchezza, tosse, artralgia.

Sono state anche riportate reazioni correlate all’infusione (con sintomi come dispnea, broncospasmo, orticaria, rossore, eruzione cutanea e aumento di pressione arteriosa e frequenza cardiaca) in pazienti trattati con vedolizumab.

Tabella delle reazioni avverse

Le reazioni avverse riportate nel seguente elenco si basano su studi clinici e sull’esperienza successiva all’immissione in commercio e sono suddivise secondo la classificazione per sistemi e organi.

All’interno di ciascuna classificazione per sistemi e organi, le reazioni avverse sono elencate per frequenza in base alle seguenti categorie: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10), non comune (≥ 1/1.000, < 1/100), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1. Reazioni avverse

Classificazione per sistemi e
organi
Frequenza Reazione(i) avversa(e)
Infezioni ed infestazioni Molto comune Nasofaringite
Comune Bronchite, gastroenterite,
infezione delle vie respiratorie superiori,
influenza, sinusite,
faringite
Non comune Infezione delle vie respiratorie, candidiasi vulvovaginale, candidiasi orale,
herpes zoster
Molto raro Infezione polmonare
Disturbi del sistema
immunitario
Molto raro Reazione anafilattica,
shock anafilattico
Patologie del sistema nervoso Molto comune Cefalea
Comune Parestesia
Patologie dell’occhio Molto raro Visione annebbiata
Patologie vascolari Comune Ipertensione
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Comune Dolore orofaringeo, congestione nasale,
tosse
Non nota Malattia polmonare
interstiziale
Patologie gastrointestinali Comune Ascesso anale, ragadi anali, nausea, dispepsia, stipsi,
distensione addominale, flatulenza,
emorroidi, emorragia rettale*
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune Eruzione cutanea, prurito,
eczema, eritema,
sudorazioni notturne, acne
Non comune Follicolite
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Molto comune Artralgia
Comune Spasmi muscolari, dolore dorsale, debolezza muscolare, stanchezza,
dolore agli arti
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comune Piressia,
Reazione correlata all’infusione* (astenia e fastidio al torace)
Non comune Reazione in sede di infusione (che include: dolore in sede di
infusione e irritazione in sede

Tabella 1. Reazioni avverse

Classificazione per sistemi e
organi
Frequenza Reazione(i) avversa(e)
di infusione),
reazione correlata all’infusione, brividi,
sensazione di freddo
*Riportato nello studio EARNEST sulla pouchite

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Reazioni correlate all’infusione

Negli studi controllati GEMINI 1 e 2 (colite ulcerosa e morbo di Crohn), il 4% dei pazienti trattati con vedolizumab per via endovenosa e il 3% dei pazienti trattati con placebo ha manifestato una reazione avversa definita dallo sperimentatore come “reazione correlata all’infusione” (IRR) (vedere paragrafo 4.4). Nessun singolo Preferred Term, riferito come IRR, è stato riscontrato a un tasso superiore all’1%. La maggior parte delle IRR ha avuto un’intensità lieve o moderata e meno dell’1% ha portato all’interruzione del trattamento in studio. Le IRR osservate generalmente si sono risolte con un intervento minimo o senza alcun intervento dopo l’infusione. La maggior parte delle reazioni correlate all’infusione si è manifestata nelle prime 2 ore. Dei pazienti che hanno manifestato reazioni correlate all’infusione, quelli trattati con vedolizumab per via endovenosa hanno fatto osservare un numero superiore di reazioni nelle prime due ore rispetto alle reazioni correlate all’infusione nei pazienti trattati con placebo. La maggior parte delle reazioni correlate a infusione è stata non seria e si è verificata durante l’infusione o nella prima ora dopo il completamento dell’infusione.

Una reazione avversa seria catalogata come IRR è stata riferita in un paziente con morbo di Crohn durante la seconda infusione (i sintomi osservati sono stati dispnea, broncospasmo, orticaria, rossore, eruzione cutanea e aumento di pressione arteriosa e frequenza cardiaca) ed è stata gestita con esito positivo mediante l’interruzione dell’infusione e il trattamento con antistaminici e idrocortisone endovenoso. Nei pazienti trattati con vedolizumab per via endovenosa alle settimane 0 e 2 e successivamente con placebo non è stato osservato alcun aumento del tasso di IRR durante la ripresa del trattamento con vedolizumab per via endovenosa dopo la perdita della risposta.

Nello studio controllato EARNEST (pouchite) con vedolizumab per via endovenosa, sono state riportate reazioni di ipersensibilità, incluse IRR, in 3 soggetti su 51 (5,9%) nel gruppo vedolizumab e in 2 soggetti su 51 (3,9%) nel gruppo placebo. I singoli Preferred Terms hanno incluso ulcerazione della bocca, tumefazione, edema periferico, fastidio al torace, astenia, lesione renale acuta, patologia ostruttiva delle vie aeree e rossore. Tutti gli eventi sono stati riportati di intensità da lieve a moderata; nessuno è stato considerato grave e nessuno ha comportato l’interruzione dello studio.

Infezioni

Negli studi controllati GEMINI 1 e 2 (colite ulcerosa e morbo di Crohn) con vedolizumab per via endovenosa, il tasso di infezioni è stato di 0,85 per anno-paziente nei soggetti trattati con vedolizumab e di 0,70 per anno-paziente nei soggetti trattati con placebo. Le infezioni consistevano principalmente in nasofaringite, infezione delle vie respiratorie superiori, sinusite e infezioni delle vie urinarie. La maggior parte dei pazienti ha proseguito la terapia con vedolizumab dopo la risoluzione dell’infezione.

Negli studi controllati GEMINI 1 e 2 con vedolizumab per via endovenosa, il tasso di infezioni gravi è stato di 0,07 per anno-paziente nei soggetti trattati con vedolizumab e di 0,06 per anno-paziente nei soggetti trattati con placebo. Nel tempo, non è stato osservato un significativo incremento del tasso di infezioni gravi.

Nello studio controllato EARNEST (pouchite) con vedolizumab per via endovenosa, solo 1 soggetto su 51 (2,0%) nel gruppo vedolizumab ha manifestato un’infezione gastroenterica grave. Il soggetto è stato ricoverato per osservazione, è guarito dall’evento e ha portato a termine lo studio.

Negli studi controllati e in aperto (colite ulcerosa e morbo di Crohn) condotti in adulti trattati con vedolizumab per via endovenosa, sono state osservate infezioni gravi, tra cui tubercolosi, sepsi (talora fatale), sepsi da Salmonella, meningite da Listeria e colite da Citomegalovirus.

Negli studi clinici con vedolizumab per via endovenosa (colite ulcerosa e morbo di Crohn), il tasso di infezioni nei pazienti trattati con vedolizumab è stato più elevato nei soggetti con Indice di Massa Corporea (IMC) pari o superiore a 30 kg/m2 rispetto a quanto riscontrato nei pazienti con IMC inferiore a 30 kg/m2.

Negli studi clinici con vedolizumab per via endovenosa (colite ulcerosa e morbo di Crohn), l’incidenza di infezioni serie nei pazienti trattati con vedolizumab è risultata leggermente superiore nei soggetti precedentemente sottoposti a terapia con antagonisti del TNFα rispetto ai pazienti naϊve alla terapia con antagonisti del TNFα.

Neoplasie

Nel complesso, i risultati del programma di studi clinici condotti finora non suggeriscono un aumento del rischio di neoplasie associato al trattamento con vedolizumab; il numero di neoplasie è stato tuttavia esiguo e l’esposizione a lungo termine è stata limitata. Sono in corso valutazioni di sicurezza a lungo termine.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.

 

04.9 Sovradosaggio

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Negli studi clinici sono state somministrate per via endovenosa dosi fino a 10 mg/kg (circa 2,5 volte la dose raccomandata). Negli studi clinici, non è stata osservata nessuna tossicità dose-limitante.

 

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: immunosoppressori, immunosoppressori selettivi; codice ATC: L04AA33.

Meccanismo d’azione

Vedolizumab è un immunosoppressore biologico, con selettività per l’intestino. È un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega in modo specifico all’integrina α4β7, che è espressa in modo preferenziale sui linfociti intestinali (gut-homing) T helper. Legandosi ad α4β7 su alcuni linfociti, vedolizumab inibisce l’adesione di queste cellule alla molecola di adesione cellulare mucosa-addressina (MAdCAM-1, Mucosal Addressin Cell Adhesion Molecule-1), ma non alla molecola di adesione cellulare vascolare (VCAM-1, Vascular Cell Adhesion Molecule1).

MAdCAM-1 è espressa principalmente sulle cellule endoteliali dell’intestino e riveste un ruolo fondamentale nel meccanismo di homing dei linfociti T nei tessuti del tratto gastrointestinale. Vedolizumab non si lega né inibisce la funzione delle integrine α4β1 e αEβ7.

L’integrina α4β7 è espressa su un discreto sottogruppo di linfociti T helper della memoria, che di preferenza migrano nel tratto gastrointestinale (GI) provocando l’infiammazione caratteristica della colite ulcerosa e del morbo di Crohn, entrambe patologie infiammatorie croniche immuno-mediate del tratto GI. Vedolizumab riduce l’infiammazione gastrointestinale nei pazienti con colite ulcerosa, morbo di Crohn e pouchite. Inibendo con vedolizumab l’interazione di α4β7 con MAdCAM-1, si previene la trasmigrazione dei linfociti intestinali T helper della memoria attraverso l’endotelio vascolare nel tessuto parenchimale nei primati non umani e si induce un aumento reversibile di 3 volte di queste cellule nel sangue periferico. Il precursore murino di vedolizumab ha ridotto l’infiammazione gastrointestinale nel tamarino edipo con colite, un modello di colite ulcerosa.

In soggetti sani, pazienti con colite ulcerosa o pazienti con morbo di Crohn, vedolizumab non aumentai neutrofili, basofili, eosinofili, linfociti B helper e linfociti T citotossici, linfociti T helper della memoria totali, monociti o cellule natural killer nel sangue periferico e non si osserva leucocitosi.

Vedolizumab non ha influito sulla sorveglianza immunitaria né sull’infiammazione del sistema nervoso centrale nell’encefalomielite autoimmune sperimentale in primati non umani, un modello di sclerosi multipla. Vedolizumab non ha influito sulle risposte immunitarie all’esposizione antigenica nel derma e nei muscoli (vedere paragrafo 4.4). Al contrario, vedolizumab ha invece inibito la risposta immunitaria a un’esposizione antigenica gastrointestinale in volontari umani sani (vedere paragrafo 4.4). Immunogenicità Durante il trattamento con vedolizumab possono formarsi degli anticorpi diretti contro vedolizumab, la maggior parte dei quali di tipo neutralizzante. La presenza di anticorpi anti-vedolizumab è associata a un aumento della clearance di vedolizumab e a tassi minori di remissione clinica.

Nei soggetti con anticorpi anti-vedolizumab sono state segnalate reazioni correlate all’infusione dopo la somministrazione di vedolizumab.

Effetti farmacodinamici

Negli studi clinici condotti sull’uso di vedolizumab per via endovenosa, a dosi comprese tra 2 e 10 mg/kg, è stata osservata una saturazione > 95% dei recettori α4β7 presenti su sottogruppi di linfociti circolanti, coinvolti nella sorveglianza immunitaria intestinale.

+ Vedolizumab non ha influenzato la circolazione di CD4

+ e CD8

+ nel sistema nervoso centrale, come

+ dimostrato dall’assenza di una variazione del rapporto CD4 /CD8 nel liquido cerebrospinale, prima e dopo somministrazione di vedolizumab in volontari umani sani. Questi dati, che non hanno mostrato effetti sulla sorveglianza immunitaria del sistema nervoso centrale, sono in linea con le indagini condotte nei primati non umani.

Efficacia e sicurezza clinica

Colite ulcerosa

L’efficacia e la sicurezza di vedolizumab per via endovenosa nel trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a severa (punteggio Mayo compreso tra 6 e 12, con sotto-punteggio endoscopico ≥ 2) sono state dimostrate in uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, che ha valutato l’endpoint di efficacia alla 6a settimana e alla 52a settimana (GEMINI 1). I pazienti arruolati non avevano risposto ad almeno una terapia convenzionale, inclusi corticosteroidi, immunomodulatori e/o l’antagonista del TNFα infliximab (inclusi soggetti non responder primari).

Era consentita la co-somministrazione di dosi orali stabilizzate di aminosalicilati, corticosteroidi e/o immunomodulatori.

Per la valutazione degli endpoint alla 6a settimana, 374 pazienti sono stati randomizzati in modalità doppio cieco (3:2) per ricevere vedolizumab 300 mg o placebo alla settimana 0 e alla 2a settimana. L’endpoint primario è stato la percentuale di pazienti con una risposta clinica alla 6a settimana (definita come riduzione del punteggio Mayo totale pari a  3 punti e al  30% dal valore basale, associata a una riduzione del sotto-punteggio relativo all’emorragia rettale pari a  1 punto, oppure un sotto-punteggio totale relativo all’emorragia rettale di ≤ 1 punto). La tabella 2 illustra i risultati relativi agli endpoint primari e secondari valutati.

Tabella 2. Risultati di efficacia alla 6a settimana dello studio GEMINI 1 Endpoint

Placebo

n = 149

Vedolizumab e.v.

n = 225

Risposta clinica 26% 47%*

Remissione clinica1 5%

17%

5

Guarigione mucosale 25%

41%

*p < 0,0001

†p ≤ 0,001

‡p < 0,05

§Remissione clinica: punteggio Mayo completo ≤ 2 punti e nessun sotto-punteggio individuale > 1 punto ¶Guarigione mucosale: sotto-punteggio endoscopico Mayo ≤ 1 punto

L’effetto benefico di vedolizumab sulla risposta clinica, la remissione e la guarigione mucosale è stato osservato sia in pazienti non esposti in precedenza a un antagonista del TNFα, sia in quelli che non avevano risposto a una precedente terapia con un antagonista del TNFα.

Nello studio GEMINI 1, 2 coorti di pazienti hanno ricevuto vedolizumab alla settimana 0 e alla 2a settimana: nella coorte 1, i pazienti sono stati randomizzati a ricevere vedolizumab 300 mg o placebo in doppio cieco, e nella coorte 2, i pazienti sono stati trattati con vedolizumab 300 mg in aperto. Per valutare l’efficacia alla 52a settimana, 373 pazienti dalla coorte 1 e 2, che erano stati trattati con vedolizumab e avevano ottenuto una risposta clinica alla 6a settimana, sono stati randomizzati in doppio cieco (1:1:1) a ricevere uno dei seguenti regimi, iniziando dalla 6a settimana: vedolizumab 300 mg ogni 8 settimane, vedolizumab 300 mg ogni 4 settimane, oppure placebo ogni 4 settimane.

Cominciando dalla 6a settimana, i pazienti che avevano ottenuto una risposta clinica e stavano ricevendo corticosteroidi, dovevano iniziare un regime di riduzione del dosaggio dei corticosteroidi. La percentuale di pazienti in remissione clinica alla 52a settimana ha rappresentato l’endpoint primario. La tabella 3 illustra i risultati relativi agli endpoint primari e secondari valutati.

Tabella 3. Risultati di efficacia alla 52a settimana dello studio GEMINI 1

Placebo Vedolizumab e.v.
ogni 8 settimane
Vedolizumab e.v.
ogni 4 settimane
Endpoint n = 126* n = 122 n = 125
Remissione clinica 16% 42%5 45%5
Risposta clinica duratura 24% 57%5 52%5
Guarigione mucosale 20% 52%5 56%5
Remissione clinica duratura4 9% 20%1 24%
Remissione clinica senza 14% 31%1 45%5
corticosteroidi

*Il gruppo placebo include i soggetti che avevano ricevuto vedolizumab alla settimana 0 e alla 2a settimana e che sono stati randomizzati a ricevere placebo dalla 6a settimana alla 52a settimana.

†p < 0,0001

‡p < 0,001

§p < 0,05 ¶Risposta clinica duratura: Risposta clinica alla 6a e alla 52a settimana

#Remissione clinica duratura: Remissione clinica alla 6a e alla 52a settimana

♠Remissione clinica senza corticosteroidi: Pazienti in terapia con corticosteroidi orali al basale, che avevano interrotto l’assunzione di corticosteroidi alla 6a settimana e si trovavano in remissione clinica alla 52a settimana. Il numero di pazienti era n = 72 per il placebo, n = 70 per vedolizumab ogni 8 settimane e n = 73 per vedolizumab ogni 4 settimane Le analisi esplorative forniscono ulteriori dati sulle principali sottopopolazioni studiate. Circa un terzo dei pazienti non aveva risposto a una precedente terapia con un antagonista del TNFα. Tra questi pazienti, il 37% di quelli in terapia con vedolizumab ogni 8 settimane, il 35% di quelli in terapia con vedolizumab ogni 4 settimane e il 5% di quelli in terapia con placebo ha conseguito una remissione clinica alla 52a settimana. Miglioramenti nella risposta clinica duratura (47%, 43% e 16%), guarigione mucosale (42%, 48%, 8%), remissione clinica duratura (21%, 13%, 3%) e remissione in assenza di corticosteroidi (23%, 32%, 4%) sono stati osservati nella popolazione di pazienti che non avevano risposto a una precedente terapia con un antagonista di TNFα e trattati, rispettivamente, con vedolizumab ogni 8 settimane, vedolizumab ogni 4 settimane e placebo.

I pazienti in cui si è osservata risposta alla 6a settimana sono rimasti nello studio e hanno ricevuto vedolizumab ogni 4 settimane. Una risposta clinica basata sui punteggi Mayo parziali è stata conseguita alla 10a settimana e alla 14a settimana da un numero maggiore di pazienti trattati con vedolizumab (rispettivamente 32% e 39%), rispetto ai pazienti trattati con placebo (rispettivamente 15% e 21%).

I pazienti che sono andati incontro a perdita della risposta a vedolizumab nel corso della terapia ogni 8 settimane hanno potuto partecipare all’estensione dello studio in aperto, e ricevere vedolizumab ogni 4 settimane. In questi pazienti, una remissione clinica è stata raggiunta nel 25% dei soggetti alla 28a settimana e alla 52a settimana.

I pazienti che hanno conseguito una risposta clinica dopo aver ricevuto vedolizumab alle settimane 0 e 2a e che successivamente sono stati randomizzati a ricevere placebo (da 6 a-52 settimane) con perdita della risposta alla terapia hanno potuto partecipare all’estensione dello studio in aperto, e ricevere vedolizumab ogni 4 settimane. In questi pazienti, la remissione clinica è stata conseguita nel 45% dei soggetti entro 28 settimane e nel 36% entro 52 settimane.

Nell’estensione dello studio in aperto, i benefici del trattamento con vedolizumab, valutati in base a punteggio Mayo parziale, remissione clinica e risposta clinica sono risultati osservabili per un periodo fino a 196 settimane.

La qualità di vita correlata alla salute (HRQOL, HealthRelated Quality Of Life) è stata valutata mediante il questionario sulla malattia infiammatoria intestinale (Inflammatory Bowel Disease Questionnaire IBDQ), uno strumento specifico per questo tipo di malattie, e i questionari SF-36 e EQ-5D, che sono strumenti di misurazione di carattere generico. Le analisi esplorative hanno mostrato miglioramenti clinicamente significativi, in entrambi i gruppi trattati con vedolizumab; i miglioramenti sono risultati significativamente superiori rispetto al gruppo placebo alla 6a settimana e alla 52a

settimana, nei punteggi della scala analogica visiva EQ-5D ed EQ-5D VAS, in tutte le sottoscale del questionario IBDQ (sintomi intestinali, funzionalità sistemica, funzionalità emotiva e funzionalità sociale) ed in tutte le sottoscale del questionario SF-36, incluse le componenti mentale e fisica (Physical Component Summary –PCS- e Mental Component Summary –MCS-).

Morbo di Crohn

La sicurezza e l’efficacia di vedolizumab per via endovenosa per il trattamento di pazienti adulti con morbo di Crohn attiva da moderata a severa (punteggio dell’Indice di Attività del Morbodi Crohn –Crohn’s Disease Activity Index-, CDAI, compreso tra 220 e 450) sono state valutate in 2 studi (GEMINI 2 e 3). I pazienti arruolati non avevano risposto ad almeno una terapia convenzionale, inclusi corticosteroidi, immunomodulatori e/o antagonisti del TNFα (inclusi soggetti non responder primari). Era consentita la co-somministrazione orale di dosi stabilizzate di corticosteroidi, immunomodulatori e antibiotici.

Lo studio GEMINI 2 è stato uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, volto a valutare endpoint di efficacia alla 6a settimana e alla 52a settimana. I pazienti (n = 368) sono stati randomizzati in doppio cieco (3:2) a ricevere 2 dosi di vedolizumab 300 mg o placebo alla settimana 0 e alla 2a settimana. I 2 endpoint primari sono stati la percentuale di pazienti in remissione clinica (definita dal punteggio CDAI ≤ 150 punti) alla 6a settimana e la percentuale di pazienti con una risposta clinica incrementata (definita come riduzione ≥ 100 punti del punteggio CDAI dal valore basale), alla 6a settimana (vedere tabella 4).

Lo studio GEMINI 2 ha incluso 2 coorti di pazienti che hanno ricevuto vedolizumab alle settimane 0 e 2a: nella coorte 1 i pazienti sono stati randomizzati a ricevere vedolizumab 300 mg o placebo in doppio cieco, e nella coorte 2 i pazienti sono stati trattati con vedolizumab 300 mg in aperto. Per valutare l’efficacia alla 52a settimana, 461 pazienti dalle coorti 1 e 2 che erano stati trattati con vedolizumab e avevano mostrato risposta clinica (definita come riduzione ≥ 70 punti del punteggio CDAI dal valore basale), alla 6a settimana sono stati randomizzati in doppio cieco (1:1:1) a ricevere uno dei seguenti trattamenti, iniziando dalla 6a settimana: vedolizumab 300 mg ogni 8 settimane, vedolizumab 300 mg ogni 4 settimane, oppure placebo ogni 4 settimane. I pazienti che hanno manifestato una risposta clinica alla 6a settimana dovevano iniziare una riduzione del dosaggio di corticosteroidi. L’endpoint primario era costituito dalla percentuale di pazienti in remissione clinica alla 52a settimana (vedere tabella 5).

Lo studio GEMINI 3 è stato un secondo studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo che ha valutato l’efficacia alla 6a settimana e alla 10a settimana nel sottogruppo di pazienti risultato non responder ad almeno 1 precedente terapia convenzionale e a terapia con un antagonista del TNF (inclusi soggetti non responder primari), nonché nella popolazione complessiva, che ha incluso anche i pazienti risultati non responder ad almeno 1 precedente terapia convenzionale e che risultavano essere naïve alla terapia con antagonista del TNF. I pazienti (n = 416), tra i quali il 75% circa non aveva risposto a precedente terapia con un antagonista del TNF, sono stati randomizzati in doppio cieco (1:1) per ricevere vedolizumab 300 mg o placebo alle settimane 0, 2a e 6a. L’endpoint primario era rappresentato dalla percentuale di pazienti in remissione clinica alla 6a settimana nella sottopopolazione non responder a precedente terapia con antagonista del TNF. Come illustrato nella tabella 4, le analisi esplorative evidenziano il raggiungimento di risultati clinicamente significativi, sebbene l’endpoint primario non sia stato raggiunto.

Tabella 4. Risultati di efficacia degli studi GEMINI 2 e 3, alla 6a settimana e alla 10a settimana

Endpoint dello studio Placebo Vedolizumab e.v.
Studio GEMINI 2
Remissione clinica, 6a settimana
Complessiva 7% (n = 148) 15%* (n = 220)
Fallimento della terapia con 4% (n = 70) 11% (n = 105)
antagonista(i) del TNFα
Naϊve alla terapia con antagonista(i) 9% (n = 76) 17% (n = 109)
del TNFα
Risposta clinica incrementata, 6a
settimana
26% (n = 148) 31%5 (n = 220)
Complessiva
Fallimento della terapia con 23% (n = 70) 24% (n = 105)
antagonista(i) del TNFα
Naϊve alla terapia con antagonista(i) 30% (n = 76) 42% (n = 109)
del TNFα
Variazione dei livelli sierici di PCR, dal
valore basale alla 6a settimana, mediana
(mcg/mL)
Complessiva -0,5 (n = 147) -0,9 (n = 220)
Studio GEMINI 3
Remissione clinica, 6a settimana
Complessiva
Fallimento della terapia con antagonista(i) del TNFα
12% (n = 207)
12% (n = 157)
19% (n = 209)
15%1 (n = 158)
Naϊve alla terapia con antagonista(i)
del TNFα
12% (n = 50) 31% (n = 51)

Remissione clinica, 10a settimana

Complessiva 13% (n = 207) 29% (n = 209)
Fallimento della terapia con
antagonista(i) del TNFα¶,‡
12% (n = 157) 27% (n = 158)
Naϊve alla terapia con antagonista(i) 16% (n = 50)
del TNFα 35% (n = 51)

Remissione clinica sostenuta#,¶

Complessiva 8% (n = 207) 15% (n = 209)
Fallimento della terapia con 8% (n = 157) 12% (n = 158)
antagonista(i) del TNFα¶,‡
Naϊve alla terapia con antagonista(i) 8% (n = 50) 26% (n = 51)
del TNFα
Risposta clinica incrementata, 6a settimana
Complessiva^ 23% (n = 207) 39% (n = 209)
Fallimento della terapia con 22% (n = 157) 39% (n = 158)
antagonista(i) del TNFα
Naϊve alla terapia con antagonista(i) 24% (n = 50) 39% (n = 51)
del TNF^

*p < 0,05

†Non statisticamente significativo.

Endpoint secondario, da ritenersi esplorativo, mediante una procedura di analisi statistica predefinita 1Non statisticamente significativo, gli altri endpoint non sono stati pertanto sottoposti ad analisi statistiche ¶n = 157 per placebo e n = 158 per vedolizumab

#Remissione clinica sostenuta: remissione clinica alla 6a e 10a settimana

^Endpoint esplorativo Tabella 5. Risultati di efficacia dello studio GEMINI 2 alla 52a settimana

Placebo Vedolizumab e.v. ogni 8 settimane Vedolizumab e.v. ogni 4 settimane
n = 153* n = 154 n = 154
Remissione clinica 22% 39%5 36%
Risposta clinica incrementata 30% 44% 45%
Remissione clinica senza corticosteroidi1 16% 32% 29%
Remissione clinica duratura 14% 21% 16%

*Il gruppo placebo include i soggetti che avevano ricevuto vedolizumab alla settimana 0 e alla 2a settimana e che sono stati randomizzati per ricevere placebo dalla 6a alla 52a settimana.

†p < 0,001

‡p < 0,05

§Remissione clinica senza corticosteroidi: Pazienti in terapia con corticosteroidi orali al basale, che avevano interrotto l’assunzione di corticosteroidi alla 6a settimana e si trovavano in remissione clinica alla 52a settimana. Il numero di pazienti era n = 82 per il placebo, n = 82 per vedolizumab ogni 8 settimane e n = 80 per vedolizumab ogni 4 settimane ¶Remissione clinica duratura: remissione clinica ≥ 80% delle visite dello studio, inclusa la visita finale (52a settimana) Le analisi esplorative hanno valutato gli effetti della terapia concomitante con corticosteroidi e immunomodulatori sull’induzione della remissione di malattia con vedolizumab. La terapia di combinazione, soprattutto con corticosteroidi, è risultata più efficace nell’induzione della remissione di morbo di Crohn rispetto al solo vedolizumab o alla terapia concomitante con immunomodulatori, che hanno mostrato un’inferiore differenza rispetto al placebo nel tasso di remissione. Il tasso di remissione clinica rilevato nello studio GEMINI 2 alla 6a settimana è risultato del 10% (differenza rispetto al placebo: 2%, Intervallo di Confidenza, IC, 95%: -6, 10) nella somministrazione senza corticosteroidi, rispetto al 20% (differenza rispetto al placebo: 14%, IC 95%: -1, 29) nella co-somministrazione con corticosteroidi. Nello studio GEMINI 3, alla 6a e 10a settimana, i tassi di remissione clinica sono risultati, rispettivamente, del 18% (differenza rispetto al placebo: 3%, IC 95%: -7; 13) e del 22% (differenza rispetto al placebo: 8%, IC 95%: -3; 19) nella somministrazione senza corticosteroidi, rispetto al 20% (differenza rispetto al placebo: 11%, IC 95%: 2; 20) e al 35% (differenza rispetto al placebo: 23%, IC 95%: 12;33), rispettivamente, nella co-somministrazione con corticosteroidi. Questi effetti sono stati osservati a prescindere dalla co-somministrazione di immunomodulatori.

Le analisi esplorative forniscono ulteriori dati sulle principali sottopopolazioni studiate. Nello studio GEMINI 2, la metà circa dei pazienti non aveva risposto a precedente terapia con un antagonista del TNFα. Tra questi pazienti, il 28% di quelli in terapia con vedolizumab ogni 8 settimane, il 27% di quelli in terapia con vedolizumab ogni 4 settimane e il 13% di quelli in terapia con placebo, ha conseguito una remissione clinica alla 52a settimana. Un aumento della risposta clinica è stato conseguito, rispettivamente, nel 29%, 38% e 21% e una remissione clinica senza corticosteroidi è stata conseguita, rispettivamente, nel 24%, 16% e 0% dei casi.

Nello studio GEMINI 2, i pazienti che non avevano mostrato risposta alla 6a settimana, sono rimasti nello studio e hanno ricevuto vedolizumab ogni 4 settimane. Un aumento della risposta clinica è stato osservato alla 10a settimana e alla 14a settimana da un numero maggiore di pazienti trattati con vedolizumab (rispettivamente, 16% e 22%), rispetto ai pazienti trattati con placebo (rispettivamente, 7% e 12%). A questi tempi di valutazione, non sono emerse differenze clinicamente significative in termini di remissione clinica tra i gruppi di trattamento. Le analisi della remissione clinica alla 52a settimana, in pazienti che erano risultati non responder alla 6a settimana, ma che hanno conseguito una risposta alla 10a settimana o alla 14a settimana, indicano che i pazienti con morbo di Crohn non responder potrebbero trarre beneficio da una dose di vedolizumab somministrata alla 10a settimana.

Nello studio GEMINI 2, i pazienti con perdita di risposta a vedolizumab durante terapia ogni 8 settimane hanno potuto partecipare all’estensione dello studio in aperto ricevendo vedolizumab ogni 4 settimane. In questi pazienti, la remissione clinica è stata conseguita nel 23% dei soggetti alla 28a settimana e nel 32% alla 52a settimana.

I pazienti che avevano ottenuto una risposta clinica dopo aver ricevuto vedolizumab alle settimane 0 e 2a e che erano stati successivamente randomizzati a ricevere placebo (per 6-52 settimane) con perdita di risposta alla terapia, hanno partecipato all’estensione dello studio in aperto ricevendo vedolizumab ogni 4 settimane. In questi pazienti, la remissione clinica è stata conseguita nel 46% dei soggetti entro 28 settimane e nel 41% entro 52 settimane.

In questa estensione dello studio, in aperto, la remissione clinica e la risposta clinica sono state osservate nei pazienti fino a 196 settimane.

Nello studio GEMINI 2, le analisi esplorative hanno mostrato miglioramenti clinicamente significativi nei gruppi trattati con vedolizumab ogni 4 settimane e ogni 8 settimane e i miglioramenti rispetto al basale valutati alla 52a settimana sono stati significativamente maggiori rispetto al gruppo placebo, nei punteggi della scala analogica visiva di EQ-5D ed EQ-5D VAS, nel punteggio IBDQ totale e nelle sottoscale del questionario IBDQ relative ai sintomi intestinali e alla funzionalità sistemica.

Pouchite

L’efficacia e la sicurezza di vedolizumab per via endovenosa per il trattamento di pazienti adulti con pouchite cronica sono state dimostrate in uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha valutato l’efficacia alla 14a settimana e alla 34a settimana (EARNEST). I pazienti arruolati erano stati sottoposti a proctocolectomia e anastomosi ileo-anale con confezionamento di pouch ileale (IPAA, Ileal Pouch Anal Anastomosis) per la colite ulcerosa almeno un anno prima della randomizzazione e avevano sviluppato pouchite cronica attiva (definita come antibiotico dipendente ricorrente o antibiotico-refrattaria), con un punteggio dell’Indice di Attività della Malattia Pouchite modificato (mPDAI, modified Pouchitis Disease Activity Index) ≥ 5 e un sotto-punteggio endoscopico ≥ 2 al basale. Tutti i pazienti hanno ricevuto una terapia antibiotica concomitante con ciprofloxacina 500 mg due volte al giorno dall’inizio del trattamento fino alla 4a settimana. Durante lo studio i pazienti hanno ricevuto ulteriori cicli di antibiotici al bisogno, anche nei casi di recrudescenza della pouchite.

I pazienti (n=102) sono stati randomizzati (1:1) a ricevere vedolizumab 300 mg per via endovenosa o placebo per via endovenosa a 0, 2 e 6 settimane e, successivamente, ogni 8 settimane fino alla 30a settimana. L’endpoint primario era la remissione clinica (definita da un punteggio mPDAI < 5 e da una riduzione del punteggio totale mPDAI ≥ 2 punti rispetto al valore basale) alla 14a settimana. Nella Tabella 6 sono indicati i risultati in termini di endpoint primario ed endpoint secondari alla 14a settimana, mentre la Tabella 7 mostra i risultati in termini di endpoint secondari alla 34a settimana.

Tabella 6. Risultati di efficacia dello studio EARNEST alla 14a settimana

Endpoint Placebo n = 51 Vedolizumab e.v. n = 51 Differenze Vedolizumab-Placebo (95% CI)
[punti percentuali]
Remissione clinica* 9,8% 31,4%5 21,6 (4,9; 37,5)
Remissione PDAI 9,8% 35,3% 25,5 (8,0; 41,4)
Risposta clinica1 33,3% 62,7% 29,4 (8,0; 47,6)

*La remissione clinica è definita da un punteggio mPDAI < 5 e da una riduzione del punteggio totale mPDAI ≥ 2 punti rispetto al valore basale †p < 0,05

‡La remissione PDAI è definita da un punteggio PDAI < 7 e da una riduzione del punteggio PDAI di ≥ 3 punti rispetto al valore basale §La risposta clinica è definita da una riduzione del punteggio mPDAI di ≥ 2 punti rispetto al valore basale Tabella 7. Risultati di efficacia dello studio EARNEST alla 34a settimana

Endpoint Placebo n = 51 Vedolizumab e.v. n = 51 Differenze Vedolizumab-Placebo (95% CI)
[punti percentuali]
Remissione clinica* 17,6% 35,3% 17,6 (0,3; 35,1)
Remissione PDAI 17,6% 37,3% 19,6 (1,9; 37,0)
Risposta clinica1 29,4% 51,0% 21,6 (1,9; 39,8)

*La remissione clinica è definita da un punteggio mPDAI < 5 e da una riduzione del punteggio mPDAI totale di ≥ 2 punti rispetto al valore basale

‡La remissione PDAI è definita da un punteggio PDAI < 7 e da una riduzione del punteggio PDAI di ≥ 3 punti rispetto al valore basale §La risposta clinica è definita da una riduzione del punteggio mPDAI di ≥ 2 punti rispetto al valore basale Circa due terzi dei pazienti avevano ricevuto in precedenza (per colite ulcerosa o pauchite) una terapia con antagonisti del TNFα (33 nel gruppo di trattamento con vedolizumab e 31 nel gruppo placebo).

Tra questi pazienti, il 33,3% nel gruppo vedolizumab ha raggiunto la remissione clinica alla 14a settimana rispetto al 9,7% nel gruppo placebo.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati degli studi con vedolizumab in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica per colite ulcerosa, morbo di Crohn e pouchite (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

 

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

La farmacocinetica di vedolizumab a dose singola e a dosi ripetute è stata studiata in soggetti sani e in pazienti con colite ulcerosa o morbo di Crohn attivo, da moderata a severa. La farmacocinetica di vedolizumab nei pazienti con pouchite non è stata studiata, ma è atteso che sia simile a quella osservata nei pazienti con colite ulcerosa o morbo di Crohn attiva da moderata a severa.

Nei pazienti trattati con 300 mg di vedolizumab mediante infusione endovenosa da 30 minuti alle settimane 0 e 2a, le concentrazioni sieriche medie alla 6a settimana sono state pari a 27,9 mcg/mL (Deviazione Standard, SD ± 15,51) nella colite ulcerosa e pari a 26,8 mcg/mL (SD ± 17,45) nel morbo di Crohn. Negli studi condotti con vedolizumab per via endovenosa, a partire dalla 6a settimana i pazienti hanno ricevuto 300 mg di vedolizumab per via endovenosa ogni 8 o 4 settimane. Nei pazienti con colite ulcerosa, le concentrazioni sieriche minime medie allo stato stazionario sono state pari, rispettivamente, a 11,2 mcg/mL (SD ± 7,24) e a 38,3 mcg/mL (SD ± 24,43). Nei pazienti con morbo di Crohn, le concentrazioni sieriche minime allo stato stazionario sono state pari, rispettivamente, a 13,0 mcg/mL (SD ± 9,08) e a 34,8 mcg/mL (SD ± 22,55).

Distribuzione

Le analisi di farmacocinetica di popolazione indicano che il volume di distribuzione di vedolizumab è di circa 5 litri. Il legame di vedolizumab con le proteine plasmatiche non è stato valutato.

Vedolizumab è un anticorpo monoclonale terapeutico e non si prevede che si leghi alle proteine plasmatiche.

Vedolizumab non attraversa la barriera ematoencefalica dopo somministrazione endovenosa. Vedolizumab 450 mg somministrato per via endovenosa non è stato rilevato nel liquido cerebrospinale di soggetti sani.

Eliminazione

Le analisi di farmacocinetica di popolazione, basate su dati relativi all’uso endovenoso e sottocutaneo, indicano che la clearance di vedolizumab è pari a circa 0,162 L/die (tramite una via di eliminazione lineare) e che l’emivita sierica è di 26 giorni. L’esatta via di eliminazione di vedolizumab non è nota. Le analisi di farmacocinetica di popolazione suggeriscono che, mentre bassi livelli di albumina, peso corporeo elevato e precedente trattamento con farmaci anti-TNF potrebbero aumentare la clearance di vedolizumab, la dimensione dell’effetto di tali fattori non è ritenuta clinicamente rilevante.

Linearità

A concentrazioni sieriche superiori a 1 mcg/mL vedolizumab ha fatto osservare una farmacocinetica lineare.

Popolazioni speciali

Secondo le analisi di farmacocinetica di popolazione l’età non influisce sulla clearance di vedolizumab in pazienti con colite ulcerosa e morbo di Crohn. Non è atteso che l’età influisca sulla clearance di vedolizumab nei pazienti con pouchite. Non sono stati condotti studi formali per valutare gli effetti di un’insufficienza renale o epatica sulla farmacocinetica di vedolizumab.

 

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, potenziale cancerogeno, tossicità della riproduzione e dello sviluppo.

Non sono stati condotti studi a lungo termine sull’animale con vedolizumab per valutarne il potenziale cancerogeno, poiché non esistono modelli farmacologicamente responsivi agli anticorpi monoclonali. Nelle specie farmacologicamente responsive (scimmie cynomolgus), in studi tossicologici della durata di 13 e 26 settimane, non sono emerse evidenze di iperplasia cellulare o immunomodulazione sistemica che potrebbero essere potenzialmente associate a oncogenesi. Inoltre, in vitro, non sono stati rilevati effetti di vedolizumab sul tasso di proliferazione, né sulla citotossicità di una linea di cellule tumorali umane che esprime l’integrina α4β7.

Non sono stati eseguiti specifici studi sulla fertilità negli animali con vedolizumab. Dallo studio di tossicità a dosi ripetute condotto in scimmie cynomolgus, non è possibile trarre conclusioni definitive a carico degli organi riproduttivi maschili. In considerazione dell’assenza di legame tra vedolizumab e il tessuto riproduttivo maschile nelle scimmie e nell’uomo e della conservata fertilità maschile, osservata nei topi privati dell’integrina β7, non ci si aspetta un effetto di vedolizumab sulla fertilità maschile.

La somministrazione di vedolizumab a scimmie cynomolgus gravide, durante la maggior parte del periodo gestazionale, non ha fatto emergere evidenze di effetti di tipo teratogeno, né sullo sviluppo prenatale o postnatale, in neonati fino a 6 mesi di età. Bassi livelli (< 300 mcg/L) di vedolizumab sono stati rilevati il 28 °giorno successivo al parto nel latte di 3 delle 11 scimmie cynomolgus, trattate con 100 mg/kg di vedolizumab ogni 2 settimane e non è stato rilevato vedolizumab negli animali trattati con 10 mg/kg.

 

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

L-istidina L-istidina monocloridrato L-arginina cloridrato Saccarosio Polisorbato 80

 

06.2 Incompatibilità

Indice

In assenza di studi di compatibilità, questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali.

 

06.3 Periodo di validità

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3 anni

La stabilità durante l’uso della soluzione ricostituita nel flaconcino è stata dimostrata per 8 ore a 2 °C-8 °C. La stabilità durante l’uso della soluzione diluita in soluzione per iniezione di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) nella sacca per infusione è stata dimostrata per 12 ore a 20 °C-25 °C o per 24 ore a 2 °C-8 °C.

La stabilità complessiva durante l’uso di vedolizumab nel flaconcino e nella sacca per infusione con soluzione per iniezione di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) è di un totale di 12 ore a 20 °C-25 °C o 24 ore a 2 °C-8 °C.

Il periodo di 24 ore può includere fino a 8 ore a 2 °C-8 °C per la soluzione ricostituita nel flaconcino e fino a 12 ore a 20 °C-25 °C per la soluzione diluita nella sacca per infusione, a condizione che la sacca per infusione sia conservata in frigorifero (2 °C-8 °C) per la restante parte del periodo di 24 ore.

Non congelare la soluzione ricostituita nel flaconcino o la soluzione diluita nella sacca per infusione.

Condizioni di conservazione
Frigorifero (2 °C-8 °C) 20 °C-25 °C
Soluzione ricostituita nel flaconcino 8 ore Non conservare1
Soluzione diluita in soluzione per iniezione di
cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%)
24 ore2,3 12 ore2

1 Sono consentiti fino a 30 minuti per la ricostituzione

2 Questo periodo di tempo presuppone che la soluzione ricostituita venga immediatamente diluita con la soluzione per iniezione di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) e conservata esclusivamente nella sacca per infusione. Il tempo di permanenza della soluzione ricostituita all’interno del flaconcino deve essere sottratto dal tempo di permanenza ammesso per la soluzione all’interno della sacca per infusione.

3 Questo periodo di tempo può comprendere fino a 12 ore a 20 °C-25 °C.

 

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

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Conservare in frigorifero (2 °C–8 °C). Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.

Per le condizioni di conservazione dopo la ricostituzione e la diluizione, vedere paragrafo 6.3.

 

06.5 Natura e contenuto della confezione

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Polvere per concentrato per soluzione per infusione in flaconcino di vetro di tipo 1 (20 mL), dotato di tappo in gomma e ghiera in alluminio protetta da un cappuccio in plastica.

Ogni confezione contiene 1 flaconcino.

 

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

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Istruzioni per la ricostituzione e l’infusione

Utilizzare una tecnica asettica per preparare Entyvio soluzione per infusione endovenosa.

Togliere il cappuccio a strappo (flip-off) dal flaconcino e pulire con un tamponcino imbevuto di alcol. Ricostituire vedolizumab con 4,8 mL di acqua per preparazioni iniettabili sterile a temperatura ambiente (20 °C-25 °C), utilizzando una siringa con un ago calibro 21-25 G.

Inserire l’ago nel flaconcino attraverso il centro del tappo e dirigere il flusso del liquido verso la parete del flaconcino, per evitare un’eccessiva formazione di schiuma.

Far ruotare delicatamente il flaconcino per almeno 15 secondi. Non agitare in modo vigoroso, né capovolgere.

Lasciare riposare il flaconcino per 20 minuti a temperatura ambiente (20 °C-25 °C), per consentire la ricostituzione e lo smaltimento dell’eventuale schiuma; in questo intervallo di tempo il flaconcino può essere fatto roteare e ispezionato per verificare la dissoluzione. Se, dopo 20 minuti, la dissoluzione non risultasse completa, proseguire per altri 10 minuti.

Ispezionare visivamente la soluzione ricostituita prima della diluizione, per escludere la presenza di sostanza particellata e segni di alterazione del colore. La soluzione deve apparire trasparente o opalescente, da incolore a giallina e priva di particolato visibile. Se la soluzione ricostituita ha un colore inusuale o contiene del particolato non deve essere somministrata.

A dissoluzione avvenuta, capovolgere delicatamente il flaconcino 3 volte.

Prelevare immediatamente 5 mL (300 mg) di Entyvio ricostituito, utilizzando una siringa con ago di calibro 21-25 G.

Aggiungere i 5 mL (300 mg) di Entyvio ricostituito a 250 mL di soluzione per iniezione sterile di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) e miscelare delicatamente la sacca per infusione (non devono essere prelevati 5 mL di soluzione per iniezione di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) dalla sacca per infusione prima dell’aggiunta di Entyvio). Non aggiungere altri medicinali alla soluzione per infusione preparata o al set per infusione endovenosa. Somministrare la soluzione per infusione nell’arco di 30 minuti (vedere paragrafo 4.2).

Una volta ricostituita, la soluzione per infusione deve essere utilizzata il prima possibile.

Non conservare parti inutilizzate della soluzione ricostituita o della soluzione per infusione per un successivo riutilizzo.

Ogni flaconcino è esclusivamente monouso.

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

 

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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Takeda Pharma A/S Delta Park 45 2665 Vallensbaek Strand Danimarca

 

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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EU/1/14/923/001

 

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Data della prima autorizzazione: 22 maggio 2014 Data del rinnovo più recente: 12 dicembre 2018

 

10.0 Data di revisione del testo

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Documento messo a disposizione da A.I.FA. in data: 15/04/2023