Paclitaxel Rat: Scheda Tecnica e Prescrivibilità

Paclitaxel Rat

Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto

Paclitaxel Rat: ultimo aggiornamento pagina: 09/02/2018 (Fonte: A.I.FA.)

01.0 Denominazione del medicinale

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PACLITAXEL RATIOPHARM

02.0 Composizione qualitativa e quantitativa

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1 ml di concentrato per soluzione per infusione contiene 6 mg di paclitaxel.

Un flaconcino da 5 ml contiene 30 mg di paclitaxel.

Un flaconcino da 16,7 ml contiene 100 mg di paclitaxel.

Un flaconcino da 50 ml contiene 300 mg di paclitaxel.

Eccipienti:

Etanolo anidro (395 mg/ml)

Macrogolglicerolo ricinoleato purificato

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

03.0 Forma farmaceutica

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Concentrato per soluzione per infusione.

Soluzione limpida, di colore giallo, viscosa.

04.0 INFORMAZIONI CLINICHE

04.1 Indicazioni terapeutiche

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Carcinoma ovarico

Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma dell’ovaio stadio avanzato o con malattia residua (>1 cm) dopo laparotomia iniziale, in associazione con cisplatino.

Nella chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico, paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma metastatico dell’ovaio quando la terapia standard, contenente derivati del platino, si sia rivelata inefficace.

Carcinoma della mammella

Nell’ambito della terapia adiuvante, paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi a seguito di terapia con antraciclina e ciclofosfamide (AC). Il trattamento adiuvante con paclitaxel deve essere considerato come un’alternativa alla prosecuzione della terapia con AC.

Paclitaxel è indicato per il trattamento iniziale del carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico sia in combinazione con un’antraciclina, nelle pazienti per le quali è adatta la terapia con antraciclina, o in combinazione con trastuzumab, nelle pazienti con iperespressione del recettore 2 per il fattore di crescita epidermica umano (HER-2) di livello 3+ all’esame immunoistochimico, e per le quali l’uso dell’antraciclina non è adatto (vedere paragrafi 4.4 e 5.1). Paclitaxel può essere somministrato anche in associazione con bevacizumab come trattamento di prima linea del carcinoma della mammella localmente recidivante o metastatico.

In monoterapia, Paclitaxel è indicato per il trattamento del carcinoma metastatizzato della mammella nelle pazienti per le quali la terapia standard contenente derivati antraciclinici non si sia rivelata efficace o non sia ritenuta possibile.

Carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato

Paclitaxel, in combinazione con cisplatino, è indicato per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in pazienti che non possono essere sottoposti a intervento chirurgico potenzialmente curativo e/o a terapia radiante.

Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS

Paclitaxel è indicato per il trattamento di pazienti con sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS (KS) in stadio avanzato che non hanno risposto alla terapia precedente con antraciclina liposomiale.

I dati di efficacia a supporto di questa indicazione sono limitati, un riassunto degli studi rilevanti è riportato nel paragrafo 5.1.

04.2 Posologia e modo di somministrazione

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Prima di iniziare il trattamento con paclitaxel, tutti i pazienti devono essere premedicati con corticosteroidi, antistaminici e H2 antagonisti, ad esempio:

Farmaco Dose Intervallo di tempo prima della somministrazione di paclitaxel
desametasone 20 mg per via orale* o e.v. Per somministrazione orale: circa 12 e 16 ora
Per somministrazione e.v.: da 30 a 60 minuti
difenidramina** 50 mg e.v. Da 30 a 60 minuti
cimetidina 300 mg e.v. Da 30 a 60 minuti
o o
ranitidina 50 mg e.v.

* 8-20 mg per i pazienti con KS

** o un antistaminico equivalente, per es. clorfeniramina

Paclitaxel deve essere somministrato mediante un filtro in linea con membrana microporosa con diametro ≤ 0,22 mcm (vedere paragrafo 6.6).

Chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico

Sebbene siano in corso di sperimentazione altri regimi posologici, si raccomanda un regime di associazione di paclitaxel e cisplatino. In base alla durata dell’infusione, si raccomandano due dosi di paclitaxel: Paclitaxel alla dose di 175 mg/m² somministrato per endovena nell’arco di 3 ore, seguito da cisplatino alla dose di 75 mg/m² ogni tre settimane o Paclitaxel alla dose di 135 mg/m², con infusione della durata di 24 ore, seguito da cisplatino 75 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra una somministrazione e la successiva (vedere paragrafo 5.1).

Chemioterapia di seconda linea del carcinoma ovarico

La dose raccomandata di paclitaxel è di 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra una somministrazione e la successiva.

Chemioterapia adiuvante del carcinoma della mammella

La dose raccomandata di paclitaxel è di 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore ogni 3 settimane per quattro cicli, dopo terapia AC.

Chemioterapia di prima linea del carcinoma della mammella

Quando usato in associazione con doxorubicina (50 mg/m²), paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina. La dose raccomandata di paclitaxel è di 220 mg/m² somministrata per endovena nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra una somministrazione e la successiva (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).

Quando usato in associazione con trastuzumab, la dose raccomandata di paclitaxel è di 175 mg/m² somministrata per endovena nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra una somministrazione e la successiva (vedere paragrafo 5.1). L’infusione di Paclitaxel può essere iniziata il giorno successivo alla prima dose di trastuzumab o immediatamente dopo le dosi successive di trastuzumab se la dose precedente di trastuzumab è stata ben tollerata (per la posologia dettagliata di trastuzumab vedere il relativo Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto).

Quando usato in associazione con bevacizumab, la dose raccomandata di paclitaxel è di 90 mg/m², somministrata per endovena nell’arco di un’ora, ogni settimana per tre settimane, seguita da una settimana di riposo. Bevacizumab viene soministrato nella prima e terza settimana di ogni ciclo dopo l’infusione di paclitaxel alla dose di 10 mg/kg di peso corporeo (per i dettagli sull’applicazione di bevacizumab, vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di bevacizumab).

Chemioterapia di seconda linea del carcinoma della mammella

La dose raccomandata di paclitaxel è di 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.

Trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato

La dose raccomandata di paclitaxel è di 175 mg/m² somministrata nell’arco di 3 ore, seguita da cisplatino 80 mg/m², con un intervallo di 3 settimane tra i cicli.

Trattamento del sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS

La dose raccomandata di paclitaxel è di 100 mg/m² somministrata per infusione endovenosa di 3 ore ogni due settimane.

Le dosi successive di paclitaxel devono essere somministrate tenendo in considerazione la tollerabilità individuale del farmaco.

Paclitaxel non deve essere risomministrato fino a quando la conta dei neutrofili sia ≥ 1500/mm³ (≥ 1000/mm³ per i pazienti con KS) e la conta piastrinica non sia ≥ 100000/mm³ (≥ 75000/mm³ per i pazienti con KS). Per i pazienti che hanno manifestato grave neutropenia (conta dei neutrofili < 500/mm³ per ≥ 7 giorni o più) o grave neuropatia periferica, è necessario ridurre la dose del 20% per i cicli successivi (25% per i pazienti con KS) (vedere paragrafo 4.4).

Pazienti con compromissione della funzione epatica

Non sono disponibili dati adeguati per raccomandare variazioni posologiche nei pazienti con compromissione della funzione epatica da lieve a moderata (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). I pazienti con funzione epatica gravemente compromessa non devono essere trattati con paclitaxel.

04.3 Controindicazioni

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Paclitaxel è controindicato nei pazienti con grave ipersensibilità al paclitaxel o ad uno qualsiasi degli eccipienti, specialmente macrogolglicerolo ricinoleato purificato (vedere paragrafo 4.4).

Paclitaxel è controindicato durante la gravidanza e l’allattamento (vedere paragrafo 4.6) e non deve essere utilizzato nei pazienti con conta iniziale dei neutrofili < 1500/mm³ (< 1000/mm³ per i pazienti con KS).

Nel sarcoma di Kaposi (KS), paclitaxel è controindicato anche nei pazienti con infezioni concomitanti gravi e non controllate.

04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso

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Paclitaxel deve essere soministrato sotto la supervisione di un medico che abbia acquisito esperienza nell’uso di chemioterapici antitumorali. Poichè possono manifestarsi significative reazioni di ipersensibilità al farmaco, è opportuno avere a disposizione attrezzature adeguate per la terapia di supporto.

I pazienti devono essere pretrattati con corticosteroidi, antistaminici e H2 antagonisti (vedere paragrafo 4.2).

Quando usato in associazione, Paclitaxel deve essere somministrato prima del cisplatino (vedere paragrafo 4.5).

Nei pazienti trattati con paclitaxel, dopo adeguata premedicazione, si sono manifestate significative reazioni di ipersensibilità caratterizzate da dispnea ed ipotensione tali da richiedere un trattamento, angioedema e orticaria generalizzata in < 1% dei pazienti. Queste reazioni sono probabilmente mediate dall’istamina. In caso di gravi reazioni di ipersensibilità, è necessario interrompere immediatamente l’infusione di paclitaxel, istituire una terapia sintomatica e non somministrare nuovamente il farmaco al paziente.

La mielosoppressione (primariamente neutropenia) rappresenta l’evento tossico limitante la dose. Deve pertanto essere istituito un frequente monitoraggio dei parametri ematologici. I pazienti non devono essere trattati nuovamente fino a quando i neutrofili non raggiungano livelli ≥ 1500/mm³ (≥ 1000/mm³ per i pazienti con KS) e le piastrine livelli ≥ 100000/mm³ (≥ 75000/mm³ per i pazienti con KS). Negli studi clinici con KS, la maggioranza dei pazienti erano in trattamento con il fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF).

Raramente sono state riportate gravi anomalie della conduzione cardiaca con paclitaxel in monoterapia. Qualora i pazienti sviluppino significative anomalie della conduzione cardiaca durante la somministrazione di paclitaxel, deve essere istituita un’appropriata terapia ed eseguito un monitoraggio cardiaco continuo durante i successivi cicli con paclitaxel. Durante la somministrazione di paclitaxel sono state osservate ipotensione, ipertensione e bradicardia; i pazienti solitamente risultano asintomatici e generalmente non richiedono trattamento. Si raccomanda un monitoraggio frequente dei segni vitali, in particolare durante la prima ora di infusione di paclitaxel. Eventi cardiovascolari gravi sono stati osservati più frequentemente nei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) rispetto ai pazienti con carcinoma della mammella o dell’ovaio. Un solo caso di insufficienza cardiaca correlato al paclitaxel è stato osservato in studi clinici sul sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS.

Raramente è stata osservata fotosensibilizzazione, che può causare onicolisi. I pazienti in terapia devono pertanto proteggere le mani ed i piedi dalla luce solare.

Quando paclitaxel viene usato in associazione con doxorubicina o trastuzumab per il trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella, particolare attenzione deve essere posta al monitoraggio della funzione cardiaca. Le pazienti idonee al trattamento con paclitaxel e queste associazioni, devono essere sottoposte a valutazione cardiaca iniziale comprendente anamnesi, esame obiettivo, ECG, ecocardiogramma e/o angiocardioscintigrafia (scansione MUGA – Multiple Gated Acquisition). La funzionalità cardiaca deve essere ulteriormente monitorata durante il trattamento (per es. ogni tre mesi). Il monitoraggio può aiutare ad identificare i pazienti che sviluppano disfunzioni cardiache, ed i medici curanti devono attentamente considerare la dose cumulativa (mg/m²) di antraciclina somministrata nell’ambito delle decisioni relative alla frequenza degli accertamenti della funzione ventricolare. Quando gli esami evidenziano un deterioramento della funzione cardiaca, anche asintomatico, i medici curanti devono scrupolosamente valutare il beneficio clinico derivante dalla prosecuzione della terapia e il possibile rischio di danno cardiaco, compresi danni potenzialmente irreversibili. Se vengono somministrati ulteriori trattamenti, il monitoraggio della funzione cardiaca deve essere più frequente (per es. ogni 1-2 cicli). Per ulteriori dettagli vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab o doxorubicina.

Sebbene l’insorgenza di neuropatia periferica sia frequente, lo sviluppo di sintomi gravi è raro. Nei casi gravi, si raccomanda una riduzione della dose del 20% (25% per i pazienti con KS) per tutti i cicli successivi di paclitaxel. In pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattate in regime di prima linea, la somministrazione di paclitaxel con infusione di 3 ore in associazione con cisplatino, ha determinato una maggiore incidenza di grave neurotossicità sia rispetto al paclitaxel in monoterapia che alla ciclofosfamide seguita da cisplatino.

I pazienti con compromissione della funzione epatica possono essere esposti ad un rischio maggiore di tossicità, in particolare mielosoppressione di grado III-IV. Non vi è evidenza che la tossicità di paclitaxel aumenti nei pazienti con funzione epatica lievemente alterata sottoposti ad infusione di 3 ore. Quando paclitaxel viene somministrato con infusione di durata maggiore, nei pazienti con compromissione epatica da moderata a grave si può osservare un aumento della mielosoppressione.

I pazienti devono essere strettamente monitorati per il possibile sviluppo di mielosoppressione profonda (vedere paragrafo 4.2). Non sono disponibili dati adeguati per suggerire aggiustamenti posologici nei pazienti con compromissione della funzione epatica da lieve a moderata (vedere paragrafo 5.2).

Non sono disponibili dati per i pazienti con grave colestasi iniziale. I pazienti con funzionalità epatica gravemente compromessa non devono essere trattati con paclitaxel.

Poichè questo medicinale contiene etanolo (395 mg/ml), si devono prendere in considerazione possibili effetti sul sistema nervoso centrale ed altri effetti.

Questo medicinale contiene macrogolglicerolo ricinoleato, che può causare gravi reazioni allergiche.

Una speciale attenzione deve essere posta per evitare l’applicazione intra-arteriosa di paclitaxel, poichè in studi di tolleranza locale negli animali sono state osservate gravi reazioni tissutali dopo applicazione intra-arteriosa.

Raramente è stata riportata Colite pseudomembranosa, compresi i casi di pazienti non trattati contemporaneamente con antibiotici. Questa reazione deve essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale di casi con grave o persistente diarrea verificatesi durante o poco dopo il trattamento con paclitaxel.

Paclitaxel in associazione con terapia radiante del polmone, indipendentemente dalla sequenza di impiego, può contribuire allo sviluppo di polmonite interstiziale.

Nei pazienti con KS, l’insorgenza di grave mucosite è rara. Se si verificano gravi reazioni, la dose di paclitaxel deve essere ridotta del 25%.

04.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

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La clearance di paclitaxel non è influenzata dalla premedicazione con cimetidina.

Il regime di somministrazione di paclitaxel raccomandato nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico prevede la somministrazione di paclitaxel prima del cisplatino. Infatti, quando viene somministrato prima del cisplatino, il profilo di sicurezza del paclitaxel è sovrapponibile a quello dell’uso in monoterapia. Quando invece il paclitaxel è stato somministrato dopo il cisplatino, le pazienti hanno mostrato una mielosoppressione più profonda ed una diminuzione di circa il 20% della clearance di paclitaxel.

Le pazienti trattate con paclitaxel e cisplatino possono presentare un aumentato rischio di insufficienza renale rispetto al cisplatino in monoterapia nei tumori ginecologici.

Poichè l’eliminazione della doxorubicina e dei suoi metaboliti attivi può essere ridotta se il paclitaxel e la doxorubicina vengono somministrati a distanza ravvicinata nel tempo, il paclitaxel deve essere somministrato 24 ore dopo la doxorubicina nel trattamento iniziale del carcinoma metastatico della mammella (vedere paragrafo 5.2).

Il metabolismo del paclitaxel è catalizzato, in parte, dagli isoenzimi CYP2C8 e 3A4 del citocromo P450 (vedere paragrafo 5.2). Studi clinici hanno dimostrato che il metabolismo del paclitaxel mediato dal CYP2C8 in 6α-idrossipaclitaxel, rappresenta la maggiore via metabolica nell’uomo. La somministrazione concomitante di ketoconazolo, un noto potente inibitore del CYP3A4, non inibisce l’eliminazione del paclitaxel nei pazienti; quindi, entrambi i medicinali possono essere somministrati contemporaneamente senza aggiustamenti del dosaggio. Ulteriori dati sulle potenziali interazioni farmacologiche tra paclitaxel ed altri substrati/inibitori del CYP3A4 sono limitati. Pertanto si richiede cautela nella somministrazione di paclitaxel in terapia concomitante con medicinali che notoriamente inibiscono (per es. eritromicina, fluoxetina, gemfibrozil) o inducono (per es. rifampicina, carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale, efavirenz, nevirapina) sia CYP2C8 che 3A4.

Studi nei pazienti con KS in trattamento concomitante con molteplici medicinali, suggeriscono che la clearance sistemica del paclitaxel risulta significativamente inferiore in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non di indinavir. Sono disponibili informazioni insufficienti sulle interazioni con altri inibitori della proteasi. Di conseguenza, il paclitaxel deve essere somministrato con cautela nei pazienti in terapia concomitante con inibitori della proteasi.

04.6 Gravidanza e allattamento

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Paclitaxel ha dimostrato embriotossicità e fetotossicità nel coniglio, e ha causato diminuzione della fertilità nel ratto.

Non ci sono informazioni sull’uso di paclitaxel nelle donne gravide. Come altri agenti citotossici, paclitaxel può causare danno fetale ed è perciò controindicato durante la gravidanza. Si deve quindi raccomandare alle donne di evitare una gravidanza durante la terapia con paclitaxel, e di informare immediatamente il medico qualora questo evento si verifichi.

Non è noto se il paclitaxel sia escreto nel latte materno umano. Paclitaxel è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3). L’allattamento al seno deve essere interrotto durante la terapia con paclitaxel.

04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

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Paclitaxel non ha influenza sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Tuttavia, si deve considerare che questo medicinale contiene alcol (vedere paragrafi 4.4 e 6.1).

04.8 Effetti indesiderati

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Salvo diversa indicazione, i dati riportati si riferiscono al database sulla sicurezza complessiva di 812 pazienti con tumori solidi trattati con paclitaxel in monoterapia nel corso di studi clinici. Poichè la popolazione con KS è molto specifica, un capitolo a parte è stato dedicato alla fine di questa sezione, basato su uno studio clinico con 107 pazienti.

La frequenza e la gravità degli effetti indesiderati, se non diversamene indicato, sono generalmente simili nei pazienti che hanno assunto paclitaxel per il trattamento del carcinoma ovarico, del carcinoma della mammella o del carcinoma del polmone non a piccole cellule.

Nessuno degli effetti tossici osservati è stato chiaramente influenzato dall’età.

L’effetto indesiderato significativo più frequente è stato la mielosoppressione. Neutropenia grave (<500 cellule/mm³) si è verificata nel 28% dei pazienti, ma non è stata associata ad episodi febbrili. Solo l’1% dei pazienti ha manifestato neutropenia grave per ≥ 7 giorni.

Trombocitopenia è stata riportata nell’11% dei pazienti. Il 3% dei pazienti ha presentato un nadir della conta piastrinica < 50000/mm³ almeno una volta nel corso del trattamento. Anemia è stata osservata nel 64% dei pazienti, ma è risultata di grave entità (Hb < 5 mmol/l) solo nel 6% dei pazienti. L’incidenza e la gravità dell’anemia sono state correlate ai valori basali di emoglobina.

La neurotossicità , principalmente neuropatia periferica, è apparsa più frequente e grave con un’infusione di 175 mg/m² in 3 ore (85% di neurotossicità; 15% grave) rispetto ad un’infusione di 135 mg/m² in 24 ore (25% neuropatia periferica; 3% grave) quando paclitaxel è stato somministrato in associazione con cisplatino. Nei pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule e nelle pazienti con carcinoma ovarico trattate con paclitaxel nell’arco di 3 ore seguito da cisplatino, si è evidenziato un apparente aumento dell’incidenza di neurotossicità grave. La neuropatia periferica può manifestarsi dopo il primo ciclo di trattamento e può peggiorare con l’aumento dell’esposizione al paclitaxel. Solo in pochi casi però la neuropatia periferica è stata la causa di interruzione del’assunzione di paclitaxel. I sintomi sensoriali sono generalmenti migliorati o si sono risolti diversi mesi dopo la sospensione di paclitaxel. Neuropatie preesistenti derivanti da terapie precedenti non costituiscono una controindicazione per la terapia con paclitaxel.

Artralgia o mialgia hanno interessato il 60% dei pazienti, rivelandosi di grave entità nel 13% dei pazienti.

Reazioni significative di ipersensibilità con possibile esito fatale (come ipotensione – tale da richiedere trattamento – angioedema, sofferenza respiratoria tale da richiedere terapia con broncodilatatori od orticaria generalizzata) si sono manifestate in due (< 1%) pazienti. Il 34% dei pazienti (17% di tutti i cicli) ha riportato reazioni di ipersensibilità minori. Tali reazioni minori, principalmente vampate e rash, non hanno richiesto un intervento terapeutico e non hanno precluso la continuazione della terapia con paclitaxel.

Reazioni nella sede di iniezione durante somministrazione endovenosa possono causare edema localizzato, dolore, eritema ed indurimento; occasionalmente, lo stravaso può indurre cellulite. Sono state riportate abrasione e/o desquamazione cutanea, talvolta correlate allo stravaso. Può manifestarsi anche una depigmentazione della pelle. La ricomparsa di reazioni cutanee nel sito di precedente stravaso dopo somministrazione di paclitaxel in un sito differente, cioè il cosiddetto recall, è stata segnalata raramente. Attualmente non è noto un trattamento specifico per le reazioni dovute a stravaso.

La tabella sottostante elenca gli effetti indesiderati indipendentemente dalla loro gravità, associati alla somministrazione di paclitaxel in monoterapia con infusione di 3 ore per carcinomi metastatizzati (812 pazienti trattati in studi clinici) e come segnalato nella sorveglianza post-commercializzazione (vedere*).

La frequenza degli effetti indesiderati riportati nella tabella sottostante è definita in modo convenzionale come segue:

Molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1000, < 1/100); raro (≥ 1/10000, < 1/1000); molto raro (< 1/10000) non nota (la frequenza non può essere definita dai dati disponibili)

Infezioni ed infestationi

Molto comune: infezione (principalmente infezioni del tratto urinario e delle alte vie respiratorie), con casi riportati di esito fatale.

Non comune: shock settico.

Raro*: polmonite, peritonite, sepsi

Alterazioni del sistema emolinfopoietico

Molto comune: mielosoppressione, neutropenia, anemia, trombocitopenia, leucopenia, sanguinamento.

Raro*: neutropenia febbrile.

Molto raro*: leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica.

Alterazioni del sistema immunitario

Molto comune: reazioni minori di ipersensibilità (principalmente vampate e rash).

Non comune: reazioni significative di ipersensibilità tali da richiedere una terapia (per es. ipotensione, edema angioneurotico, sofferenza respiratoria, orticaria generalizzata, brividi, mal di schiena, dolore toracico, tachicardia, dolore addominale, dolore alle estremità, diaforesi ed ipertensione).

Raro*: reazioni anafilattiche.

Molto raro*: shock anafilattico.

Alterazioni del metabolismo e dell’alimentazione

Molto raro*: anoressia.

Alterazioni psichiatriche:

Molto raro*: stato confusionale.

Alterazioni del sistema nervoso

Molto comune: neurotossicità (principalmente neuropatia periferica).

Raro*: neuropatia motoria (con risultante debolezza distale minore).

Molto raro*: neuropatia del sistema autonomo (risultante in ileo paralitico ed ipotensione ortostatica), grande male, convulsioni, encefalopatia, vertigini, cefalea, atassia.

Disturbi oculari

Molto raro*: disturbi del nervo ottico e/o disturbi visivi (scotomi scintillanti), particolarmente in pazienti che hanno ricevuto dosi superiori a quelle raccomandate.

Alterazioni dell’apparato uditivo e vestibolare

Molto raro*: ototossicità, perdita dell’udito, tinnito, vertigini.

Alterazioni cardiache

Comune: bradicardia.

Non comune: cardiomiopatia, tachicardia ventricolare asintomatica, tachicardia con bigeminismo, blocco AV e sincope, infarto miocardico.

Molto raro*: fibrillazione atriale, tachicardia sopraventricolare.

Alterazioni del sistema vascolare

Molto comune: ipotensione.

Non comune: ipertensione, trombosi, tromboflebite.

Molto raro*: shock.

Alterazioni dell’apparato respiratorio, toraciche e mediastiniche

Raro*: dispnea, versamento pleurico, polmonite interstiziale, fibrosi polmonare, embolia polmonare, insufficienza respiratoria.

Molto raro*: tosse.

Alterazioni dell’apparato gastrointestinale

Molto comune: nausea, vomito, diarrea, infiammazione delle mucose.

Raro*: occlusione intestinale, perforazione intestinale, colite ischemica, pancreatite.

Molto raro*: trombosi mesenterica, colite pseudomembranosa, esofagite, stipsi, ascite, colite neutropenica.

Alterazioni del sistema epatobiliare

Molto raro*: necrosi epatica, encefalopatia epatica (entrambe con casi riportati di esito fatale).

Alterazioni della cute e del tessuto sottocutaneo

Molto comune: alopecia.

Comune: alterazioni transitorie e di lieve entità delle unghie e della cute.

Raro*: prurito, rash, eritema.

Molto raro*: sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica, eritema multiforme, dermatite esfoliativa, orticaria, onicolisi.

Alterazioni dell’apparato muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e del tessuto osseo

Molto comune: artralgia, mialgia.

Disordini generali e condizioni della sede di somministrazione

Comune: reazione nella sede di iniezione (compresi edema localizzato, dolore, eritema, indurimento; occasionalmente lo stravaso del farmaco può causare cellulite, fibrosi e necrosi della cute).

Raro*: astenia, piressia, disidratazione, edema, malessere.

Sconosciuto*: sono stati riportati casi singoli di fenomeni di recall radioattivo.

Indagini diagnostiche

Comune: grave aumento delle AST (SGOT) e della fosfatasi alcalina.

Non comune: grave aumento della bilirubina.

Raro*: aumento della creatinina ematica.

Pazienti con carcinoma della mammella che avevano ricevuto paclitaxel nella terapia adiuvante dopo trattamento AC hanno riportato maggiore tossicità neurosensoriale, reazioni di ipersensibilità, artralgia/mialgia, anemia, infezione, febbre, nausea/vomito e diarrea rispetto alle pazienti trattate solo con AC. Tuttavia, la frequenza di tali eventi era sovrapponibile all’uso di paclitaxel in monoterapia, come riportato sopra.

Trattamento associato

I seguenti dati si riferiscono a due sperimentazioni principali per la chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico (paclitaxel + cisplatino: oltre 1050 pazienti); a tre studi di fase III nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella: uno in associazione con doxorubicina (paclitaxel + doxorubicina: 267 pazienti), un altro in associazione con trastuzumab (analisi del sottogruppo pianificato paclitaxel + trastuzumab: 188 pazienti), il terzo in associazione con bevacizumab (paclitaxel + bevacizumab, 722 pazienti), e a due studi di fase III per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato (paclitaxel + cisplatino; oltre 360 pazienti) (vedere paragrafo 5.1).

Paclitaxel/cisplatino

Dopo infusione di tre ore nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, neurotossicità, artralgia/mialgia ed ipersensibilità sono state riportate più frequentemente e con gravità maggiore nelle pazienti trattate con paclitaxel seguito da cisplatino rispetto a quelle trattate con ciclofosfamide seguita da cisplatino. La mielosoppressione è apparsa meno frequente e meno grave quando l’infusione di tre ore di paclitaxel è stata seguita da cisplatino rispetto alla somministrazione di ciclofosfamide seguita da cisplatino.

Paclitaxel/doxorubicina

Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, neutropenia, anemia, neuropatia periferica, artralgia/mialgia, astenia, febbre e diarrea sono state osservate più frequentemente e in forma più grave quando paclitaxel (220 mg/m²) è stato infuso in 3 ore 24 ore dopo doxorubicina (50 mg/m²) rispetto alla terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²). Nausea e vomito sono apparsi meno frequenti e meno gravi con il regime di paclitaxel (220 mg/m²) / doxorubicina (50 mg/m²) rispetto al regime standard FAC. L’uso di corticosteroidi può aver contribuito alla minore frequenza e gravità di nausea e vomito nel braccio trattato con paclitaxel /doxorubicina.

Quando doxorubicina è stata somministrata in associazione con paclitaxel nel carcinoma metastatico della mammella, sono state osservate anomalie della contrazione cardiaca (riduzione ≥ 20% della frazione di eiezione ventricolare sinistra) nel 15% delle pazienti contro il 10% della terapia standard FAC. Insufficienza cardiaca congestizia è stata osservata in < 1% dei soggetti trattati sia con paclitaxel/doxorubicina che terapia standard FAC.

Paclitaxel/trastuzumab

Quando paclitaxel è stato soministrato in infusione di 3 ore in associazione con trastuzumab per il trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, i seguenti eventi (indipendentemente dalla correlazione con paclitaxel o trastuzumab) sono stati riportati con maggior frequenza rispetto alla monoterapia con paclitaxel: insufficienza cardiaca (8% vs 1%), infezione (46% vs 27%), brividi (42% vs 4%), febbre (47% vs 23%), tosse (42% vs 22%), rash (39% vs 18%), artralgia (37% vs 21%), tachicardia (12% vs 4%), diarrea (45% vs 30%), ipertonia (11% vs 3%), epistassi (18% vs 4%), acne (11% vs 3%), herpes simplex (12% vs 3%), lesione accidentale (13% vs 3%), insonnia (25% vs 13%), rinite (22% vs 5%), sinusite (21% vs 7%) e reazione in sede di iniezione (7% vs 1%). Alcune di queste differenze di frequenza possono essere dovute all’aumento del numero e della durata dei trattamenti con l’associazione paclitaxel/trastuzumab rispetto alla monoterapia con paclitaxel. Eventi avversi gravi sono stati riportati con frequenza simile per paclitaxel/trastuzumab e paclitaxel in monoterapia.

La somministrazione di trastuzumab in associazione con paclitaxel in pazienti precedentemente trattate con antracicline ha provocato un aumento della frequenza e della gravità della disfunzione cardiaca rispetto alle pazienti trattate con paclitaxel in monoterapia (Classe NYHA I/II 10% vs. 0%; Classe NYHA III/IV 2% vs. 1%) e in rari casi è stata associata a morte (vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di trastuzumab).

Tranne che in questi rari casi, le pazienti hanno risposto al trattamento medico appropriato.

Paclitaxel/bevacizumab

Quando bevacizumab è stato somministrato in associazione con paclitaxel come terapia iniziale del carcinoma metastatico della mammella, non si sono verificati effetti avversi nuovi o inaspettati rispetto a quelli già noti in monoterapia con i rispettivi farmaci. Gli effetti avversi gravi, quali perforazione gastrointestinale, insufficienza cardiaca congestizia, sanguinamento e compromissione della guarigione di ferite, si sono manifestati con una frequenza leggermente superiore rispetto alla monoterapia con paclitaxel.

Altri effetti avversi che si sono verificati con una frequenza superiore con l’associazione paclitaxel e bevacizumab rispetto alla monoterapia con paclitaxel sono i seguenti: ipertensione (15,5% vs. 1,4%), neuropatia periferica (23,2% vs. 16,5%), affaticamento (8,6% vs. 4,9%) e proteinuria (3% vs. 0%).

Paclitaxel/radioterapia

È stata riportata polmonite da radiazioni nei pazienti sottoposti a contemporanea radioterapia.

Sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS

La frequenza e gravità degli effetti indesiderati, eccetto quelli di natura ematologica ed epatica, sono generalmente simili sia per i pazienti trattati per KS sia per quelli trattati con paclitaxel in monoterapia per altri tumori solidi, come si evidenza da uno studio clinico comprendente 107 pazienti.

Alterazioni del sistema emolinfopoietico

La mielosoppressione ha rappresentato il maggior effetto tossico limitante la dose. La neutropenia ha rappresentato invece il maggior effetto tossico a livello ematologico. Durante il primo ciclo di trattamento, si è manifestata neutropenia grave (< 500 cellule/mm³) nel 20% dei pazienti. Nel corso dell’intero periodo di trattamento è stata osservata neutropenia grave nel 39% dei pazienti. La neutropenia è stata presente per > 7 giorni nel 41% e per 30-35 giorni nell’8% dei pazienti. In tutti i pazienti seguiti la neutropenia si è risolta entro 35 giorni.

L’incidenza di neutropenia di grado 4 con durata ≥ 7 giorni è stata pari al 22%.

Febbre neutropenica correlata al paclitaxel è stata riportata nel 14% dei pazienti e nell’1,3% dei cicli di trattamento. Durante la somministrazione di paclitaxel sono stati osservati 3 episodi settici (2,8%) correlati al farmaco, che si sono rivelati fatali.

Trombocitopenia è stata osservata nel 50% dei pazienti, manifestandosi in forma grave (< 50000 cellule/mm³) nel 9%. Solo il 14% dei pazienti ha riportato un calo della conta piastrinica a livelli < 75000 cellule/mm³, almeno una volta durante il trattamento. Episodi di sanguinamento correlati al paclitaxel sono stati riscontrati in < 3% dei pazienti, ma gli episodi emorragici erano localizzati.

Anemia (Hb < 11 g/dL) è stata osservata nel 61% dei pazienti, con entità grave (Hb < 8 g/dL) nel 10%. Nel 21% dei pazienti sono state necessarie trasfusioni di globuli rossi.

Alterazioni del sistema epatobiliare

Tra i pazienti (> 50% in terapia con inibitori della proteasi) con funzionalità epatica basale normale, il 28%, 43% e 44% ha riportato rispettivamente aumento dei livelli di bilirubina, fosfatasi alcalina e AST (SGOT). Per ciascuno di questi parametri, gli aumenti si sono rivelati di grave entità nell’1% dei casi.

04.9 Sovradosaggio

Indice

Non esiste un antidoto noto in caso di sovradosaggio di paclitaxel. Le probabili complicanze primarie da sovradosaggio sono mielosoppressione, neuropatia periferica e mucosite.

05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE

05.1 Proprietà farmacodinamiche

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Categoria farmacoterapeutica: agenti citostatici

Codice ATC: L01C D01.

Paclitaxel è un nuovo agente antimicrotubulare che favorisce l’aggregazione dei microtubuli dai dimeri di tubulina e stabilizza i microtubuli prevenendone la depolimerizzazione. Questa stabilizzazione provoca l’inibizione della normale riorganizzazione dinamica della rete dei microtubuli, che è essenziale per l’interfase vitale e le funzioni mitotiche cellulari. Inoltre, il paclitaxel induce la formazione di anomale aggregazioni o fasci di microtubuli durante il ciclo della cellula e di astrosfere multiple di microtubuli durante la mitosi.

Nella chemioterapia di prima linea del carcinoma ovarico, la sicurezza e l’efficacia di paclitaxel sono state valutate in due due ampi studi clinici randomizzati e controllati (verso ciclofosfamide 750 mg/m² più cisplatino 75 mg/m²). Nello studio clinico Intergruppo (BMS CA139-209), oltre 650 pazienti con carcinoma ovarico primario in stadio IIb-c, III o IV sono state trattate con un massimo di 9 cicli di trattamento con paclitaxel (175 mg/m² in 3 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o dal controllo. Il secondo grande studio (GOG-111/BMS CA139-022) ha valutato un massimo di 6 cicli di trattamento con paclitaxel (135 mg/m² in 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m²) o dal controllo in oltre 400 pazienti con carcinoma ovarico primario in stadio III/IV, caratterizzate da malattia residua > 1 cm dopo laparotomia o da metastasi a distanza. Sebbene le due diverse posologie di paclitaxel non siano state confrontate direttamente, in entrambi gli studi le pazienti trattate con l’associazione paclitaxel e cisplatino hanno riportato una percentuale di risposta significativamente superiore, un tempo alla progressione più lungo e un tempo di sopravvivenza più prolungato rispetto alla terapia standard. Nelle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato trattate con infusione di paclitaxel/cisplatino nell’arco di 3 ore, si è osservato un aumento della neurotossicità, artralgia/mialgia ma una diminuzione della mielosoppressione rispetto alle pazienti trattate con ciclofosfamide/cisplatino.

Nel trattamento adiuvante del carcinoma della mammella, 3121 pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi sono state trattate con terapia adiuvante con paclitaxel oppure non sono state sottoposte a chemioterapia dopo quattro cicli di trattamento con doxorubicina e ciclofosfamide (CALGB 9344, BMS CA 139-223). Il periodo di follow-up medio è stato di 69 mesi. In generale, le pazienti trattate con paclitaxel hanno riportato una significativa riduzione pari al 18% del rischio di recidiva della malattia rispetto alle pazienti che assumevano solo AC (p = 0,0014), ed una significativa riduzione pari al 19% del rischio di morte (p = 0,0044) rispetto alle pazienti che assumevano solo la terapia con AC. Le analisi retrospettive hanno mostrato benefici in tutti i sottogruppi di pazienti. Nelle pazienti con tumori con recettore ormonale negativo /tumori sconosciuti, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata pari al 28% (95% IC: 0,59-0,86). Nel sottogruppo di pazienti con tumori con recettore ormonale positivo, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata pari al 9% (95% IC: 0,78-1,07). Tuttavia, il disegno dello studio non includeva l’analisi dell’effetto della prosecuzione della terapia con AC oltre i 4 cicli di trattamento. Sulla base di questo singolo studio, non si può escludere che gli effetti osservati siano stati parzialmente dovuti alla differenza della durata della chemioterapia tra i due bracci di trattamento (AC 4 cicli; AC + paclitaxel 8 cicli). Pertanto, il trattamento adiuvante con paclitaxel deve essere considerato come un’alternativa alla prosecuzione della terapia con AC.

In un secondo ampio studio clinico in terapia adiuvante con un disegno simile in pazienti con carcinoma della mammella con linfonodi positivi, 3060 pazienti sono state randomizzate per ricevere o non ricevere quattro cicli di paclitaxel ad un dosaggio superiore pari a 225 mg/m² dopo quattro cicli di AC (NSABP B-28, BMS CA139-270). Ad un follow-up medio di 64 mesi, le pazienti trattate con paclitaxel presentavano una riduzione significativa pari al 17% del rischio di recidiva della malattia rispetto alle pazienti che assumevano solo AC (p = 0,006); il trattamento con paclitaxel è stato associato ad una riduzione del rischio di morte del 7% (95% IC: 0,78-1,12). Tutte le analisi eseguite nei vari gruppi hanno evidenzato risultati più favorevoli per il braccio trattato con paclitaxel. In questo studio le pazienti con tumore con recettore ormonale positivo hanno riportato una riduzione del rischio di recidiva della malattia del 23% (95% IC: 0,6-0,92); nel sottogruppo di pazienti con tumore con recettori ormonali negativo, la riduzione del rischio di recidiva della malattia è stata del 10% (95% IC: 0,7-1,11).

Nel trattamento di prima linea del carcinoma metastatico della mammella, l’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in tre studi pilota in aperto di fase III, randomizzati e controllati.

Nel primo studio (BMS CA139-278), l’associazione di doxorubicina in bolo (50 mg/m²) seguita dopo 24 ore da paclitaxel (220 mg/m² in infusione di 3 ore) (AT), è stata confrontata con terapia standard FAC (5-FU 500 mg/m², doxorubicina 50 mg/m², ciclofosfamide 500 mg/m²), somministrati entrambi ogni tre settimane per otto cicli. In questo studio randomizzato sono stati arruolati 267 pazienti con carcinoma metastatico della mammella, non precedentemente trattate con chemioterapia oppure solo con chemioterapia non antraciclinica in terapia adiuvante. I risultati hanno mostrato una differenza significativa nel tempo alla progressione per le pazienti che assumevano AT rispetto a quelle che assumevano FAC (8,2 vs. 6,2 mesi; p= 0,029). La sopravvivenza mediana è risultata a favore di paclitaxel /doxorubicina rispetto a FAC (23,0 vs. 18,3 mesi; p= 0,004). Nel braccio di trattamento con AT e FAC, rispettivamente il 44% e il 48% delle pazienti ha ricevuto chemioterapia di follow-up, che includeva i taxani rispettivamente nel 7% e nel 50% dei casi. La percentuale di risposta complessiva è risultato significativamente superiore nel braccio AT rispetto al braccio FAC (68% vs. 55%). Risposte complete al trattamento sono state osservate nel 19% dei pazienti trattati con paclitaxel/doxorubicina contro l’8% dei pazienti trattati con FAC. Tutti i risultati di efficacia sono stati successivamente confermati da un riesame in cieco indipendente.

Nel secondo studio pilota, l’efficacia e la sicurezza dell’associazione paclitaxel e trastuzumab sono state valutate in un’analisi pianificata dei sottogruppi (pazienti con carcinoma metastatico della mammella precedentementi trattate in terapia adiuvante con antracicline) nello studioHO648g. L’efficacia di trastuzumab in associazione con paclitaxel nelle pazienti che non erano state precedentemente trattate con terapia antraciclinica adiuvante non è stata provata. L’associazione di trastuzumab (4 mg/kg dose di carico e successivamente 2 mg/kg alla settimana) e paclitaxel (175 mg/m²) in infusione di 3 ore, ogni tre settimane, è stata confrontata a paclitaxel in monoterapia (175 mg/m²) in infusione di 3 ore, ogni tre settimane in 188 pazienti con carcinoma metastatico della mammella con iperespressione di HER2 (2+ o 3+ all’esame immunoistochimico), precedentemente trattate con antracicline. Paclitaxel è stato somministrato ogni tre settimane per almeno sei cicli, mentre trastuzumab è stato somministrato settimanalmente fino alla progressione della malattia. Lo studio ha mostrato un significativo beneficio per l’associazione paclitaxel/trastuzumab in termini di tempo alla progressione (6,9 vs. 3,0 mesi), percentuale di risposta (41% vs. 17%) e durata della risposta (10,5 vs. 4,5 mesi) rispetto al paclitaxel in monoterapia. L’evento tossico più significativo osservato con l’associazione paclitaxel/trastuzumab è stata la disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.8).

Nel terzo studio (E2100), l’associazione di paclitaxel con bevacizumab è stata valutata nella terapia del carcinoma metastatico della mammella localmente recidivante in pazienti non precedentemente trattate con chemioterapia per malattia metastatica localmente recidivante.

Le pazienti sono state randomizzate per il trattamento con paclitaxel in monoterapia (90 mg/m² e.v. in 1 ora una volta alla settimana per tre settimane su quattro) oppure in associazione con bevacizumab (10 mg/kg e.v. in infusione ogni due settimane). È stata permessa la somministrazione della terapia ormonale precedente per il trattamento della malattia metastatica. La terapia adiuvante con taxani è stata permessa solo se veniva completata almeno 12 mesi prima dell’entrata nello studio. Delle 722 pazienti arruolate nello studio, la maggioranza soffriva di malattia HER2 negativa (90%), mentre un numero ridotto di pazienti presentava uno stato HER2 positivo (2%) o sconosciuto (8%), ed erano state precedentemente trattate con trastuzumab o considerate inadatte alla terapia con trastuzumab.

Inoltre, il 65% delle pazienti aveva ricevuto chemioterapia adiuvante contenente taxani per il 19% e antracicline per il 49% dei casi. Le pazienti con metastasi a livello del sistema nervoso centrale, comprese lesioni cerebrali precedentemente trattate o resecate, sono state escluse.

Nello Studio E2100 le pazienti sono state trattate fino alla progressione della malattia. Nelle situazioni che hanno richiesto una precoce interruzione della chemioterapia, il trattamento con bevacizumab in monoterapia è stato proseguito fino alla progressione della malattia. Le caratteristiche delle pazienti erano simili in entrambi i gruppi di trattamento. L’endpoint primario era rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione, sulla base della valutazione della progressione della malattia espressa dallo sperimentatore. È stato inoltre condotto un riesame indipendente dell’endpoint primario. I risultati di questo studio sono esposti nella tabella seguente.

Sopravvivenza libera da progressione (PFS)
Valutazione dello Sperimentatore* Valutazione IRF
Paclitaxel (n=354) Paclitaxel/Bevacizumab (n=368) Paclitaxel (n=354) Paclitaxel/Bevacizumab (n=368)
PFS mediana (mesi) 5,8 11,4 5,8 11,3
HR 0,421 0,483
(95% IC) (0,343; 0,561) (0,385; 0,067)
valore di p <0,0001 <0,0001
Percentuali di risposta (per pazienti con patologia misurabile)
Valutazione dello Sperimentatore* Valutazione IRF
Paclitaxel (n=243) Paclitaxel/Bevacizumab (n=229) Paclitaxel (n=243) Paclitaxel/Bevacizumab (n=229)
% di pazienti con risposta obiettiva 23,4 48,0 22,2 49,8
valore di p <0,0001 <0,0001

* analisi primaria

Sopravvivenza globale (OS)
Paclitaxel (n=354) Paclitaxel/Bevacizumab (n=368)
OS mediana (mesi) 24,8 26,5
HR 0,869
(95% IC) (0,722; 1,046)
valore di p <0,1374

Il beneficio clinico indotto da Bevacizumab, misurato dalla sopravvivenza libera da progressione, è stato osservato in tutti i sottogruppi programmati testati (compresi l’intervallo libero da malattia, il numero dei siti metastatici, il trattamento precedente con chemioterapici adiuvanti e lo stato dei recettori dell’estrogeno (ER).

Nel trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato, la somministrazione di paclitaxel 175 mg/m² seguito da cisplatino 80 mg/m² è stata valutata in due studi clinici di fase III (367 pazienti sono stati trattati con regimi contenenti paclitaxel).

Entrambi gli studi erano randomizzati, uno ha confrontato il trattamento con cisplatino 100 mg/m², l’altro con teniposide 100 mg/m² seguito da cisplatino 80 mg/m² come farmaco di controllo (367 pazienti nel braccio di controllo). I risultati di ciascuno studio sono stati simili.

Per quanto riguarda l’outcome primario della mortalità, non sono state osservate differenze significative tra il regime contenente paclitaxel e quello di confronto (tempi di sopravvivenza mediana 8,1 e 9,5 mesi per i regimi contenenti paclitaxel, 8,6 e 9,9 mesi per i regimi di confronto). Analogamente, per la sopravvivenza libera da progressione non sono state osservate differenze significative tra i trattamenti. È stato dimostrato un beneficio significativo in termini di percentuale di risposta clinica. I risultati relativi alla qualità della vita suggeriscono un beneficio per i regimi contenenti paclitaxel in termini di perdita dell’appetito, sebbene evidenzino un’incidenza superiore di neuropatia periferica (p<0,008).

Nel trattamento del sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS (KS), l’efficacia e la sicurezza di paclitaxel è stata analizzata in uno studio non comparativo in pazienti con KS in stadio avanzato, precedentemente trattati con chemioterapia sistemica. L’endpoint primario era rappresentato dalla migliore risposta anti-tumorale. Dei 107 pazienti, 63 sono stati considerati resistenti alle antracicline liposomiali. Questo sottogruppo è stato ritenuto rappresentativo della popolazione di efficacia di base. La percentuale di successo globale (risposta completa/parziale) dopo 15 cicli di trattamento è stata del 57% (IC 44 – 70%) nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Oltre il 50% delle risposte erano evidenti dopo i primi 3 cicli di trattamento. Nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali, le percentuali di risposta erano comparabili per i pazienti che non avevano mai ricevuto un trattamento con un inibitore della proteasi (55,6%) e per i pazienti che lo avevano invece assunto almeno 2 mesi prima del trattamento con paclitaxel (60,9%). Il tempo mediano alla progressione nella popolazione di efficacia di base era di 468 giorni (95% IC 257-NE). La sopravvivenza mediana non ha potuto essere calcolata, ma il limite inferiore al 95% era di 617 giorni nel gruppo base dei pazienti.

05.2 Proprietà farmacocinetiche

Indice

Dopo somministrazione endovenosa, paclitaxel mostra una diminuzione bifasica delle concentrazioni plasmatiche.

La farmacocinetica di paclitaxel è stata determinata dopo infusioni di 3 e 24 ore con dosi di 135 e 175 mg/m². L’emivita terminale media stimata è compresa nell’intervallo 3,0 – 52,7 ore, e i valori medi della clearance totale corporea, secondo un modello non compartimentale, sono risultati compresi tra 11,6 e 24,0 l/hr/m²; la clearance totale corporea sembra diminuire con concentrazioni plasmatiche più elevate di paclitaxel. Il volume di distribuzione medio allo stato stazionario è risultato compreso tra 198 e 688 l/m², indicando un’estesa distribuzione extravascolare e/o un legame tissutale. Con l’infusione di 3 ore, dosi progressivamente crescenti determinavano un profilo farmacocinetico non-lineare. Con l’aumento del 30% della dose, da 135 mg/m² a 175 mg/m², i valori di Cmax e AUC0-∞ sono aumentati rispettivamente del 75% e dell’81%.

Dopo somministrazione di una dose 100 mg/m² per infusione endovenosa di 3 ore in 19 pazienti con KS, la Cmax è risultata pari a 1530 ng/ml (range 761 – 2860 ng/ml) mentre l’AUC media era pari a 5619 ng.h/ml (range 2609 – 9428 ng.h/ml). La clearance era di 20,6 l/h/ m² (range 11-38) ed il volume di distribuzione era di 291 l/ m² (range 121-638). L’emivita di eliminazione terminale ammontava mediamente a 23,7 ore (range 12 – 33).

La variabilità tra pazienti nell’assorbimento sistemico di paclitaxel è stata minima. Non c’è stata evidenza di accumulo di paclitaxel con cicli di trattamento multipli.

Studi in vitro sul legame con le proteine plasmatiche umane indicano che l’89-98% del farmaco si lega alle proteine. La presenza di cimetidina, ranitidina, desametasone o difenidramina non influisce sul legame proteico di paclitaxel.

La distribuzione di paclitaxel nell’uomo non è stata completamente chiarita. I valori medi di escrezione urinaria cumulativa del farmaco immodificato sono risultati compresi tra 1,3 e 12,6% della dose, indicando un’estesa clearance non-renale. Metabolismo epatico e clearance biliare possono essere considerati i principali meccanismi di eliminazione di paclitaxel. Il paclitaxel è metabolizzato principalmente dagli enzimi del citocromo P450. Dopo somministrazione di paclitaxel radiomarcato, una media di 26%, 2% e 6% della radioattività viene eliminata nelle feci rispettivamente come 6α-idrossipaclitaxel, 3′-p-idrossipaclitaxel e 6α-3′-p-diidrossi-paclitaxel. La formazione di questi metaboliti idrossilati è catalizzata rispettivamente dal CYP2C8, CYP3A4 e da entrambi CYP2C8 e CYP3A4. L’effetto della disfunzione renale o epatica sull’eliminazione di paclitaxel dopo infusione di 3 ore non è stato formalmente studiato. I parametri farmacocinetici ottenuti da un paziente in emodialisi trattato con una dose di paclitaxel di 135mg/m² in infusione di 3 ore, sono risultati compresi nell’intervallo previsto per i pazienti non dializzati.

Negli studi clinici che prevedevano la somministrazione concomitante di paclitaxel e doxorubicina, la distribuzione e l’eliminazione di doxorubicina e dei suoi metaboliti sono apparse prolungate. L’esposizione plasmatica totale alla doxorubicina è risultata superiore del 30% quando la somministrazione di paclitaxel seguiva immediatamente quella di doxorubicina rispetto all’applicazione di un intervallo di 24 ore tra la somministrazione dei due farmaci.

Per quanto riguarda l’uso di paclitaxel in associazione con altre terapie, consultare Il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di cisplatino, doxorubicina o trastuzumab per le informazioni relative all’uso di questi medicinali.

05.3 Dati preclinici di sicurezza

Indice

Il potenziale cancerogeno di paclitaxel non è stato studiato. Tuttavia, basandosi sul suo meccanismo d’azione farmacodinamico, il paclitaxel può essere un potenziale agente cancerogeno e genotossico. Paclitaxel ha dimostrato di essere mutageno in sistemi di test standard in vitro ed in vivo nei mammiferi.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

06.1 Eccipienti

Indice

Etanolo anidro

Macrogolglicerolo ricinoleato purificato

06.2 Incompatibilità

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Il macrogolglicerolo ricinoleato può provocare la cessione di DEHP [di-(2-etilesil)ftalato] da contenitori in plastica contenenti polivinilcloruro (PVC), a livelli crescenti in proporzione al tempo e alla concentrazione. Di conseguenza la preparazione, conservazione e somministrazione di soluzioni diluite di paclitaxel devono essere effettuate utilizzando attrezzature prive di PVC.

Questo medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.

06.3 Periodo di validità

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Prima dell’apertura del flaconcino

2 anni.

flaconcino da 5 ml

Solo monouso. La soluzione non utilizzata deve essere eliminata dopo l’uso.

flaconcini da 16,7 ml/50 ml

Dopo l’apertura prima della diluizione

La stabilità chimica e fisica durante l’uso è stata dimostrata per 28 giorni a 25°C dopo inserimenti multipli dell’ago e prelievi del prodotto.

Da un punto di vista microbiologico, una volta aperto il prodotto può essere conservato per un massimo d 28 giorni a 25°C. Altre condizioni e tempi di conservazione sono responsabilità dell’utilizzatore.

Dopo la diluizione

La stabilità chimica e fisica durante l’uso della soluzione preparata per l’infusione è stata dimostrata per 7 giorni a 25°C quando diluita con soluzione di sodio cloruro allo 0,9% o con soluzione di glucosio al 5%. Per la diluizione in soluzione di glucosio al 5% in soluzione di Ringer la stabilità chimica e fisica è stata dimostrata per 27 ore a 25 °C.

Da un punto di vista microbiologico, la diluizione deve essere utilizzata immediatamente, a meno che il metodo di diluizione adottato escluda il rischio di contaminazione microbica. In condizioni asettiche controllate e validate, la stabilità microbiologica durante l’uso della diluizione è stata dimostrata per 27 ore a 25°C. Condizioni e tempi di conservazione diversi da quelli descritti sono responsabilità dell’utilizzatore.

Le soluzioni diluite non devono essere refrigerate.

06.4 Speciali precauzioni per la conservazione

Indice

Prima dell’apertura del flaconcino

Conservare a temperatura non superiore a 25°C. Conservare il flaconcino nel cartone esterno, per proteggere il prodotto dalla luce.

Dopo l’apertura

Vedere paragrafo 6.3.

06.5 Natura e contenuto della confezione

Indice

Flaconcino di vetro incolore tipo I, con tappo in gomma bromobutilica con superficie inerte e ghiera in alluminio con chiusura in polipropilene.

Confezioni da:

1 x 5 ml

1 x 16,7 ml

10 x 16,7 ml

1 x 50 ml

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

06.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione

Indice

Manipolazione: come tutti gli agenti antineoplastici, paclitaxel deve essere maneggiato con cautela. La diluizione del farmaco deve essere eseguita in condizioni asettiche da personale specializzato in un’area appositamente designata. Devono essere indossati guanti di protezione idonei. È necessario prendere le necessarie precauzioni per evitare il contatto con la cute e le mucose. In caso di contatto con la cute, l’area interessata deve essere lavata con acqua e sapone. A seguito di esposizione topica sono stati osservati formicolio, bruciore e arrossamento. In caso di contatto con le mucose, lavare abbondantemente con acqua. In seguito ad inalazione sono state riportate dispnea, dolore toracico, bruciore alla gola e nausea.

Se i flaconcini chiusi vengono refrigerati o congelati, si può formare un precipitato che si ridissolve con lieve agitazione o quando viene raggiunta la temperatura ambiente. La qualità del prodotto non viene intaccata. Se la soluzione rimane torbida o si nota la presenza di un precipitato insolubile, il flaconcino deve essere scartato.

I dispositivi usati per il prelievo delle dosi dal flaconcino, secondo il cosiddetto sistema chiuso, per esempio i dispositivi perforatori tipo Chemo-Dispensing Pin, non devono essere utilizzati poichè possono provocare la caduta del tappo all’interno del flaconcino, con conseguente perdita della sterilità del prodotto.

Preparazione per la soministrazione e.v.: prima dell’infusione, paclitaxel 6 mg/ml concentrato per soluzione per infusione deve essere diluto, usando tecniche asettiche, con una soluzione per infusione di cloruro di sodio allo 0,9%, o soluzione di glucosio al 5%, o soluzione di glucosio al 5% e soluzione di sodio cloruro allo 0,9%, oppure soluzione di glucosio al 5% in soluzione di Ringer, fino a raggiungere una concentrazione finale compresa tra 0,3 e 1,2 mg/ml. Dopo molteplici inserimenti dell’ago e prelievi di prodotto, i flaconcini multidose di paclitaxel mantengono la stabilità chimica e fisica per 28 giorni a 25°C. Condizioni e tempi di conservazione diversi sono responsabilità dell’utilizzatore. Le soluzioni diluite non devono essere refrigerate.

Durante la preparazione, le soluzioni possono mostrare torbidita, attribuibile al veicolo della formulazione, che non viene rimossa per filtrazione. Paclitaxel deve essere somministrato mediante filtro in-linea con una membrana a micropori avente diametro ≤ 0,22 mcm. Non sono state osservate significative perdite di potenza in seguito a rilascio simulato della soluzione attraverso cannule per infusione endovenosa dotate di filtroin-linea.

Ci sono state rare segnalazioni di precipitazione durante infusione di paclitaxel, solitamente entro la fine del periodo di infusione di 24 ore. Sebbene la causa di tale precipitazione non sia stata chiarita, è probabilmente collegabile alla eccessiva saturazione della soluzione diluita.

Per ridurre il rischio di precipitazione, paclitaxel deve essere utilizzato il prima possibile dopo la diluizione, evitando eccessivi scuotimenti, vibrazioni o agitazioni. I set di infusione devono essere accuratamenti sciacquati prima dell’uso. Durante l’infusione l’aspetto della soluzione deve essere controllato regolarmente, e l’infusione deve essere interrotta in caso di precipitazione.

Per minimizzare il rischio di esposizione del paziente a DEHP, che può essere rilasciato dalle sacche di plastica per infusione, set per infusione o altri strumenti medici, le soluzioni diluite di paclitaxel devono essere conservate in flaconcini di materiale diverso dal PVC (vetro, polipropilene) o in sacche di plastica (polipropilene, poliolefina) e somministrate mediante set di somministrazione in polietilene. L’uso di filtri (per es. IVEX-2) che incorporano brevi dispositivi di entrata e/o uscita in PVC non ha prodotto significative perdite di DEHP.

Smaltimento: il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

07.0 Titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

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ratiopharm GmbH

Graf-Arco-Strasse 3

D-89079 Ulm

Germania

08.0 Numeri delle autorizzazioni all’immissione in commercio

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AIC n. 037257019/M – 1 flacone da 5 ml (30 mg)

AIC n. 037257021/M – 1 flacone da 16,7 ml (100 mg) (Flacone multidose)

AIC n. 037257033/M – 10 flaconi da 16,7 ml (10 x 100 mg) – (Flaconi multidose)

AIC n. 037257045/M – 1 flacone da 50 ml (300 mg) – (Flacone multidose)

09.0 Data della prima autorizzazione/Rinnovo dell’autorizzazione

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Determinazione AIFA AIC/N 432 del 11.04.2007 – GU n. 95 del 24.04.2007

10.0 Data di revisione del testo

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Marzo 2010

FARMACI EQUIVALENTI (stesso principio attivo)

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  • Anzatax 6 mg/ml concentrato per soluzione per infusione – Inf 300 mg 50 ml 6 mg/ml
  • Paclitaxel accord healthcare italia 6 mg/ml concentrato per solu – fl 300 mg/50 ml
  • Paclitaxel actavis 6 mg/ml concentrato per soluzione per infusio – fl 25 ml 6 mg/ml
  • Paclitaxel kabi – 1 fl 30 mg/5 ml
  • Paclitaxel mylan generics 6 mg/ml – Ev 5 ml 6 mg/ml
  • Paclitaxel sandoz – Ev Fl300 mg 6 mg/
  • Paclitaxel teva 6 mg/ml, concentrato per soluzione per infusione – Ev 25 ml 6 mg/ml