Malattia di Wilson: diagnosi precoce e cure

Malattia di Wilson: alterazioni del gene ATP7B, accumulo di rame, sintomi epatici e neurologici, diagnosi precoce con ceruloplasmina e rame urinario, terapie chelanti, zinco, trapianto epatico.

La malattia di Wilson è un raro disturbo genetico che provoca l’accumulo eccessivo di rame nell’organismo, principalmente nel fegato, nel cervello e in altri organi vitali. Una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo sono fondamentali per prevenire danni irreversibili e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Cos’è la malattia di Wilson

La malattia di Wilson è una patologia ereditaria autosomica recessiva caratterizzata da un’anomala accumulazione di rame nei tessuti corporei. Normalmente, il rame introdotto con l’alimentazione viene assorbito dall’intestino e trasportato al fegato, dove è incorporato in proteine o escreto nella bile. Nei pazienti affetti, questo meccanismo è compromesso, portando a un accumulo tossico di rame.

Il fegato è il primo organo a essere colpito, con conseguente epatopatia che può evolvere in cirrosi. Successivamente, il rame in eccesso si deposita nel sistema nervoso centrale, causando sintomi neurologici e psichiatrici. Altri organi, come i reni, le cornee e le articolazioni, possono essere coinvolti, determinando una varietà di manifestazioni cliniche.

La prevalenza della malattia di Wilson è stimata tra 1 su 30.000 e 1 su 100.000 individui a livello mondiale. Tuttavia, la diagnosi può essere difficile a causa della variabilità dei sintomi e della loro sovrapposizione con altre patologie epatiche o neurologiche.

La diagnosi precoce è cruciale per prevenire danni permanenti. Pertanto, è essenziale che i clinici considerino la malattia di Wilson nel differenziale di pazienti con sintomi epatici inspiegabili, disturbi neurologici o psichiatrici, specialmente in individui giovani.

Cause ereditarie

La malattia di Wilson è causata da mutazioni nel gene ATP7B, situato sul cromosoma 13, che codifica per una proteina epatica responsabile del trasporto del rame. Questa proteina è fondamentale per l’incorporazione del rame nella ceruloplasmina e per la sua escrezione biliare. Le mutazioni in ATP7B compromettono queste funzioni, determinando l’accumulo di rame nel fegato e in altri organi.

Essendo una malattia autosomica recessiva, un individuo deve ereditare due copie mutate del gene ATP7B, una da ciascun genitore, per manifestare la malattia. I portatori di una sola copia mutata sono generalmente asintomatici ma possono trasmettere la mutazione alla progenie.

Sono state identificate oltre 500 mutazioni diverse nel gene ATP7B, con variazioni nella frequenza e nel tipo a seconda delle popolazioni. Questa eterogeneità genetica contribuisce alla variabilità clinica osservata nei pazienti affetti.

La consulenza genetica è raccomandata per le famiglie con storia di malattia di Wilson, al fine di identificare i portatori e fornire informazioni sulle implicazioni riproduttive. I test genetici possono confermare la diagnosi nei pazienti sintomatici e identificare i portatori asintomatici all’interno delle famiglie a rischio.

Sintomi caratteristici

La presentazione clinica della malattia di Wilson è estremamente variabile e dipende dall’organo principalmente coinvolto. I sintomi possono manifestarsi in qualsiasi momento tra i 5 e i 35 anni, sebbene siano stati riportati casi in età più precoce o avanzata.

I sintomi epatici sono spesso i primi a comparire e possono includere:

  • Epatomegalia
  • Dolore addominale
  • Ittero
  • Aumento degli enzimi epatici

Nei casi avanzati, può svilupparsi cirrosi con conseguente insufficienza epatica.

I sintomi neurologici possono includere:

  • Tremori
  • Difficoltà nella coordinazione
  • Disturbi del linguaggio
  • Rigidità muscolare

I sintomi psichiatrici possono variare da cambiamenti comportamentali lievi a disturbi più gravi come depressione, psicosi o cambiamenti di personalità.

Un segno distintivo della malattia di Wilson è l’anello di Kayser-Fleischer, una deposizione di rame nella cornea che appare come un anello brunastro attorno all’iride. Questo segno è presente in circa il 50-60% dei pazienti con sintomi epatici e fino al 90% di quelli con sintomi neurologici.

Diagnosi precoce

La diagnosi precoce della malattia di Wilson è fondamentale per prevenire danni irreversibili agli organi. I medici devono considerare questa patologia in presenza di sintomi epatici inspiegabili, soprattutto nei giovani. Un’accurata anamnesi familiare può rivelare casi precedenti, suggerendo una predisposizione genetica. La valutazione clinica iniziale include l’esame fisico e la ricerca di segni caratteristici, come l’anello di Kayser-Fleischer.

Gli esami di laboratorio sono essenziali per confermare la diagnosi. La misurazione dei livelli sierici di ceruloplasmina, generalmente ridotti nei pazienti affetti, fornisce un primo indicatore. L’analisi delle transaminasi epatiche può evidenziare danni al fegato. Inoltre, la determinazione dell’escrezione urinaria di rame nelle 24 ore aiuta a quantificare l’accumulo del metallo.

Le tecniche di imaging, come l’ecografia epatica e la risonanza magnetica, possono rilevare anomalie strutturali nel fegato e nel sistema nervoso centrale. La biopsia epatica, sebbene invasiva, consente di misurare direttamente la concentrazione di rame nel tessuto epatico, confermando la diagnosi. Questi strumenti diagnostici sono cruciali per valutare l’estensione del danno e pianificare il trattamento.

I test genetici identificano mutazioni nel gene ATP7B, responsabile della malattia. L’analisi molecolare è particolarmente utile nei familiari asintomatici, permettendo una diagnosi precoce e l’inizio tempestivo della terapia. La consulenza genetica è raccomandata per le famiglie colpite, fornendo informazioni sul rischio di trasmissione e sulle opzioni preventive.

Terapie farmacologiche

Il trattamento della malattia di Wilson mira a ridurre l’accumulo di rame nell’organismo e prevenire ulteriori danni. I farmaci chelanti, come la D-penicillamina e la trientina, legano il rame e ne facilitano l’escrezione urinaria. La D-penicillamina è spesso il farmaco di prima scelta, ma può causare effetti collaterali significativi. In caso di intolleranza, la trientina rappresenta un’alternativa valida. my-personaltrainer.it.

Lo zinco acetato è utilizzato per ridurre l’assorbimento intestinale di rame, impedendone l’accumulo. Questo trattamento è particolarmente indicato nei pazienti asintomatici o come terapia di mantenimento dopo la fase di deplezione del rame. Lo zinco è generalmente ben tollerato e presenta meno effetti collaterali rispetto ai chelanti.

In casi di insufficienza epatica acuta o cirrosi scompensata, il trapianto di fegato può essere necessario. Questo intervento sostituisce il fegato malato con uno sano, correggendo il difetto metabolico alla base della malattia. Dopo il trapianto, i sintomi neurologici e psichiatrici possono migliorare, sebbene alcuni pazienti possano sperimentare un peggioramento neurologico nonostante il successo dell’intervento. think-wilson.com.

Recenti ricerche hanno identificato nuovi bersagli terapeutici. Uno studio ha mostrato che il domperidone, un farmaco comunemente usato per disturbi gastrici, può ripristinare il corretto metabolismo del rame in modelli cellulari della malattia di Wilson. Questa scoperta apre la strada a potenziali nuove terapie, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per confermarne l’efficacia negli esseri umani. fondazionetelethon.it.

Per approfondire

My Personal Trainer: Informazioni dettagliate sui farmaci utilizzati nella terapia della malattia di Wilson.

Fondazione Telethon: Studio su un nuovo bersaglio terapeutico per la malattia di Wilson.

Osservatorio Malattie Rare: Efficacia e sicurezza della terapia chelante del rame nella malattia di Wilson.

Epatocentro: Bollettino informativo sulla malattia di Wilson e le sue implicazioni cliniche.