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L’indennità di accompagnamento è una prestazione economica destinata alle persone che, a causa di una grave menomazione fisica o psichica, non sono autosufficienti e necessitano di aiuto costante. Non è legata al reddito, né alla storia contributiva: l’obiettivo è supportare chi ha un bisogno assistenziale continuo nella vita quotidiana, a prescindere dall’età e dalla condizione lavorativa. Capire con precisione quali sono i criteri richiesti aiuta a orientarsi tra requisiti medici e amministrativi, evitando fraintendimenti e ritardi nella tutela.
Questa guida illustra in modo chiaro i presupposti per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, con un linguaggio pensato per essere utile sia a chi assiste un familiare sia a professionisti sanitari e sociali. In questa prima parte ci concentriamo sui criteri fondamentali previsti dalla normativa e dalla pratica medico-legale: cosa si intende per “non autosufficienza”, quali condizioni sono considerate rilevanti e quali sono i requisiti non medici (residenza, compatibilità con altre prestazioni, eventuali esclusioni).
Criteri per l’Indennità di Accompagnamento
Il presupposto cardine dell’indennità di accompagnamento è il riconoscimento di un’invalidità civile pari al 100%, accompagnata da una delle seguenti condizioni, considerate alternative tra loro: 1) impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore; 2) impossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. In termini pratici, la persona deve presentare una compromissione così severa da richiedere supporto costante, non occasionale. Il concetto di “continuità” non implica necessariamente un’assistenza minuto per minuto 24 ore su 24, ma indica un bisogno regolare e prevedibile di aiuto nel corso della giornata per le funzioni di base. È importante distinguere questo quadro dalla semplice “difficoltà” o “lentezza” nello svolgimento di attività: il requisito richiesto è la non autosufficienza, non la sola riduzione della capacità.
La formula “non in grado di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” si applica quando la persona non può camminare in modo sicuro, efficace e autonomo, neppure con ausili, senza l’intervento diretto di un’altra persona. La seconda condizione, “non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”, riguarda attività essenziali come l’igiene personale, la vestizione, l’alimentazione, la gestione delle funzioni fisiologiche e la mobilizzazione domestica; in questi casi la persona richiede un’assistenza che non è saltuaria ma strutturale, organizzata e ripetuta. La valutazione si basa su evidenze cliniche e funzionali: diagnosi, esiti di esami, osservazione delle capacità residue e del bisogno assistenziale effettivo. Non è la diagnosi in sé a determinare il diritto, bensì il livello di non autosufficienza che ne deriva.
Oltre al requisito medico-funzionale, esistono criteri amministrativi generali. È necessario avere residenza stabile e abituale in Italia e rientrare nelle condizioni di soggiorno previste per i cittadini stranieri (ad esempio, iscrizione anagrafica per i cittadini dell’Unione o permesso di soggiorno di lungo periodo per i cittadini extra-UE, secondo la normativa vigente). L’indennità di accompagnamento non è subordinata a limiti di reddito e non richiede contribuzione previdenziale pregressa; è riconoscibile a qualsiasi età, compresi minori e anziani molto grandi. Nei minori, la non autosufficienza viene valutata in rapporto all’età: si considera il “maggior carico assistenziale” rispetto a un coetaneo sano, tenendo conto che alcuni atti (per esempio l’igiene completa o l’autonomia negli spostamenti) non sono attesi nelle primissime fasi della crescita. Negli anziani, la presenza di più patologie e fragilità può concorrere a determinare la necessità di assistenza continua quando compromette in modo sostanziale le funzioni di base.
La compatibilità con altre prestazioni segue regole precise. L’indennità di accompagnamento è in genere cumulabile con pensioni o assegni di invalidità civile e con trattamenti previdenziali o di reversibilità, perché ha una finalità diversa (sostegno all’assistenza, non al reddito). Non è invece cumulabile con altre indennità di accompagnamento specifiche, come quelle previste per la cecità assoluta o per cause di guerra o di servizio: in presenza di più diritti potenziali, di norma è richiesta una scelta per la prestazione più favorevole. Nei minori non è cumulabile con l’indennità di frequenza; anche in questo caso, se si maturano i requisiti per entrambe, si opta per il beneficio economicamente più vantaggioso. Un’ulteriore regola ricorrente riguarda i periodi di ricovero: quando la degenza avviene in una struttura a totale carico dello Stato, l’erogazione dell’indennità può essere sospesa per il periodo di ricovero, poiché viene meno il presupposto del bisogno assistenziale domiciliare. È opportuno, in ogni caso, comunicare tempestivamente variazioni di questo tipo all’ente erogatore.
Un aspetto spesso frainteso riguarda il rapporto con il lavoro e con l’autonomia parziale. L’indennità di accompagnamento può essere riconosciuta anche a chi svolge un’attività lavorativa protetta o limitata, purché persista la necessità di assistenza continua negli atti della vita quotidiana o nella deambulazione. La presenza di momenti di parziale autosufficienza non esclude di per sé il diritto, se il fabbisogno di aiuto è regolare e sostanziale. Al contrario, difficoltà circoscritte o bisogni esclusivamente strumentali (per esempio, supporto per attività complesse come la gestione di denaro, spostamenti con mezzi pubblici o pratiche burocratiche) non sono sufficienti: la norma si focalizza sugli atti elementari e imprescindibili della vita quotidiana. Inoltre, il bisogno deve essere stabile o destinato a persistere per un periodo significativo; situazioni transitorie molto brevi, legate per esempio a un evento acuto in rapida risoluzione, in genere non soddisfano il requisito di continuità dell’assistenza.
Infine, è utile ricordare alcuni aspetti gestionali. L’indennità di accompagnamento è normalmente corrisposta per dodici mensilità, viene aggiornata annualmente e può essere soggetta a revisione medico-legale quando previsto nel verbale. È responsabilità del beneficiario (o del tutore/amministratore di sostegno) comunicare all’ente erogatore eventuali cambiamenti rilevanti: variazioni di residenza, periodi di ricovero a totale carico del servizio pubblico, modifiche del quadro clinico che facciano venir meno i requisiti, o l’eventuale decesso. La residenza effettiva in Italia rappresenta un requisito sostanziale: lunghi soggiorni all’estero o il trasferimento stabile possono incidere sul diritto. In caso di nuova insorgenza o aggravamento di patologie, è possibile richiedere una revisione del verbale se il fabbisogno assistenziale è aumentato; viceversa, un miglioramento clinico che riduca la necessità di assistenza continua può portare alla revoca. La corretta documentazione clinica, aggiornata e focalizzata sul bisogno di aiuto per gli atti quotidiani o per la deambulazione, è cruciale per una valutazione coerente con i criteri di legge.
Patologie Riconosciute
Non esiste un elenco tassativo di diagnosi che danno automaticamente diritto all’indennità: il riconoscimento si fonda sull’esito funzionale delle patologie e sul bisogno assistenziale che ne deriva. In pratica, risultano frequentemente rilevanti: malattie neurologiche e neurodegenerative in fase avanzata, esiti di lesioni vascolari o midollari, disturbi cognitivi maggiori (demenze gravi), patologie oncologiche in stadio avanzato con marcata compromissione delle autonomie, insufficienze d’organo severe (respiratoria, cardiaca, renale), gravi disabilità intellettive o psichiatriche con concreta necessità di supervisione, e importanti deficit motori che impediscono la deambulazione autonoma o gli atti quotidiani della vita.
Tra gli adulti, rientrano tipicamente nei quadri valutati come non autosufficienti gli esiti di ictus con emiplegia significativa e instabilità posturale, la sclerosi laterale amiotrofica o altre malattie del motoneurone con perdita della forza e della funzione bulbare, il Parkinson in stadio avanzato con freezing e cadute, le demenze gravi con disorientamento e impossibilità a gestire igiene, alimentazione e sicurezza personale. Anche insufficienze respiratorie o cardiache avanzate, che determinano dispnea a riposo e necessità di aiuto per spostamenti e cura di sé, e patologie oncologiche con performance funzionale molto ridotta possono integrare il requisito, quando il bisogno di assistenza è continuo e prevedibile.
In età pediatrica la valutazione considera il “maggior carico assistenziale” rispetto a un coetaneo sano. Possono essere rilevanti, ad esempio, la paralisi cerebrale infantile con grave compromissione motoria, sindromi genetiche con disabilità intellettiva severa e importanti disturbi del comportamento che richiedono sorveglianza costante, epilessie farmacoresistenti con crisi frequenti e imprevedibili, o patologie metaboliche rare che limitano in modo sostanziale l’autonomia nelle attività di base.
Alcuni quadri sensoriali, come cecità assoluta o sordocecità, possono comportare non autosufficienza; per queste condizioni esistono tuttavia prestazioni specifiche e, in presenza di più titoli potenziali, si applicano le regole di cumulabilità/alternatività richiamate. L’uso di ausili (carrozzina, deambulatore, protesi) non esclude né garantisce di per sé il diritto: è determinante verificare se, nonostante gli ausili, permane un bisogno regolare di aiuto umano per camminare in sicurezza o per gli atti quotidiani. Nelle patologie a decorso fluttuante si considera il quadro abituale e la prevedibilità del bisogno; anche le malattie rare possono rientrare se documentano una non autosufficienza stabile secondo i criteri di legge.
Procedure di Valutazione
Per ottenere l’indennità di accompagnamento, è necessario seguire una procedura specifica che coinvolge diverse fasi. Il primo passo consiste nel rivolgersi al proprio medico curante per ottenere un certificato medico introduttivo. Questo documento, redatto in modalità telematica, attesta la presenza di una condizione di invalidità totale (100%) e l’impossibilità di deambulare senza assistenza o di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita. È fondamentale che il certificato sia dettagliato e preciso, poiché costituisce la base per l’avvio dell’iter di valutazione.
Una volta ottenuto il certificato medico, il richiedente deve presentare domanda all’INPS entro 90 giorni dall’emissione del certificato stesso. La domanda può essere inoltrata direttamente online tramite il portale dell’INPS, oppure avvalendosi dell’assistenza di un patronato o di un centro di assistenza fiscale (CAF). È importante allegare alla domanda tutta la documentazione medica pertinente che possa supportare la richiesta.
Dopo la presentazione della domanda, l’INPS convoca il richiedente per una visita medica presso la commissione medico-legale dell’ASL competente. Durante questa visita, la commissione valuta la sussistenza dei requisiti sanitari necessari per l’erogazione dell’indennità. In alcuni casi, la valutazione può avvenire anche sulla base della documentazione presentata, senza necessità di visita in presenza.
Successivamente alla visita, l’INPS comunica l’esito della valutazione al richiedente. In caso di esito positivo, l’indennità di accompagnamento viene erogata a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda. È importante notare che l’indennità non viene corrisposta durante periodi di ricovero gratuito in strutture sanitarie per più di 29 giorni consecutivi.
In caso di esito negativo, il richiedente ha la possibilità di presentare ricorso. La procedura prevede un accertamento tecnico preventivo da parte di un consulente tecnico nominato dal giudice. Se il giudizio del consulente è positivo, il ricorrente può proseguire con il ricorso legale. In assenza di contestazione, il giudice omologa l’accertamento e l’INPS deve adeguarsi al giudizio espresso.
Consulenza e Supporto
Affrontare l’iter burocratico per l’ottenimento dell’indennità di accompagnamento può risultare complesso e oneroso. Per questo motivo, è consigliabile avvalersi del supporto di enti specializzati che possano fornire assistenza qualificata durante tutto il processo. I patronati, ad esempio, offrono servizi gratuiti di consulenza e assistenza nella compilazione e presentazione della domanda, nonché nel successivo monitoraggio della pratica.
Inoltre, i centri di assistenza fiscale (CAF) possono fornire supporto nella raccolta e nell’organizzazione della documentazione necessaria, assicurando che tutti i requisiti formali siano soddisfatti. Questi enti dispongono di personale esperto in materia di previdenza e assistenza sociale, in grado di guidare il richiedente attraverso le varie fasi del procedimento.
È anche possibile rivolgersi ad associazioni di categoria o organizzazioni non governative che operano nel settore della disabilità e dell’assistenza sociale. Queste organizzazioni spesso offrono servizi di orientamento, supporto psicologico e legale, nonché informazioni aggiornate sulle normative vigenti e sui diritti dei cittadini.
Infine, è fondamentale mantenere una comunicazione costante con l’INPS e con gli altri enti coinvolti, al fine di essere sempre aggiornati sullo stato della propria pratica e per risolvere tempestivamente eventuali problematiche che possano insorgere durante l’iter di valutazione.
In sintesi, l’indennità di accompagnamento rappresenta un sostegno economico fondamentale per le persone non autosufficienti. Tuttavia, l’accesso a questa prestazione richiede il rispetto di specifici requisiti e l’adempimento di una serie di procedure burocratiche. Avvalersi del supporto di professionisti ed enti specializzati può facilitare notevolmente il percorso, garantendo al contempo il rispetto delle normative vigenti e la tutela dei diritti del richiedente.
Per approfondire
INPS – Indennità di accompagnamento agli invalidi civili: Informazioni ufficiali sui requisiti e le modalità di richiesta dell’indennità di accompagnamento.
