Quanti punti di invalidità per frattura del femore?

Valutazione medico-legale dei punti di invalidità per frattura del femore: criteri clinici, procedure INPS/ASL, documentazione necessaria e consigli operativi per l'iter.

La frattura del femore è un evento traumatico importante, con ripercussioni che vanno oltre la guarigione dell’osso. Anche dopo il trattamento chirurgico e la riabilitazione, possono persistere dolore, limitazioni della mobilità, alterazioni dell’andatura e necessità di ausili. Per questo, quando si chiede “quanti punti di invalidità spettano per una frattura del femore?”, la risposta non può essere unica e valida per tutti: la valutazione dipende dai postumi che restano in modo stabile nel tempo, non dall’entità del trauma in sé. In ambito medico-legale, infatti, i “punti di invalidità” descrivono in percentuale la menomazione dell’integrità psicofisica o la riduzione della capacità lavorativa generica, a seconda del contesto.

In Italia coesistono più cornici valutative. Nell’invalidità civile si stima la riduzione della capacità lavorativa generica (o, per minori e over 67 anni, la compromissione dell’autonomia e della partecipazione sociale). Negli infortuni sul lavoro e nelle malattie professionali si quantifica la menomazione alla salute secondo specifiche tabelle. In ambito assicurativo e di responsabilità civile si utilizza la percentuale di danno biologico secondo scale dedicate. In ogni caso, i criteri clinici di base sono sovrapponibili: contano localizzazione e tipo di frattura, trattamento effettuato, qualità del recupero funzionale, presenza di complicanze, dolore residuo, alterazioni dell’andatura e necessità di ausili. Nelle sezioni che seguono, illustriamo come questi elementi incidono sull’assegnazione dei “punti”.

Criteri per l’assegnazione dei punti di invalidità

Il punto di partenza è la stabilizzazione dei postumi: la valutazione medico-legale si esegue quando il quadro è divenuto stabile (di norma dopo 6–12 mesi, a seconda del decorso e di eventuali interventi successivi). L’oggetto del giudizio non è l’evento acuto, ma il deficit anatomico-funzionale residuo. In termini pratici, si considera quanto la frattura del femore – e il suo trattamento – abbiano inciso in modo permanente su mobilità, forza, resistenza allo sforzo, equilibrio, dolore, autonomia nella deambulazione e nelle attività quotidiane. La misurazione del range di movimento dell’anca (flessione, estensione, abduzione/adduzione, rotazioni), la valutazione della forza muscolare (in particolare abduttori e flessori), i test dell’andatura e l’osservazione del bisogno di ausili (bastone, deambulatore, plantari) sono cardini oggettivi su cui si basa l’attribuzione dei punti.

Un secondo criterio riguarda la sede e il tipo di frattura: collo femorale (intracapsulare), pertrocanterica, subtrocanterica o diafisaria comportano esiti e rischi diversi. Le fratture intracapsulari hanno un rischio maggiore di necrosi avascolare della testa femorale e possono richiedere artroprotesi; quelle pertrocanteriche spesso vengono trattate con osteosintesi (chiodi, placche) ma possono lasciare zoppia per debolezza degli abduttori; le diafisarie possono determinare accorciamento e alterazione dell’asse con ripercussioni su anca e ginocchio. Anche il trattamento influisce sul profilo dei postumi: un’osteosintesi ben consolidata con mobilità quasi completa e dolore modesto genera, in genere, menomazioni contenute; una protesi d’anca con buona funzione non è di per sé sinonimo di elevata invalidità, ma eventuali limitazioni protesiche, dolore persistente o instabilità aumentano la valutazione. A parità di diagnosi, contano dunque le conseguenze funzionali effettive, non solo l’etichetta clinica.

Il terzo gruppo di criteri attiene alla funzione residua: ampiezza di movimento, dolore e performance nella deambulazione. La limitazione della flessione oltre i 90–100 gradi, delle rotazioni o dell’abduzione, specie se bilaterale o associata a dolore, aumenta la menomazione. Il dolore cronico, se presente in carico o a riposo e se richiede analgesici regolari, è un moltiplicatore importante del danno. L’andatura zoppicante (ad esempio per insufficienza dei glutei medio-minori con segno di Trendelenburg), l’intolleranza al carico prolungato, la ridotta autonomia su scale o terreni irregolari e la necessità di appoggio (bastone permanente o deambulatore) fanno salire i punti. Anche una discrepanza di lunghezza degli arti inferiori incide: accorciamenti clinicamente significativi influenzano il consumo energetico del cammino, il dolore lombare secondario e la stabilità, elementi tutti considerati nella quantificazione. Gli strumenti di valutazione funzionale (test del cammino, tempi per alzarsi e camminare, valutazione dell’equilibrio) contribuiscono a oggettivare il quadro.

Le complicanze rappresentano un ulteriore determinante. La pseudartrosi o il ritardo di consolidazione con dolore meccanico, una necrosi avascolare della testa femorale, un vizioso consolidamento (varo/valgo o rotazionale) con alterazione dell’asse, un’infezione profonda, l’allentamento o la rottura dei mezzi di sintesi, l’ossificazione eterotopica con rigidità, la rigidità del ginocchio dopo fratture diafisarie, fino alle sindromi dolorose regionali complesse, aumentano sensibilmente i punti assegnati. Anche il coinvolgimento di strutture adiacenti (ad esempio lesioni tendinee dei glutei o conflitto trocanterico secondario) o esiti cicatriziali dolorosi è valutato. L’impatto su attività specifiche (alzarsi da seduto, entrare e uscire dall’auto, indossare calze e scarpe, mantenere stazione eretta prolungata) rende conto della reale disabilità nel quotidiano. In presenza di reinterventi (conversione a protesi, revisione dei mezzi di sintesi, bonifica di infezione), la stima viene aggiornata quando il nuovo quadro si stabilizza.

Infine, il contesto complessivo della persona modula la quantificazione. Le tabelle per l’invalidità civile e per il danno biologico considerano la menomazione alla salute in termini generali: l’età non è di per sé un “punto” aggiuntivo, ma la coesistenza di altre patologie (ad esempio cardiopatie, BPCO, demenza, artrosi controlaterale, esiti di ictus) viene integrata secondo il criterio delle menomazioni concorrenti, che evita la semplice somma aritmetica e stima l’effetto combinato sull’integrità psicofisica e sull’autonomia. In pratica, un esito femorale identico può tradursi in percentuali diverse se si inserisce in quadri clinici differenti. In molte griglie valutative, gli esiti lievi (mobilità quasi completa, dolore occasionale, andatura senza ausili) corrispondono a pochi punti; menomazioni moderate (limitazioni articolari misurabili, dolore al carico, uso saltuario di bastone, discreta perdita di resistenza) si collocano in fasce intermedie; esiti gravi (zoppia marcata, dolore continuo, ausili permanenti, accorciamento significativo o complicanze come necrosi/pseudartrosi) raggiungono fasce più alte. Il riferimento finale resta sempre la tabella vigente nel procedimento specifico (invalidità civile, infortunistica sul lavoro o ambito assicurativo), applicata al singolo caso in base ai dati clinici, radiografici e funzionali documentati.

Procedure per la valutazione

La valutazione dell’invalidità civile per una frattura del femore segue un iter ben definito, volto a determinare l’entità della menomazione e il conseguente riconoscimento dei benefici previsti. Il processo inizia con la presentazione di una domanda all’INPS, corredata da un certificato medico introduttivo redatto dal proprio medico curante. Questo certificato, inviato telematicamente, attesta la presenza e la natura delle infermità invalidanti e ha una validità di 90 giorni dalla data di emissione. È fondamentale che il medico sia abilitato alla trasmissione telematica di tali certificati. (torrinomedica.it)

Successivamente, il richiedente viene convocato per una visita medico-legale presso una commissione ASL integrata da un medico dell’INPS. Durante la visita, la commissione esamina la documentazione sanitaria fornita e valuta le condizioni cliniche attuali del paziente. È importante sottolineare che la visita si basa principalmente sui certificati presentati; pertanto, è essenziale che la documentazione sia completa, dettagliata e aggiornata. (invaliditaediritti.it)

Al termine della valutazione, la commissione redige un verbale in cui indica la percentuale di invalidità riconosciuta. Se il richiedente non concorda con l’esito, ha la possibilità di presentare ricorso entro 60 giorni dalla notifica del verbale. In caso di aggravamento delle condizioni di salute, è possibile richiedere una nuova valutazione, presentando ulteriore documentazione che attesti il peggioramento del quadro clinico.

La convocazione alla visita avviene tramite comunicazione ufficiale; in caso di impedimento giustificato è opportuno segnalarlo tempestivamente per ottenere un rinvio. L’assenza non motivata può comportare la definizione agli atti o l’archiviazione. Quando la documentazione è ritenuta esaustiva, la commissione può deliberare anche “agli atti”; nelle situazioni di non trasportabilità adeguatamente certificata è possibile richiedere la visita domiciliare.

Il verbale indica la diagnosi, la percentuale riconosciuta e l’eventuale rivedibilità, con una data di revisione. In prossimità della revisione l’interessato può essere riconvocato per accertare la permanenza dei requisiti; la mancata presentazione può determinare sospensione o revoca dei benefici. Se interviene un cambiamento clinico rilevante, è prevista la possibilità di richiedere una revisione anticipata per aggravamento o, nei casi opportuni, di comunicare il miglioramento.

In ambiti diversi dall’invalidità civile, le procedure seguono canali propri. Per infortuni sul lavoro e malattie professionali, la valutazione è effettuata dall’ente assicuratore competente con stima della menomazione e adozione del relativo provvedimento. In sede assicurativa o di responsabilità civile, la quantificazione dei postumi avviene nell’ambito di perizie medico-legali delle parti, con eventuale conciliazione o contenzioso; in giudizio, il magistrato può disporre una consulenza tecnica d’ufficio. In ogni caso, la valutazione è eseguita a stabilizzazione clinica e si fonda su rilievi obiettivi e documentazione probatoria.

Documentazione necessaria

Per avviare la procedura di riconoscimento dell’invalidità civile a seguito di una frattura del femore, è fondamentale raccogliere e presentare una serie di documenti specifici. La corretta preparazione di questa documentazione è essenziale per garantire l’efficacia e la tempestività dell’iter burocratico.

Il primo documento indispensabile è il certificato medico introduttivo, redatto dal proprio medico curante. Questo certificato deve essere compilato online e inviato telematicamente all’INPS. Esso attesta la presenza di patologie invalidanti e ha una validità di 90 giorni dalla data di emissione. È importante che il medico sia abilitato alla trasmissione telematica di tali certificati.

Oltre al certificato medico, è necessario allegare una copia del documento d’identità in corso di validità e del codice fiscale del richiedente. Questi documenti servono a identificare univocamente il soggetto che presenta la domanda.

È consigliabile includere tutta la documentazione sanitaria disponibile che possa supportare la richiesta, come referti medici, esami diagnostici, cartelle cliniche e qualsiasi altro documento che evidenzi la gravità e la natura delle patologie dichiarate.

Consigli per la richiesta

Affrontare la procedura per il riconoscimento dell’invalidità civile richiede attenzione e precisione. Ecco alcuni consigli utili per facilitare il processo:

1. Preparazione accurata della documentazione: Assicurarsi che tutti i documenti siano completi, aggiornati e pertinenti. Una documentazione dettagliata e ben organizzata può facilitare la valutazione da parte della commissione medica.

2. Supporto di un professionista: Considerare l’assistenza di un avvocato o di un patronato esperto in materia di invalidità civile può essere vantaggioso. Questi professionisti possono guidare il richiedente attraverso le varie fasi del processo, assicurando che tutti i passaggi vengano eseguiti correttamente. (sertic.it)

3. Rispetto delle tempistiche: È fondamentale rispettare i termini previsti per la presentazione della domanda e per eventuali ricorsi. Ad esempio, il certificato medico introduttivo ha una validità di 90 giorni, e il ricorso contro il verbale della commissione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica.

4. Partecipazione attiva alla visita medica: Durante la visita con la commissione medica, è importante fornire informazioni chiare e dettagliate sulle proprie condizioni di salute, rispondendo con precisione alle domande poste.

5. Monitoraggio dello stato della domanda: Dopo aver presentato la domanda, è consigliabile monitorare lo stato di avanzamento attraverso i canali ufficiali dell’INPS o con l’assistenza del patronato, per essere informati su eventuali richieste aggiuntive o convocazioni. (osservatoriomalattierare.it)

Seguendo questi consigli, il richiedente può affrontare con maggiore serenità e consapevolezza l’iter per il riconoscimento dell’invalidità civile.

In conclusione, ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile per una frattura del femore richiede un’attenta preparazione e una conoscenza approfondita delle procedure previste. È essenziale raccogliere tutta la documentazione necessaria, rispettare le tempistiche e, se necessario, avvalersi del supporto di professionisti esperti. Un approccio diligente e informato può facilitare il processo e aumentare le probabilità di ottenere i benefici previsti.

Per approfondire

INPS – Invalidità Civile: Pagina ufficiale dell’INPS che fornisce informazioni dettagliate sulle procedure per il riconoscimento dell’invalidità civile.

Ministero della Salute – Disabilità: Sezione del Ministero della Salute dedicata alle tematiche relative alla disabilità e ai diritti dei disabili.

HandyLex – Invalidità Civile: Portale che offre approfondimenti normativi e pratici sul tema dell’invalidità civile.