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Le lesioni del menisco sono tra i danni articolari più frequenti del ginocchio, sia in ambito sportivo sia nella vita di tutti i giorni. Dopo un trauma o un intervento chirurgico, è naturale chiedersi “quanti punti di invalidità” possano essere riconosciuti: si tratta della misura, espressa in punti o percentuale, del danno permanente alla funzione psicofisica. Questo punteggio medico-legale non descrive la malattia in sé, ma quantifica il residuo deficit funzionale stabilizzato nel tempo. È un parametro usato in differenti contesti (risarcimento del danno biologico, infortuni sul lavoro, polizze assicurative, valutazioni di invalidità) e viene attribuito con strumenti e tabelle che possono variare a seconda dell’ambito applicativo.
Per orientarsi, è utile conoscere i criteri con cui medici legali e commissioni valutano una lesione meniscale. Non esiste un numero “standard” valido per tutti: la quantificazione dipende dal tipo di lesione, dalla presenza di eventuali danni associati (legamentosi o cartilaginei), dall’esito del trattamento (conservativo o chirurgico) e soprattutto dalle limitazioni funzionali stabili nella vita quotidiana. Questa guida spiega in modo chiaro le variabili considerate nella stima dei “punti di invalidità” per menisco, offrendo un linguaggio accessibile senza rinunciare al rigore clinico e medico-legale. Le informazioni hanno carattere generale e non sostituiscono la valutazione diretta del caso specifico.
Criteri di valutazione per lesione del menisco
Il primo cardine della valutazione è la natura anatomopatologica della lesione. Non tutte le rotture meniscali sono uguali: si distinguono per morfologia (longitudinale, radiale, a manico di secchio, a flap, orizzontale, “root tear”), sede (corno anteriore, corpo, corno posteriore) e localizzazione (menisco mediale o laterale). Anche l’eziologia conta: le rotture traumatiche acute hanno implicazioni diverse rispetto a quelle degenerative, spesso inserite in un quadro di condropatia o artrosi iniziale. Alcune tipologie, come le lesioni della radice meniscale o le rotture instabili a manico di secchio, comportano un’alterazione marcata della funzione ammortizzante e distributiva del carico, con maggior rischio di blocco articolare e di progressione del danno cartilagineo. Il menisco laterale, per biomeccanica, influisce spesso di più sulla stabilità rotazionale, mentre quello mediale è più esposto a lesioni cronico-degenerative: queste differenze possono riflettersi sul profilo dei postumi.
Un secondo pilastro riguarda i postumi funzionali dopo la fase di stabilizzazione clinica, vale a dire quando il quadro non è più suscettibile di miglioramento clinico sostanziale con ulteriori terapie (tipicamente alcuni mesi dopo l’evento o l’intervento). La quantificazione si concentra sul “come funziona il ginocchio” nella vita reale: dolore residuo sotto carico, gonfiore ricorrente dopo sforzi o a fine giornata, sensazioni di cedimento o impaccio, eventuali episodi di blocco, rumori o “scatti” dolorosi, difficoltà nel piegamento profondo, nell’accovacciarsi o nell’inginocchiarsi, nel salire/scendere le scale o nel camminare a lungo su terreno irregolare. All’esame obiettivo si valutano escursione articolare (flessione/estensione), lassità o dolore al solco meniscale, trofismo muscolare del quadricipite, segni di infiammazione sinoviale. Misurazioni goniometriche e, quando disponibili, test funzionali standardizzati contribuiscono a documentare in modo ripetibile l’entità del deficit residuo.
Il terzo elemento è il percorso terapeutico e il suo esito. Un trattamento conservativo ben condotto può ridurre i sintomi in molte lesioni stabili e poco estese, mentre alcuni tipi di rottura richiedono un intervento chirurgico. La sutura meniscale, quando indicata e andata a buon fine, mira a preservare il tessuto e quindi la funzione ammortizzante, con potenziale riduzione dei postumi a lungo termine rispetto alla meniscectomia. Le meniscectomie parziali possono lasciare un ginocchio funzionale ma talvolta con dolore da carico o versamenti episodici, specie in caso di ampie resezioni o di correzione biomeccanica non ottimale. Complicanze come rigidità, infezione, fallimento della sutura o recidiva di rottura influenzano la stima del danno. In ottica medico-legale è rilevante anche la coerenza tra indicazione chirurgica, tecnica adottata, aderenza e qualità della riabilitazione, oltre all’eventuale necessità di ulteriori procedure (reintervento, trapianto meniscale) che sottintendono una maggiore gravità del quadro residuo.

La documentazione strumentale e lo stato cartilagineo sono altri punti chiave. La risonanza magnetica descrive sede, estensione e stabilità della lesione, integrità legamentosa (in particolare del legamento crociato anteriore) e condizioni della cartilagine. Radiografie in carico e proiezioni dedicate aiutano a valutare l’allineamento e segni di artrosi; in presenza di meniscectomia estesa o lesione radicolare non trattata è più probabile osservare, nel tempo, un sovraccarico compartimentale. L’eventuale condropatia preesistente va distinta dai danni correlabili all’evento: la stima dei “punti” tiene conto della quota di menomazione effettivamente attribuibile alla lesione meniscale e ai suoi esiti, evitando di sovrastimare per condizioni antecedenti. Anche le note operatorie, i report di fisioterapia, e il confronto tra imaging pre- e post-operatorio forniscono elementi oggettivi sulla traiettoria clinica e sulla stabilizzazione dei postumi, requisito indispensabile per una quantificazione attendibile.
Infine, si considerano fattori contestuali e il quadro globale del ginocchio. Lesioni meniscali associate a lassi legamentose (per esempio con rottura del crociato) tendono a comportare postumi maggiori rispetto alle lesioni isolate; in questi casi la quantificazione complessiva riflette il concorso dei diversi danni, secondo le regole del sistema valutativo adottato. Anche il coinvolgimento bilaterale, i difetti di asse (varo/valgo), il peso corporeo e l’età possono condizionare il carico articolare e la sintomatologia, ma la valutazione mira a isolare, per quanto possibile, la menomazione direttamente imputabile alla lesione. È rilevante, inoltre, se il soggetto svolge attività che richiedono frequenti inginocchiamenti o accovacciamenti: pur non essendo la prestazione lavorativa il perno del “danno biologico” in senso stretto, queste esigenze funzionali rendono concreti i limiti nella vita quotidiana. In sintesi, a parità di diagnosi, i “punti di invalidità” dipendono soprattutto dai postumi funzionali stabili: un ginocchio senza dolore, con escursione completa e assenza di blocchi dopo una sutura ben riuscita avrà una stima più contenuta rispetto a un ginocchio con meniscectomia ampia, versamenti ricorrenti e condropatia evolutiva, specie se associata a instabilità.
Procedure per ottenere l’invalidità
Per ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile in Italia, è necessario seguire un iter ben definito. Il primo passo consiste nel rivolgersi al proprio medico curante per la compilazione del certificato medico introduttivo. Questo documento, redatto in modalità telematica, attesta le condizioni di salute del richiedente e viene inviato all’INPS. Una volta ottenuta la ricevuta di trasmissione, il richiedente ha 90 giorni di tempo per presentare la domanda di invalidità civile all’INPS, anch’essa in modalità telematica. È possibile effettuare questa operazione autonomamente, se in possesso delle credenziali necessarie, oppure avvalersi dell’assistenza di un patronato o di un’associazione di categoria. (medisoc.it)
Dopo la presentazione della domanda, l’INPS convoca il richiedente per una visita medica presso la Commissione Medica competente. Durante questa visita, la Commissione valuta la documentazione presentata e le condizioni cliniche del richiedente per determinare il grado di invalidità. In alcuni casi, se le condizioni di salute lo richiedono, è possibile richiedere una visita domiciliare. (asugi.sanita.fvg.it)
Una volta completata la valutazione, l’INPS invia al domicilio del richiedente il verbale con l’esito della visita e la percentuale di invalidità riconosciuta. Se il richiedente non è soddisfatto dell’esito, ha la possibilità di presentare ricorso entro 180 giorni dalla notifica del verbale. (istitutomedicolegale.it)
Documentazione necessaria
Per avviare la procedura di riconoscimento dell’invalidità civile, è fondamentale disporre di una documentazione sanitaria completa e aggiornata. Il certificato medico introduttivo, redatto dal medico curante, deve contenere una diagnosi dettagliata delle patologie e delle menomazioni presenti, nonché informazioni sulle terapie in corso e sulla prognosi.
Oltre al certificato medico, è consigliabile raccogliere e presentare ulteriori documenti clinici, quali referti di esami diagnostici, relazioni di specialisti, cartelle cliniche relative a eventuali ricoveri ospedalieri e qualsiasi altra documentazione che possa attestare la gravità e l’evoluzione delle condizioni di salute.
È importante che tutta la documentazione sia in fotocopia e venga consegnata alla Commissione Medica durante la visita di accertamento. La completezza e l’aggiornamento della documentazione possono influire significativamente sull’esito della valutazione.
Suggerimenti per la richiesta
Per aumentare le probabilità di ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile, è consigliabile seguire alcuni suggerimenti pratici. Innanzitutto, assicurarsi che il certificato medico introduttivo sia compilato in modo accurato e dettagliato, includendo tutte le patologie e le menomazioni presenti, nonché le relative implicazioni funzionali.
Inoltre, è utile prepararsi adeguatamente alla visita medica, portando con sé tutta la documentazione sanitaria pertinente e rispondendo in modo chiaro e preciso alle domande della Commissione. Se possibile, è consigliabile farsi accompagnare da un familiare o da una persona di fiducia durante la visita.
Infine, in caso di esito negativo o di riconoscimento di una percentuale di invalidità inferiore alle aspettative, è possibile presentare ricorso. In questa fase, può essere utile avvalersi dell’assistenza di un medico legale o di un avvocato specializzato in diritto previdenziale per valutare la documentazione e predisporre un’eventuale perizia medico-legale a supporto del ricorso.
In conclusione, ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile per una lesione del menisco richiede un’attenta preparazione e una documentazione completa. Seguire scrupolosamente le procedure indicate e avvalersi del supporto di professionisti qualificati può facilitare l’iter e aumentare le probabilità di successo.
Per approfondire
INPS – Invalidità civile: come presentare domanda – Guida ufficiale dell’INPS sulle modalità di presentazione della domanda di invalidità civile.
Ministero della Salute – Invalidità civile – Informazioni istituzionali sul riconoscimento dell’invalidità civile e sui diritti dei cittadini.
