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La domanda “quanti soldi danno con la pensione di invalidità?” non ha una risposta unica, perché sotto questa etichetta ricadono misure diverse, con regole e finalità differenti. In Italia coesistono prestazioni assistenziali (come l’assegno mensile per invalidi civili parziali e la pensione di inabilità civile per invalidi totali) e prestazioni previdenziali legate ai contributi (assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità per assicurati INPS). Ognuna ha importi, soglie di reddito, maggiorazioni ed eventuali integrazioni specifiche. Inoltre, gli importi vengono aggiornati ogni anno con la perequazione, cioè l’adeguamento al costo della vita.
Per orientarsi, è utile distinguere tra ciò che è “pensione” vero e proprio e ciò che è un “assegno” o un’“indennità” aggiuntiva. Le prestazioni assistenziali sono in genere importi fissi, uguali su tutto il territorio nazionale e legati al reddito; le prestazioni previdenziali dipendono invece dalla storia contributiva e retributiva della persona. Esistono poi indennità non legate al reddito, come l’indennità di accompagnamento per non autosufficienza, che non sostituiscono la pensione ma si sommano quando ne ricorrono i requisiti. Capire quali quote compongono il pagamento mensile è il primo passo per stimare correttamente l’ammontare.
Ammontare della pensione di invalidità
Con “ammontare” della pensione di invalidità si intende l’importo mensile che l’INPS eroga in base alla prestazione riconosciuta, di norma su 13 mensilità (con tredicesima a dicembre). Nelle prestazioni assistenziali dell’invalidità civile (assegno mensile per percentuali dal 74% al 99% e pensione di inabilità civile al 100%), la cifra è determinata a livello nazionale, è uguale per tutti gli aventi diritto e viene indicizzata annualmente. Si tratta generalmente di somme di poche centinaia di euro al mese, che possono essere aumentate con maggiorazioni e integrazioni se sussistono determinate condizioni di reddito ed età. Nelle prestazioni previdenziali, invece, l’ammontare è costruito sulla base dei contributi versati e delle regole del sistema pensionistico (quote retributive e contributive), quindi varia in modo anche significativo da persona a persona.
Restando sulle misure assistenziali, la logica è diversa da quella pensionistica tradizionale: il diritto non dipende dai contributi ma dalla condizione sanitaria e da limiti di reddito personale o, in alcuni casi, coniugale. L’importo base è stabilito annualmente e può essere accompagnato da una maggiorazione sociale e, in specifici casi, da un incremento che porta la prestazione a un livello più elevato quando i redditi sono molto bassi. Tali incrementi non sono automatici per tutti: dipendono da età, composizione del nucleo, tipologia della prestazione (ad esempio, invalidità civile totale o parziale) e dalla normativa vigente in quell’anno. Un aspetto importante è che le prestazioni assistenziali dell’invalidità civile sono esenti da IRPEF: l’importo corrisposto è, quindi, già “netto” e non subisce ritenute fiscali, fatto salvo l’eventuale recupero di indebiti o conguagli amministrativi.
Per le prestazioni previdenziali (assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità per lavoratori assicurati), l’ammontare segue il meccanismo del sistema pensionistico: rilevano gli anni di contribuzione, l’ammontare dei contributi, l’età e le regole di calcolo in vigore. L’assegno ordinario di invalidità, rinnovabile a scadenze triennali, è cumulabile con il lavoro ma può subire riduzioni in presenza di redditi da lavoro superiori a determinate soglie; la pensione di inabilità previdenziale richiede di norma la cessazione dell’attività lavorativa e viene calcolata come una pensione piena, tenendo conto anche di accrediti figurativi. Entrambe sono soggette a tassazione IRPEF e a conguagli fiscali: questo significa che l’importo “in tasca” può risultare diverso nei mesi di conguaglio o in presenza di detrazioni/deduzioni fiscali. Anche in questo caso, il pagamento avviene in 13 mensilità.

Un capitolo a parte è rappresentato dalle indennità che possono affiancarsi alla pensione, senza costituirne parte integrante. L’indennità di accompagnamento, riconosciuta in caso di non autosufficienza, non è legata al reddito e non è tassata; si cumula con la pensione o con l’assegno assistenziale quando sussistono i relativi requisiti sanitari e amministrativi. Esistono poi indennità specifiche per minorenni (come l’indennità di frequenza) e per alcune disabilità sensoriali (indennità di comunicazione, indennità speciale per ciechi), che hanno importi propri e regole di cumulabilità/universalità differenti. È fondamentale non confondere questi importi aggiuntivi con la pensione: servono a coprire bisogni assistenziali specifici e, quando presenti, aumentano il totale percepito mensilmente, ma non cambiano la natura né le regole di base della prestazione principale.
In pratica, quanto spetta ogni mese dipende dalla “combinazione” di fattori: tipo di prestazione (assistenziale o previdenziale), percentuale e quadro di invalidità, presenza di requisiti economici, età, eventuali maggiorazioni, indennità aggiuntive e, per le prestazioni previdenziali, dall’anzianità contributiva. Due esempi semplificati aiutano a visualizzare: 1) una persona adulta con invalidità civile tra il 74% e il 99% e reddito basso potrà accedere all’assegno mensile assistenziale, con importo base indicizzato e possibile maggiorazione se rientra nelle soglie previste; 2) una persona con invalidità civile al 100% potrà aver diritto alla pensione di inabilità civile, eventualmente incrementata in presenza di redditi molto bassi e dei requisiti di età, con possibilità di cumulabilità con l’indennità di accompagnamento se sussiste la non autosufficienza. Diversamente, un lavoratore con una storia contributiva significativa potrà vedersi riconoscere l’assegno ordinario di invalidità con un importo proporzionato ai contributi, soggetto a IRPEF e potenzialmente riducibile se prosegue l’attività lavorativa con redditi elevati.
Oltre alla cifra mensile, conta anche la decorrenza del diritto e la presenza della tredicesima. In molte prestazioni la decorrenza parte dal mese successivo alla domanda (o agli adempimenti medico-legali previsti), e gli arretrati possono essere riconosciuti se l’iter di accertamento si conclude dopo. La tredicesima viene corrisposta in dicembre e, per le prestazioni assistenziali, non subisce tassazione, mentre per le prestazioni previdenziali segue il regime fiscale ordinario. È possibile che l’importo vari nel corso dell’anno per effetto della perequazione, di eventuali adeguamenti ai limiti di reddito, di maggiorazioni riconosciute successivamente, o per conguagli fiscali sulle prestazioni soggette a IRPEF. In caso di mutamenti del reddito o della situazione familiare, la spettanza di maggiorazioni o integrazioni può cambiare, con conseguente aumento o riduzione delle somme percepite.
Calcolo della pensione
Il calcolo dell’importo non è unico: dipende dalla natura della prestazione. Nelle misure assistenziali dell’invalidità civile l’importo si ottiene partendo dal valore base fissato per l’anno di riferimento, verificando i limiti di reddito e aggiungendo, se spettano, la maggiorazione sociale e l’eventuale incremento previsto per redditi molto bassi. L’importo così determinato è corrisposto in 13 mensilità ed è esente da IRPEF; eventuali indennità (ad esempio di accompagnamento) si sommano a parte e non entrano nel calcolo della pensione in senso stretto.
Operativamente, per le prestazioni assistenziali si procede di norma così: si accerta la percentuale e la tipologia di invalidità riconosciuta; si confrontano i redditi personali (e, in alcuni casi, coniugali) con le soglie previste; si applicano le maggiorazioni spettanti in base all’età e alla normativa vigente; si verifica la decorrenza per stimare arretrati e tredicesima. Se i redditi superano i limiti, l’importo può essere ridotto o azzerato; se variano durante l’anno, la spettanza delle maggiorazioni può essere ricalcolata, con possibili conguagli.
Per le prestazioni previdenziali (assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità per assicurati INPS), il calcolo segue le regole del sistema pensionistico. Si considerano gli anni e l’ammontare dei contributi, si determina il montante contributivo rivalutato e lo si trasforma in rendita tramite i coefficienti di trasformazione; per anzianità anteriori a determinate date possono intervenire quote calcolate con il metodo retributivo. In caso di pensione di inabilità sono riconosciuti, in presenza dei requisiti, accrediti figurativi fino all’età pensionabile; l’assegno ordinario è cumulabile con il lavoro ma può essere ridotto se i redditi da lavoro superano soglie prefissate. Entrambe le prestazioni sono soggette a IRPEF, per cui l’importo netto dipende anche da detrazioni e conguagli fiscali.
Una stima pratica, quindi, richiede di: conoscere la tipologia di prestazione riconosciuta; individuare l’anno di riferimento e gli importi aggiornati per perequazione; considerare la decorrenza e la tredicesima; includere o escludere correttamente indennità e maggiorazioni; tenere conto della tassazione per le prestazioni previdenziali. Poiché gli importi e i limiti sono aggiornati periodicamente, è opportuno verificare i dati in vigore al momento della domanda o della liquidazione e rileggere il verbale sanitario e il provvedimento INPS per comprendere le voci che compongono la rata.
Requisiti per ottenere la pensione
Per accedere alla pensione di invalidità civile in Italia, è necessario soddisfare specifici requisiti sia sanitari che amministrativi. Il riconoscimento dell’invalidità totale e permanente, pari al 100%, è fondamentale. Questo implica che l’individuo non sia in grado di svolgere alcuna attività lavorativa a causa di infermità o difetti fisici o mentali.
Un altro criterio essenziale riguarda il reddito personale annuo, che non deve superare una determinata soglia stabilita annualmente. Ad esempio, per l’anno 2025, il limite di reddito personale annuo è fissato a 19.772,50 euro. È importante notare che nel calcolo del reddito non vengono considerati l’importo della pensione di invalidità, le rendite INAIL, le pensioni di guerra, l’indennità di accompagnamento e i redditi soggetti a imposta sostitutiva dell’IRPEF. Inoltre, la casa di abitazione è esclusa dal calcolo del reddito.
Dal punto di vista anagrafico, la pensione di invalidità è destinata a individui di età compresa tra i 18 e i 67 anni. Al compimento del 67° anno di età, la pensione di invalidità si trasforma automaticamente in assegno sociale sostitutivo, garantendo così una continuità nel sostegno economico.
Per quanto riguarda la cittadinanza e la residenza, possono presentare domanda i cittadini italiani, i cittadini comunitari iscritti all’anagrafe del comune di residenza e i cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno di almeno un anno. È inoltre richiesto che il richiedente abbia una residenza stabile e abituale sul territorio nazionale.
Come fare domanda
La procedura per richiedere la pensione di invalidità civile prevede diversi passaggi. Inizialmente, è necessario ottenere un certificato medico introduttivo, compilato e inviato telematicamente all’INPS da un medico certificatore abilitato. Questo certificato ha una validità di 90 giorni e attesta la presenza delle condizioni sanitarie necessarie per il riconoscimento dell’invalidità.
Successivamente, il richiedente deve presentare la domanda di pensione all’INPS. Questa può essere inoltrata attraverso il portale online dell’INPS, utilizzando le credenziali SPID, CNS o CIE, oppure avvalendosi dell’assistenza di patronati o associazioni di categoria. È fondamentale allegare alla domanda tutta la documentazione richiesta, tra cui il certificato medico introduttivo, documenti di identità, codice fiscale e, se necessario, la certificazione ISEE.
Dopo la presentazione della domanda, l’INPS convoca il richiedente per una visita medica presso la commissione medica competente, che valuterà il grado di invalidità. In caso di esito positivo, l’INPS emette un verbale di riconoscimento dell’invalidità e procede all’erogazione della pensione a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.
È importante sottolineare che, in caso di rigetto della domanda o di riconoscimento di un grado di invalidità inferiore a quello atteso, il richiedente ha la possibilità di presentare ricorso entro sei mesi dalla notifica del verbale sanitario. Il ricorso può essere di natura amministrativa, rivolgendosi direttamente all’INPS, o giudiziaria, presentando istanza presso il tribunale competente.
In conclusione, la pensione di invalidità civile rappresenta un sostegno economico fondamentale per coloro che, a causa di gravi condizioni di salute, non sono in grado di svolgere attività lavorative. È essenziale essere a conoscenza dei requisiti e delle procedure necessarie per accedere a questa prestazione, al fine di garantire il supporto adeguato a chi ne ha diritto.
Per approfondire
INPS – Pensione di inabilità agli invalidi civili: Informazioni ufficiali sulla pensione di inabilità, requisiti e modalità di presentazione della domanda.
