Quanto valgono 2 punti di invalidità?

Significato dei 2 punti di invalidità: definizione medico-legale, criteri di calcolo, valutazione economica (micro e macropermanenti), procedure di risarcimento, termini, soglie INAIL e condizioni che incidono sull’indennizzo.

La domanda “Quanto valgono 2 punti di invalidità?” ricorre spesso dopo un incidente stradale, un infortunio o un errore sanitario. Per rispondere in modo corretto è necessario capire prima che cosa rappresentano i “punti di invalidità” in ambito medico-legale, perché quella cifra non è un numero astratto: nasce da criteri clinici standardizzati e si traduce solo in un secondo momento in un valore economico, che dipende dal contesto giuridico-assicurativo di riferimento. Conoscere la logica che sta dietro all’attribuzione dei punti aiuta a leggere per intero la propria situazione, a orientarsi nelle perizie e ad anticipare i passaggi successivi.

Nell’uso comune, “invalidità” è talvolta confusa con il concetto di “invalidità civile” (una categoria previdenziale-assistenziale). In realtà, quando si parla di punti di invalidità nel percorso di risarcimento del danno alla persona, si fa riferimento alla misura della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè al cosiddetto danno biologico. Dire che una persona ha “2 punti” significa, tecnicamente, stimare un 2% di invalidità permanente. La stima percentuale è effettuata da un medico-legale sulla base di esami, documentazione clinica e criteri tabellari. Solo dopo, in funzione dell’età e del quadro normativo applicabile (ad esempio micropermanenti da circolazione stradale, infortuni sul lavoro, responsabilità sanitaria), quel 2% potrà essere tradotto in un importo economico.

Cosa sono i punti di invalidità

I punti di invalidità sono l’unità di misura con cui, in medicina legale, si quantifica la riduzione permanente dell’integrità psico-fisica conseguente a una lesione. Sono espressi in percentuale, su una scala che va da 0 a 100: più alto è il valore, maggiore è la menomazione residua. Un valore pari a 2 punti corrisponde quindi a una menomazione del 2% rispetto alla piena integrità di una persona senza postumi. Questa quantificazione non descrive soltanto la perdita anatomica o funzionale di un singolo distretto, ma riflette l’impatto complessivo della menomazione sulla persona in termini di capacità fisica, sensoriale e, in parte, sulle attività della vita quotidiana. È importante distinguere che tale percentuale riguarda i postumi permanenti (stabili), non la sofferenza temporanea nella fase di guarigione.

La percentuale di invalidità permanente si differenzia infatti dalla “invalidità temporanea”, che misura i giorni in cui la persona non ha potuto svolgere le sue normali attività (totale o parzialmente), prima che le lesioni si stabilizzassero. Solo quando i postumi diventano stabili — di solito dopo un periodo di cure e controlli — si può parlare di invalidità permanente e stimarla in punti. La percentuale esprime il danno biologico, inteso come lesione dell’integrità psico-fisica in sé e per sé, indipendentemente dalla professione svolta o dal reddito. Eventuali conseguenze economiche specifiche (come la perdita di guadagno) vengono, se del caso, valutate separatamente come danno patrimoniale. In altre parole, i punti di invalidità fotografano la menomazione residua dell’organismo in termini clinici e funzionali, non l’impatto economico soggettivo.

I “punti” convivono con cornici normative diverse a seconda dell’ambito. Nei sinistri stradali, per i postumi di lieve entità (le cosiddette micropermanenti, tipicamente dal 1% al 9%), il risarcimento del danno biologico segue criteri uniformi fissati dalla legge, con importi base per punto e correttivi legati all’età; oltre tali soglie (menomazioni più gravi), la prassi giudiziaria fa riferimento a sistemi tabellari elaborati per orientare i tribunali. Nella responsabilità sanitaria o in altri illeciti extra-contrattuali si utilizzano strumenti valutativi e tabelle medico-legali ampiamente condivisi, mentre in ambito infortunistico o assicurativo privato possono esistere barèmes contrattuali specifici. È fondamentale non confondere l’invalidità permanente medico-legale con l’invalidità civile, che risponde a finalità assistenziali ed è disciplinata da criteri e percentuali propri: si tratta di percorsi paralleli e distinti, sebbene entrambi “parlino” in percentuali.

Come vengono calcolati

Come si arriva a quei punti? La stima nasce da una valutazione medico-legale, che include: analisi della documentazione clinica (referti di pronto soccorso, visite specialistiche, imaging, esiti chirurgici), anamnesi, esame obiettivo e, se necessario, test funzionali. Il medico-legale confronta i reperti con tabelle delle menomazioni che attribuiscono intervalli percentuali ai diversi postumi (per esempio limitazioni articolari, esiti cicatriziali, deficit sensoriali). L’età del danneggiato non modifica la percentuale di invalidità — che resta una misura medico-funzionale — ma potrà incidere sul successivo calcolo economico. Inoltre, la valutazione tiene conto della stabilizzazione dei postumi: si attende un periodo congruo perché i miglioramenti prevedibili (o peggioramenti) si siano esauriti. La presenza di condizioni preesistenti può essere considerata, distinguendo tra menomazioni già presenti e quelle effettivamente causate o aggravate dall’evento.

Dire che una persona ha “2 punti di invalidità” significa quindi che è stato accertato un esito stabilizzato, di entità lieve ma oggettivabile, che riduce in modo permanente una funzione o comporta un esito estetico o sensoriale non trascurabile. Esempi, puramente illustrativi, possono includere: una modesta limitazione di movimento di un’articolazione, un piccolo esito cicatriziale in zona non altamente esposta ma clinicamente rilevante, una lieve riduzione della sensibilità o un modesto acufene monolaterale con impatto funzionale minimo, la perdita di un elemento dentario se non sostituibile senza esiti. Questi quadri non impediscono la vita quotidiana, ma comportano una menomazione stabile che merita una quantificazione. I “2 punti” diventano così la base numerica su cui, nella fase successiva, si applicano i criteri previsti (per contesto) per giungere alla traduzione in denaro, eventualmente con margini di personalizzazione quando la situazione concreta lo giustifica.

Quando le lesioni coinvolgono più distretti, le percentuali non si sommano in modo aritmetico: si utilizzano criteri di combinazione che tengono conto dell’interazione tra menomazioni (ad esempio la riduzione percentuale successiva), così da restituire un valore complessivo realistico senza sovrastime. La perizia distingue inoltre gli esiti funzionali da quelli estetici e dalle componenti algiche, attribuendo a ciascuno il peso coerente con i barèmes adottati; per i postumi di lieve entità è richiesto un riscontro clinico-obiettivo dell’esito, talora supportato da indagini strumentali. La relazione conclusiva esplicita il nesso causale, il grado di menomazione e la data di stabilizzazione, elementi indispensabili per l’eventuale fase liquidativa.

Valutazione economica dei punti

La valutazione economica dei punti di invalidità permanente è un processo complesso che tiene conto di vari fattori, tra cui l’età del danneggiato, il grado di invalidità e le tabelle di riferimento utilizzate per il calcolo del risarcimento. In Italia, per le lesioni micropermanenti (fino a 9 punti percentuali di invalidità), si fa riferimento all’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, mentre per le lesioni macropermanenti (oltre i 9 punti) si utilizzano le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano o dal Tribunale di Roma. (risarcimentodannitalia.it)

Il valore economico attribuito a ciascun punto di invalidità aumenta in modo più che proporzionale all’aumentare del grado di invalidità e diminuisce con l’aumentare dell’età del danneggiato. Questo significa che un individuo più giovane con un alto grado di invalidità riceverà un risarcimento maggiore rispetto a una persona più anziana con lo stesso grado di invalidità. (assicurazioni-alessandria.it)

Ad esempio, secondo le tabelle del Tribunale di Milano, un individuo di 30 anni con un’invalidità permanente del 35% potrebbe ricevere un risarcimento di circa 180.000 euro, mentre un individuo di 25 anni con un’invalidità dell’80% potrebbe ottenere oltre 1.000.000 di euro. (avvocatiabologna.it)

È importante sottolineare che questi valori sono indicativi e possono variare in base alle specifiche circostanze del caso, alle spese sostenute e ad altri fattori pertinenti. Pertanto, è consigliabile consultare un medico legale o un avvocato specializzato per ottenere una stima accurata del risarcimento spettante.

Procedure per ottenere il risarcimento

Per ottenere il risarcimento relativo a un’invalidità permanente, è necessario seguire una serie di passaggi ben definiti. In primo luogo, è fondamentale raccogliere tutta la documentazione medica pertinente, inclusi referti, cartelle cliniche e certificati che attestino l’entità delle lesioni subite. (assistenzamalasanita.com)

Successivamente, è consigliabile sottoporsi a una perizia medico-legale, durante la quale un esperto valuterà il grado di invalidità permanente e attribuirà un punteggio percentuale in base alle tabelle di riferimento. Questa valutazione è cruciale per determinare l’entità del risarcimento. (istitutomedicolegale.it)

Una volta ottenuta la perizia, si procede con la presentazione della richiesta di risarcimento alla compagnia assicurativa o all’ente responsabile. È importante includere nella richiesta tutta la documentazione raccolta e la perizia medico-legale. In alcuni casi, potrebbe essere necessario avviare una trattativa con l’assicurazione per concordare l’importo del risarcimento. Se non si raggiunge un accordo soddisfacente, è possibile intraprendere un’azione legale per ottenere il giusto indennizzo.

Durante tutto il processo, è consigliabile avvalersi dell’assistenza di professionisti esperti in materia di risarcimento danni, come avvocati specializzati e medici legali, per garantire che tutti i passaggi vengano eseguiti correttamente e per massimizzare le possibilità di ottenere un risarcimento adeguato.

Limitazioni e condizioni

Nel processo di richiesta di risarcimento per invalidità permanente, esistono alcune limitazioni e condizioni da considerare. Una delle principali è il termine di prescrizione, ovvero il periodo entro il quale è possibile avanzare la richiesta. In generale, per i danni derivanti da responsabilità contrattuale, il termine è di 10 anni, mentre per la responsabilità extracontrattuale è di 5 anni. È quindi fondamentale agire tempestivamente per non perdere il diritto al risarcimento.

Un’altra condizione riguarda la soglia minima di invalidità riconosciuta per ottenere determinati benefici. Ad esempio, l’INAIL riconosce il risarcimento solo in caso di lesioni con un grado di invalidità superiore al 6%. Per danni compresi tra il 6% e il 15%, l’indennizzo viene erogato in un’unica soluzione, mentre per invalidità superiori al 15%, viene corrisposta una rendita mensile vitalizia.

Inoltre, è importante essere consapevoli che il risarcimento può essere influenzato da eventuali concause o dalla presenza di patologie preesistenti. In tali casi, l’entità del risarcimento potrebbe essere ridotta proporzionalmente. Pertanto, è essenziale fornire una documentazione completa e accurata per permettere una valutazione corretta del danno subito.

Infine, è bene ricordare che il risarcimento ottenuto da altre fonti, come assicurazioni private o indennità lavorative, potrebbe essere detratto dall’importo totale riconosciuto. Questo per evitare duplicazioni nel risarcimento e garantire un’equa compensazione del danno subito. (e-justice.europa.eu)

In conclusione, comprendere il valore economico dei punti di invalidità, le procedure per ottenere il risarcimento e le limitazioni esistenti è fondamentale per chiunque si trovi ad affrontare le conseguenze di un’invalidità permanente. Affidarsi a professionisti esperti e agire tempestivamente può fare la differenza nel garantire un risarcimento adeguato e giusto.

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