Da cosa è causato il calazio?

Calazio: cause, sintomi, diagnosi e trattamenti; disfunzione delle ghiandole di Meibomio, blefarite, rosacea, fattori ambientali, prevenzione, segnali d’allarme e gestione clinica.

Il calazio è una tumefazione dell’area palpebrale che nasce dalla reazione infiammatoria attorno a una ghiandola di Meibomio ostruita. Queste ghiandole, situate lungo il margine delle palpebre, secernono il meibum, una componente lipidica del film lacrimale che serve a ridurre l’evaporazione delle lacrime e a mantenere stabile la superficie oculare. Quando l’orifizio escretore si chiude o il secreto diventa eccessivamente denso, il materiale lipidico ristagna e induce una risposta granulomatosa “sterile”: da qui il nodulo tipico del calazio. A differenza dell’orzaiolo, che è spesso acuto e dolente perché alimentato da un’infezione batterica, il calazio tende a essere meno doloroso, più subacuto o cronico e non contagioso.

Comprendere da cosa è causato il calazio aiuta a prevenire le recidive e a orientare le decisioni terapeutiche. Nella maggioranza dei casi la radice del problema è una disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD), che altera qualità e fluidità del meibum favorendo l’ostruzione. Esistono però numerosi fattori predisponenti – locali, comportamentali, ambientali e sistemici – che possono concorrere a innescare o perpetuare il processo. Questa guida offre una panoramica chiara e aggiornata sulle cause più comuni e su quelle meno note, utile sia a chi desidera capire come evitare nuovi episodi sia ai professionisti che necessitano di un ripasso sintetico ma rigoroso.

Cause del calazio

La causa immediata del calazio è l’occlusione del dotto escretore di una ghiandola di Meibomio, con ritenzione di meibum e successiva reazione infiammatoria di tipo granulomatoso. Il meibum fisiologicamente deve restare sufficientemente fluido per scorrere all’esterno a ogni ammiccamento; quando diventa più denso o ceroso, finisce per tappare l’ostio ghiandolare. Il materiale lipidico trattenuto si degrada e richiama cellule infiammatorie che formano un granuloma lipofagico: clinicamente si manifesta come un nodulo rotondeggiante, mobile, ben circoscritto, più spesso sulla palpebra superiore. Può comparire de novo oppure come esito di un orzaiolo interno che, esaurita la fase infettiva acuta, lascia dietro di sé un’infiammazione sterile persistente. L’anatomia individuale delle ghiandole, la qualità del film lacrimale e la frequenza/integrità dell’ammiccamento sono variabili che modulano il rischio di occlusione e, quindi, la probabilità di sviluppare un calazio.

Tra i principali fattori predisponenti locali spiccano la blefarite e la disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD), condizioni spesso intrecciate. Nella blefarite posteriore, in particolare, l’infiammazione del margine palpebrale altera la secrezione del meibum, che si fa più viscoso e ricco di detriti, mentre il bordo palpebrale si ispessisce e gli orifizi si stenotizzano. L’iperproliferazione batterica commensale lungo le ciglia può produrre lipasi che scindono i lipidi, aumentando l’irritazione locale e peggiorando ulteriormente la qualità del meibum. Anche la presenza di Demodex (acari ciliari), frequente negli adulti e negli anziani, è stata associata a blefarite cronica e a occlusione delle ghiandole; le squame (“manicotti”) alla base delle ciglia ne sono un indizio clinico. In questo contesto la ghiandola, già funzionalmente compromessa, è più incline a chiudersi, dando origine a calazi ricorrenti, talvolta multipli.

Le dermatosi infiammatorie del volto e del margine palpebrale rappresentano un altro capitolo rilevante. L’acne rosacea, specialmente nella sua forma oculare, si associa frequentemente a MGD: la componente infiammatoria e vascolare della rosacea altera le ghiandole sebacee e meibomiane, rendendo il secreto più denso e favorendo stasi e occlusione. Anche la dermatite seborroica contribuisce, con una desquamazione persistente che ostruisce gli orifizi e sostiene una microflora cutanea favorevole alla blefarite. In chi soffre di allergie oculari, il prurito determina sfregamenti e manipolazioni ripetute delle palpebre: il microtrauma meccanico, sommato al rilascio di mediatori infiammatori, può ostacolare il normale deflusso del meibum. Questi quadri, se non riconosciuti e trattati, spiegano perché alcune persone sviluppino calazi a ripetizione nonostante abbiano una generale buona salute oculare.

Da cosa è causato il calazio?

Abitudini quotidiane e fattori ambientali possono fungere da innesco o amplificatore. L’uso di cosmetici occlusivi lungo il margine palpebrale – per esempio eyeliner applicati “sulla rima” (waterline) o mascara molto resistenti – può ostruire direttamente gli orifizi o mescolarsi al meibum alterandone le proprietà. Una rimozione trucco frettolosa o incompleta lascia residui che, col tempo, favoriscono la formazione di tappi. L’uso prolungato di schermi digitali induce ammiccamenti più rari e incompleti: ciò riduce lo “spurgo” fisiologico delle ghiandole, con stasi e addensamento del secreto. Ambienti secchi o climatizzati, esposizione a fumo e inquinanti atmosferici e una scarsa igiene palpebrale nel portatore di lenti a contatto sono ulteriori elementi che rendono più probabile l’ostruzione. Anche lo sfregamento cronico dell’occhio – per esempio per prurito allergico o abitudini comportamentali – contribuisce meccanicamente alla chiusura degli osti e all’irritazione persistente del bordo palpebrale.

Esistono poi fattori sistemici e farmacologici che, pur non essendo la causa diretta, aumentano la suscettibilità. Le dislipidemie e, in generale, gli assetti lipidici alterati possono modificare la composizione del sebo e del meibum, favorendo secrezioni più cerose e predisponendo a occlusione; questo legame è stato osservato in particolare nei casi ricorrenti. Le variazioni ormonali (adolescenza, gravidanza, peri-menopausa) influenzano l’omeostasi delle ghiandole sebacee e meibomiane e possono temporaneamente peggiorarne la funzione. Alcuni farmaci, come gli isotretinoidi sistemici usati per l’acne, sono noti per ridurre la secrezione sebacea e per alterare la qualità del film lacrimale: in alcuni pazienti questo si traduce in MGD e rischio maggiore di calazio. Anche l’uso cronico di alcune lozioni o unguenti topici grassi vicino al margine palpebrale può avere un effetto occlusivo. In presenza di malattie cutanee croniche o terapie sistemiche, il monitoraggio dell’equilibrio palpebrale e lacrimale aiuta a prevenire eventi ripetuti.

Infine, l’età e le caratteristiche individuali giocano un ruolo. Nei bambini, l’igiene palpebrale incostante e la tendenza a toccarsi gli occhi possono favorire ostruzioni ripetute; negli anziani, al contrario, l’ammiccamento meno vigoroso e la funzione ghiandolare ridotta facilitano la stasi del meibum. In alcune persone non si identifica un fattore scatenante unico, ma una somma di microcontributi che abbassano la soglia verso l’occlusione ghiandolare. È importante ricordare che il calazio non è, di per sé, un segno di scarsa immunità né una patologia contagiosa. Tuttavia, calazi che recidivano frequentemente o che compaiono sempre nello stesso punto meritano attenzione clinica perché possono segnalare una disfunzione meibomiana severa o, raramente, patologie che imitano il calazio; affrontare alla radice i fattori causali è il primo passo per ridurne l’insorgenza e la durata.

Sintomi del calazio

Il calazio esordisce tipicamente come un piccolo nodulo palpabile sulla palpebra, più spesso superiore, che inizialmente può essere dolente o sensibile alla pressione e poi tende a diventare indolore. La cute può apparire arrossata e lievemente edematosa nelle fasi precoci; con il passare dei giorni il nodulo si organizza in una tumefazione consistente, ben delimitata, che si percepisce come una “pallina” all’interno della palpebra. La grandezza è variabile: da un granello di miglio a lesioni più voluminose che possono dare fastidio meccanico nell’apertura dell’occhio.

Altri disturbi frequenti sono la sensazione di corpo estraneo, la lacrimazione riflessa e, se la lesione è grande o comprime la cornea, un lieve offuscamento visivo temporaneo. Quando l’infiammazione circostante è più marcata, l’intera palpebra può risultare pesante e tumefatta. A differenza dell’orzaiolo (hordeolum), che è un’infezione acuta dolorosa del margine palpebrale, il calazio non è di solito infettivo e il dolore tende a diminuire rapidamente man mano che la lesione si “incista”.

Nei bambini e nei soggetti con blefarite o rosacea le recidive sono più comuni e possono comparire più calazi nello stesso periodo. Anche in questi casi il disturbo resta in genere localizzato alla palpebra; tuttavia, noduli molto voluminosi possono indurre astigmatismo da pressione sulla cornea e, raramente, interferire con la qualità visiva fino alla risoluzione spontanea o terapeutica.

Diagnosi del calazio

La diagnosi è clinica e si basa sull’esame obiettivo eseguito dall’oculista. L’osservazione alla lampada a fessura evidenzia un nodulo tarsale duro-elastico, non adeso alla cute sovrastante, spesso con lieve iperemia della congiuntiva palpebrale. L’eversione della palpebra può mostrare una zona di granulazione giallastra corrispondente alla ghiandola ostruita. Non sono necessari esami strumentali o di laboratorio nella maggior parte dei casi, poiché la presentazione è tipica.

È importante distinguere il calazio da altre condizioni: l’orzaiolo è più doloroso, insorge rapidamente e si localizza al margine palpebrale come pustola; la cellulite pre-settale si associa a dolore diffuso, calore, arrossamento esteso e talvolta febbre; rare neoplasie palpebrali (es. carcinoma sebaceo) possono simulare un calazio, specie se la lesione recidiva nello stesso punto o non regredisce nonostante una corretta terapia. In tali evenienze, l’oculista può proporre una biopsia per escludere patologie diverse.

La valutazione comprende anche il controllo dell’acuità visiva e della superficie oculare: calazi di grandi dimensioni possono indurre astigmatismo da pressione o irregolarità della superficie corneale con sfocatura transitoria. Nei pazienti con blefarite, disfunzione delle ghiandole di Meibomio o rosacea oculare, l’esame dei margini palpebrali e dei dotti ghiandolari aiuta a identificare fattori predisponenti e a impostare misure preventive per ridurre le recidive.

Segnali di allarme che richiedono rivalutazione rapida includono dolore intenso e progressivo, peggioramento dell’edema con arrossamento esteso della palpebra, febbre, calo visivo marcato, diplopia o difficoltà a muovere l’occhio: in questi casi bisogna escludere complicazioni come un’infezione diffusa dei tessuti palpebrali. Anche le recidive multiple o la persistenza oltre alcune settimane senza miglioramento meritano un approfondimento specialistico e l’eventuale invio a trattamento.

Trattamenti per il calazio

Nel 70–80% dei casi il calazio si risolve con misure conservative e tempo. Il cardine della cura domiciliare sono gli impacchi caldo-umidi sulla palpebra chiusa per 10–15 minuti, 2–4 volte al giorno, avendo cura di mantenere la garza o il panno tiepido (mai bollente). Subito dopo l’impacco è utile un massaggio delicato della palpebra (dall’alto verso il bordo per la superiore, dal basso verso il bordo per l’inferiore) per favorire lo svuotamento del dotto ostruito. L’igiene quotidiana dei margini palpebrali con salviette dedicate o soluzione specifica contribuisce a ridurre l’infiammazione cronica (blefarite) e le recidive. Evitare di spremere la lesione, sospendere temporaneamente trucco e lenti a contatto sull’occhio interessato e lavare spesso le mani aiuta a prevenire irritazioni e sovrainfezioni.

Se il nodulo è molto infiammato o coesistono segni di infezione dei tessuti circostanti, il medico può associare una terapia farmacologica mirata (per esempio un unguento antibiotico locale in presenza di blefarite o un antibiotico sistemico in quadri selezionati). Gli antibiotici non accorciano il decorso del calazio “puro”, che è un processo infiammatorio, ma sono indicati quando il quadro clinico fa sospettare un interessamento batterico. In adulti con rosacea o blefarite cronica recidivante, talvolta si valutano cicli di terapia sistemica specifica su indicazione specialistica.

Quando le misure conservative non bastano, due opzioni ambulatoriali sono di comprovata efficacia: l’iniezione intralesionale di corticosteroide e l’incisione e courettage (curettage). L’iniezione di steroide riduce volume e infiammazione in molte lesioni di piccola-media entità; è rapida e non lascia cicatrici cutanee, ma può comportare rari effetti locali (per esempio ipopigmentazione cutanea), da valutare con l’oculista. L’incisione con courettage, eseguita in anestesia locale (o generale nei bambini per scarsa collaborazione), prevede una piccola apertura dal lato congiuntivale e la rimozione del materiale granulomatoso: è un intervento breve, con recupero rapido e, di norma, senza cicatrice visibile.

Dopo la procedura chirurgica si applica unguento antibiotico per alcuni giorni e un bendaggio per poche ore; lividi e gonfiore palpebrale regrediscono in pochi giorni. Il calazio può recidivare anche dopo trattamento riuscito: per ridurre il rischio, è fondamentale proseguire la pulizia palpebrale e gestire eventuali condizioni associate (blefarite, rosacea, cute seborroica, occhio secco). Rivolgersi all’oculista se i calazi sono frequenti, molto grandi, persistenti oltre 4–6 settimane nonostante gli impacchi, o se compaiono dolore intenso, peggioramento del rossore, calo visivo o febbre. Nei casi recidivanti nello stesso punto o atipici, il chirurgo può proporre l’analisi istologica del tessuto asportato per escludere patologie diverse.

In sintesi, il calazio è una cisti palpebrale benigna dovuta all’ostruzione delle ghiandole di Meibomio: spesso guarisce con calore umido, massaggio e igiene palpebrale, mentre le procedure ambulatoriali sono riservate ai casi persistenti o complicati. Riconoscere i segnali d’allarme, trattare le condizioni predisponenti e adottare una routine di pulizia delle palpebre sono i passi chiave per accelerare la guarigione e prevenire le recidive.

Per approfondire

NHS – Eyelid problems (incluso chalazion) Indicazioni ufficiali del Servizio Sanitario inglese su riconoscimento, auto-cura e quando rivolgersi al medico.

MedlinePlus – Chalazion Enciclopedia medica del National Library of Medicine con sintomi, diagnosi e trattamenti in linguaggio accessibile.