Lenvima: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Lenvima 30 Cps 10 mg (Lenvatinib Mesilato): sicurezza e modo d’azione

Lenvima 30 Cps 10 mg (Lenvatinib Mesilato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

LENVIMA è indicato negli adulti per il trattamento del carcinoma di ferenziato della tiroide (Differentiated Thyroid Carcinoma, DTC) (papillare/follicolare/a cellule di Hürthle) progressivo,

localmente avanzato o metastatico, refrattario allo iodio radioattivo ( adioactive Iodine, RAI).

Lenvima 30 Cps 10 mg: come funziona?

Ma come funziona Lenvima 30 Cps 10 mg? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Lenvima 30 Cps 10 mg

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici, inibitori della proteina chinasi, codice ATC: L01XE29

Lenvatinib è un inibitore multichinasico che ha dimostrato principalmente proprietà antiangiogeniche in vitro e in vivo; un’inibizione diretta della crescita tumorale è stata inoltre osservata in modelli in vitro.

Meccanismo d’azione

Lenvatinib è un inibitore dei recettori tirosin chinasici (RTK), che inibisce in modo selettivo le attività chinasiche dei recettori del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) VEGFR1 (FLT1), VEGFR2 (KDR) e VEGFR3 (FLT4), in aggiunta ad altri RTK correlati ai pathway proangiogenici e oncogenici, inclusi i recettori del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) FGFR1, 2, 3 e 4, il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) PDGFR?, KIT e RET.

Sebbene non sia stato studiato direttamente con lenvatinib, si ipotizza che il meccanismo d’azione per l’ipertensione sia mediato dall’inibizione di VEGFR2 nelle cellule endoteliali vascolari.

Analogamente, sebbene non sia stato studiato direttamente, si ipotizza che il meccanismo d’azione per la proteinuria sia mediato dalla sottoregolazione di VEGFR1 e VEGFR2 nei podociti glomerulari.

Il meccanismo d’azione per l’ipotiroidismo non è pienamente chiarito. Efficacia clinica

Carcinoma differenziato della tiroide refrattario allo iodio radioattivo

Lo studio SELECT era uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, condotto in 392 pazienti con carcinoma differenziato della tiroide refrattario allo iodio radioattivo, con evidenza radiografica, sottoposta a revisione centrale indipendente, di progressione della malattia nei 12 mesi (finestra +1 mese) precedenti l’arruolamento. La refrattarietà allo iodio radioattivo è stata definita come una o più lesioni misurabili, con assenza di captazione dello iodio o con progressione nonostante la terapia con iodio radioattivo (RAI), oppure aventi un’attività cumulativa di RAI > 600 mCi o 22 GBq con l’ultima dose almeno 6 mesi prima dell’ingresso nello studio. La randomizzazione è stata stratificata per regione geografica (Europa, Nord America e Altro), precedente terapia anti-VEGF/VEGFR (i pazienti potevano avere ricevuto 0 o 1 terapia

anti-VEGF/VEGFR precedente) ed età (? 65 anni o > 65 anni). Il principale endpoint di efficacia è stato la sopravvivenza libera da progressione (PFS), determinata da una revisione radiologica indipendente eseguita in cieco, utilizzando i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria in Solid Tumours) 1.1. Gli endpoint secondari di efficacia comprendevano il tasso di risposta globale e la sopravvivenza globale. I pazienti del braccio placebo potevano scegliere di ricevere il trattamento con lenvatinib al momento della conferma di progressione della malattia.

I pazienti eleggibili, con malattia misurabile secondo i criteri RECIST 1.1, sono stati randomizzati in rapporto 2:1 a ricevere lenvatinib 24 mg una volta al giorno (n = 261) o il placebo (n = 131). Le caratteristiche demografiche e di malattia al basale erano equilibrate per entrambi i gruppi di trattamento. Dei 392 pazienti randomizzati, il 76,3% non era mai stato sottoposto a terapie anti-

VEGF/VEGFR, il 49,0% era di sesso femminile, il 49,7% era europeo e l’età mediana era di 63 anni. Dal punto di vista istologico, il 66,1% aveva una diagnosi confermata di carcinoma tiroideo papillare e il 33,9% aveva carcinoma tiroideo follicolare, comprendente il carcinoma a cellule di Hürthle 14,8% e a cellule chiare 3,8%. Metastasi erano presenti nel 99% dei pazienti: polmoni nell’89,3%, linfonodi nel 51,5%, ossa nel 38,8%, fegato nel 18,1%, pleura nel 16,3% e cervello nel 4,1%. La maggior parte dei pazienti aveva un performance status ECOG di 0; il 42,1% di 1 e il 3,9% superiore a 1. L’attività di RAI cumulativa mediana somministrata prima dell’ingresso nello studio è stata 350 mCi (12,95 GBq).

Un prolungamento statisticamente significativo della PFS è stato dimostrato nei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto a quelli trattati con placebo (p < 0,0001) (vedere fìgura 1). L’effetto positivo sulla PFS è stato osservato in tutti i sottogruppi di età (al di sopra o al di sotto di 65 anni), sesso, razza, sottotipo istologico, regione geografica e in coloro che erano stati sottoposti a 0 o 1 precedente terapia anti-VEGF/VEGFR. Dopo la conferma con revisione indipendente della progressione della malattia, 109 (83,2%) pazienti randomizzati al placebo sono passati a ricevere lenvatinib in aperto, al momento dell’analisi di efficacia primaria.

Il tasso di risposta obiettiva (risposta completa [CR] più risposta parziale [PR]) secondo revisione radiologica indipendente è stato significativamente (p < 0,0001) più elevato nel gruppo trattato con lenvatinib (64,8%), rispetto al gruppo trattato con placebo (1,5%). Quattro (1,5%) soggetti trattati con lenvatinib hanno conseguito una CR e 165 soggetti (63,2%) hanno avuto una PR, mentre nessuno dei soggetti trattati con placebo ha avuto una CR e 2 (1,5%) dei soggetti hanno avuto una PR.

Il tempo mediano alla riduzione della prima dose è stato di 2,8 mesi. Il tempo mediano alla risposta obiettiva è stato di 2,0 (IC al 95%: 1,9, 3,5) mesi; tuttavia, tra i pazienti che hanno conseguito una risposta completa o parziale a lenvatinib, è stato osservato che il 70,4% ha sviluppato la risposta al o entro il 30mo giorno dall’inizio del trattamento con la dose da 24 mg.

Un’analisi della sopravvivenza globale presentava un fattore di confondimento, vale a dire che i soggetti trattati con placebo con progressione della malattia confermata hanno avuto la possibilità di passare al trattamento con lenvatinib in aperto. Non vi è stata alcuna differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza globale fra i gruppi di trattamento al momento dell’analisi di efficacia primaria (HR = 0,73; IC al 95%: 0,50, 1,07, p = 0,1032). La sopravvivenza globale mediana non era stata raggiunta né per il gruppo lenvatinib né per il gruppo placebo passato a lenvatinib (crossover).

Tabella 4 Risultati di efficacia

Lenvatinib N = 261 Placebo N = 131
Sopravvivenza libera da progressione (PFS)a
Numero di progressioni o decessi (%) 107 (41,0) 113 (86.3)
PFS mediana in mesi (IC al 95%) 18,3 (15,1, NS) 3.6 (2,2, 3,7)
Hazard ratio (IC al 99%)b,c 0,21 (0,14, 0,31)
Valore pb < 0,0001
Pazienti sottoposti a 0 terapie precedenti anti-VEGF/VEGFR (%) 195 (74,7) 104 (79,4)
Numero di progressioni o decessi 76 88
PFS mediana in mesi (IC al 95%) 18,7 (16,4, NS) 3,6 (2,1, 5,3)
Hazard ratio (IC al 95%)b,c 0,20 (0,14, 0,27)
Pazienti sottoposti a 1 terapia precedente anti-VEGF/VEGFR (%) 66 (25,3) 27 (20,6)
Numero di progressioni o decessi 31 25
PFS mediana in mesi (IC al 95%) 15,1 (8,8, NS) 3,6 (1,9, 3,7)
Hazard ratio (IC al 95%)b,c 0,22 (0,12, 0,41)
Tasso di risposta obiettivaa
Numero di responder obiettivi (%) 169 (64,8) 2 (1,5)
(IC al 95%) (59,0, 70,5) (0,0, 3,6)
Valore pb < 0,0001
Numero di risposte complete 4 0
Numero di risposte parziali 165 2
Tempo mediano alla risposta obiettivad, mesi (IC al 95%) 2,0 (1,9, 3,5) 5.6 (1.8, 9,4)
Durata della risposta,d mesi, mediana (IC al 95%) NS (16,8, NS) NS (NS, NS)
Sopravvivenza globale
Numero di decessi (%) 71 (27,2) 47 (35,9)
Sopravvivenza mediana in mesi (IC al 95%) NS (22,0, NS) NS (20,3, NS)
Hazard ratio (IC al 95%)b, e 0,73 (0,50, 1,07)
Valore pb, e 0,1032

IC, intervallo di confidenza; NS, non stimabile; OS, sopravvivenza globale; PFS, sopravvivenza libera da progressione; RPSFT, modello Rank Preserving Structural Failure Time; VEGF/VEGFR, fattore di crescita vascolare endoteliale/recettore del fattore di crescita vascolare endoteliale.

a: revisione radiologica indipendente.

b: stratificata per regione (Europa, Nord America vs Altro), fascia d’età (? 65 anni vs > 65 anni) e precedente terapia anti-VEGF/VEGFR (0 vs 1).

c: stimato con il modello dei rischi proporzionali di Cox.

d: stimato con il metodo di Kaplan-Meier; l’IC al 95% è stato costruito con il metodo Brookmeyer e Crowley generalizzato, nei pazienti con una migliore risposta complessiva di risposta completa o risposta parziale.

e: non aggiustato per l’effetto del crossover.

Probabilità di PFS

Figura 2 Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da progressione

IC, intervallo di confidenza; NS = Non stimabile.

Prolungamento dell’intervallo QT

Una dose singola di 32 mg di lenvatinib non ha prolungato l’intervallo QT/QTc sulla base dei risultati di un approfondito studio sul QT in volontari sani; tuttavia, un prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato segnalato con un’incidenza più elevata nei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto ai pazienti trattati con placebo (vedere paragrafì 4.4 e 4.8).

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati di uno studio con lenvatinib in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica per il carcinoma differenziato della tiroide refrattario allo iodio radioattivo.


Lenvima 30 Cps 10 mg: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Lenvima 30 Cps 10 mg, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Lenvima 30 Cps 10 mg

I parametri di farmacocinetica di lenvatinib sono stati studiati in soggetti adulti sani, in soggetti adulti con compromissione epatica, compromissione renale e tumori solidi.

Assorbimento

Lenvatinib è assorbito rapidamente dopo la somministrazione orale, con tmax osservato in genere da 1 a 4 ore dopo la somministrazione. Il cibo non influisce sull’entità, ma rallenta la velocità dell’assorbimento. Quando è stato somministrato con il cibo in soggetti sani, il picco di concentrazione plasmatica è risultato ritardato di 2 ore. La biodisponibilità assoluta non è stata determinata nell’uomo; tuttavia, i dati derivati da uno studio del bilancio di massa suggeriscono che sia nell’ordine dell’85%. Lenvatinib ha mostrato una buona biodisponibilità orale nel cane (70,4%) e nella scimmia (78,4%).

Distribuzione

In vitro il legame di lenvatinib alle proteine plasmatiche umane è elevato e varia dal 98% al 99% (0,3 – 30 ?g/ml, mesilato). Questo legame ha riguardato principalmente l’albumina, con un legame di minore entità all’?1-glicoproteina acida e alla ?-globulina.

In vitro il rapporto di concentrazione sangue-plasma di lenvatinib era compreso tra 0,589 e 0,608 (0,1 – 10 ?g/ml, mesilato).

Nei pazienti il volume mediano di distribuzione apparente (Vz/F) della prima dose era compreso tra 50,5 L e 92 L ed è risultato in genere coerente tra i gruppi di dose da 3,2 mg a 32 mg. Anche il volume di distribuzione apparente allo steady-state (Vz/Fss) mediano analogo è stato in genere coerente e compreso tra 43,2 L e 121 L.

Biotrasformazione

Nei microsomi epatici umani, la forma demetilata di lenvatinib (M2) è stata identificata come metabolita principale. M2’ e M3’, i principali metaboliti nelle feci umane, si sono formati rispettivamente da M2 e lenvatinib per aldeide ossidasi.

In campioni plasmatici raccolti fino a 24 ore dopo la somministrazione, lenvatinib costituiva il 97% della radioattività nei radiocromatogrammi del plasma, mentre il metabolita M2 ha rappresentato un ulteriore 2,5%. Sulla base dell’AUC(0 – inf), lenvatinib ha rappresentato il 60% e il 64% della radioattività totale rispettivamente nel plasma e nel sangue.

Studi dei trasportatori in vitro

Per i trasportatori seguenti, un’inibizione clinicamente rilevante è stata esclusa sulla base di una soglia di IC50 > 50 ?

Cmax,non legato.

Lenvatinib ha evidenziato attività inibitorie minime o assenti verso le attività di trasporto mediate dalla P-gp e dalla BCRP. Analogamente, non è stata osservata induzione di espressione dell’mRNA della

P-gp.

Eliminazione

Le concentrazioni plasmatiche si riducono in modo bi-esponenziale dopo il raggiungimento della Cmax. L’emivita terminale media esponenziale di lenvatinib è di circa 28 ore.

In seguito alla somministrazione di lenvatinib radiomarcato a 6 pazienti con tumori solidi, circa due terzi e un quarto del radiomarcatore sono stati eliminati rispettivamente nelle feci e nelle urine. Il metabolita M3 è stato l’analita predominante negli escreti (~ 17% della dose), seguito da M2’ (~ 11% della dose) e da M2 (~ 4,4% della dose).

Linearità/Non linearità

Proporzionalità della dose e accumulo

Nei pazienti con tumori solidi a cui erano state somministrate dosi singole e ripetute di lenvatinib una volta al giorno, l’esposizione a lenvatinib (Cmax e AUC) è aumentata in modo direttamente proporzionale alla dose somministrata, in un intervallo posologico da 3,2 a 32 mg una volta al giorno.

Lenvatinib evidenzia un accumulo minimo allo steady state. Nell’arco di questo intervallo, il rapporto di accumulo (Rac) mediano risultava compreso tra 0,96 (20 mg) e 1,54 (6,4 mg).

Popolazioni speciali

Compromissione epatica

La farmacocinetica di lenvatinib, dopo una dose singola di 10 mg, è stata valutata in 6 soggetti, ciascuno con compromissione epatica lieve e moderata (rispettivamente Child-Pugh A e Child-Pugh B). Una dose di 5 mg è stata valutata in 6 soggetti con compromissione epatica grave (Child-Pugh C). Otto soggetti sani, abbinati per caratteristiche demografiche, sono stati utilizzati come controlli e hanno ricevuto una dose di 10 mg. L’emivita mediana è risultata paragonabile tra i soggetti con compromissione epatica lieve, moderata e grave e quelli con funzione epatica nella norma e variava da 26 a 31 ore. La percentuale della dose di lenvatinib escreta nelle urine è stata bassa in tutte le coorti

(< 2,16% tra le coorti di trattamento).

L’esposizione a lenvatinib, sulla base dei dati dell’AUC0-t e dell’AUC0-inf aggiustate per la dose, è stata pari al 119%, 107% e 180% della norma per i soggetti rispettivamente con compromissione epatica lieve, moderata e grave. Non è noto se vi sia un’alterazione del legame alle proteine plasmatiche nei soggetti con compromissione epatica. Per le raccomandazioni posologiche, vedere paragrafo 4.2.

Compromissione renale

La farmacocinetica di lenvatinib, dopo una dose singola di 24 mg, è stata valutata in 6 soggetti ciascuno con compromissione renale lieve, moderata e grave e confrontata con 8 soggetti sani, abbinati per caratteristiche demografiche. I soggetti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati.

L’esposizione a lenvatinib, sulla base dei dati dell’AUC0-inf, è stata pari al 101%, 90% e 122% della norma per i soggetti rispettivamente con compromissione epatica lieve, moderata e grave. Non è noto se vi sia un’alterazione del legame alle proteine plasmatiche nei soggetti con compromissione renale. Per le raccomandazioni posologiche, vedere paragrafo 4.2.

Età, sesso, peso, razza

Sulla base di un’analisi di farmacocinetica di popolazione, in pazienti trattati con una dose fino a

24 mg di lenvatinib una volta al giorno, l’età, il sesso, il peso e la razza (giapponese vs altra, caucasica vs altra) non hanno avuto effetti significativi sulla clearance (vedere paragrafo 4.2).

Popolazione pediatrica

I pazienti pediatrici non sono stati studiati.


Lenvima 30 Cps 10 mg: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Lenvima 30 Cps 10 mg agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Lenvima 30 Cps 10 mg è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Lenvima 30 Cps 10 mg: dati sulla sicurezza

Negli studi di tossicità a dosi ripetute (fino a 39 settimane), lenvatinib ha causato alterazioni tossicologiche in vari organi e tessuti, correlate agli effetti farmacologici attesi di lenvatinib, tra cui glomerulopatia, ipocellularità testicolare, atresia dei follicoli ovarici, alterazioni gastrointestinali, alterazioni ossee, alterazioni surrenali (ratti e cani) e lesioni arteriose (necrosi fibrinoide delle arterie, degenerazione mediale o emorragia) nei ratti, nei cani e nelle scimmie cynomolgus. Livelli elevati di transaminasi, associati a segni di epatotossicità, sono stati inoltre osservati nei ratti, nei cani e nelle scimmie. Reversibilità delle alterazioni tossicologiche è stata osservata al termine di un periodo di recupero di 4 settimane in tutte le specie animali studiate.

Genotossicità

Lenvatinib non è risultato genotossico.

Non sono stati condotti studi di cancerogenicità con lenvatinib. Tossicità della riproduzione e dello sviluppo

Non sono stati condotti studi specifici con lenvatinib negli animali per valutare l’effetto sulla fertilità. Tuttavia, alterazioni testicolari (ipocellularità dell’epitelio seminifero) e ovariche (atresia dei follicoli) sono state osservate in studi di tossicità a dosi ripetute negli animali, a esposizioni pari a 11 – 15 volte (ratto) o 0,6 – 7 volte (scimmia) l’esposizione clinica prevista (sulla base dell’AUC) alla dose umana massima tollerata. Questi effetti sono risultati reversibili al termine di un periodo di recupero di

4 settimane.

La somministrazione di lenvatinib durante l’organogenesi ha provocato embrioletalità e teratogenicità nei ratti (anomalie fetali esterne e scheletriche), a esposizioni inferiori all’esposizione clinica (sulla base dell’AUC) alla massima dose umana tollerata, e nei conigli (anomalie fetali esterne, viscerali o scheletriche) a esposizioni inferiori all’esposizione clinica (sulla base della superficie corporea (mg/m2)) alla dose umana massima tollerata. Questi risultati indicano che lenvatinib ha un potenziale teratogeno, probabilmente correlato alla sua attività farmacologica come agente antiangiogenico.

Lenvatinib ed i suoi metaboliti sono escreti nel latte di ratto.

Studi di tossicità negli animali giovani

La mortalità è stata la tossicità dose-limitante nei ratti giovani, nei quali la somministrazione era stata iniziata il giorno post-natale (PND) 7 o il PND21, ed è stata osservata a esposizioni rispettivamente 125 o 12 volte inferiori rispetto all’esposizione a cui si è osservata mortalità nei ratti adulti. Ciò suggerisce un aumento della sensibilità alla tossicità con l’abbassamento dell’età. Pertanto, la mortalità può essere imputata a complicanze correlate a lesioni duodenali primarie, con possibile contributo di tossicità aggiuntive negli organi bersaglio immaturi.

La tossicità di lenvatinib è stata più marcata nei ratti più giovani (somministrazione iniziata il PND7), rispetto ai ratti in cui la somministrazione era iniziata il PND21 e la mortalità e alcune tossicità sono state osservate più precocemente nei ratti giovani a una dose di 10 mg/kg, rispetto ai ratti adulti che avevano ricevuto lo stesso livello di dose. Nei ratti giovani sono stati inoltre osservati ritardo della crescita, ritardo secondario dello sviluppo fisico e lesioni imputabili agli effetti farmacologici (incisivi, femore [fisi di accrescimento], reni, surrene e duodeno).


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Lenvima 30 Cps 10 mg: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Lenvima 30 Cps 10 mg

Lenvima 30 Cps 10 mg: interazioni

Lenvatinib altera la soppressione tiroidea esogena (vedere paragrafo 4.8, Descrìzìone dì reazìonì avverse selezìonate). I livelli di ormone tireostimolante (TSH) devono essere monitorati a intervalli regolari e la somministrazione di ormone tiroideo deve essere aggiustata al fine di raggiungere livelli di TSH adeguati, secondo l’obiettivo terapeutico del paziente.

Popolazioni speciali

Sono disponibili dati limitati per i pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica e in pazienti di età ? 75 anni. Lenvatinib deve essere utilizzato con cautela in tali pazienti, data la ridotta tollerabilità di lenvatinib nei pazienti asiatici e anziani (vedere paragrafo 4.8, Altre popolazìonì specìalì).

Non sono disponibili dati sull’uso di lenvatinib immediatamente successivo alla terapia con sorafenib o ad altri trattamenti antitumorali e può esserci un rischio potenziale di tossicità additive, a meno che non sia previsto un adeguato periodo di washout tra i trattamenti. Il periodo minimo di washout negli studi clinici è stato di 4 settimane.

Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione

Effetto di altri medicinali su lenvatinib

Agenti chemioterapici

La somministrazione concomitante di lenvatinib, carboplatino e paclitaxel non ha avuto un impatto significativo sulla farmacocinetica di queste tre sostanze.

Effetto di lenvatinib su altri medicinali

Contraccettivi orali

Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare (vedere paragrafo 4.6).


Lenvima 30 Cps 10 mg: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Lenvima 30 Cps 10 mg: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Lenvatinib altera lievemente la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari, a causa di effetti indesiderati quali affaticamento e capogiri. I pazienti che manifestano questi sintomi devono usare cautela nella guida di veicoli o nell’uso di macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco