Pantoflux: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Pantoflux (Pantoprazolo Sodico Sesquidrato): sicurezza e modo d’azione

Pantoflux (Pantoprazolo Sodico Sesquidrato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Trattamento a breve termine dei sintomi da reflusso (ad es. pirosi, rigurgito acido) negli adulti.

Pantoflux: come funziona?

Ma come funziona Pantoflux? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Pantoflux

Categoria farmacoterapeutica: Inibitori della pompa protonica, codice ATC: A02BC02

Meccanismo d’azione

Il pantoprazolo è un derivato benzimidazolico che inibisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco mediante blocco specifico delle pompe protoniche delle cellule parietali.

Il pantoprazolo è convertito nella sua forma attiva, una sulfenamide ciclica, nell’ambiente acido nelle cellule parietali ove inibisce l’enzima H+, K+-ATPasi, cioè lo stadio finale della produzione di acido cloridrico nello stomaco.

L’inibizione è dose-dipendente e interessa la secrezione acida sia basale che stimolata.

Nella maggior parte dei pazienti, la sintomatologia da pirosi e reflusso acido si risolve in 1 settimana.

Il pantoprazolo riduce l’acidità nello stomaco e conseguentemente aumenta la gastrina in modo proporzionale alla riduzione dell’acidità.

L’aumento della gastrina è reversibile. Poiché il pantoprazolo si lega all’enzima in posizione distale rispetto al livello del recettore, esso può inibire la secrezione di acido cloridrico indipendentemente dalla stimolazione da parte di altre sostanze (acetilcolina, istamina, gastrina).

L’effetto è lo stesso se il principio attivo è somministrato per via orale o endovenosa.

I valori di gastrina a digiuno aumentano durante il trattamento con pantoprazolo. In trattamenti a breve termine, nella maggioranza dei casi essi non superano i limiti superiori della norma. Durante trattamenti a lungo termine, nella maggior parte dei casi i livelli di gastrina raddoppiano.

Un eccessivo aumento, tuttavia, si verifica solo in casi isolati. Di conseguenza, durante il trattamento a lungo termine in una minoranza di casi si osserva nello stomaco un aumento da lieve a moderato del numero di cellule endocrine specifiche (ECL) (iperplasia da semplice ad adenomatoide). Tuttavia, in base agli studi sinora eseguiti, la formazione di precursori carcinoidi (iperplasia atipica) o di carcinoidi dello stomaco così come trovati negli esperimenti sull’animale (vedere paragrafo 5.3) non è stata riscontrata nell’uomo.

Efficacia clinica

In un’analisi retrospettiva di 17 studi in 5960 pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) trattati con monoterapia di pantoprazolo 20 mg, i sintomi associati al reflusso acido come ad es. pirosi e rigurgito acido sono stati valutati secondo una metodologia standardizzata.

Gli studi selezionati dovevano avere almeno un sintomo di reflusso acido a 2 settimane. La diagnosi di GERD in questi studi era basata su una valutazione endoscopica, con l’eccezione di uno studio in cui l’inclusione dei pazienti era basata solamente sulla sintomatologia.

In questi studi, la percentuale di pazienti con guarigione completa dalla pirosi dopo 7 giorni andava dal 54,0% all’80,6% nel gruppo trattato con pantoprazolo. Dopo 14 e 28 giorni, la completa guarigione dalla pirosi fu rilevata, rispettivamente, nel 62,9%-88,6% e nel 68,1%-92.3% dei pazienti.

Per quanto riguarda la guarigione completa dal rigurgito acido, si sono ottenuti risultati simili a quelli relativi alla pirosi. Dopo 7 giorni la percentuale di pazienti con guarigione completa dal rigurgito acido andava dal 61,5% all’84,4%, dopo 14 giorni dal 67,7% al 90,4%, e dopo 28 giorni dal 75,2% al 94,5%, rispettivamente. Il pantoprazolo si è mostrato costantemente superiore al placebo e agli H2-antagonisti e non inferiore ad altri inibitori di pompa protonica (IPP). Le percentuali di miglioramento dei sintomi da reflusso acido sono state ampiamente indipendenti dallo stato iniziale della GERD.


Pantoflux: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Pantoflux, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Pantoflux

La farmacocinetica non varia dopo somministrazione singola o ripetuta.

Nell’intervallo di dosi da 10 a 80 mg, la cinetica plasmatica del pantoprazolo è lineare dopo somministrazione sia orale sia endovenosa.

Assorbimento

Dopo somministrazione orale il pantoprazolo è assorbito completamente e rapidamente. La biodisponibilità assoluta delle compresse si è dimostrata essere di circa il 77%. In media, a circa 2,0 h – 2,5 h dalla somministrazione (tmax) di una singola dose orale di 20 mg, si raggiunge la concentrazione sierica massima (Cmax) di circa 1-1,5 ?g/ml, e questi valori rimangono costanti dopo somministrazioni ripetute. L’assunzione concomitante di cibo non ha alcuna influenza sulla biodisponibilità (AUC o Cmax), ma aumenta la variabilità del lag-time (tlag).

Distribuzione

Il volume di distribuzione è di circa 0,15 l/kg e il legame alle proteine sieriche è di circa il 98%.

Biotrasformazione

Pantoprazolo è metabolizzato quasi esclusivamente nel fegato.

Eliminazione

La clearance è di circa 0,1 l/h/kg, e l’emivita della fase terminale (t½) è di circa 1 h. Ci sono stati pochi casi di soggetti con rallentata eliminazione. A causa dello specifico legame del pantoprazolo alle pompe protoniche all’interno delle cellule parietali, l’emivita di eliminazione non si correla con la più prolungata durata d’azione (inibizione della secrezione acida).

L’eliminazione renale rappresenta la principale via di escrezione (circa 80%) per i metaboliti del pantoprazolo; il rimanente viene escreto con le feci. Il principale metabolita sia nel siero sia nelle urine è il desmetilpantoprazolo, che è coniugato con il solfato. L’emivita del metabolita principale (circa 1,5 h) non è molto più lunga di quella del pantoprazolo.

Popolazioni particolari

Insufficienza renale

Non è raccomandata la riduzione della dose nei casi in cui il pantoprazolo venga somministrato a pazienti con ridotta funzionalità renale (compresi pazienti in dialisi, che rimuove solo quantità trascurabili di pantoprazolo).

Come osservato nei soggetti sani, l’emivita del pantoprazolo è breve.

Sebbene il principale metabolita abbia una emivita più lunga (2-3h), l’escrezione è nondimeno rapida e dunque non si verifica accumulo.

Insufficienza epatica

Dopo la somministrazione di pantoprazolo a pazienti con compromissione epatica (classe A, B e C secondo Child-Pugh) i valori dell’emivita sono aumentati da 3 a 7 h e i valori di AUC sono aumentati di un fattore 3- 6, mentre la Cmax è aumentata solo leggermente di un fattore 1,3 rispetto a quella dei soggetti sani.

Anziani

Il leggero aumento dei valori di AUC e Cmax nei volontari anziani rispetto ai soggetti più giovani non è clinicamente rilevante.


Pantoflux: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Pantoflux agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Pantoflux è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Pantoflux: dati sulla sicurezza

I dati non clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità per dosi ripetute e genotossicità.

Negli studi di carcinogenesi a 2 anni nei ratti, sono state evidenziate neoplasie neuroendocrine. Inoltre, in uno studio sono stati trovati papillomi a cellule squamose nella parte anteriore dello stomaco dei ratti. Il meccanismo che porta alla formazione di carcinoidi dello stomaco da parte dei benzimidazoli sostituiti è stato accuratamente studiato e ha portato alla conclusione che si tratti di una reazione secondaria al massiccio aumento dei livelli sierici di gastrina che si verifica nel ratto durante il trattamento cronico ad alte dosi.

Negli studi a 2 anni nei roditori si è osservato un aumento del numero di tumori epatici nei ratti (soltanto in uno studio sul ratto) e nei topi femmina ed è stato interpretato come dovuto alla elevata metabolizzazione del pantoprazolo nel fegato.

In uno studio a 2 anni è stato osservato un leggero aumento di alterazioni neoplastiche della tiroide nel gruppo di ratti trattati con la dose più alta (200 mg/kg). L’insorgenza di tali neoplasie è associata alle modificazioni del catabolismo della tiroxina nel fegato del ratto indotte dal pantoprazolo.

Poiché la dose terapeutica per l’uomo è bassa, non sono da attendersi effetti collaterali a carico delle ghiandole tiroidee.

In studi sugli animali (ratti) il NOAEL (No Observed Adverse Effect Level) rilevato per l’embriotossicità è stato pari a 5 mg/kg. Gli studi non hanno dimostrato alcuna compromissione della fertilità o effetti teratogeni. Il passaggio transplacentare è stato studiato nel ratto e si è dimostrato aumentare con il progredire della gestazione. Di conseguenza, la concentrazione di pantoprazolo nel feto aumentava poco prima della nascita.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Pantoflux: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Pantoflux

Pantoflux: interazioni

Effetto di pantoprazolo sull’assorbimento degli altri medicinali

Pantoflux può ridurre l’assorbimento dei principi attivi la cui biodisponibilità dipende dal pH gastrico, ad es. ketoconazolo.

Farmaci per l’HIV (atazanavir)

È stato dimostrato che la somministrazione contemporanea di atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg con omeprazolo (40 mg una volta al giorno) o atazanavir 400 mg con lansoprazolo (60 mg in singola dose) a volontari sani ha portato ad una riduzione sostanziale della biodisponibilità di atazanavir.

L’assorbimento di atazanavir è pH-dipendente. Perciò, il pantoprazolo non deve essere somministrato contemporaneamente all’atazanavir (vedere paragrafo 4.3).

Anticoagulanti cumarinici (fenprocumone o warfarin)

Sebbene negli studi clinici di farmacocinetica non sono state osservate interazioni durante il trattamento concomitante con fenprocumone o warfarin, alcuni casi isolati di variazione dell’International Normalised Ratio (INR) sono stati segnalati durante il trattamento concomitante nel periodo post-marketing. Quindi, nei pazienti trattati con anticoagulanti cumarinici (ad es. fenprocumone o warfarin), si raccomanda di monitorare il tempo di protrombina/INR quando si inizia il trattamento con pantoprazolo, quando si interrompe o quando viene somministrato in maniera discontinua.

Metotressato

In alcuni pazienti, è stato segnalato che l’uso concomitante di metotressato ad alto dosaggio (ad es. 300 mg) e inibitori della pompa protonica aumenta i livelli di metotressato. Pertanto, nei casi in cui il metotressato viene utilizzato ad alto dosaggio, per esempio nel trattamento di tumori e della psoriasi, deve essere valutata una sospensione temporanea della terapia con pantoprazolo.

Altri studi di interazione

Studi di interazione con carbamazepina, caffeina, diazepam, diclofenac, digossina, etanolo, glibenclamide, metoprololo, naprossene, nifedipina, fenitoina, piroxicam, teofillina e un contraccettivo orale contenente levonorgestrel ed etinilestradiolo non hanno evidenziato interazioni clinicamente significative.

In ogni caso non può essere esclusa una interazione del pantoprazolo con altre sostanze che vengono metabolizzate dallo stesso sistema enzimatico.

Non ci sono state interazioni con antiacidi somministrati contemporaneamente.


Pantoflux: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Pantoflux: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Il pantoprazolo non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Tuttavia, si possono verificare reazioni avverse al farmaco come capogiri e disturbi visivi (vedere paragrafo 4.8). In tali casi, i pazienti non devono guidare o usare macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco