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La metformina è uno dei farmaci più prescritti al mondo per il trattamento del diabete di tipo 2 e dell’insulino‑resistenza. Negli ultimi anni è entrata nel dibattito anche per il suo potenziale impatto sul peso corporeo: molti pazienti e professionisti si chiedono se, con l’obiettivo di dimagrire, sia meglio assumerla prima o dopo i pasti. Per rispondere in modo accurato è utile capire come agisce nell’organismo: conoscere i meccanismi d’azione aiuta infatti a collegare effetto clinico, tollerabilità e momento dell’assunzione.
È importante chiarire che la metformina non è un “farmaco dimagrante” in senso stretto: il suo obiettivo primario è migliorare il controllo glicemico e la sensibilità all’insulina. La perdita di peso osservata in alcuni pazienti è in genere modesta e indiretta, frutto di un miglioramento del metabolismo glucidico e di effetti intestinali e ormonali. La scelta di quando assumerla in relazione ai pasti influisce soprattutto sulla tollerabilità gastrointestinale, più che sull’efficacia metabolica. In questa guida vedremo il meccanismo d’azione, per poi collegarlo alla pratica quotidiana su come e quando prenderla in sicurezza.
Meccanismo d’azione della metformina
La metformina agisce su più distretti, con un effetto cardine a livello epatico: riduce la produzione di glucosio da parte del fegato (gluconeogenesi) e, in misura minore, la glicogenolisi. Questo avviene in parte attraverso l’inibizione del complesso I della catena respiratoria mitocondriale, che abbassa lo “stato energetico” della cellula (riduzione del rapporto ATP/AMP). L’aumento di AMP attiva chinasi sensibili all’energia, tra cui AMPK (proteina chinasi attivata da AMP), che rappresenta un importante “interruttore” metabolico: limita vie anaboliche che consumano energia (come la lipogenesi) e favorisce quelle cataboliche (come l’ossidazione degli acidi grassi). Il risultato clinico è una minore immissione di glucosio in circolo da parte del fegato e una riduzione dell’iperglicemia a digiuno, senza un rischio significativo di ipoglicemia quando usata in monoterapia.
Un secondo asse d’azione, oggi riconosciuto come molto rilevante, è intestinale. La metformina si concentra nel lume e nella mucosa intestinale, dove aumenta l’utilizzo di glucosio da parte degli enterociti (consumo locale), può ridurre modestamente l’assorbimento del glucosio e modifica il profilo degli acidi biliari. Questi cambiamenti, insieme a un’azione sulle cellule L, si associano a un incremento della secrezione di incretine, in particolare GLP‑1 endogeno, che contribuisce a migliorare la risposta insulinica post-prandiale e a modulare l’appetito. Inoltre, la metformina può rimodellare il microbiota intestinale verso profili più favorevoli dal punto di vista metabolico. Questi meccanismi intestinali spiegano perché alcune persone sperimentino un lieve calo ponderale e senso di sazietà; va però distinto l’effetto indiretto della metformina da quello, più marcato, dei farmaci agonisti del recettore GLP‑1, a cui ci si può riferire quando si valutano alternative terapeutiche all’approccio incretinico, come illustrato nell’approfondimento su quali farmaci possono sostituire Ozempic
A livello dei tessuti periferici, in particolare muscolo scheletrico e tessuto adiposo, la metformina migliora la sensibilità all’insulina. Attraverso AMPK promuove l’ossidazione degli acidi grassi e riduce l’accumulo di lipidi intracellulari (lipotossicità), che è uno dei fattori che interferiscono con il segnale insulinico. Questa “pulizia” lipidica facilita una migliore traslocazione dei trasportatori del glucosio (come GLUT4) verso la membrana cellulare, aumentando la captazione di glucosio stimolata dall’insulina. Sul piano clinico, ciò si traduce in una migliore gestione delle glicemie post‑prandiali e in un fabbisogno insulinico più basso, con potenziale impatto sull’appetito e sul peso in alcuni soggetti. È un effetto complementare a quello epatico: meno produzione di glucosio dal fegato e migliore utilizzo periferico del glucosio lavorano insieme per ridurre l’iperglicemia.

Anche la farmacocinetica contribuisce a capire la pratica quotidiana. La metformina è assorbita principalmente nel tenue e raggiunge elevate concentrazioni nella parete intestinale; entra nelle cellule tramite trasportatori specifici (ad esempio OCT1 negli epatociti) e non viene metabolizzata dal fegato. Viene eliminata immodificata per via renale attraverso trasportatori come OCT2 e MATE1/2. La distribuzione preferenziale nell’intestino spiega perché gli effetti gastrointestinali siano frequenti, soprattutto con formulazioni a rilascio immediato e ai dosaggi iniziali o in rapido incremento. Le formulazioni a rilascio prolungato, ottimizzando la cessione del farmaco nel tratto gastrointestinale, tendono a migliorare la tollerabilità senza alterare sostanzialmente l’efficacia sul controllo glicemico. Questo profilo aiuta a comprendere perché l’assunzione insieme al cibo possa attenuare i disturbi gastrici: il tema sarà ripreso quando si discuterà del momento migliore rispetto ai pasti.
Sul piano clinico, la metformina riduce in media l’emoglobina glicata di circa 1 punto percentuale (con variabilità individuale), migliora la glicemia a digiuno e post‑prandiale e, a differenza di altri ipoglicemizzanti, tende a essere neutra o leggermente favorevole sul peso. Il potenziale dimagrante è generalmente modesto, ma può risultare significativo per alcuni profili clinici quando si associa a dieta equilibrata, attività fisica e correzione di altri fattori metabolici (come la steatosi epatica). Gli effetti indiretti su incretine e microbiota possono contribuire a una maggiore sazietà e a un miglior controllo dell’appetito, sebbene non con l’intensità tipica delle terapie incretiniche dedicate. Comprendere questi meccanismi aiuta a interpretare le risposte individuali: se il beneficio principale cercato è il controllo glicemico con un impatto neutro o favorevole sul peso, la metformina è spesso il punto di partenza; se l’obiettivo primario è una riduzione ponderale marcata, possono essere valutate altre classi farmacologiche in aggiunta o alternativa, secondo indicazione medica.
Indicazioni per l’assunzione
La scelta del momento rispetto ai pasti mira soprattutto a migliorare la tollerabilità. Nella pratica, la metformina si assume di norma durante o immediatamente dopo il pasto: la presenza di cibo ne attenua l’impatto sulla mucosa gastrointestinale senza ridurne in modo significativo l’efficacia sul controllo glicemico.
Con le formulazioni a rilascio immediato, la dose prescritta è generalmente suddivisa in 2–3 somministrazioni associate ai pasti principali (colazione, pranzo, cena). Le formulazioni a rilascio prolungato consentono una singola assunzione quotidiana, preferibilmente la sera o con il pasto più abbondante, semplificando lo schema e favorendo la tollerabilità.
Le compresse vanno deglutite con un bicchiere d’acqua. Le compresse a rilascio prolungato non devono essere frantumate o masticate, per non alterare il profilo di rilascio; la comparsa di involucri inerti nelle feci può verificarsi ed è priva di significato clinico. Per le forme liquide è opportuno utilizzare un misurino o una siringa dosatrice per garantire l’esattezza della quantità assunta.
In caso di orari o pasti irregolari, è utile collegare la somministrazione al primo pasto adeguato della giornata e mantenere, per quanto possibile, una routine costante. Se si salta un pasto, può essere appropriato saltare anche la dose collegata a quel pasto e proseguire con lo schema successivo senza recuperi ravvicinati; eventuali modifiche di schema vanno concordate con il medico.
Effetti collaterali
La metformina è generalmente ben tollerata, ma può causare effetti collaterali, principalmente a carico dell’apparato gastrointestinale. I sintomi più comuni includono nausea, vomito, diarrea, dolori addominali e perdita dell’appetito. Questi disturbi tendono a manifestarsi all’inizio del trattamento e spesso si risolvono spontaneamente con il proseguimento della terapia. (humanitas.it)
In rari casi, l’assunzione di metformina può portare a una riduzione dell’assorbimento della vitamina B12, con conseguente rischio di anemia megaloblastica. È quindi consigliabile monitorare periodicamente i livelli di questa vitamina nei pazienti in trattamento prolungato.
Un effetto collaterale raro ma grave è l’acidosi lattica, una condizione caratterizzata dall’accumulo di acido lattico nel sangue, che può essere potenzialmente fatale. Il rischio di acidosi lattica aumenta in presenza di insufficienza renale, insufficienza epatica, consumo eccessivo di alcol o condizioni che causano ipossia tissutale. I sintomi includono crampi muscolari, dolore addominale, astenia grave e difficoltà respiratorie. In caso di sospetta acidosi lattica, è fondamentale interrompere immediatamente l’assunzione di metformina e consultare un medico. (my-personaltrainer.it)
Altri effetti indesiderati meno comuni possono includere alterazioni del gusto, reazioni cutanee di tipo allergico e, molto raramente, epatiti. È importante segnalare al medico qualsiasi sintomo insolito che si manifesti durante il trattamento. (nurse24.it)
Interazioni con altri farmaci
La metformina può interagire con diversi farmaci, influenzando la sua efficacia o aumentando il rischio di effetti collaterali. È fondamentale informare il medico di tutti i medicinali assunti, inclusi quelli da banco e i prodotti erboristici.
L’assunzione concomitante di alcol è sconsigliata, poiché può aumentare il rischio di acidosi lattica. Anche l’uso di mezzi di contrasto iodati per esami diagnostici può compromettere la funzione renale e aumentare il rischio di acidosi lattica; pertanto, la metformina dovrebbe essere sospesa prima dell’esame e ripresa solo dopo aver verificato la normale funzionalità renale.
Farmaci come corticosteroidi, diuretici e beta-2 agonisti possono aumentare i livelli di glucosio nel sangue, riducendo l’efficacia della metformina. In questi casi, potrebbe essere necessario un monitoraggio più frequente della glicemia e un eventuale aggiustamento della dose di metformina. (pharmamedix.com)
Gli ACE-inibitori, utilizzati per il trattamento dell’ipertensione, possono potenziare l’effetto ipoglicemizzante della metformina, aumentando il rischio di ipoglicemia. È quindi importante monitorare attentamente i livelli di glucosio nel sangue quando si inizia o si interrompe la terapia con ACE-inibitori.
Consigli per l’uso
Per minimizzare gli effetti collaterali gastrointestinali, è consigliabile assumere la metformina durante o dopo i pasti. Iniziare con una dose bassa e aumentarla gradualmente può aiutare a migliorare la tollerabilità del farmaco.
È fondamentale seguire le indicazioni del medico riguardo alla posologia e non modificare autonomamente la dose. In caso di dimenticanza di una dose, non raddoppiare la successiva; proseguire con il normale schema terapeutico.
Durante il trattamento con metformina, è importante monitorare regolarmente la funzione renale, soprattutto negli anziani e in pazienti con fattori di rischio per insufficienza renale. Inoltre, mantenere uno stile di vita sano, con una dieta equilibrata e attività fisica regolare, contribuisce a migliorare l’efficacia del trattamento.
In caso di interventi chirurgici o esami diagnostici che richiedono l’uso di mezzi di contrasto iodati, informare il medico dell’assunzione di metformina, poiché potrebbe essere necessario sospendere temporaneamente il farmaco.
Infine, evitare il consumo eccessivo di alcol durante il trattamento, poiché può aumentare il rischio di acidosi lattica e compromettere il controllo glicemico.
In sintesi, la metformina è un farmaco efficace per il trattamento del diabete di tipo 2, ma richiede un’attenta gestione per massimizzarne i benefici e minimizzare i rischi. Seguire le indicazioni mediche, monitorare regolarmente la funzione renale e mantenere uno stile di vita sano sono elementi chiave per un trattamento sicuro ed efficace.
Per approfondire
Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): Informazioni ufficiali sui farmaci approvati in Italia, inclusa la metformina.
Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): Dettagli sulle approvazioni e linee guida relative alla metformina a livello europeo.
Società Italiana di Diabetologia (SID): Risorse e aggiornamenti sulla gestione del diabete e l’uso della metformina.
American Diabetes Association (ADA): Linee guida e studi sulla terapia con metformina nel diabete di tipo 2.
Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito (NHS): Informazioni sul trattamento del diabete con metformina e consigli per i pazienti.
