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L’obesità non è solo una condizione estetica: è una malattia cronica che può ridurre in modo significativo la capacità funzionale della persona, favorire l’insorgenza di altre patologie e impattare sulla qualità di vita e sulla partecipazione sociale. Quando si parla di “punti” o percentuale di invalidità per l’obesità, ci si riferisce alla misura, espressa in percentuale, della riduzione della capacità lavorativa (o, nei minorenni, della difficoltà globale alla vita quotidiana) valutata dalle commissioni medico-legali. Questa percentuale non è un semplice numero legato al peso, ma riflette la gravità clinica dell’obesità e soprattutto le limitazioni funzionali e le complicanze associate.
In Italia, il riconoscimento dell’invalidità civile segue criteri stabiliti da tabelle ministeriali e linee guida medico-legali adottate dagli enti preposti. In pratica, l’obesità viene inquadrata in gradi di severità sulla base dell’indice di massa corporea (BMI) e valutata considerando comorbidità (come diabete, ipertensione, apnea del sonno, artrosi), compromissione funzionale (ad esempio difficoltà nella deambulazione o nella cura di sé), stabilità del quadro clinico e risposta alle terapie. È importante capire che non esiste un “punteggio automatico” identico per tutti: la commissione assegna una percentuale che può variare in un intervallo in relazione al profilo complessivo della persona. A fini pratici, ricordare alcune soglie aiuta a orientarsi: il 33% è la soglia minima per il riconoscimento dell’invalidità civile; il 46% dà accesso al collocamento mirato; il 74% è la soglia per i benefici economici (assegno mensile); il 100% per la pensione di inabilità. L’obesità da sola, salvo forme molto gravi, raramente raggiunge le soglie più alte senza la presenza di complicanze rilevanti.
Criteri di valutazione per l’obesità
La valutazione dell’invalidità per obesità parte dall’inquadramento della malattia secondo i gradi di severità basati sul BMI (indice di massa corporea, calcolato come kg/m²): I grado (30–34,9), II grado (35–39,9) e III grado o “grave” (≥40). Questo inquadramento è un punto di partenza utile, ma non esaustivo: due persone con lo stesso BMI possono avere profili di rischio e limitazioni molto diversi. Le commissioni medico-legali applicano tabelle di riferimento che prevedono range percentuali, modulati in base alla presenza e all’intensità delle limitazioni funzionali e delle comorbidità. In termini generali, un’obesità di I grado senza complicanze comporta riconoscimenti percentuali contenuti; nel II grado l’incremento percentuale è possibile ma spesso rimane al di sotto delle soglie che danno accesso a benefici specifici; nel III grado il riconoscimento è più consistente, specialmente se il quadro clinico determina ridotte autonomie, ma non è scontato raggiungere il 74% in assenza di complicanze importanti. Ciò significa che la percentuale non è “assegnata al BMI”, bensì “al funzionamento” e alla salute globale della persona in quel momento.
Il secondo pilastro della valutazione è rappresentato dalle comorbidità e dalla loro ricaduta funzionale. L’obesità aumenta il rischio e, nel tempo, la severità di condizioni come diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa e danno d’organo (cardiopatia, nefropatia), dislipidemie, sindrome delle apnee ostruttive del sonno, insufficienza respiratoria, osteoartrosi (soprattutto ginocchia, anche, colonna), steatosi epatica e steatoepatite, insufficienza venosa, ernie e disturbi del pavimento pelvico, oltre a impatti psicologici clinicamente rilevanti. La commissione considera ciascuna di queste condizioni e come esse, insieme all’obesità, riducano le capacità individuali: ad esempio, un diabete mal controllato con complicanze micro- o macrovascolari, un’apnea del sonno moderata-grave documentata con necessità di CPAP, o un’artrosi di ginocchio che limita marcamente la deambulazione, possono far aumentare la percentuale complessiva. È importante notare che le percentuali non si sommano aritmeticamente: si applica un criterio globale (di cumulo non lineare) che evita sopravvalutazioni quando le menomazioni insistono sugli stessi domini funzionali.
Un terzo elemento valutativo è la misurazione della limitazione funzionale nella vita quotidiana. Oltre ai numeri in cartella (BMI, pressione, glicemia), pesano la capacità di camminare e salire le scale senza pause, l’autonomia nel vestirsi e nell’igiene personale, la resistenza allo sforzo, la frequenza di crisi o riacutizzazioni, la necessità di ausili o di assistenza di terzi, l’idoneità allo svolgimento di mansioni lavorative compatibili con l’età, la formazione e le caratteristiche fisiche. Test e referti contribuiscono a oggettivare il quadro: spirometria e saturimetria per valutare la funzione respiratoria, polisonnografia per la diagnosi di OSA, esami ematochimici e strumentali per il danno d’organo (renale, epatico, cardiaco), radiografie o RM per artrosi e problemi ortopedici. Un’obesità che comporti dispnea da sforzo minimo, intolleranza all’ortostatismo prolungato, scarsa mobilità articolare o necessità di frequenti pause e assenze lavorative documentate viene in genere associata a percentuali più elevate, perché la riduzione della capacità funzionale è concreta e verificabile.
La stabilità del quadro clinico e la risposta ai trattamenti sono un altro tassello chiave. Le linee valutative tengono conto dell’andamento nel tempo: un peso relativamente stabile su valori elevati con fallimenti terapeutici documentati ha un significato diverso da un percorso di perdita ponderale in corso con risultati già tangibili. La presenza di un trattamento efficace (es. CPAP per OSA con buona aderenza, terapia farmacologica per diabete e ipertensione con controlli nella norma, percorsi nutrizionali e motori strutturati, eventuale chirurgia bariatrica) può modificare significativamente la gravità funzionale. Dopo un intervento bariatrico, ad esempio, la commissione valuta lo “stato attuale” e spesso prevede una rivedibilità perché peso, comorbidità e funzionalità possono migliorare nei mesi successivi. Analogamente, nei casi di obesità secondaria (endocrina, iatrogena, genetica) l’invalidità viene calcolata considerando sia la patologia causale sia l’impatto dell’eccesso ponderale, evitando duplicazioni: l’obiettivo resta stimare il danno complessivo reale nella vita quotidiana.
Qual è, quindi, l’ordine di grandezza delle percentuali attese? In assenza di complicanze e con limitazioni funzionali lievi, l’obesità di I grado difficilmente supera il 33%, mentre nel II grado la percentuale può aumentare ma spesso rimane sotto il 46%. Nell’obesità di III grado non complicata la percentuale può collocarsi su valori più alti, talvolta oltre il 46%, ma il raggiungimento della soglia del 74% è in genere possibile solo in presenza di comorbidità significative e/o di marcate limitazioni dell’autonomia personale e lavorativa. Quando coesistono diabete con complicanze, OSA moderata-grave, artrosi invalidante o insufficienza cardiorespiratoria, l’esito valutativo può avvicinarsi o superare tale soglia; nei casi più gravi, in cui la persona è sostanzialmente non autosufficiente o incapace a qualsiasi attività lavorativa, si può arrivare al 100%. Ricordare le soglie pratiche aiuta a orientare le aspettative: 33% per il riconoscimento dell’invalidità, 46% per il collocamento mirato, 74% per i benefici economici, 100% per la pensione di inabilità. La chiave, tuttavia, resta documentare con precisione diagnosi, comorbidità, esami e impatto funzionale: è su questi elementi che la commissione costruisce la percentuale finale.
Procedure per ottenere l’invalidità
Per richiedere il riconoscimento dell’invalidità civile a causa dell’obesità, è necessario seguire un iter ben definito. Il primo passo consiste nel rivolgersi al proprio medico curante per ottenere il certificato medico introduttivo. Questo documento, compilato in modalità telematica, attesta la presenza della patologia e deve essere trasmesso all’INPS entro 90 giorni dalla sua emissione. (medisoc.it)
Successivamente, il richiedente deve presentare la domanda di invalidità civile all’INPS. Questa procedura può essere effettuata autonomamente tramite il portale online dell’INPS, utilizzando le proprie credenziali di accesso, oppure avvalendosi dell’assistenza di un patronato o di un’associazione di categoria. È fondamentale che la domanda sia completa di tutte le informazioni richieste per evitare ritardi nella valutazione. (ticonsiglio.com)
Dopo la presentazione della domanda, l’INPS convoca il richiedente per una visita medica presso la Commissione Medica competente. In alcuni casi, soprattutto quando la documentazione sanitaria è completa e dettagliata, l’INPS può procedere alla valutazione senza necessità di visita diretta, basandosi esclusivamente sugli atti forniti.
Al termine della valutazione, l’INPS invia al domicilio del richiedente il verbale con l’esito della visita e la percentuale di invalidità riconosciuta. Se il richiedente non concorda con l’esito, ha la possibilità di presentare ricorso entro i termini previsti dalla legge. (welfaretrapianti.it)
Documentazione necessaria
Per supportare la richiesta di invalidità civile, è essenziale raccogliere e presentare una serie di documenti medici che attestino la gravità dell’obesità e le sue implicazioni sulla salute. Questi documenti includono referti medici specialistici, risultati di esami diagnostici e relazioni dettagliate sulle terapie seguite. (giustizia.umbria.it)
È importante che la documentazione evidenzi non solo la presenza dell’obesità, ma anche eventuali comorbidità associate, come problemi cardiovascolari, diabete o disturbi muscoloscheletrici. La presenza di queste condizioni può influenzare la valutazione complessiva della percentuale di invalidità riconosciuta. (studiolegale-santoro.it)
Inoltre, è consigliabile includere una relazione del medico curante che descriva l’impatto dell’obesità sulle attività quotidiane e sulla capacità lavorativa del richiedente. Questa relazione fornisce un quadro completo delle limitazioni funzionali e delle difficoltà incontrate nella vita di tutti i giorni.
Suggerimenti per la richiesta
Per aumentare le probabilità di ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile, è fondamentale presentare una documentazione completa e accurata. Assicurarsi che tutti i referti medici siano aggiornati e che descrivano dettagliatamente la condizione di salute e le sue implicazioni.
È utile avvalersi dell’assistenza di un patronato o di un’associazione di categoria durante la compilazione e l’invio della domanda. Questi enti hanno esperienza nel settore e possono fornire supporto nella preparazione della documentazione e nella gestione delle pratiche burocratiche.
Infine, mantenere una comunicazione costante con l’INPS e rispondere tempestivamente a eventuali richieste di integrazione documentale o chiarimenti può facilitare il processo di valutazione e ridurre i tempi di attesa per l’esito della domanda.
In conclusione, l’obesità può comportare significative limitazioni nella vita quotidiana e lavorativa. Seguire attentamente le procedure indicate e presentare una documentazione completa e accurata sono passaggi fondamentali per ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile e accedere ai benefici previsti dalla legge.
Per approfondire
INPS – Invalidità Civile: Pagina ufficiale dell’INPS con informazioni dettagliate sulle procedure per richiedere l’invalidità civile.
Ministero della Salute – Obesità: Informazioni ufficiali sull’obesità, le sue implicazioni e le strategie di prevenzione e cura.
Società Italiana dell’Obesità (SIO): Risorse scientifiche e linee guida sulla gestione dell’obesità in Italia.
Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): Informazioni sui farmaci approvati per il trattamento dell’obesità e relative indicazioni terapeutiche.
Istituto Superiore di Sanità (ISS): Studi e ricerche sull’obesità e le sue comorbidità, con dati epidemiologici aggiornati.
