Mobbing: quando l’ambiente lavorativo ti perseguita

Mobbing: quando l’ambiente lavorativo ti perseguita

Il termine mobbing secondo l’etimologia della parola deriva dalla lingua inglese: “to mob” e significa vessare, attaccare, avventare, maltrattare, assalire, soffocare, intimidire, minacciare e assediare una persona o un gruppo di persone.

Il mobbing consiste in incessanti atti inspiegabili persecutori, violenti e vessatori che si svolgono prevalentemente nel contesto lavorativo, mettendo a repentaglio lo status economico-lavorativo della vittima e la sua incolumità psicofisica.

Molto frequente è l’atteggiamento violento da parte del datore di lavoro che prende il nome di “mobber”, esercitato sul dipendente o impiegato “psicologicamente fragile e disarmato” che diventa la “vittima mobbizzata” di tali aggressioni fisiche, psicologiche e verbali.

Il mobbing può consistere anche in un atteggiamento di un gruppo organizzato di pari (colleghi di lavoro) che esercitano oppressione e sopruso sulla vittima, spingendola a dare le dimissioni e ad abbandonare definitivamente il posto di lavoro.

Tali angherie possono reiterarsi per periodi piuttosto prolungati, superando la durata di 6 mesi, e ciò rappresenta un valido motivo di accertamento medico e di richiesta nel contesto giudiziario di risarcimento dei danni fisici ed esistenziali causati dai ripetitivi abusi.

Non dimentichiamo che il mobbing si svolge anche nel contesto familiare.

Il mobbing provoca un profondo malessere e deterioramento psicologico, emotivo, affettivo, fisico e comportamentale sul soggetto, subiti a causa dei danni fisici (maltrattamenti) e psicologici, che sono lesivi della dignità e dell’integrità della persona (ad es. essere derisi, calunniati e offesi), compromettendo fortemente la capacità di coping (adattamento) e di resilienza (resistenza ai vissuti traumatici).

Tuttavia esistono tre tipi di atteggiamenti prevaricatori tipici del mobber:

  • Bullyng: maltrattamenti, vessazioni e persecuzioni nel contesto scolastico esercitato da parte di fanciulli o adolescenti;
  • Bossing: vessazioni, soprusi, oppressioni nel mondo del lavoro esercitato dal datore di lavoro o dai colleghi;
  • Harassment: mobbing nei contesti familiari, condominiali, violenze, abusi sessuali, discriminazione razziale, religiosa e di genere (diffusissima nella società odierna è: l’omofobia, che rappresenta la causa della discriminazione sessuale o di genere).

Sfortunatamente il fenomeno del mobbing è in forte crescita nel nostro Paese e sono numerosi i procedimenti penali in corso per violenze fisiche, psicologiche, verbali ed economiche subite dal/i mobber (anche se purtroppo tutt’oggi sono ancora poche le vittime che hanno il coraggio di denunciare i mobber, a causa delle minacce subite) e numerosi sono anche gli accertamenti medico specialistici che le vittime si sottopongono per la valutazione diagnostica delle lesioni psico-fisiche subite dai continui maltrattamenti.

Pertanto, il mobbing è oggetto di studio non solo della medicina del lavoro ma anche della psicologia del lavoro e delle organizzazioni, e il primo studioso ad aver introdotto tale concetto nel campo della psicologia del lavoro agli inizi degni anni ’90 è stato lo psicologo svedese Heinz Leymann.

Precisiamo che la Svezia è stato il primo Paese della comunità europea ad essere stato colpito da tale fenomeno vessatorio.

Lo psicologo svedese Leymann ha tracciato quattro steps tipici del processo del fenomeno:

  • Step del conflitto giornaliero;
  • Step della sovversione psicologica;
  • Step dei soprusi esercitati dal dirigente;
  • Step del licenziamento o coercizione alla vittima nel dare le dimissioni e ad abbandonare per sempre il posto di lavoro.

Un noto studioso e psicologo del lavoro Harald Ege è stato il primo ad aver introdotto nel nostro Paese le teorie sul mobbing.

Ege ha tracciato sei steps che delineano il circolo vizioso del mobbing:

  • Step zero: conflitto approvato nelle organizzazioni lavorative;
  • Step uno: attacchi insistenti e diretti ad una specifica persona;
  • Step due: ingresso nel tunnel del mobbing;
  • Step tre: inizio dei segni clinici psico-fisici;
  • Step quattro: tormenti, persecuzioni e maltrattamenti da parte dei colleghi di lavoro o del datore di lavoro;
  • Step cinque: peggioramento delle condizioni generali di salute;
  • Step sei: licenziamento o coercizione alla vittima nel dare le dimissioni e ad abbandonare per sempre il posto di lavoro.

Ma l’impiego di tale concetto è avvenuto per la prima volta nel campo etologico da parte di Konrad Lorenz, ponendo in risalto una reazione collettiva anti-predatoria e irruenta esercitata dagli animali, focalizzando in particolare sul comportamento che le prede assumono verso un predatore, eseguendo un assalto organizzato di gruppo sopprimendo l’attacco stesso.

Visione etologica del Mobbing

Nel campo etologico il “mobbing behavior” consiste in un comportamento intimidatorio verso un nemico usato come mezzo per adattarsi all’ambiente, e per adattarsi all’ambiente circostante è necessario fare un bilancio tra i pro e i contro che tale azione può comportare, e ciò avviene sia nel mondo umano che nel mondo animale.

Numerosi studiosi di etologia hanno rilevato che in tutte le specie, anche se sono filogeneticamente lontani e si distinguono per svariate caratteristiche, il mobbing è un comportamento che accomuna tutte le specie animali, e l’evoluzione del mobbing si abbraccia ad un fattore ecologico che spinge alla ricerca dell’adattamento sopprimendo le specie che risultano “scomode” per la convivenza in un dato ambiente.

Il mobbing nel mondo animale implica due principali fattori:

  • la manifestazione della salvaguardia della genitorialità mediante l’assalto al predatore della prole;
  • atteggiamento etologicamente organizzato.

Eziologia

Il mobbing consiste in un intenso stato di stress e di profondo malessere e deterioramento psicologico, emotivo, affettivo, fisico e comportamentale sul soggetto, in seguito a lesioni fisiche, verbali e psicologiche, che sono lesivi della dignità e dell’integrità della persona, causate dalle ripetitive e incessanti oppressioni, tormenti e molestie subite nel mondo del lavoro dal capo o dal gruppo di pari con il quale si lavora, che prendono il nome non solo di mobbers, ma anche di: “stalkers”.

I sintomi del mobbing

Le psicopatologie generate dal mobbing sono due:

Disturbo indotto da stress post-traumatico: rientra nella categoria dei disturbi d’ansia del DSM IV Tr (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quarta edizione text revision), classificando nel seguente modo i relativi criteri diagnostici:

  • aver vissuto un evento o eventi critici che abbiano implicato morte, minacce di morte e ferite psicologiche che influiscono sulla incolumità fisica e psichica. Le reazioni consistono in terrore e disperazione;
  • l’evento traumatico viene rivissuto frequentemente nei seguenti modi:
  • ricordi tristi, ossessivi ed intrusivi dell’evento, che includono immagini e pensieri;
  • incubi notturni ricorrenti dell’evento;
  • reagire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando;
  • malessere psicologico scatenato dall’esposizione a fattori interni o esterni che sono simili a qualche aspetto dell’evento traumatico;
  • malessere somatico scatenato dall’esposizione a fattori interni o esterni che sono simili a qualche aspetto dell’evento traumatico;

Presenza di almeno due dei seguenti sintomi insistenti post-traumatici:

  • insonnia o sonno disturbato;
  • suscettibilità e vulnerabilità;
  • difficoltà a mantenere la concentrazione;
  • continuo stato di allerta.

Disturbo di adattamento: provoca una compromissione del normale funzionamento sociale, scolastico, familiare, lavorativo e in tante altre aree importanti della vita quotidiana.

Tra l’altro le vittime di mobbing e di stalking possono sviluppare anche i seguenti disturbi:

  • disturbi d’ansia e bipolari;
  • agitazione psico-motoria;
  • irrequietezza;
  • inquietudine;
  • suscettibilità;
  • crisi depressive;
  • tossicomanie;
  • anedonia (perdita qualsiasi forma di interesse e di piacere, addirittura si perde la voglia e il piacere di vivere);
  • abulia (perdita della volontà);
  • bizzarria verbale e comportamentale;
  • deliri;
  • allucinazioni;
  • disturbi dissociativi.

Protagonisti coinvolti

I protagonisti coinvolti sono collocati in tre categorie:

  • Vittime: sono soggetti estremamente fragili, disarmati, insicuri, incapaci di dominare la situazione, hanno scarsa autostima e padronanza di Sé, sono fobici, ansiosi e alcuni di essi sono anche paranoici. Diventano vittime di mobbing e/o di stalking la cosiddetta “classe debole”, che è incapace di resistere alle vessazioni, di difendersi, di farsi rispettare e di tutelare i propri diritti umani;
  • Mobbers: sono soggetti aggressivi, violenti, prepotenti e danno libero sfogo alle pulsioni (secondo la teoria psicodinamica freudiana vengono attivate le pulsioni libidiche eterodistruttive chiamate “Thanatos”, dal greco significa “morte”) e agli istinti aggressivi sui soggetti deboli psicologicamente. Secondo lo psicologo Ege il comportamento dei mobbers può essere premeditato o accidentale;
  • Testimoni oculari o spettatori: possono essere attivi o passivi, rivestendo tre importanti ruoli:
  1. sostenere concretamente le azioni del mobber;
  2. sostenere passivamente il mobber;
  3. fare opposizione ai soprusi del mobber, soccorrendo la/e vittima/e.

Tratti comportamentali del mobber

I tratti comportamentali tipici del mobber sono i seguenti:

  • agire in maniera intimidatoria e violenta;
  • abusare dei soggetti deboli fisicamente ma soprattutto psicologicamente;
  • istigarli a svolgere attività umilianti o inferiori al suo ruolo professionale;
  • non fornirli alcun tipo di aiuto o suggerimento in merito alle attività da assolvere;
  • toglierli la libertà di decision making;
  • umiliarli pubblicamente;
  • calunniarli e diffamarli;
  • fare terrorismo psicologico.

Tali azioni sono finalizzate a scoraggiare e a indebolire psicologicamente le vittime affinché abbandonino definitivamente il posto di lavoro dando le dimissioni, oppure in extremis vengono licenziati dal mobber stesso.

Tipi di mobbing

Il mobbing si orienta verso quattro direzioni:

  • Mobbing orizzontale: gli atti vessatori e persecutori avvengono tra i colleghi di lavoro;
  • Mobbing verticale: gli abusi vengono esercitati dal dirigente su ogni singolo dipendente per poi estendersi sul resto del gruppo, e a sua volta il gruppo perseguita il dirigente, quindi emerge un capovolgimento dei ruoli;
  • Mobbing strategico: vedi bossing;
  • Mobbing aziendale: la vittima subisce i soprusi inizialmente dal capo e successivamente dai propri colleghi.

Normativa del Mobbing

Per quanto concerne il mobbing socio-lavorativo esistono alcune normative legislative, quali:

  • sentenza emessa dalla Corte Costituzionale n° 359 del 2003, che afferma quanto scritto: “… è costituito da una condotta protratta nel tempo e diretta a ledere il lavoratore. Caratterizzano questo comportamento la sua protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti … verso la conseguente lesione, attuata sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico.
  • Legge n° 300 del 1970 appartenente allo Statuto dei Lavoratori: salvaguarda il diritto del lavoratore alla salute e all’integrità fisica, vieta l’assolvimento di mansioni inferiori a quelle inquadrate, e vieta atti di discriminazione politica, religiosa, razziale e di genere.
  • Legge n° 81 del 2008: definisce il dovere per il datore di lavoro ha di applicare le dovute misure restrittive per la tutela della sicurezza, della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori.

Prevenzione del mobbing

L’Ente Nazionale per la Sicurezza e la Salute Svedese (La Svezia, come sopra preannunciato, è stato il primo Paese ad aver approfondito le ricerche su questo campo a causa dell’elevato numero di casi coinvolti) ha promosso alcune forme preventive tale fenomeno, come:

  • programmare e organizzare il piano lavorativo in modo da impedire l’insorgenza di tale fenomeno spiacevole;
  • riferire all’intero staff aziendale che tali azioni sono perseguibili penalmente;
  • accertarsi periodicamente sulle condizioni psico-fisiche dei lavoratori di detta azienda, sottoponendosi a visite mediche e a colloqui con gli psicologi del lavoro, e in presenza dei sintomi è doveroso prendere i giusti provvedimenti per porre immediato fine a tali atti;
  • fornire adeguato supporto e sostegno psicologico al soggetto mobbizzato.
BIBLIOGRAFIA
    1. Carrettin S., Recupero N., Il mobbing in Italia. Terrorismo psicologico nei rapporti di lavoro, Dedalo Editore, Bari, 2001;
    2. Siracusano P. (2009), Stalking: un’oscura e complessa circolarità, Rivista di Psicoterapia Relazionale n° 29, 2009;
    3. Ege H., Mobbing, Edizioni Prima, Bologna, 1996;
    4. Ege H., Mobbing in Italia. Introduzione al Mobbing culturale, Pitagora Ed., Bologna, 1997.