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La gentamicina è un antibiotico utilizzato da decenni per trattare infezioni batteriche importanti, in particolare quelle sostenute da batteri Gram-negativi. È un farmaco potente, impiegato spesso in ambito ospedaliero e in situazioni cliniche complesse, talvolta in combinazione con altri antibiotici per aumentarne l’efficacia o coprire un più ampio spettro di patogeni. Quando si parla della gentamicina, la domanda più frequente riguarda gli effetti collaterali: si tratta di un medicinale efficace ma che richiede attenzione, perché la probabilità di eventi avversi dipende da fattori come la dose, la durata del trattamento, il metodo di somministrazione e le condizioni cliniche della persona.
Per comprendere meglio rischi e benefici, è utile chiarire prima cosa sia la gentamicina e come agisca all’interno dell’organismo. Questo aiuta a interpretare perché in alcuni casi servano controlli periodici del farmaco nel sangue, perché si evitino determinate associazioni con altri medicinali e perché la somministrazione topica (ad esempio oculare o auricolare) abbia profili di sicurezza diversi rispetto a quella sistemica (endovenosa o intramuscolare). Nelle sezioni successive verranno descritti gli effetti collaterali comuni e quelli gravi, oltre alle principali precauzioni. In questa prima parte, però, ci concentriamo sulla definizione del farmaco, sulle sue indicazioni e sulle caratteristiche farmacologiche più rilevanti per l’uso clinico.
Cos’è la Gentamicina?
La gentamicina è un antibiotico della classe degli aminoglicosidi, ottenuto originariamente da microrganismi del genere Micromonospora. Agisce in modo battericida legandosi alla subunità 30S dei ribosomi batterici, interferendo con la sintesi proteica e causando errori di lettura dell’mRNA: questo porta alla produzione di proteine anomale e alla morte del batterio. Una caratteristica distintiva degli aminoglicosidi è l’attività “concentrazione-dipendente”: più elevata è la concentrazione del farmaco rispetto alla MIC (concentrazione minima inibente), maggiore è l’efficacia nel ridurre la carica batterica. Inoltre, la gentamicina presenta un effetto post-antibiotico, per cui l’inibizione della crescita batterica può persistere anche quando i livelli plasmatici si riducono al di sotto della MIC. Il suo spettro d’azione è particolarmente valido contro batteri aerobi Gram-negativi (ad esempio diverse Enterobacterales e Pseudomonas aeruginosa), mentre è inefficace contro gli anaerobi. Nei confronti dei Gram-positivi trova impiego di norma in combinazione con altri antibiotici, sfruttando un effetto sinergico, ad esempio con beta-lattamici o glicopeptidi in specifiche condizioni come alcune endocarditi.
Le indicazioni cliniche della gentamicina comprendono infezioni sistemiche gravi, quali sepsi, infezioni complicate delle vie urinarie, alcune infezioni intra-addominali o delle vie biliari, e talvolta polmoniti nosocomiali quando si ritenga necessaria una copertura verso bacilli Gram-negativi multiresistenti, sempre secondo antibiogramma e protocolli locali. In scenari selezionati, soprattutto in ambito ospedaliero, la gentamicina viene associata ad altri antibiotici per ottenere una copertura empirica iniziale ampia, prima della de-escalation guidata dalla microbiologia. Oltre all’uso sistemico, sono disponibili formulazioni topiche: colliri e pomate oftalmiche per congiuntiviti e cheratiti batteriche, gocce auricolari per otiti esterne e, più raramente, creme cutanee per infezioni superficiali della pelle. La somministrazione topica comporta un assorbimento sistemico minimo e, di conseguenza, un profilo di rischio diverso rispetto alla via endovenosa o intramuscolare; ciò rende le formulazioni oculari e otologiche utili quando l’infezione è localizzata e non richiede una terapia sistemica.
Dal punto di vista farmacocinetico, la gentamicina viene assorbita molto poco per via orale e per questo si somministra per lo più per via parenterale (endovenosa o intramuscolare) quando serve un’azione sistemica. È un composto idrofilo che si distribuisce soprattutto nei liquidi extracellulari e penetra poco nei tessuti con scarso flusso ematico o nelle cavità chiuse, come il liquido cerebrospinale, a meno che le meningi non siano infiammate. Non viene metabolizzata in modo significativo e viene eliminata quasi interamente in forma attiva per via renale tramite filtrazione glomerulare; di conseguenza, l’emivita plasmatica aumenta in presenza di insufficienza renale. Questo dato ha implicazioni pratiche: la dose e, soprattutto, l’intervallo di somministrazione devono essere adattati alla funzionalità renale per mantenere l’efficacia limitando il rischio di accumulo e tossicità. In molti contesti si utilizza il monitoraggio terapeutico dei livelli plasmatici (TDM) per misurare i picchi e i livelli “residuali” (trough), con l’obiettivo di massimizzare il rapporto Cmax/MIC e ridurre l’esposizione prolungata a concentrazioni potenzialmente nefrotossiche o ototossiche.

Esistono diverse strategie di dosaggio: gli schemi “tradizionali” a più somministrazioni giornaliere e gli schemi a dose singola giornaliera (extended-interval dosing). Questi ultimi sfruttano l’attività concentrazione-dipendente e l’effetto post-antibiotico, permettendo picchi più alti e bassi residui, un profilo che in molti studi è associato a pari efficacia e talvolta a minore tossicità, se correttamente selezionati i pazienti. Tuttavia, non tutti i contesti clinici sono adatti al dosaggio esteso: ad esempio, in gravidanza, in endocardite e in alcune infezioni da Gram-positivi trattate in sinergia, possono essere preferiti schemi tradizionali con controlli più ravvicinati dei livelli. La scelta del regime dipende dall’indicazione, dal patogeno, dalla funzione renale, dall’età, dal peso corporeo e da eventuali comorbilità. È fondamentale anche considerare le interazioni: l’uso concomitante con altri farmaci potenzialmente nefrotossici (per esempio alcuni antibiotici, antivirali, farmaci chemioterapici o diuretici dell’ansa) può aumentare il rischio di danno renale o uditivo, rendendo ancora più importante un attento bilanciamento rischio-beneficio e il monitoraggio clinico-laboratoristico.
Per quanto riguarda la sicurezza, la gentamicina è nota per due tossicità dose- e tempo-dipendenti: nefrotossicità e ototossicità. La prima si manifesta in genere come un incremento della creatinina e un calo del filtrato glomerulare, spesso reversibile con l’interruzione o l’aggiustamento del trattamento, ma la reversibilità non è garantita in tutte le situazioni. L’ototossicità può coinvolgere l’udito (cocleotossicità) e/o l’equilibrio (vestibolotossicità) e, contrariamente al danno renale, può essere irreversibile; il rischio aumenta con l’esposizione cumulativa, livelli “trough” elevati, età avanzata, preesistente disfunzione renale, terapia prolungata e uso combinato con altri farmaci ototossici. Raramente, gli aminoglicosidi possono causare blocco neuromuscolare, soprattutto in associazione a miorilassanti o in pazienti con disturbi della giunzione neuromuscolare. In gravidanza l’uso sistemico richiede particolare cautela per il potenziale rischio di danno uditivo fetale; durante l’allattamento, la somministrazione topica auricolare o oculare tende a comportare un’esposizione sistemica minima, ma la decisione terapeutica resta individuale e deve considerare l’indicazione e le alternative disponibili.
La scelta della gentamicina rispetto ad altri aminoglicosidi (come amikacina o tobramicina) dipende dal profilo di sensibilità locale dei patogeni, dall’episodio infettivo e dal rischio di resistenze. Alcuni batteri esprimono enzimi modificanti gli aminoglicosidi o altri meccanismi (alterazioni della permeabilità, pompe di efflusso, metilazioni del sito bersaglio) che riducono l’attività del farmaco. In tali contesti, amikacina può mantenere efficacia dove la gentamicina non la conserva, mentre la tobramicina è spesso considerata per Pseudomonas in scenari specifici. In infezioni da Gram-positivi selezionate, la gentamicina non si usa in monoterapia ma in sinergia, grazie alla maggiore penetrazione del farmaco all’interno del batterio determinata dall’azione di altri antibiotici sulla parete cellulare. Un approccio basato sull’antibiogramma, sulla sorveglianza locale delle resistenze e sui principi di stewardship antibiotica consente di ottimizzare l’uso della gentamicina, limitando l’insorgenza di resistenze e minimizzando gli effetti collaterali. In sintesi, la gentamicina è un’opzione preziosa e potente, la cui efficacia va di pari passo con un impiego attento, monitorato e contestualizzato al quadro clinico.
Effetti collaterali comuni
Gli effetti collaterali più comuni della gentamicina sono in genere lievi e transitori. Possono includere disturbi gastrointestinali come nausea, vomito o diarrea, talvolta accompagnati da dolore addominale, inappetenza o senso di malessere generale. Alcuni pazienti riferiscono cefalea e una lieve febbricola all’inizio della terapia. Non sono rare manifestazioni cutanee di modesta entità, quali rash, arrossamento o prurito, che tendono a risolversi con il proseguimento o l’adeguamento del trattamento.
Reazioni locali nel sito di somministrazione sono relativamente frequenti: dopo iniezione intramuscolare possono comparire dolore, indurimento o sensibilità alla palpazione; per la somministrazione endovenosa si possono osservare irritazione della vena o flebite. Questi fenomeni sono generalmente autolimitanti e correlati a fattori tecnici (diluizione, velocità di infusione, calibro della vena), più che al farmaco in sé.
Con le formulazioni topiche, come colliri e gocce auricolari, gli effetti indesiderati comuni sono per lo più locali: bruciore oculare transitorio, lacrimazione, sensazione di corpo estraneo, arrossamento congiuntivale; nell’uso otologico possono verificarsi prurito, lieve irritazione del condotto uditivo o sensazione di umidità. L’assorbimento sistemico è minimo e ciò si traduce di norma in una bassa incidenza di effetti sistemici.
Talvolta si osservano modeste alterazioni di alcuni parametri di laboratorio durante terapia sistemica, come un lieve incremento della creatinina o la comparsa di proteinuria di basso grado, che di solito regrediscono con l’aggiustamento del dosaggio o al termine del ciclo. Come per altri antibiotici, trattamenti prolungati possono favorire sovrainfezioni da microrganismi non sensibili, ad esempio candidosi mucocutanee, o causare diarrea associata ad antibiotici; l’insorgenza di sintomi persistenti o in peggioramento merita una rivalutazione clinica.
Effetti collaterali gravi
La gentamicina, un antibiotico aminoglicosidico, può causare effetti collaterali gravi, sebbene meno comuni rispetto a quelli lievi. Tra questi, l’ototossicità è particolarmente rilevante: può manifestarsi con sintomi come tinnito (ronzii nelle orecchie), vertigini e perdita dell’udito, soprattutto in pazienti sottoposti a trattamenti prolungati o con dosi elevate. Questi effetti sono spesso irreversibili e richiedono un monitoraggio attento durante la terapia. (humanitas.it)
Un altro effetto collaterale grave è la nefrotossicità, che si manifesta con danni ai reni. I pazienti possono sviluppare proteinuria (presenza di proteine nelle urine) e insufficienza renale, condizioni generalmente reversibili con la sospensione del farmaco. Tuttavia, è fondamentale monitorare la funzionalità renale durante il trattamento, soprattutto in soggetti con preesistenti problemi renali o in terapia concomitante con altri farmaci nefrotossici. (it.wikipedia.org)
La gentamicina può anche causare effetti neurotossici, come parestesie (sensazioni anomale come formicolio), convulsioni e confusione mentale. Questi sintomi richiedono un’attenzione immediata e, in alcuni casi, la sospensione del trattamento.
In rari casi, l’uso di gentamicina può portare a reazioni allergiche gravi, inclusi rash cutanei, orticaria e, in situazioni estreme, anafilassi. È essenziale interrompere immediatamente il trattamento e consultare un medico se si manifestano segni di reazione allergica. (healthy.thewom.it)
Infine, l’uso concomitante di gentamicina con altri farmaci nefrotossici o ototossici può aumentare il rischio di effetti collaterali gravi. Pertanto, è cruciale informare il medico di tutti i farmaci in uso prima di iniziare la terapia con gentamicina. (torrinomedica.it)
Precauzioni e avvertenze
Prima di iniziare un trattamento con gentamicina, è fondamentale valutare attentamente la funzionalità renale del paziente, poiché il farmaco viene eliminato principalmente attraverso i reni. In presenza di insufficienza renale, può essere necessario adattare la dose o considerare alternative terapeutiche. (nurse24.it)
I pazienti con disturbi neuromuscolari, come la miastenia gravis o il morbo di Parkinson, devono usare la gentamicina con cautela, poiché può aggravare i sintomi di queste condizioni. Inoltre, l’uso concomitante con farmaci bloccanti neuromuscolari può potenziare l’effetto di blocco neuromuscolare, aumentando il rischio di paralisi respiratoria. (lfm.it)
Durante la gravidanza e l’allattamento, l’uso di gentamicina dovrebbe essere limitato ai casi di effettiva necessità, poiché il farmaco attraversa la placenta e può essere escreto nel latte materno, potenzialmente influenzando il neonato. È essenziale consultare il medico per valutare i rischi e i benefici del trattamento in queste situazioni.
L’uso prolungato o inappropriato di gentamicina può portare allo sviluppo di resistenze batteriche, rendendo il trattamento meno efficace. È quindi importante seguire scrupolosamente le indicazioni mediche riguardo alla durata e al dosaggio della terapia.
Infine, è consigliabile evitare l’uso concomitante di gentamicina con altri farmaci potenzialmente nefrotossici o ototossici, come alcuni diuretici o altri antibiotici aminoglicosidici, per ridurre il rischio di effetti collaterali gravi. Informare sempre il medico di tutti i farmaci in uso è una pratica essenziale per garantire la sicurezza del trattamento.
In conclusione, la gentamicina è un antibiotico efficace per il trattamento di infezioni gravi, ma il suo utilizzo richiede un’attenta valutazione dei potenziali effetti collaterali e delle condizioni cliniche del paziente. Monitoraggi regolari e una comunicazione aperta con il medico curante sono fondamentali per garantire un trattamento sicuro ed efficace.
Per approfondire
Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): Informazioni ufficiali sui farmaci approvati in Italia, inclusa la gentamicina.
Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): Dettagli sulle approvazioni e linee guida relative alla gentamicina a livello europeo.
Humanitas: Approfondimenti sulla gentamicina, indicazioni terapeutiche ed effetti collaterali.
Torrinomedica: Foglietto illustrativo della gentamicina con informazioni su dosaggio, effetti collaterali e precauzioni.
Nurse24: Articolo dettagliato sulla gentamicina, indicazioni e gestione degli effetti collaterali.
