Perjeta: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione (Pertuzumab): sicurezza e modo d’azione

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione (Pertuzumab) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Carcinoma mammario in fase iniziale

Perjeta è indicato in associazione con trastuzumab e chemioterapia nel:

trattamento neoadiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1)

trattamento adiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1)

Carcinoma mammario metastatico

Perjeta è indicato in associazione con trastuzumab e docetaxel in pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, metastatico o localmente recidivato non operabile, non trattati in precedenza con terapia anti-HER2 o chemioterapia per la malattia metastatica.

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: come funziona?

Ma come funziona Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione

Categoria farmacoterapeutica: medicinali antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01XC13

Meccanismo d’azione

Pertuzumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante mirato specificamente al dominio di dimerizzazione extracellulare (sottodominio II) del recettore del fattore di crescita epiteliale umano 2 (HER2) e, quindi, blocca la eterodimerizzazione ligando-dipendente di HER2 con altri membri della famiglia HER, compresi EGFR, HER3 e HER4. Di conseguenza, pertuzumab inibisce la segnalazione intracellulare avviata dal ligando attraverso due principali vie di segnalazione: protein-chinasi attivata da mitogeni (MAP chinasi) e fosfoinositide 3-chinasi (PI3K). L’inibizione di queste vie di

segnalazione può determinare rispettivamente l’arresto della crescita cellulare e l’apoptosi. Pertuzumab media inoltre la citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (ADCC).

Sebbene pertuzumab in monoterapia inibisca la proliferazione delle cellule tumorali umane, l’associazione di pertuzumab e trastuzumab aumenta significativamente l’attività antitumorale nei modelli di xenotrapianto con iperespressione di HER2.

Efficacia e sicurezza clinica

L’efficacia di Perjeta nel carcinoma mammario HER2 positivo è sostenuta da uno studio randomizzato di fase III e uno studio a braccio singolo di fase II nel carcinoma mammario metastatico, da due studi di fase II nel setting neoadiuvante nel carcinoma mammario in fase iniziale (uno controllato), da uno studio non randomizzato di fase II nel setting neoadiuvante e da uno studio randomizzato di fase III

nel setting adiuvante.

Negli studi clinici riportati di seguito l’iperespressione di HER2 è stata determinata da un laboratorio centrale e definita come un punteggio 3+ all’immunoistochimica (IHC) o un rapporto di amplificazione ? 2,0 all’ibridazione in situ (ISH).

Carcinoma mammario metastatico

Perjeta in associazione con trastuzumab e docetaxel

CLEOPATRA (WO20698) è uno studio clinico di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto in 808 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2 positivo non operabile, metastatico o localmente recidivato. I pazienti con fattori di rischio cardiaco clinicamente rilevanti non sono stati inclusi (vedere paragrafo 4.4). A causa dell’esclusione dei pazienti con metastasi al cervello non vi sono dati disponibili circa l’attività di Perjeta sulle metastasi cerebrali. Sono disponibili dati molto limitati in pazienti con malattia non resecabile localmente recidivata. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere placebo + trastuzumab + docetaxel o Perjeta + trastuzumab + docetaxel.

Perjeta e trastuzumab sono stati somministrati a dosi standard ogni 3 settimane. I pazienti sono stati trattati con Perjeta e trastuzumab fino a progressione di malattia, al ritiro del consenso o allo sviluppo di tossicità

non gestibile. Docetaxel è stato somministrato a una dose iniziale di 75 mg/m2 in infusione endovenosa

ogni 3 settimane per almeno 6 cicli. La dose di docetaxel poteva essere aumentata fino a 100 mg/m2 a discrezione dello sperimentatore, se la dose iniziale era stata ben tollerata.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata da un comitato di revisione indipendente e definita come il periodo di tempo trascorso dalla data di randomizzazione alla data della progressione di malattia o decesso (per qualsiasi causa) se verificatosi entro 18 settimane dall’ultima valutazione del tumore. Gli endpoint secondari di efficacia erano la sopravvivenza globale (OS), la PFS (valutata dallo sperimentatore), il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta e il tempo alla progressione dei sintomi secondo il questionario FACT-

B sulla qualità della vita.

Circa la metà dei pazienti di ciascun gruppo di trattamento presentava malattia positiva ai recettori ormonali (definita come positiva al recettore degli estrogeni [ER] e/o positiva al recettore del progesterone [PgR]) e circa la metà dei pazienti di ciascun gruppo di trattamento era stata trattata in precedenza con terapia adiuvante o neoadiuvante. La maggior parte di questi pazienti era stata precedentemente trattata con terapia a base di antracicline e l’11% di tutti i pazienti era stato precedentemente trattato con trastuzumab. Complessivamente il 43% dei pazienti di entrambi i gruppi in trattamento era stato precedentemente sottoposto a radioterapia. La LVEF mediana dei pazienti al basale era del 65,0% (intervallo 50% – 88%) in entrambi i gruppi.

I risultati di efficacia dello studio CLEOPATRA sono riassunti nella Tabella 3. Nel gruppo trattato con Perjeta è stato dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della PFS, valutata dalla commissione di revisione indipendente, rispetto al gruppo trattato con placebo. I risultati relativi alla PFS valutata dallo sperimentatore erano simili a quelli osservati per la PFS valutata dalla commissione di revisione indipendente.

Sopravvivenza progressione (revisione
endpoint primario*
N.
di pazienti con un evento
N.
mediano di mesi
indipendent
Sopravvivenza globale – endpoint secondario**
N.
di pazienti con un evento*
N.
mediano di mesi
Tasso di risposta obiettiva (ORR)^ – endpoint secondario
N.
di pazienti con malattia misurabile
Pazienti che hanno risposto al trattamento***
IC al 95% per ORR Risposta completa (CR) Risposta parziale (PR) Malattia stabile (SD)
Progressione della malattia (PD)
Durata della Risposta †^ n=
N.
mediano di settimane IC al 95% per la mediana

Parametro

* Analisi primaria della sopravvivenza libera da progressione, data di cut-off 13 maggio 2011.

Analisi finale della sopravvivenza globale, data di cut-off 11 febbraio 2014.

Pazienti con miglior risposta globale CR o PR confermata secondo i criteri RECIST.

† Parametro valutato nei pazienti con miglior risposta globale CR o PR.

^ Il tasso di risposta obiettiva e la durata della risposta sono basati su valutazioni del tumore effettuate dalla struttura di revisione indipendente.

Sono stati osservati risultati compatibili nei vari sottogruppi pre-specificati di pazienti, compresi i sottogruppi basati sui fattori di stratificazione per area geografica e per terapia adiuvante/neoadiuvante precedente o carcinoma mammario metastatico de novo (vedere Fìgura 1). Un’analisi esplorativa post hoc ha rilevato che nei pazienti precedentemente trattati con trastuzumab (n=88), l’Hazard Ratio per la PFS valutata dalla commissione di revisione indipendente era dello 0,62 (IC al 95% 0,35-1,07) rispetto allo 0,60 (IC al 95% 0,43-0,83) per i pazienti precedentemente sottoposti a una terapia che

non includeva trastuzumab (n=288).

Figura 1 PFS per sottogruppo di pazienti valutata dalla commissione di revisione indipendente

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L’analisi finale della OS è stata condotta al momento del decesso di 389 pazienti (221 nel gruppo trattato con placebo e 168 nel gruppo trattato con Perjeta). Il beneficio statisticamente significativo in termini di OS a favore del gruppo trattato con Perjeta, precedentemente osservato nell’analisi ad interim della OS (condotta un anno dopo l’analisi primaria), è stato mantenuto (HR 0,68, p = 0,0002 test log-rank). Il tempo mediano al decesso è risultato di 40,8 mesi nel gruppo trattato con placebo e di 56,5 mesi nel gruppo trattato con Perjeta (vedere Tabella 3, Fìgura 2).

Figura 2 Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza globale

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HR= hazard ratio; IC = intervallo di confidenza; Pla= placebo; Ptz = pertuzumab (Perjeta); T = trastuzumab (Herceptin); D = docetaxel.

Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento in termini di qualità della vita correlata alla salute, valutata mediante i punteggi FACT-B TOI-PFB.

Informazioni supplementari relative agli studi clinici BO17929

– studio a braccio singolo nel carcinoma mammario metastatico.

BO17929 era uno studio di fase II, non randomizzato, in pazienti affetti da carcinoma mammario metastatico i cui tumori avevano mostrato progressione durante il trattamento con trastuzumab.

Il trattamento con Perjeta e trastuzumab ha determinato un tasso di risposta del 24,2%, con un ulteriore 25,8% di pazienti che hanno presentato una stabilizzazione della malattia di almeno 6 mesi, indicando che Perjeta è attivo in seguito a progressione con trastuzumab.

Carcinoma mammario in fase iniziale Trattamento neoadiuvante

Nel setting neoadiuvante, il carcinoma mammario localmente avanzato e infiammatorio è considerato ad alto rischio indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali. Nel carcinoma mammario in fase iniziale, le dimensioni del tumore, il grado, lo stato dei recettori ormonali e le metastasi linfonodali devono essere presi in considerazione nella valutazione del rischio.

L’indicazione al trattamento neoadiuvante per il tumore mammario si basa sul dimostrato miglioramento della percentuale di risposte complete patologiche e sul trend positivo in termini di sopravvivenza libera da progressione benché non sia stato ancora stabilito il beneficio in termini di outcome a lungo termine come per esempio sopravvivenza globale o sopravvivenza libera da progressione.

NEOSPHERE (WO20697) – studio randomizzato di confronto nel setting neoadiuvante.

NEOSPHERE è uno studio di fase II, multicentrico, internazionale, randomizzato e controllato su Perjeta ed è stato condotto in 417 pazienti adulti di sesso femminile affette da carcinoma mammario HER2 positivo di nuova diagnosi, in fase iniziale, infiammatorio o localmente avanzato (T2-4d; tumore primario > 2 cm di diametro), non trattate in precedenza con trastuzumab, chemioterapia o radioterapia.

Non sono state incluse pazienti con metastasi, carcinoma mammario bilaterale, fattori di rischio cardiaco clinicamente importanti (vedere paragrafo 4.4) o LVEF < 55%. La maggior parte delle pazienti erano di età inferiore ai 65 anni.

Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, prima dell’intervento chirurgico, uno dei seguenti regimi neoadiuvanti per 4 cicli:

Trastuzumab + docetaxel

Perjeta + trastuzumab e docetaxel

Perjeta + trastuzumab

Perjeta + docetaxel.

La randomizzazione è stata stratificata in funzione della tipologia di tumore mammario (operabile, localmente avanzato o infiammatorio) e della positività per i recettori ormonali ER o PgR. Pertuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 840 mg, seguita da 420 mg ogni 3 settimane. Trastuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 8

mg/kg, seguita da 6 mg/kg ogni 3 settimane. Docetaxel è stato somministrato per via endovenosa a una

dose iniziale di 75 mg/m2, seguita da 75 o 100 mg/m2 (se tollerati) ogni 3 settimane. Dopo l’intervento chirurgico tutte le pazienti hanno ricevuto 3 cicli di 5-fluorouracile (600 mg/m2), epirubicina

(90 mg/m2) e ciclofosfamide (600 mg/m2) (FEC) somministrati per via endovenosa ogni 3 settimane e trastuzumab somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane al fine di completare un anno di terapia. Alle pazienti che hanno ricevuto prima dell’intervento chirurgico esclusivamente Perjeta +

trastuzumab sono stati somministrati dopo l’intervento sia FEC sia docetaxel.

L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta patologica completa (pCR) (ypT0/is). Gli endpoint secondari di efficacia erano il tasso di risposta clinica, il tasso di chirurgia conservativa della

mammella (solo tumori T2-3), la sopravvivenza libera da malattia (DFS) e la PFS. Altri tassi esplorativi di pCR comprendevano lo stato dei linfonodi (ypT0/isN0 e ypT0N0).

I dati demografici erano ben equilibrati (l’età mediana era pari a 49-50 anni, la maggior parte dei soggetti era caucasica [71%] e tutti erano di sesso femminile). Complessivamente il 7% delle pazienti

era affetto da carcinoma mammario infiammatorio, il 32% da carcinoma mammario localmente avanzato e il 61% da carcinoma mammario operabile. Circa la metà delle pazienti in ciascun gruppo di trattamento aveva malattia positiva ai recettori ormonali (ER positiva e/o PgR positiva).

I risultati di efficacia sono presentati nella Tabella 4. Nelle pazienti trattate con Perjeta + trastuzumab e docetaxel è stato osservato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante dei tassi di pCR (ypT0/is) rispetto alle pazienti a cui sono stati somministrati trastuzumab e docetaxel (45,8% versus 29,0%, valore di p = 0,0141). Indipendentemente dalla definizione di pCR adottata sono stati evidenziati risultati coerenti. La differenza nel tasso di pCR ottenuta nel gruppo di pazienti trattate con Perjeta+trastuzumab e docetaxel rispetto a quelle tratte con trastuzumab e docetaxel verosimilmente si tradurrà in una differenza clinicamente significativa dei risultati a lungo termine ed è supportata dall’andamento positivo di PFS (HR 0.69, 95% CI 0.34, 1.40) e DFS (HR 0.60, 95% CI

0.28, 1.27).

I tassi di pCR e l’entità del beneficio ottenuto con Perjeta (Perjeta più trastuzumab e docetaxel rispetto a pazienti trattate con trastuzumab e docetaxel) sono risultati inferiori nel sottogruppo di pazienti con tumore mammario positivo ai recettori ormonali (differenza del 6% di pCR a livello mammario) rispetto alle pazienti con tumori negativi ai recettori ormonali (differenza del 26,4% di pCR a livello

mammario). I tassi di pCR sono risultati simili nelle pazienti inoperabili rispetto a quelle con malattia localmente avanzata. Sono state incluse poche pazienti con carcinoma mammario infiammatorio, per cui non è possibile trarre conclusioni definitive sull’efficacia di Perjeta, tuttavia il tasso di pCR è stato maggiore nei pazienti che hanno ricevuto Perjeta con trastuzumab e docetaxel.

TRYPHAENA (BO22280)

TRYPHAENA è uno studio clinico di fase II, multicentrico e randomizzato condotto su 225 pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo, localmente avanzato, operabile o infiammatorio (T2-4d; tumore primario > 2 cm di diametro) non trattate in precedenza con trastuzumab, chemioterapia o radioterapia. Non sono state incluse pazienti con metastasi, carcinoma mammario bilaterale, fattori di rischio cardiaci clinicamente importanti (vedere paragrafo 4.4) o LVEF < 55%. La maggior parte delle pazienti era di età inferiore ai 65 anni. Le pazienti sono state randomizzate a ricevere, prima dell’intervento chirurgico, uno dei 3 regimi neoadiuvanti indicati di seguito:

3 cicli di FEC seguiti da 3 cicli di docetaxel, tutti somministrati in concomitanza con Perjeta e trastuzumab

3 cicli di FEC in monoterapia seguiti da 3 cicli di docetaxel, con somministrazione concomitante di trastuzumab e Perjeta

6 cicli di TCH in associazione con Perjeta.

La randomizzazione è stata stratificata in funzione della tipologia di carcinoma mammario (operabile, localmente avanzato o infiammatorio) e della positività a ER e/o PgR.

Pertuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 840 mg, seguita da 420 mg ogni 3 settimane. Trastuzumab è stato somministrato per via endovenosa a una dose iniziale di 8 mg/kg, seguita da 6 mg/kg ogni 3 settimane. Il trattamento FEC (5-fluorouracile [500 mg/m2], epirubicina [100

mg/m 2], ciclofosfamide [600 mg/m2]) è stato somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane per 3 cicli. Docetaxel è stato somministrato a una dose iniziale di 75 mg/m2 mediante

infusione e.v. ogni 3 settimane con la possibilità di aumentare progressivamente la dose a 100 mg/m2 a discrezione dello sperimentatore nel caso in cui la dose iniziale fosse ben tollerata. Tuttavia, nel gruppo trattato con Perjeta in associazione con TCH, docetaxel è stato somministrato per via

endovenosa a 75 mg/m2 (aumento progressivo della dose non consentito) e carboplatino (AUC 6) per via endovenosa ogni 3 settimane. Dopo l’intervento chirurgico tutte le pazienti sono state trattate con trastuzumab al fine di completare un anno di terapia.

L’endpoint primario dello studio era la sicurezza cardiaca durante il periodo di trattamento neoadiuvante della sperimentazione. Gli endpoint secondari di efficacia erano il tasso di pCR della mammella (ypT0/is), la DFS, la PFS e la OS.

I dati demografici erano ben equilibrati tra i bracci (l’età mediana era pari a 49-50 anni, la maggior parte dei soggetti era caucasica [77%] e tutti erano di sesso femminile). Complessivamente il 6% delle pazienti era affetto da carcinoma mammario infiammatorio, il 25% da carcinoma mammario localmente avanzato e il 69% da carcinoma mammario operabile. La malattia di circa la metà delle pazienti in ciascun gruppo di trattamento era ER positiva e/o PgR positiva.

Rispetto ai dati pubblicati per regimi di terapia simili senza pertuzumab, in tutti e 3 i bracci di trattamento sono stati osservati elevati tassi di pCR (vedere Tabella 4). Indipendentemente dalla definizione di pCR adottata i risultati si sono dimostrati coerenti. I tassi di pCR sono risultati inferiori nel sottogruppo di pazienti con tumori positivi ai recettori ormonali (range: da 46,2% a 50,0%) rispetto alle pazienti con tumori negativi ai recettori ormonali (range: da 65,0% a 83,8%).

I tassi di pCR sono risultati simili nelle pazienti inoperabili rispetto a quelle con malattia localmente avanzata. Le pazienti con carcinoma mammario infiammatorio sono state poche per trarre conclusioni definitive.

Tabella 4 NEOSPHERE (WO20697) e TRYPHAENA (BO22280): panoramica dell’efficacia (popolazione Intent to Treat)

Trastu

Parametr

ab +

o doceta

N=1

Tasso di pCR della mammella

(ypT0/is )

31 (29,

[20,6; 3

n. (%)

[IC al 95%]1

Differenza

nei tassi di pCR2

[IC al 95%]3

Valore di p (con corr. di Simes

del test

4

CMH)

Tasso di pCR della mammella e del linfonodo

23 (21,

(ypT0/is [14,1; 3

N0) n. (%)

[IC al 95%]

ypT0 N0 n. (%)

[IC al 95%]

13 (12,

[6,6; 1

21

Trastuz

Parametr ab +

docetax

N=107

Risposta clinica5

FEC: 5-fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide; TCH: docetaxel, carboplatino e trastuzumab, CMH: Cochran– Mantel–Haenszel.

IC al 95% per un campione binomiale utilizzando il metodo di Pearson-Clopper.

I trattamenti Perjeta + trastuzumab + docetaxel e Perjeta + trastuzumab sono confrontati a trastuzumab + docetaxel, mentre Perjeta + docetaxel è confrontato a Perjeta + trastuzumab + docetaxel.

IC al 95% approssimato per la differenza di due tassi di risposta utilizzando il metodo di Hauck-Anderson.

Valore di p ottenuto dal test di Cochran-Mantel-Haenszel, con aggiustamento di Simes per la molteplicità.

La risposta clinica rappresenta le pazienti con CR o PR come miglior risposta globale durante il periodo neoadiuvante (per la lesione mammaria primaria).

BERENICE (WO29217)

Lo studio BERENICE è uno studio di fase II non randomizzato, in aperto, multicentrico e internazionale condotto su 401 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2-positivo, localmente avanzato, infiammatorio o carcinoma mammario HER2-positivo in stadio iniziale (con tumori primari di diametro > 2 cm o linfonodi positivi).

Lo studio BERENICE comprendeva due gruppi paralleli di pazienti. I soggetti ritenuti idonei al trattamento neoadiuvante con trastuzumab + chemioterapia a base di antracicline/taxani sono stati assegnati al trattamento con uno dei due regimi specificati di seguito prima della chirurgia:

Coorte A – 4 cicli con regime dose dense di doxorubicina e ciclofosfamide ogni due settimane seguiti da 4 cicli di Perjeta in associazione a trastuzumab e paclitaxel

Coorte B – 4 cicli di FEC seguiti da 4 cicli di Perjeta in associazione a trastuzumab e docetaxel.

Dopo la chirurgia, tutti i pazienti sono stati trattati con Perjeta e trastuzumab per via endovenosa ogni 3 settimane fino al completamento di 1 anno di terapia.

L’endpoint primario dello studio BERENICE era la sicurezza cardiaca durante la fase di trattamento neoadiuvante della sperimentazione.

L’endpoint primario di sicurezza cardiaca, es. l’incidenza di LVD di NYVA classe III / IV e declino di LVEF, è risultato coerente con i dati riscontrati precedentemente nel setting neoadiuvante (vedere paragrafì 4.4 e 4.8).

Trattamento adiuvante

Nel setting adiuvante, sulla base dei dati dello studio APHINITY, i pazienti con carcinoma mammario

APHINITY (BO25126)

Lo studio APHINITY è uno studio di fase III, controllato con placebo, in doppio cieco, randomizzato e multicentrico, condotto su 4.804 pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo in fase iniziale, sottoposte a intervento chirurgico e rimozione del tumore primitivo prima della randomizzazione. Le pazienti sono state successivamente randomizzate a ricevere Perjeta o placebo, in associazione con

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trastuzumab e chemioterapia adiuvante. Per le singole pazienti è stato selezionato dagli sperimentatori uno dei seguenti regimi chemioterapici a base di antracicline o non a base di antracicline:

3 o 4 cicli di FEC o 5-fluorouracile, doxorubicina e ciclofosfamide (FAC), seguiti da 3 o 4 cicli di docetaxel o 12 cicli di paclitaxel settimanale

4 cicli di AC o epirubicina e ciclofosfamide (EC), seguiti da 3 o 4 cicli di docetaxel o 12 cicli di paclitaxel settimanale

6 cicli di docetaxel in associazione con carboplatino.

Perjeta e trastuzumab sono stati somministrati per via endovenosa (vedere paragrafo 4.2) ogni 3 settimane a partire dal Giorno 1 del primo ciclo contenente un taxano, per 52 settimane complessive (massimo 18 cicli) o fino a recidiva della malattia, ritiro del consenso o sviluppo di tossicità non gestibile. Sono state somministrate dosi standard di 5-fluorouracile, epirubicina, doxorubicina, ciclofosfamide, docetaxel, paclitaxel e carboplatino.

Dopo il completamento della chemioterapia, le pazienti sono state trattate con radioterapia e/o terapia ormonale in base al protocollo clinico locale.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS), definita come il tempo intercorso tra randomizzazione e prima insorgenza di recidiva ipsilaterale, locale o regionale di carcinoma mammario invasivo, recidiva a distanza, carcinoma mammario controlaterale invasivo o decesso per qualsiasi causa. Gli endpoint secondari di efficacia erano la IDFS includendo anche qualsiasi secondo tumore primitivo non mammario, la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da malattia (DFS), l’intervallo libero da recidiva (RFI) e l’intervallo libero da recidiva a distanza (DRFI).

I dati demografici erano ben equilibrati tra i due bracci di trattamento. L’età mediana era pari a 51 anni e oltre il 99% dei pazienti era di sesso femminile. La maggioranza delle pazienti era caucasica (71%) e presentava malattia linfonodo-positiva (63%) e/o positiva per i recettori ormonali (64%).

Dopo un follow-up mediano di 45,4 mesi lo studio APHINITY ha messo in evidenza una riduzione del 19% (hazard ratio [HR] = 0 ,81, 95% IC 0,66; 1,00 valore di p 0,0446) del rischio di recidiva o decesso nelle pazienti randomizzate al trattamento con Perjeta rispetto alle pazienti randomizzate al trattamento con placebo.

I risultati di efficacia emersi dallo studio APHINITY sono riassunti nella Tabella 5 e nella Figura 3.

Endpoint primario
Sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS)
Numero (%) di pazienti con evento HR [IC al 95%]
Valore di p (test log-rank, stratificato1)
Tasso di pazienti libere da eventi a 3 anni3 [IC al
95%]
Endpoint secondari1
IDFS compreso secondo tumore primitivo non
mammario
Numero (%) di pazienti con evento HR [IC al 95%]
Valore di p (test log-rank, stratificato1)
Tasso di pazienti libere da eventi a 3 anni2 [IC al
95%]
Sopravvivenza libera da malattia (DFS)
Numero (%) di pazienti con evento HR [IC al 95%]
Valore di p (test log-rank, stratificato1)
Tasso di pazienti libere da eventi a 3 anni2 [IC al 95%]
Sopravvivenza globale (OS)3
Numero (%) di pazienti con evento HR [IC al 95%]
Valore di p (test log-rank, stratificato1)
Tasso di pazienti libere da eventi a 3 anni2 [IC al 95%]

Legenda delle abbreviazioni (Tabella 5): HR: Hazard Ratio; IC: intervallo di confidenza.

Tutte le analisi sono state stratificate per stato linfonodale, versione del protocollo, stato dei recettori ormonali da valutazione centralizzata e regime chemioterapico adiuvante.

Tasso di pazienti libere da eventi a 3 anni è stato ricavato da stime di Kaplan-Meier.

Dati emersi dalla prima analisi ad interim.

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Figura 3 Curva di Kaplan-Meier della sopravvivenza libera da malattia invasiva

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IC = intervallo di confidenza; IDFS = sopravvivenza libera da malattia invasiva; Pla = placebo; Ptz = pertuzumab (Perjeta); T = trastuzumab.

La stima della IDFS a 4 anni si è attestata al 92,3% nel gruppo trattato con Perjeta rispetto al 90,6% nel gruppo trattato con placebo. Al momento della stima il follow-up mediano era pari a 45,4 mesi.

Risultati relativi all’analisi per sottogruppo

Al momento dell’analisi primaria i benefici ottenuti con Perjeta sono apparsi più evidenti per le pazienti appartenenti a specifici gruppi ad alto rischio, in particolare in donne con malattia linfonodo- positiva oppure donne con malattia negativa per i recettori ormonali (vedere Tabella 6).

Table 6 Efficacia osservata nei sottogruppi per stato nodale e stato dei recettori ormonali1

Positivo

Negativo

Positivo

i

Stato recettori ormonal

Negativo

Stato nodale

Popolazione

1 Analisi di sottogruppi prespecificati senza aggiustamenti per confronti multipli, i risultati sono considerati quindi descrittivi.

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Nel sottogruppo con malattia linfonodo-positiva, per le pazienti trattate rispettivamente con Perjeta e con placebo, i tassi di IDFS stimati sono risultati pari al 92,0% rispetto al 90,2% a 3 anni e pari all’89,9% rispetto all’86,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia linfonodo-negativa, per le pazienti

trattate rispettivamente con Perjeta e con placebo, i tassi di IDFS stimati sono risultati pari al 97,5% rispetto al 98,4% a 3 anni e pari al 96,2% rispetto al 96,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia negativa per i recettori ormonali, per le pazienti trattate rispettivamente con Perjeta e con placebo, i tassi di IDFS stimati sono risultati pari al 92,8% rispetto al 91,2% a 3 anni e pari al 91,0% rispetto all’88,7% a 4 anni. Nel sottogruppo con malattia positiva per i recettori ormonali, per le pazienti trattate rispettivamente con Perjeta e con placebo, i tassi di IDFS stimati sono risultati pari al 94,8% rispetto al 94,4% a 3 anni e pari al 93,0% rispetto al 91,6% a 4 anni.

Esiti riferiti dai pazienti (PRO)

Gli endpoint secondari comprendevano la valutazione dello stato di salute globale, della funzionalità fisica e dello svolgimento delle attività della vita quotidiana, e dei sintomi del trattamento riferiti dal paziente attraverso la compilazione dei questionari sulla qualità di vita QLQ- C30 e QLQ-BR23 elaborati dall’EORTC. Nelle analisi degli esiti riferiti dai pazienti una differenza di 10 punti è stata considerata clinicamente rilevante.

In entrambi i bracci di trattamento i punteggi ottenuti dai pazienti relativamente alla funzionalità fisica, allo stato di salute globale e ai sintomi di diarrea hanno mostrato una variazione clinicamente significativa durante la fase di chemioterapia. La riduzione media dal basale a quel momento per la funzionalità fisica è stata pari a -10,7 (IC al 95%: -11,4; -10,0) nel braccio trattato con Perjeta e pari a

-10,6 (IC al 95%: -11,4; -9,9) nel gruppo trattato con placebo, mentre per lo stato di salute globale è risultata pari a -11,2 (IC al 95%: -12,2; -10,2) nel braccio trattato con Perjeta e a -10,2 (IC al 95%: – 11,1; -9,2) nel braccio trattato con placebo. La variazione relativa ai sintomi di diarrea ha registrato un aumento a +22,3 (IC al 95%: 21,0; 23,6) nel braccio trattato con Perjeta rispetto a +9,2 (IC al 95%: 8,2; 10,2) nel braccio trattato con placebo.

Dopo il termine della chemioterapia e durante il solo trattamento a bersaglio molecolare, in entrambi i bracci, i punteggi relativi alla funzionalità fisica e allo stato di salute globale sono tornati ai livelli basali. I sintomi di diarrea sono tornati al quadro basale dopo la terapia anti-HER2 nel braccio trattato con Perjeta. Nel complesso l’aggiunta di Perjeta a trastuzumab + chemioterapia non ha influito sullo svolgimento delle attività della vita quotidiana delle pazienti nel corso dello studio.

Immunogenicità

I pazienti nello studio CLEOPATRA sono stati valutati in diversi momenti per individuare la presenza di anticorpi anti-farmaco (ADA) diretti contro Perjeta. Il 3,3% (13 pazienti su 389) dei pazienti trattati con Perjeta e il 6,7% (25 pazienti su 372) di quelli trattati con placebo sono risultati positivi agli ADA. Nello studio BERENICE, il 4,1% dei pazienti trattati con Perjeta, ovvero 16 pazienti su 392, è risultato positivo agli ADA. Nessuno di questi pazienti ha manifestato reazioni anafilattiche o di

ipersensibilità chiaramente associate allo sviluppo di ADA. Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha revocato l’obbligo di presentare i risultati di studi condotti con Perjeta in tutti i sottogruppi nella popolazione pediatrica con carcinoma mammario (vedere paragrafo

4.2 per le ìnformazìonì sull’uso ìn pazìentì pedìatrìcì).


Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione

È stata condotta un’analisi farmacocinetica di popolazione con i dati di 481 pazienti di diversi studi clinici (fase I, II e III) affetti da varie neoplasie maligne avanzate che sono stati trattati con Perjeta in monoterapia o in associazione con dosi di pertuzumab comprese tra 2 e 25 mg/kg somministrate ogni 3 settimane tramite infusioni endovenose di 30-60 minuti.

Assorbimento

Perjeta è somministrato mediante infusione endovenosa. Distribuzione

Tra tutti gli studi clinici il volume di distribuzione del compartimento centrale (Vc) e periferico (Vp) nel paziente tipico è stato rispettivamente di 3,11 e 2,46 litri.

Biotrasformazione

Il metabolismo di pertuzumab non è stato studiato direttamente. Gli anticorpi sono eliminati principalmente mediante il catabolismo.

Eliminazione

La clearance (CL) mediana di pertuzumab era di 0,235 litri/giorno e l’emivita mediana era di 18 giorni. Linearità/non linearità

Pertuzumab ha mostrato una farmacocinetica lineare all’interno dell’intervallo di dosi raccomandato. Pazienti anziani

I risultati di un’analisi farmacocinetica di popolazione non hanno mostrato differenze significative nella farmacocinetica di pertuzumab tra i pazienti di età <65 anni (n=306) e i pazienti di età ? 65 anni (n=175).

Compromissione renale

Non sono stati condotti studi clinici specifici con Perjeta in pazienti con compromissione renale. Sulla base dei risultati dell’analisi farmacocinetica di popolazione, l’esposizione a pertuzumab dei pazienti con compromissione renale da lieve (clearance della creatinina [CLcr] da 60 a 90 ml/min, N=200) a moderata (CLcr da 30 a 60 ml/min, N=71) era simile a quella dei pazienti con funzionalità renale nella

norma (CLcr maggiore di 90 ml/min, N=200). Non è stata osservata nessuna correlazione tra la CLcr e l’esposizione a pertuzumab oltre l’intervallo della CLcr (da 27 a 244 ml/min).

Altre popolazioni speciali

L’analisi farmacocinetica di popolazione ha suggerito l’assenza di differenze farmacocinetiche basate su età, sesso ed etnia (giapponesi o non giapponesi). L’albumina basale e la massa corporea magra erano le covariate più significative a influenzare la CL. La CL è diminuita nei pazienti con concentrazioni basali di albumina più elevate ed è aumentata nei pazienti con una maggiore massa corporea magra. Tuttavia, le analisi di sensibilità eseguite con la dose e lo schema di somministrazione raccomandati di Perjeta hanno mostrato che a valori estremi di queste due covariate, non vi era impatto significativo sulla capacità di conseguire le concentrazioni target allo stato stazionario individuate nei modelli preclinici di xenotrapianto di tumore. Pertanto, non è necessario aggiustare il dosaggio di pertuzumab in base a queste covariate.

I risultati farmacocinetici (PK) di pertuzumab negli studi NEOSPHERE e APHINITY si sono dimostrati in linea con le previsioni del precedente modello di PK di popolazione. Per quanto riguarda la farmacocinetica di pertuzumab, non sono state riscontrate differenze nei pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale rispetto ai pazienti con carcinoma mammario metastatico.


Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: dati sulla sicurezza

Non sono stati condotti studi specifici sugli animali per valutare l’effetto di pertuzumab sulla fertilità. Dagli studi di tossicità a dose ripetuta condotti nelle scimmie cynomolgus non è possibile trarre nessuna conclusione definitiva degli effetti avversi sugli organi riproduttivi maschili.

Sono stati condotti studi di tossicologia riproduttiva in scimmie cynomolgus gravide (dal 19 fino al 50 giorno di gestazione [GG]) a dosi iniziali di 30-150 mg/kg seguite da dosi bisettimanali di 10-

100 mg/kg. Questi livelli di dose hanno determinato un’esposizione clinicamente rilevante da 2,5 a 20 volte maggiore rispetto alla dose umana raccomandata, sulla base della Cmax. La somministrazione endovenosa di pertuzumab dal 19 fino al 50 giorno di gestazione (GG) (periodo di organogenesi) era

embriotossica con un aumento dose-dipendente di decessi embrio-fetali dal 25 al 70 GG. Le incidenze

di mortalità embrio-fetale sono state del 33, 50 e 85% per le scimmie gravide trattate con dosi bisettimanali di pertuzumab rispettivamente di 10, 30 e 100 mg/kg (da 2,5 a 20 volte superiore alla

dose umana raccomandata, in base alla Cmax). Al momento del taglio Cesareo avvenuto al 100 GG in tutti i gruppi trattati con pertuzumab sono stati rilevati oligoidramnios, riduzione del peso polmonare e renale relativo ed ipoplasia renale evidenziabile microscopicamente in linea con un ritardo dello sviluppo renale. Inoltre, in linea con la riduzione dello sviluppo fetale, secondaria all’oligoidramnios

sono stati anche rilevati: ipoplasia polmonare (1 di 6 nel gruppo 30 mg/kg e 1 di 2 nel gruppo

100 mg/kg), difetti del setto ventricolare (1 di 6 nel gruppo 30 mg/kg), assottigliamento della parete ventricolare (1 di 2 nel gruppo 100 mg/kg) e difetti scheletrici minori (esterni – 3 di 6 nel gruppo

30 mg/kg). L’esposizione a pertuzumab è stata riscontrata nella prole di tutti i gruppi trattati a livelli compresi tra il 29 e il 40% dei livelli sierici materni al 100 GG.

Nelle scimmie cynomolgus, la somministrazione settimanale di pertuzumab per via e.v. a dosi fino a 150 mg/kg/dose è stata generalmente ben tollerata. Con dosi di 15 mg/kg e superiori, è stata osservata diarrea lieve intermittente, associata al trattamento. In un sottogruppo di scimmie, la somministrazione cronica (da 7 a 26 dosi settimanali) ha determinato gravi episodi di diarrea secretoria. La diarrea è stata gestita (ad eccezione dell’eutanasia di un animale, 50 mg/kg/dose) con trattamenti di supporto, tra cui idratazione per via endovenosa.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: interazioni

In un sottostudio dello studio pivotal randomizzato CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, condotto su 37 pazienti, non sono state osservate interazioni farmacocinetiche tra

pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel. Inoltre, l’analisi farmacocinetica di popolazione non ha mostrato evidenza di interazione farmacologica tra pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel. L’assenza di interazioni farmacologiche è stata confermata dai dati farmacocinetici emersi dagli studi NEOSPHERE e APHINITY.

In cinque studi sono stati valutati gli effetti di pertuzumab sulla farmacocinetica di farmaci citotossici somministrati in concomitanza, docetaxel, paclitaxel, gemcitabina, capecitabina, carboplatino ed erlotinib. Non si è evidenziata alcuna interazione farmacocinetica tra pertuzumab e questi farmaci. La farmacocinetica di pertuzumab in questi studi è risultata sovrapponibile a quella osservata negli studi che prevedevano trattamenti in monoterapia.


Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Perjeta 420 mg concentrato per soluzione per infusione: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Sulla base delle reazioni avverse riportate, Perjeta non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare o di usare macchinari. I pazienti che manifestano reazioni all’infusione devono essere avvisati di non guidare e di non utilizzare macchinari fino alla scomparsa dei sintomi.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco