Zejula: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Zejula (Niraparib Tosilato Monoidrato): sicurezza e modo d’azione

Zejula (Niraparib Tosilato Monoidrato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Zejula è indicato:

come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con carcinoma ovarico epiteliale avanzato (stadio FIGO III e IV), carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario, di grado elevato, che stiano rispondendo (risposta completa o parziale) alla chemioterapia di prima linea a base di platino.

come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con carcinoma ovarico epiteliale sieroso, carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario, di grado elevato, recidivato, sensibile al platino, che stiano rispondendo (risposta completa o parziale) alla chemioterapia a base di platino.

Zejula: come funziona?

Ma come funziona Zejula? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Zejula

Categoria farmacoterapeutica: altri agenti antineoplastici, codice ATC: L01XX54. Meccanismo d’azione ed effetti farmacodinamici

Niraparib è un inibitore degli enzimi poli(ADP-ribosio) polimerasi (PARP), PARP-1 e PARP-2, che svolgono un ruolo nella riparazione del DNA. Studi in vitro hanno mostrato che la citotossicità indotta da niraparib può implicare l’inibizione dell’attività enzimatica di PARP e aumentare la formazione di complessi PARP-DNA che determinano danni al DNA, apoptosi e morte cellulare. È stato osservato un aumento della citotossicità indotta da niraparib in linee tumorali cellulari con o senza deficit dei geni oncosoppressori BRCA (BReast CAncer, carcinoma mammario) 1 e 2. Nello xenotrapianto ortotopico nei topi di cellule di carcinoma ovarico sieroso di alto grado paziente – derivate (PDX, patient-derived xenografts), niraparib ha dimostrato di ridurre la crescita di tumori BRCA 1 e 2 mutati, BRCA wild type sia con deficit della ricombinazione omologa (HR, homologous recombination) che senza deficit di HR rilevabile.

Efficacia e sicurezza clinica

Trattamento di mantenimento di prima linea del carcinoma ovarico

PRIMA è stato uno studio di fase 3, in doppio cieco, controllato verso placebo, in cui le pazienti (n=733), che stavano rispondendo in maniera completa o parziale alla chemioterapia di prima linea a base di platino, sono state randomizzate 2:1 a Zejula o a corrispondente placebo. Lo studio PRIMA era iniziato in 475 pazienti (di cui 317 randomizzate al braccio niraparib vs 158 nel braccio placebo) con una dose iniziale di 300 mg una volta al giorno in cicli continui di 28 giorni. La dose iniziale nello studio PRIMA è stata modificata con l’emendamento 2 al protocollo. Da quel momento in poi, alle pazienti con un peso corporeo al basale ?77 kg e una conta priastrinica al basale ?150.000/µL è stato

somministrato Zejula 300 mg (3 capsule ×100 mg) (n=34) o placebo (3 capsule) quotidianamente (n=21) mentre alle pazienti con un peso corporeo al basale <77 kg o una conta piastrinica al basale

<150.000/?L è stato somministrato Zejula 200 mg (2 caspusle ×100 mg) (n=122) o placebo (2 capsule) quotidianamente (n=61).

Le pazienti sono state randomizzate dopo il completamento della chemioterapia di prima linea a base di platino con/senza intervento chirurgico. I soggetti sono stati randomizzati entro 12 settimane dal primo giorno dell’ultimo ciclo di chemioterapia. I soggetti avevano effettuato ?6 e ?9 cicli di terapia a base di platino. Dopo chirurgia citoriduttiva di intervallo i soggetti avevano effettuato ?2 cicli post- operatori di terapia a base di platino. Le pazienti che avevano ricevuto bevacizumab con la chemioterapia, ma che non avrebbero potuto ricevere bevacizumab come terapia di mantenimento, non sono state escluse dallo studio. Le pazienti non potevano avere ricevuto in precedenza una terapia con inibitori PARP, incluso Zejula. Le pazienti che avevano avuto una chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia citoriduttiva di intervallo potevano o meno avere malattia residua visibile. Le pazienti con malattia in stadio III che avevano avuto citoriduzione completa (ossia nessuna malattia residua visibile) dopo chirurgia citoriduttiva primaria sono state escluse.

La randomizzazione è stata stratificata secondo la miglior risposta durante il trattamento di prima linea (risposta completa vs risposta parziale) con platino, chemioterapia neoadiuvante (NACT – neoadjuvant chemotherapy) (Sì vs No) e deficit della ricombinazione omologa (HRD – homologous recombination deficiency) [positivo (con deficit di HR) vs negativo (senza deficit di HR) o non determinato]. Il test HRD è stato effettuato usando il test HRD sul tessuto tumorale ottenuto al momento della diagnosi iniziale. I livelli di CA-125 dovevano essere compresi nell’intervallo normale (o riduzione del CA-125 del > 90 %) durante la terapia di prima linea del paziente e rimanere stabili per almeno 7 giorni.

Le pazienti hanno iniziato il trattamento al Ciclo 1/Giorno 1 (C1/D1 – Cycle 1/Day 1), assumendo Zejula 200 o 300 mg o placebo una volta al giorno, in cicli continui di 28 giorni. Le visite presso il centro clinico sono state effettuate ad ogni ciclo (4 settimane ± 3 giorni).

L’endpoint primario è stato la sopravvivenza libera da progressione (PFS – progression-free survival), valutata mediante revisione centrale indipendente in cieco (BIRC – blinded independent central review) in accordo ai criteri RECIST, versione 1.1. La sopravvivenza globale (OS – overall survival) è stata un obiettivo secondario chiave. La determinazione della PFS è stata condotta gerarchicamente: prima nella popolazione con deficit HR, poi nella popolazione complessiva. L’età mediana di 62 anni variava da 32 a 85 anni tra le pazienti randomizzate con Zejula e da 33 a 88 anni tra le pazienti randomizzate con placebo. L’89% di tutte le pazienti era caucasico. Il 69% delle pazienti randomizzate con Zejula e il 71% delle pazienti randomizzate con placebo avevano al basale un ECOG pari a 0.

Nella popolazione complessiva, il 65% dei pazienti aveva una malattia in stadio III e il 35% aveva una malattia in stadio IV. Nella popolazione complessiva, nella maggior parte delle pazienti (? 80 %) la sede del tumore primario era l’ovaio; la maggior parte delle pazienti (> 90 %) presentava tumori con istologia sierosa. Il 67% delle pazienti aveva ricevuto NACT. Il 69% delle pazienti ha avuto una risposta completa alla chemioterapia di prima linea a base di platino. Un totale di 6 pazienti nel braccio niraparib aveva ricevuto bevacizumab come precedente trattamento per il carcinoma ovarico.

Lo studio PRIMA ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della PFS per le pazienti randomizzate a Zejula rispetto al placebo nella popolazione con deficit HR e nella popolazione complessiva (Tabella 5 e Figure 1 e 2).

Gli endpoint secondari di efficacia includevano la PFS dopo la prima terapia successiva (PFS2) e l’OS (Tabella 5).

Tabella 5: Risultati di efficacia – PRIMA (determinati da BICR)

Popolazione con deficit HR Popolazione complessiva
Zejula (N=247) placebo (N=126) Zejula (N=487) placebo (N=246)
PFS mediana (95% CI) 21,9 (19,3;
non stimabile)
10,4 (8,1; 12,1) 13,8 (11,5; 14,9) 8,2 (7,3; 8,5)
Hazard ratio (HR)
(95% CI)
0,43 (0,31; 0,59) 0,62 (0,50; 0,76)
Valore p <0,0001 <0,0001
PFS2
Hazard ratio (HR)
(95% CI)
0,84 (0,485; 1,453) 0,81 (0,577;
1,139)
OS*
Hazard ratio (HR)
(95% CI)
0,61 (0,265; 1,388) 0,70 (0,44; 1,11)

*Al momento dell’analisi della PFS primaria, si è stimata una sopravvivenza a due anni dopo la randomizzazione dell’84% per le pazienti che ricevevano Zejula, rispetto al 77% per le pazienti che ricevevano placebo nella popolazione complessiva.

I dati di PFS2 e OS attualmente non sono maturi.

Figura 1: Sopravvivenza libera da progressione nelle pazienti con carcinomi con deficit di HR (popolazione ITT, N=373)

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Figura 2: P Sopravvivenza libera da progressione nella popolazione complessiva (popolazione ITT, N=733)

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100

Censored Observations

Niraparib

90

Placebo

80

HR (95% CI)

70

0.62 (0.502,0.755)

Estimated Survival Function (%)

60

50

40

30

20

10

0

Niraparib 487 454 385 312 295 253 167 111 94 58 29 21 13 4 0

Placebo 246 226 177 133 117 90 60 32 29 17 6 6 4 1 0

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28

Time since Randomization (Months)

Analisi dei sottogruppi

Nella popolazione con deficit di HR, è stato osservato un hazard ratio di 0,40 (95% CI [0,27; 0,62]) nel sottogruppo di pazienti con carcinoma ovarico BRCAmut (N = 223). Nel sottogruppo delle pazienti

con deficit di HR senza mutazione BRCA (N = 150), è stato osservato un hazard ratio di 0,50 (95% CI [0,31; 0,83]). Nella popolazione senza deficit di HR (N= 249), è stato osservato un hazard ratio di 0,68 (95% CI [0,49; 0,94]).

Nelle analisi esplorative dei sottogruppi delle pazienti a cui è stata somministrata una dose di 200 o 300 mg di Zejula sulla base del peso o della conta piastrinica al basale, è stata osservata un’efficacia comparabile (PFS valutata dal ricercatore) con un hazard ratio di 0,54 (95% CI [0,33; 0,91]) nella popolazione con deficit di HR e con un hazard ratio di 0,68 (95% CI [0,49; 0,94]) nella popolazione complessiva.

Nel sottogruppo senza deficit di HR, la dose di 200 mg ha apparentemente prodotto un effetto di trattamento inferiore rispetto alla dose di 300 mg.

Trattamento di mantenimento del carcinoma ovarico recidivante

La sicurezza e l’efficacia di niraparib come terapia di mantenimento sono state valutate in uno studio internazionale randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di fase 3 (NOVA) in pazienti con carcinoma ovarico epiteliale sieroso, della tuba di Falloppio o peritoneale primitivo, prevalentemente di grado elevato, recidivato, che erano sensibili al platino in base alla risposta completa (RC) o parziale (RP) per più di sei mesi alla penultima terapia a base di platino. Per essere idonee al trattamento con niraparib, le pazienti dovevano essere ancora responsive (RC o RP) dopo avere completato l’ultima chemioterapia a base di platino. I livelli di CA-125 dovevano essere normali (o ridotti > 90 % rispetto al livello basale) dopo l’ultimo trattamento a base di platino ed essere stabili da almeno 7 giorni. Le pazienti non potevano avere assunto una precedente terapia con inibitori di PARP, incluso Zejula. Le pazienti idonee sono state assegnate a una di due coorti in base ai risultati del test di mutazione BRCA della linea germinale (gBRCAmut). All’interno di ciascuna coorte, le pazienti sono state randomizzate con un’assegnazione 2:1 a niraparib e al placebo. Le pazienti sono state assegnate alla coorte gBRCAmut sulla base dei campioni di sangue per l’analisi del gBRCA prelevati prima della randomizzazione. L’analisi della mutazione tissutale BRCA e dell’ HRD è stata effettuata con il test HRD sul tessuto tumorale ottenuto al momento della diagnosi iniziale o della recidiva.

La randomizzazione all’interno di ciascuna coorte è stata stratificata in base al tempo alla progressione dopo la penultima terapia a base di platino prima dell’arruolamento nello studio (da 6 a < 12 mesi

e ? 12 mesi); all’utilizzo o meno di bevacizumab insieme al penultimo o all’ultimo regime a base di platino; e alla migliore risposta durante l’ultimo regime a base di platino (RC e RP).

Le pazienti hanno iniziato il trattamento al Ciclo 1/Giorno 1 (C1/G1) con niraparib 300 mg o con il corrispondente placebo somministrati una volta al giorno in cicli continui di 28 giorni. A ogni ciclo sono state effettuate visite in ambulatorio (4 settimane ± 3 giorni).

Nello studio NOVA, il 48 % delle pazienti ha interrotto la somministrazione durante il Ciclo 1. Il 47 % circa delle pazienti ha ripreso il trattamento a una dose ridotta nel Ciclo 2.

La dose impiegata più comunemente nelle pazienti trattate con niraparib nello studio NOVA è stata quella da 200 mg.

La sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression free survival) è stata determinata in base ai RECIST (Response Evaluation Criteria in Solid Tumours, Criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi, versione 1.1) o ai segni e sintomi clinici e all’aumento del CA-125. La PFS è stata misurata dal momento della randomizzazione (che si è verificata fino a 8 settimane dopo il completamento del regime chemioterapico) fino alla progressione della malattia o al decesso.

L’analisi primaria di efficacia per la PFS è stata determinata attraverso una valutazione indipendente centralizzata in cieco ed è stata definita in modo prospettico e valutata separatamente per la coorte gBRCAmut e la coorte non-gBRCAmut.

Gli endpoint secondari di efficacia includevano intervallo libero dalla chemioterapia (CFI, chemotherapy-free interval), tempo alla prima terapia successiva (TFST, time to first subsequent

therapy), PFS dopo la prima terapia successiva (PFS2), tempo alla seconda terapia successiva (TSST, time to second subsequent therapy) e OS (overall survival, sopravvivenza globale).

Dati demografici, caratteristiche della malattia al basale e sequenza dei trattamenti precedenti sono risultati generalmente ben bilanciati tra i bracci di niraparib e placebo nelle coorti gBRCAmut

(n = 203) e non-gBRCAmut (n = 350). Le età mediane variavano tra 57 e 63 anni tra i diversi trattamenti e le diverse coorti. In ciascuna coorte, nella maggior parte delle pazienti (> 80 %) la sede del tumore primitivo era l’ovaio; nella maggior parte delle pazienti (> 84 %) l’istologia dei tumori era di tipo sieroso. In entrambi i bracci di trattamento di entrambe le coorti, un’elevata percentuale di pazienti aveva ricevuto 3 o più precedenti linee di chemioterapia, comprese il 49 % e il 34 % delle pazienti del braccio niraparib rispettivamente nelle coorti gBRCAmut e non-gBRCAmut. La maggior parte delle pazienti aveva un’età compresa tra 18 e 64 anni (78 %), era bianca (86 %) e aveva un performance status ECOG di 0 (68 %).

Nella coorte gBRCAmut, il numero mediano dei cicli di trattamento era più elevato nel braccio niraparib rispetto al braccio placebo (rispettivamente 14 e 7 cicli). Un maggior numero di pazienti nel gruppo niraparib ha proseguito il trattamento per più di 12 mesi rispetto alle pazienti nel gruppo placebo (rispettivamente 54,4 % e 16,9 %).

Nella coorte non-gBRCAmut nel suo complesso, il numero mediano dei cicli di trattamento era più elevato nel braccio niraparib rispetto al braccio placebo (rispettivamente 8 e 5 cicli). Un maggior numero di pazienti nel gruppo niraparib ha proseguito il trattamento per più di 12 mesi rispetto alle pazienti nel gruppo placebo (rispettivamente 34,2 % e 21,1 %).

Lo studio ha soddisfatto l’obiettivo primario del miglioramento statisticamente significativo della PFS per niraparib in monoterapia di mantenimento rispetto al placebo nella coorte gBRCAmut (HR 0,27;

IC* al 95 % 0,173-0,410; p < 0,0001) nonché nella coorte non-gBRCAmut nel suo complesso

(HR 0,45; IC* al 95 % 0,338-0,607; p < 0,0001). La Tabella 6 e le Figure 3 e 4 mostrano i risultati dell’endpoint primario PFS per le popolazioni per l’efficacia primaria (coorte gBRCAmut e coorte non-gBRCAmut nel suo complesso). Un’analisi di sensibilità della PFS condotta dagli sperimentatori

ha fornito i seguenti risultati per la coorte gBRCAmut: HR 0,27 (IC* al 95 % 0,182-0,401; p < 0,0001); PFS mediana 14,8 mesi (IC* al 95 % 12,0-16,6) per niraparib e PFS mediana 5,5 mesi (IC* al 95 % 4,9-7,2) per il placebo, e per la coorte non-gBRCAmut: HR 0,53 (IC* al 95 % 0,405-0,683;

p < 0,0001); PFS mediana 8,7 mesi (IC* al 95 % 7,3-10,0) per niraparib e PFS mediana 4,3 mesi (IC* al 95 % 3,7-5,5) per il placebo.

Tabella 6. Sintesi degli esiti dell’obiettivo primario nello studio NOVA

Coorte gBRCAmut Coorte non-gBRCAmut
niraparib (N = 138) placebo (N = 65) niraparib (N = 234) placebo (N = 116)
PFS mediana (IC al 95 %) 21,0
(12,9-NR)
5,5
(3,8-7,2)
9,3
(7,2-11,2)
3,9
(3,7-5,5)
Valore p < 0,0001 < 0,0001
Hazard ratio (HR)
(Nir:plac) (IC al 95 %)
0,27
(0,173-0,410)
0,45
(0,338-0,607)

* IC indica l’intervallo di confidenza.

Prima dell’uscita dal cieco, i tumori delle pazienti sono stati analizzati per la presenza di HRD utilizzando un test HRD sperimentale che valuta tre parametri indiretti dell’instabilità del genoma del tumore: la perdita dell’eterozigosi, lo squilibrio negli alleli dei telomeri (TAI, telomeric allelic imbalance) e le transizioni di stato su ampia scala. Nel gruppo con deficit di HR, l’hazard ratio era 0,38 (IC al 95 %: 0,243-0,586; p < 0,0001). Nel gruppo senza deficit di HR, l’hazard ratio era 0,58 (IC al 95 %: 0,361-0,922; p = 0,0226). Il test sperimentale non è stato in grado di discriminare quali pazienti avrebbero o non avrebbero beneficiato della terapia di mantenimento con niraparib.

Figura 3: Diagramma di Kaplan-Meier per la sopravvivenza libera da progressione nella coorte gBRCAmut sulla base della valutazione dell’IRC (popolazione ITT, N = 203)

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Figura 4: Diagramma di Kaplan-Meier per la sopravvivenza libera da progressione nella coorte non-gBRCAmut nel suo complesso sulla base della valutazione dell’IRC (popolazione ITT, N = 350)

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Gli endpoint secondari CFI, TFST e PFS2 hanno dimostrato un effetto del trattamento statisticamente significativo e persistente a favore del braccio di trattamento con niraparib nella coorte gBRCAmut e nella coorte non-gBRCAmut nel suo complesso (Tabella 7).

Tabella 7: Endpoint secondari*

Endpoint gBRCAmut non-gBRCAmut
Zejula Placebo
N = 138 N = 65
Zejula Placebo
N = 234 N = 116
Intervallo libero dalla chemioterapia
Mediana (IC al 95 %) – 22,8 9,4 12,7 8,6
mesi (17,9-NR) (7,9-10,6) (11,0-14,7) (6,9-10,0)
Valore p < 0,001 < 0,001
Hazard ratio (IC al 95 %) 0,26 (0,17-0,41) 0,50 (0,37-0,67)
Tempo al primo trattamento successivo
Mediana (IC al 95 %) – 21,0 8,4 11,8 7,2
mesi (17,5-NR) (6,6-10,6) (9,7-13,1) (5,7-8,5)
Valore p < 0,001 < 0,001
Hazard ratio (IC al 95 %) 0,31 (0,21-0,48) 0,55 (0,41-0,72)
Sopravvivenza libera da progressione 2
Mediana (IC al 95 %) – 25,8 19,5 18,6 15,6
mesi (20,3-NR) (13,3-NR) (16,2-21,7) (13,2-20,9)
Valore p 0,006 0,03
Hazard ratio (IC al 95 %) 0,48 (0,28-0,82) 0,69 (0,49-0,96)

*IC indica l’intervallo di confidenza, gBRCAmut la mutazione BRCA della linea germinale e NR non raggiunto

I dati sugli esiti riferiti dalle pazienti ottenuti con strumenti di indagine convalidati (FOSI ed EQ-5D) indicano che le pazienti trattate con niraparib non hanno riferito alcuna differenza nei parametri associati alla qualità della vita rispetto alle pazienti trattate con placebo.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Zejula in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il carcinoma ovarico (con l’esclusione del rabdomiosarcoma e dei tumori delle cellule germinali).


Zejula: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Zejula, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Zejula

Assorbimento

In seguito alla somministrazione di una singola dose di 300 mg di niraparib a digiuno, niraparib è risultato misurabile nel plasma entro 30 minuti; il picco medio di concentrazione plasmatica (Cmax) di niraparib è stato raggiunto in circa 3 ore [804 ng/mL (CV%: 50,2 %)]. In seguito a dosi multiple di niraparib per via orale, da 30 mg a 400 mg una volta al giorno, l’accumulo di niraparib è stato di circa 2-3 volte.

Le esposizioni sistemiche (Cmax e AUC) a niraparib aumentano in modo proporzionale alla dose quando il dosaggio di niraparib viene aumentato da 30 mg a 400 mg. La biodisponibilità assoluta di niraparib è del 73 % circa, il che indica che l’effetto di primo passaggio è minimo. In un’analisi farmacocinetica di popolazione di niraparib, la variabilità interindividuale della biodisponibilità è stata stimata in un coefficiente di variazione (CV) del 31%.

Un pasto concomitante ad alto contenuto di grassi non influisce in modo significativo sulla farmacocinetica di niraparib somministrato alla dose di 300 mg di niraparib.

Distribuzione

Niraparib è risultato moderatamente legato alle proteine del plasma umano (83,0 %), prevalentemente all’albumina. In un’analisi farmacocinetica di popolazione di niraparib, il volume di distribuzione apparente (Vd/F) è risultato pari a 1.311 L (sulla base di una paziente di 70 kg) nelle pazienti oncologiche (CV 116%), indicando una elevata distribuzione tissutale di niraparib.

Biotrasformazione

Niraparib è metabolizzato soprattutto dalle carbossilesterasi (CE) che formano un metabolita principale inattivo, M1. Secondo uno studio sull’equilibrio di massa, M1 ed M10 (i glucuronidi di M1 che si formano successivamente) sono i principali metaboliti circolanti

Eliminazione

In seguito a una singola dose orale di 300 mg di niraparib, l’emivita terminale (t½) media di niraparib è risultata compresa tra 48 e 51 ore (circa 2 giorni). In un’analisi farmacocinetica di popolazione effettuata in pazienti oncologiche, la clearance totale apparente (CL/F) di niraparib era di 16,5 L/h (CV 23,4%).

Niraparib viene eliminato principalmente attraverso le vie epatobiliare e renale. In seguito alla somministrazione orale di una singola dose da 300 mg di [14C]-niraparib, nelle urine e nelle feci è stato recuperato in media l’86,2 % della dose (tra il 71 % il 91 %) nell’arco di 21 giorni. Il recupero della radioattività è risultato del 47,5 % (fra il 33,4 % e il 60,2 %) della dose nelle urine e del 38,8 % (fra il 28,3 % e il 47,0 %) nelle feci. In campioni aggregati raccolti nell’arco di 6 giorni, il 40,0 % della dose è stato recuperato nelle urine principalmente sotto forma di metaboliti mentre il 31,6 % della dose è stato recuperato nelle feci principalmente come niraparib immodificato.

Particolari popolazioni di pazienti

Compromissione renale

Nell’analisi farmacocinetica di popolazione, le pazienti con compromissione renale lieve (clearance della creatinina 60-90 mL/min) e moderata (30-60 mL/min) hanno avuto una riduzione lieve della clearance di niraparib rispetto ai soggetti con funzione renale normale (maggior esposizione del 7-17% nella compromissione renale lieve e del 17-38% in quella moderata). Non si ritiene che la differenza in esposizione giustifichi un aggiustamento della dose. Negli studi clinici non è stata individuata nessuna paziente con compromissione renale preesistente severa o con insufficienza renale terminale che è stata sottoposta a emodialisi (vedere paragrafo 4.2).

Compromissione epatica

Nell’analisi farmacocinetica di popolazione dei dati degli studi clinici su pazienti, una preesistente compromissione epatica lieve e moderata non ha influito sulla clearance di niraparib. La farmacocinetica di niraparib non è stata valutata in pazienti con compromissione epatica severa (vedere paragrafo 4.2).

Peso, età, e razza

Nelle analisi farmacocinetiche di popolazione, è stato riscontrato che con peso crescente aumenta il volume di distribuzione di niraparib. Non è stato identificato alcun impatto del peso sulla clearance di niraparib o sull’esposizione totale. Un aggiustamento della dose a seconda del peso corporeo non è giustificato dal punto di vista farmacocinetico.

Nelle analisi farmacocinetiche di popolazione, è stato riscontrato che con età crescente diminuisce la clearance di niraparib. Si prevede un’esposizione media maggiore del 23% in una paziente di 91 anni

rispetto a una paziente di 30 anni. Non si ritiene che l’impatto dell’età giustifichi un aggiustamento della dose.

Vi sono dati insufficienti tra le razze per trarre conclusioni sull’impatto della razza sulla farmacocinetica di niraparib.

Popolazione pediatrica

Non sono stati condotti studi per esaminare la farmacocinetica di niraparib nelle pazienti pediatriche.


Zejula: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Zejula agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Zejula è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Zejula: dati sulla sicurezza

Farmacologia di sicurezza

In vitro, niraparib inibisce il trasportatore della dopamina (DAT) a concentrazione inferiori a quelli dell’esposizione nell’uomo. Nel topo, dosi singole di niraparib aumentano i livelli intracellulari di dopamina e dei metaboliti nella corteccia. In uno dei due studi a dose singola nel topo è stata osservata una riduzione dell’attività locomotoria. La rilevanza clinica di questi risultati non è nota. Nessun effetto sul comportamento e/o sui parametri neurologici è stato osservato negli studi di tossicità a dosi ripetute nel ratto e nel cane a livelli di esposizione stimati nel sistema nervoso centrale simili o inferiori ai livelli di esposizione terapeutici attesi.

Tossicità a dosi ripetute

Nel ratto e nel cane è stata osservata una riduzione della spermatogenesi a livelli di esposizione inferiori a quelli che si verificano in clinica; questa è risultata ampiamente reversibile entro

4 settimane dalla cessazione della somministrazione. Genotossicità

Niraparib non è risultato mutageno nel test della mutazione batterica inversa (Ames), ma è apparso clastogeno nel test in vitro di aberrazione cromosomica nei mammiferi e nel test in vivo del micronucleo sul midollo osseo di ratto. Questa clastogenicità è compatibile con l’instabilità genomica derivante dalla farmacologia primaria di niraparib e indica la possibile genotossicità nell’uomo.

Tossicità della riproduzione

Non sono stati condotti studi di tossicità della riproduzione e dello sviluppo con niraparib. Cancerogenicità

Non sono stati condotti studi sulla cancerogenicità con niraparib.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Zejula: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Zejula

Zejula: interazioni

Interazioni farmacodinamiche

L’associazione di niraparib con vaccini o agenti immunosoppressori non è stata studiata.

I dati su niraparib in associazione con medicinali citotossici sono limitati. Pertanto si deve procedere con cautela se si utilizza niraparib in associazione con vaccini, agenti immunosoppressori o altri medicinali citotossici.

Interazioni farmacocinetiche

Effetti di altri medicinali su niraparib

Niraparib è un substrato delle carbossilesterasi (CE) e delle UDP-glucuronosiltransferasi (UGT)

in vivo. Il metabolismo ossidativo di niraparib in vivo è minimo. Non è necessario alcun aggiustamento posologico di Zejula quando lo si somministra in concomitanza con medicinali noti per inibire (es. itraconazolo, ritonavir e claritromicina) o indurre gli enzimi CYP (es. rifampicina, carbamazepina e fenitoina).

Niraparib in quanto substrato dei trasportatori di captazione renale (OAT1, OAT3 e OCT2)

Né niraparib né M1 sono substrati dei trasportatori degli anioni organici (OAT) 1, 3 e del trasportatore dei cationi organici (OCT) 2. Non è necessario alcun aggiustamento posologico di Zejula quando lo si somministra in concomitanza con medicinali noti per inibire i trasportatori di captazione OAT1 (es. probenecid) o OAT3 (es. probenecid, diclofenac) o OCT2 (es. cimetidina, chinidina).

Effetti di niraparib su altri medicinali

Inibizione delle UDP-glucuronosiltransferasi (UGT)

Niraparib non ha mostrato un effetto inibitorio verso le isoforme UGT (UGT1A1, UGT1A4, UGT1A9 e UGT2B7) fino a 200 ?M in vitro. Pertanto il potenziale per una inibizione clinicamente rilevante delle UGT da parte di niraparib è minimo.

= 161 µM e 5,8 µM. Dunque un’interazione clinicamente significativa correlata a una inibizione di questi trasportatori di efflusso, benché improbabile, non può essere esclusa. Si raccomanda cautela quindi, quando si associa niraparib a substrati della BCRP (irinotecan, rosuvastatina, simvastatina, atorvastatina e metotrexato).

Niraparib è un inibitore di MATE1 e 2 con una IC50 rispettivamente di 0,18 µM e ? 0,14 µM. Non si possono escludere concentrazioni plasmatiche aumentate di medicinali somministrati contemporaneamente che siano substrati di questi trasportatori (es. metformina).

In vitro, niraparib inibisce debolmente il trasportatore dei cationi organici 1 (OCT1) con una

IC50 = 34,4 µM. Si raccomanda cautela quindi, quando si associa niraparib a principi attivi trasportati per captazione da OCT1, come la metformina.

Inibizione dei trasportatori di captazione renale (OAT1, OAT3 e OCT2)

Né niraparib né M1 inibiscono i trasportatori degli anioni organici 1 (OAT1), 3 (OAT3) e il trasportatore dei cationi organici 2 (OCT2).

Tutti gli studi clinici sono stati effettuati solo negli adulti.


Zejula: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Zejula: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Zejula altera moderatamente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Le pazienti che assumono Zejula possono sviluppare astenia, stanchezza e capogiro. Le pazienti che sviluppano questi sintomi devono fare attenzione quando guidano o usano macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco