Se hai un abbonamento attivo ACCEDI QUI
Medrol e Deltacortene sono due farmaci corticosteroidei tra i più prescritti per gestire infiammazione e iperattività del sistema immunitario. Pur appartenendo alla stessa classe, non sono sovrapponibili: differiscono per principio attivo, profilo farmacologico, dosaggio equivalente e alcune implicazioni cliniche. Comprendere queste differenze aiuta medici e pazienti a leggere correttamente una prescrizione, a riconoscere cosa aspettarsi dal trattamento e a monitorare con maggiore consapevolezza efficacia ed effetti collaterali.
Questo confronto è pensato per offrire un quadro rigoroso ma accessibile. Nella prima parte ci concentriamo su Medrol: che cos’è, come agisce, in quali situazioni viene utilizzato, quali vantaggi e rischi comporta. Nelle sezioni successive verranno descritti Deltacortene e le differenze chiave tra i due medicinali. Le informazioni sono di carattere generale e non sostituiscono il parere del medico: i corticosteroidi sono farmaci soggetti a prescrizione e richiedono scelte individualizzate su dose, durata e modalità di sospensione.
Cos’è Medrol?
Medrol è il nome commerciale del metilprednisolone, un glucocorticoide sintetico di potenza intermedia utilizzato per il trattamento di numerose condizioni infiammatorie e autoimmuni. È impiegato, tra le altre indicazioni, nelle riacutizzazioni di asma e BPCO, nelle malattie reumatologiche (come artrite reumatoide e lupus), in alcune dermatiti severe, nelle malattie infiammatorie intestinali in fase attiva e, più in generale, quando è necessario modulare rapidamente la risposta immunitaria. Il suo effetto principale è antinfiammatorio e immunosoppressivo: il metilprednisolone si lega al recettore dei glucocorticoidi all’interno della cellula e regola l’espressione di geni coinvolti in citochine, mediatori dell’infiammazione e molecole di adesione, riducendo edema, rossore, calore e dolore. Oltre ai meccanismi “genomici”, a dosi più elevate possono contribuire anche effetti “non genomici”, più rapidi, che coinvolgono membrane cellulari e segnali citoplasmatici.
In commercio Medrol è disponibile soprattutto in compresse per via orale in diversi dosaggi, il che consente al medico di costruire schemi terapeutici flessibili (per esempio avvii graduali, terapie brevi per riacutizzazioni o piani di riduzione progressiva). Il metilprednisolone esiste anche in formulazioni iniettabili con sali differenti per uso ospedaliero o ambulatoriale, utilizzate quando serve un effetto più rapido o una via diversa dall’orale; tuttavia queste preparazioni possono avere nomi commerciali specifici e non vanno confuse con la compressa di Medrol. La scelta della via di somministrazione e della durata dipende dalla condizione trattata, dalla severità del quadro clinico e dal profilo di rischio individuale, tenendo conto di comorbidità, terapie concomitanti e obiettivi del trattamento (per esempio controllo della crisi vs mantenimento).
Dal punto di vista farmacologico, il metilprednisolone ha un’elevata attività glucocorticoide con scarsa attività mineralcorticoide: ciò significa che esercita con efficacia l’effetto antinfiammatorio e immunosoppressivo, ma tende a causare meno ritenzione idrosalina e incremento della pressione arteriosa rispetto ad altri corticosteroidi con maggiore componente mineralcorticoide. Per dare un’idea della potenza relativa (senza implicazioni posologiche individuali), si considera comunemente che 4 mg di metilprednisolone corrispondano circa a 5 mg di prednisolone/prednisone e a 20 mg di idrocortisone. Queste tabelle di equivalenza aiutano a capire i rapporti di potenza tra molecole diverse, ma la dose efficace e sicura è sempre personalizzata in base alla patologia, alla risposta clinica e al rischio di effetti avversi, con eventuali aggiustamenti e piani di tapering stabiliti dal medico.

Sul piano farmacocinetico, Medrol presenta una buona biodisponibilità per via orale e un assorbimento generalmente rapido, con inizio d’azione nelle ore successive all’assunzione per gli effetti genomici, e picco variabile in funzione della dose e della formulazione. Il farmaco è ampiamente metabolizzato a livello epatico, principalmente tramite CYP3A4: ne deriva una potenziale suscettibilità a interazioni con induttori (ad esempio alcuni antiepilettici) o inibitori enzimatici (antimicotici azolici, alcuni macrolidi), che possono rispettivamente ridurre o aumentare l’esposizione sistemica al metilprednisolone. Anche altri medicinali immunosoppressori (come ciclosporina) possono interagire, potenziando effetti o tossicità; per questo, in corso di terapia con Medrol, è cruciale segnalare sempre tutte le terapie concomitanti. La quota legata alle proteine plasmatiche è elevata e l’emivita plasmatica è relativamente breve, mentre l’emivita biologica degli effetti si prolunga oltre, spiegando perché l’azione clinica dura più a lungo della presenza nel sangue. Fattori come età, funzionalità epatica, stato nutrizionale e comorbidità possono influenzarne l’esposizione.
Il profilo di sicurezza riflette quello tipico dei glucocorticoidi sistemici e varia molto con dose e durata: cicli brevi e a dosi contenute comportano un rischio più limitato, mentre terapie prolungate o ad alto dosaggio richiedono monitoraggi e misure preventive. Tra gli effetti avversi più comuni figurano iperglicemia o scompenso del diabete, ritenzione di liquidi e aumento della pressione (generalmente meno marcati rispetto a corticosteroidi con maggiore attività mineralcorticoide), variazioni dell’umore, insonnia, irritabilità, aumento dell’appetito e possibile dispepsia. Con uso prolungato possono comparire osteoporosi, miopatia prossimale, cataratta e/o glaucoma, assottigliamento cutaneo, facilità ai lividi, irregolarità mestruali, alterazioni della distribuzione del grasso corporeo e soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che impone riduzioni graduali della dose per evitare una crisi di insufficienza surrenalica. L’immunosoppressione aumenta la suscettibilità alle infezioni e può riattivare infezioni latenti; inoltre è sconsigliata la somministrazione di vaccini vivi durante il trattamento con dosi immunosoppressive. Esiste anche un rischio gastrointestinale (gastrite, ulcera, sanguinamento), che cresce se il farmaco è associato a FANS o in presenza di fattori predisponenti. La valutazione del rapporto beneficio/rischio, l’educazione del paziente ai segni di allarme e il monitoraggio periodico (per esempio di pressione, glicemia, peso, elettroliti e salute ossea) sono parte integrante di una gestione appropriata.
Alcune situazioni cliniche meritano cautela particolare nell’uso di Medrol. Nelle infezioni non controllate l’impiego va ponderato, perché il farmaco può mascherare sintomi e peggiorare la risposta dell’organismo; nelle forme in cui l’infiammazione è parte del danno (come certe polmoniti severe), la decisione è complessa e dev’essere guidata da linee cliniche e giudizio specialistico. In presenza di tubercolosi latente o pregressa, il medico può considerare strategie di profilassi prima di iniziare terapie prolungate. In chi ha diabete, osteoporosi, ipertensione, insufficienza cardiaca o epatica, il bilanciamento rischi/benefici e i controlli devono essere particolarmente attenti. In gravidanza e allattamento l’uso non è escluso ma richiede una valutazione individuale degli obiettivi terapeutici e dei possibili effetti sul feto o sul lattante; qualora si decida di trattare, spesso si impiegano le dosi minime efficaci per il minor tempo necessario. Infine, per procedure chirurgiche o eventi acuti stressanti in pazienti che assumono o hanno assunto recentemente dosi sistemiche, il team curante può ricorrere a strategie di “copertura” steroidea per prevenire insufficienza surrenalica, secondo prassi clinica.
Cos’è Deltacortene?
Deltacortene è il nome commerciale del prednisone, un glucocorticoide sintetico di impiego ampio nel trattamento di condizioni infiammatorie e autoimmuni. È utilizzato nelle riacutizzazioni respiratorie (asma, BPCO), in patologie reumatologiche, dermatiti severe, malattie infiammatorie intestinali in fase attiva e in altre situazioni che richiedono un controllo rapido dell’infiammazione. Il prednisone è un profarmaco che viene convertito nel fegato in prednisolone, la forma attiva; una volta attivato, si lega al recettore dei glucocorticoidi e modula l’espressione di geni coinvolti nella risposta infiammatoria, con azione antiedemigena, immunosoppressiva e di contenimento del dolore correlato all’infiammazione.
In Italia Deltacortene è disponibile prevalentemente in compresse per uso orale in vari dosaggi, consentendo schemi terapeutici flessibili, inclusi brevi cicli per riacutizzazioni o piani di riduzione progressiva. In termini di potenza relativa, 5 mg di prednisone/prednisolone sono considerati approssimativamente equivalenti a 4 mg di metilprednisolone: le tabelle di equivalenza aiutano a orientarsi tra molecole diverse, ma la posologia efficace e sicura resta individuale e definita dal medico sulla base della patologia e della risposta clinica. Rispetto al metilprednisolone, il prednisone presenta una componente mineralcorticoide leggermente superiore, con potenziale maggiore tendenza a ritenzione idrosalina e incremento pressorio a parità di effetto antinfiammatorio.
Sul piano farmacocinetico, il prednisone è ben assorbito per via orale e richiede l’attivazione epatica a prednisolone tramite enzimi 11β-idrossisteroido-deidrogenasi; nelle gravi insufficienze epatiche questa conversione può risultare ridotta e influenzare la risposta clinica. Il prednisolone è in larga parte legato alle proteine plasmatiche e viene metabolizzato principalmente a livello epatico, con possibile coinvolgimento del CYP3A4: induttori enzimatici possono ridurne l’esposizione, mentre inibitori possono aumentarla. La durata degli effetti clinici supera l’emivita plasmatica e dipende da dose e sensibilità tissutale, con un avvio d’azione generalmente nelle ore successive all’assunzione.
Il profilo di sicurezza di Deltacortene ricalca quello dei glucocorticoidi sistemici: gli effetti avversi dipendono da dose e durata e includono iperglicemia, ipertensione, ritenzione di liquidi, insonnia e alterazioni dell’umore; con impieghi prolungati possono comparire osteoporosi, miopatia, cataratta/glaucoma, fragilità cutanea e soppressione dell’asse ipotalamo‑ipofisi‑surrene, con necessità di riduzioni graduali della dose. L’immunosoppressione aumenta la suscettibilità alle infezioni e controindica, a dosi immunosoppressive, i vaccini vivi. Particolare attenzione è necessaria in presenza di fattori di rischio gastrointestinale, diabete, ipertensione, osteoporosi e comorbidità epatiche; la gestione appropriata prevede monitoraggi e misure preventive coerenti con il piano terapeutico.
Differenze nei meccanismi d’azione
Medrol e Deltacortene sono entrambi corticosteroidi utilizzati per le loro proprietà antinfiammatorie e immunosoppressive, ma presentano differenze significative nei loro meccanismi d’azione e nella farmacocinetica.
Il principio attivo di Medrol è il metilprednisolone, un corticosteroide sintetico che agisce legandosi ai recettori dei glucocorticoidi presenti nel citoplasma delle cellule. Questo complesso recettore-farmaco migra nel nucleo cellulare, dove modula l’espressione genica, riducendo la produzione di mediatori pro-infiammatori come le citochine e le prostaglandine. (torrinomedica.it)
Deltacortene, invece, contiene prednisone, un profarmaco che necessita di essere convertito nel fegato in prednisolone, la sua forma attiva. Questa conversione epatica può influenzare la velocità e l’efficacia dell’azione del farmaco, rendendo Deltacortene una scelta più adatta in determinate situazioni cliniche.
Entrambi i farmaci influenzano la funzione dei leucociti, riducendo la migrazione delle cellule infiammatorie nei siti di infiammazione. Tuttavia, le differenze nella loro farmacocinetica e potenza possono influenzare la scelta del farmaco in base alle esigenze specifiche del paziente.
Effetti collaterali
L’uso di corticosteroidi come Medrol e Deltacortene è associato a una serie di effetti collaterali, la cui incidenza e gravità possono variare in base alla dose, alla durata del trattamento e alla sensibilità individuale del paziente.
Tra gli effetti collaterali comuni si annoverano l’osteoporosi, la miopatia, l’iperglicemia e l’ipertensione. L’osteoporosi è un effetto indesiderato comune, ma non sempre riconosciuto, associato a un uso prolungato di glucocorticoidi ad alte dosi. (my-personaltrainer.it)
Altri effetti collaterali possono includere disturbi gastrointestinali, come ulcere peptiche, e alterazioni dell’umore o disturbi psichiatrici. È fondamentale monitorare attentamente i pazienti in trattamento con questi farmaci per individuare tempestivamente eventuali effetti avversi e adottare le misure appropriate.
In conclusione, sebbene Medrol e Deltacortene siano entrambi efficaci nel trattamento di diverse condizioni infiammatorie e autoimmuni, la scelta tra i due dovrebbe basarsi su una valutazione attenta delle caratteristiche farmacologiche, delle condizioni cliniche del paziente e del profilo degli effetti collaterali.
Per approfondire
Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – Informazioni ufficiali sui farmaci approvati in Italia.
Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) – Dettagli sui medicinali autorizzati nell’Unione Europea.
Ministero della Salute – Linee guida e informazioni sulla salute pubblica in Italia.
Società Italiana di Farmacologia (SIF) – Risorse e pubblicazioni sulla farmacologia.
The New England Journal of Medicine – Articoli e studi peer-reviewed su vari aspetti della medicina.
