Quali alimenti fanno aumentare l’INR?

INR e dieta: ruolo della vitamina K, interazioni con AVK/warfarin, alimenti da limitare, raccomandazioni nutrizionali e monitoraggio per mantenere valori stabili durante la terapia anticoagulante.

L’INR (International Normalized Ratio) è un indice che misura la tendenza del sangue a coagulare. È utilizzato soprattutto per monitorare la terapia con antagonisti della vitamina K (AVK) come warfarin e acenocumarolo. In termini semplici: più alto è l’INR, maggiore è l’effetto “anticoagulante” e quindi il rischio di sanguinamento; più basso è l’INR, più il sangue risulta “denso”, con rischio maggiore di trombosi. I valori target sono stabiliti dal clinico in base alla patologia (per esempio fibrillazione atriale, protesi valvolari, trombosi venosa profonda) e possono variare nel tempo a seconda della risposta individuale e di fattori esterni.

Tra i fattori in grado di spostare l’INR, l’alimentazione ha un ruolo rilevante, soprattutto quando si assumono AVK. La vitamina K introdotta con il cibo interagisce con il meccanismo d’azione del farmaco e, se l’apporto dietetico è fluttuante, può rendere l’INR instabile. Per questo, in chi è in terapia anticoagulante, non è tanto “cosa è assolutamente vietato” a contare, quanto la costanza dello schema alimentare. In questa guida, chiariremo come i cibi possono modificare l’INR, quali abitudini aiutano a mantenerlo stabile e, soprattutto, come muoversi in modo pratico senza rinunce inutili.

INR e alimentazione

Oltre alla vitamina K, anche altre componenti della dieta possono influire sull’INR in modo diretto o indiretto. L’alcol, ad esempio, assunto in quantità significative in un breve arco di tempo, può aumentare l’INR; diete molto povere o sbilanciate possono fare lo stesso riducendo l’apporto complessivo di vitamina K; alcuni succhi o prodotti erboristici sono stati associati a variazioni dell’INR in persone in terapia con warfarin. Spesso si discute anche di alimenti dal presunto effetto “fluidificante” o “antiaggregante” e del loro impatto reale sulla terapia anticoagulante: è importante distinguere tra effetti sulle piastrine e modifiche dell’INR, che non coincidono. A titolo di esempio pratico frequentemente richiesto dai pazienti: chi prende anticoagulanti può mangiare la cipolla?

È utile anche distinguere l’INR in terapia con AVK dalla situazione con i nuovi anticoagulanti orali diretti (DOAC), che non si monitorano con INR e non interagiscono con la vitamina K. Tuttavia, anche con i DOAC possono esistere interazioni alimentari o con prodotti di erboristeria attraverso vie metaboliche o di trasporto (per esempio a livello di CYP3A4 o P-gp), sebbene il significato clinico vari a seconda del principio attivo. Questo promemoria aiuta a non sovrapporre concetti: quando si parla di “cibi che aumentano l’INR” ci si riferisce di norma a chi assume AVK; chi è in terapia con DOAC ha un profilo diverso e richiede considerazioni specifiche, pur restando valida la cautela verso cambiamenti dietetici drastici e l’uso non supervisionato di integratori o tisane.

Ruolo della vitamina K

Il legame tra INR e dieta dipende principalmente dalla vitamina K, essenziale per l’attivazione di alcuni fattori della coagulazione. Gli AVK agiscono proprio bloccando il ciclo della vitamina K nel fegato: se l’apporto dietetico di vitamina K aumenta bruscamente, l’effetto del farmaco può risultare attenuato e l’INR tende a scendere; se invece l’introito di vitamina K cala improvvisamente, l’effetto del farmaco può intensificarsi e l’INR salire. È una relazione inversa che crea spesso confusione: “più vitamina K” non significa “più sangue fluido”, ma l’opposto. La chiave non è eliminare gli alimenti ricchi di vitamina K (verdure a foglia verde, alcune erbe aromatiche, alcuni oli), bensì mantenere un apporto regolare giorno dopo giorno.

Alimenti che influenzano l'INR

Esistono due forme principali di vitamina K introdotte con la dieta: la K1 (fillochinone), prevalente in verdure a foglia ed erbe aromatiche, e la K2 (menachinoni), presente in quantità variabili in alimenti fermentati e in alcuni prodotti animali. Entrambe partecipano al ciclo epatico della vitamina K e possono quindi interferire con l’azione degli AVK; nella pratica, il contributo maggiore proviene di norma dalla K1, perché più rappresentata nell’alimentazione quotidiana.

Contano anche le modalità di preparazione e di consumo: la bollitura prolungata può ridurre il contenuto di vitamina K di alcune verdure, mentre cotture brevi a vapore o in padella ne preservano di più; trattandosi di una vitamina liposolubile, l’assorbimento aumenta in presenza di grassi alimentari. Inoltre, alcuni oli vegetali (per esempio soia o colza) apportano vitamina K in misura superiore ad altri: un cambio improvviso dell’olio utilizzato a tavola o in cucina può quindi riflettersi sui valori di INR. Mantenere stabili porzioni, frequenza di consumo e condimenti aiuta a evitare oscillazioni indesiderate.

Alimenti da evitare

Durante la terapia anticoagulante, è fondamentale prestare attenzione agli alimenti che possono interferire con l’efficacia del trattamento. In particolare, alcuni cibi ricchi di vitamina K possono ridurre l’effetto degli anticoagulanti, mentre altri possono potenziarlo, aumentando il rischio di sanguinamenti.

Gli alimenti ad alto contenuto di vitamina K includono verdure a foglia verde come spinaci, cavoli, broccoli, cavolini di Bruxelles, lattuga e prezzemolo. Anche il fegato di bovino e alcuni oli vegetali, come l’olio di soia, sono ricchi di questa vitamina. È consigliabile limitare il consumo di questi alimenti e mantenerne un’assunzione costante nel tempo per evitare fluttuazioni dell’INR. (medicinalive.com)

Alcuni alimenti e bevande possono potenziare l’effetto degli anticoagulanti, aumentando il rischio di sanguinamenti. Tra questi, il tè verde, il succo di mirtillo, l’alcol e integratori a base di erbe come ginseng, ginkgo biloba e iperico. È consigliabile evitare o limitare l’assunzione di queste sostanze durante la terapia anticoagulante. (my-personaltrainer.it)

È importante anche prestare attenzione agli integratori alimentari e ai prodotti erboristici, poiché possono contenere sostanze che interferiscono con la coagulazione del sangue. Prima di assumere qualsiasi integratore, è fondamentale consultare il proprio medico o farmacista.

Consigli dietetici per pazienti in terapia

Per i pazienti in terapia anticoagulante, è essenziale adottare una dieta equilibrata che supporti l’efficacia del trattamento e mantenga l’INR entro i valori target. Una dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce e olio d’oliva, è generalmente consigliata per la salute cardiovascolare. (viversano.net)

È importante mantenere un’assunzione costante di vitamina K, evitando variazioni significative che potrebbero influenzare l’INR. Ciò significa non eliminare completamente gli alimenti ricchi di vitamina K, ma consumarli in quantità moderate e regolari. (deliguoro.eu)

Evitare diete drastiche o cambiamenti improvvisi nelle abitudini alimentari, poiché possono alterare l’efficacia della terapia anticoagulante. Prima di apportare modifiche significative alla dieta, è consigliabile consultare un professionista sanitario.

Monitorare l’assunzione di alcol, poiché può interferire con il metabolismo degli anticoagulanti e aumentare il rischio di sanguinamenti. È preferibile limitare o evitare il consumo di bevande alcoliche durante la terapia.

Mantenere costante la dieta è la strategia più efficace per favorire un INR stabile. Questo significa, nella pratica, non oscillare tra giorni “senza verdure” e giorni “molto verdi”, non passare all’improvviso da un tipo di olio a un altro, non adottare diete lampo o digiuni alternati senza coordinarsi con il clinico. In chi assume AVK, la terapia viene regolata sulle abitudini alimentari: è possibile continuare a mangiare verdure e cibi ricchi di vitamina K se il loro consumo è regolare e dichiarato. Al contrario, cambiamenti repentini richiedono un monitoraggio più ravvicinato dell’INR, talvolta con un aggiustamento temporaneo del dosaggio.

Venendo agli scenari più comuni, l’INR può aumentare (cioè salire oltre il target) in queste circostanze dietetiche tipiche: riduzione marcata e improvvisa degli alimenti ricchi di vitamina K (per esempio decidere, da un giorno all’altro, di non consumare più verdure a foglia o di sostituire in blocco contorni “verdi” con alternative povere di vitamina K); adozione di diete ipocaloriche severe o monotone che riducono globalmente l’introduzione di micronutrienti; consumo acuto e rilevante di alcol; assunzione di alcune bevande o prodotti vegetali che, in singoli casi, sono stati segnalati come potenziatori dell’effetto del warfarin (come il succo di mirtillo rosso). Al contrario, un aumento repentino di cibi ad altissimo contenuto di vitamina K tende ad abbassare l’INR. Comprendere questa dinamica aiuta a pianificare meglio i pasti, evitando picchi e crolli dell’indice.

Monitoraggio dell’INR

L’INR (International Normalized Ratio) è un parametro che misura il tempo di coagulazione del sangue e viene utilizzato per monitorare l’efficacia della terapia anticoagulante. Mantenere l’INR entro il range terapeutico è cruciale per prevenire sia il rischio di trombosi che di emorragie.

È fondamentale sottoporsi a controlli regolari dell’INR, secondo le indicazioni del medico curante. La frequenza dei controlli può variare in base alla stabilità dei valori e alle condizioni cliniche del paziente.

In caso di variazioni significative dell’INR, è importante valutare possibili cause, tra cui cambiamenti nella dieta, assunzione di nuovi farmaci o integratori, malattie intercorrenti o variazioni nel consumo di alcol. Comunicare tempestivamente al medico qualsiasi cambiamento può aiutare a mantenere l’INR nei valori desiderati.

Alcuni pazienti possono beneficiare dell’automonitoraggio dell’INR tramite dispositivi portatili, previa adeguata formazione. Tuttavia, questa pratica deve essere sempre supervisionata da un professionista sanitario.

In conclusione, una gestione attenta della dieta e un monitoraggio regolare dell’INR sono fondamentali per garantire l’efficacia e la sicurezza della terapia anticoagulante. Collaborare strettamente con il proprio team sanitario e mantenere una comunicazione aperta riguardo a qualsiasi cambiamento nello stile di vita o nella salute generale può contribuire a ottimizzare i risultati del trattamento.

In pratica, quando è previsto un cambiamento alimentare (es. inizio di una dieta dimagrante, modifica importante del consumo di verdure a foglia, passaggio a un nuovo pattern alimentare), è prudente informare il medico o il centro dedicato alla terapia anticoagulante. Non si tratta di vietare cibi, ma di prevedere l’impatto dell’insieme delle scelte quotidiane sull’INR e organizzare un eventuale controllo ravvicinato durante la fase di transizione. Tenere un semplice diario alimentare per una o due settimane dopo un cambiamento aiuta a correlare ciò che si mangia con l’andamento dell’INR, riducendo incertezze e falsi allarmi. Con un approccio costante e condiviso, la dieta può rimanere varia e piacevole senza compromettere la sicurezza della terapia.

Per approfondire

Fondazione Veronesi: Approfondimento sulla relazione tra terapia anticoagulante e vitamina K.