Rabbia: incubazione, contagiosità e profilassi

Rabbia: incubazione, trasmissione e profilassi

Rabbia: scheda riassuntiva di notifica e profilassi


Classificazione ICD-9: 071

Tipo di Notifica: Classe I

Periodo di incubazione: Da un minimo di 4 giorni ad alcuni anni, abitualmente 3-8 settimane. La durata del periodo di incubazione è condizionata da: ceppo virale e quantità inoculata, sede e caratteristiche della lesione.

Periodo di contagiosità: Da qualche giorno prima dell’inizio della sintomatologia all’exitus.

Provvedimenti nei confronti del malato: Isolamento stretto1 per tutta la durata della malattia e adozione di precauzioni standard2; disinfezione continua3 di tutti gli oggetti contaminati con saliva, liquor e, in caso di esecuzione di esame autoptico, di tessuto cerebrale del paziente.

Provvedimenti nei confronti dei conviventi e dei contatti: Trattamento post-esposizione di tutti coloro che abbiano subito esposizione di ferite aperte o membrane mucose a saliva, liquor o, in caso di esecuzione di esame autoptico, a tessuto cerebrale del paziente.

Per il trattamento pre e post-esposizione vedere la Circolare n° 36 del 10 settembre 1993.

Ricerca attiva dell’animale rabido e di altre persone o animali morsicati.

1 Isolamento stretto: si applica in caso di agenti altamente infettivi o molto virulenti che possono essere trasmessi per via aerea o per contatto diretto. E’ richiesta una stanza separata per il paziente (pazienti con la stessa patologia possono essere ospitati nella stessa stanza), con sistema di ventilazione a pressione negativa, possibilmente dotata di anticamera, e con porte con chiusura a tenuta, nonché l’uso di mezzi di barriera ed indumenti protettivi, comprese le maschere dotate di respiratori, per tutte le persone che entrano nella stanza
2 Precauzioni standard: complesso di pratiche, basate sull’assunzione che nel sangue o in altri fluidi biologici possano essere presenti HIV, HBV, HCV ed altri agenti patogeni a trasmissione parenterale per prevenire l’esposizione parenterale di mucose o di cute non intatta agli stessi. Si basano essenzialmente sull’uso di mezzi di barriera: guanti, camici, grembiuli, mascherine, occhiali protettivi, schermi facciali
3 Disinfezione continua: disinfezione effettuata in modo sistematico su tutti i materiali biologici del paziente e su tutti gli oggetti da questi contaminati

 

Generalità

La rabbia è una malattia acuta virale del sistema nervoso centrale che può colpire tutti i mammiferi e che viene trasmessa con secrezioni infette, generalmente con la saliva.

Il morso di animali infetti rappresenta la principale modalità di esposizione alla rabbia; occasionalmente il contagio può verificarsi per via aerea con aerosol infetti, per via digestiva o per trapianto di organi infetti.

Eziologia della Rabbia

II virus della rabbia è un virus a forma di pallottola, con involucro e singola elica di RNA, del diametro di 75-80 nm; appartiene al genere Lyssavirus, della famiglia dei rhabdovirus.

Le glicoproteine del mantello del virus della rabbia sono organizzale in strutture bottoniformi, che ricoprono la superficie del virione.

Esse legano i recettori per l’acetilcolina, contribuiscono alla neurovirulenza del virus della rabbia, inducono la produzione di anticorpi neutralizzanti e di anticorpi inibenti l’emoagglutinazionc, e stimolano l’immunità citotossica legata ai linfociti T.

Gli antigeni nuclcocapsidici inducono la produzione di anticorpi fissanti il complemento e stimolano la reazione dei linfociti T helper.

Gli anticorpi neutralizzanti contro le proteine di superficie sembrano essere protettivi e sono diretti contro le glicoproteine del capside virale.

Gli anticorpi antirabici impiegati nei test diagnostici di immunofluorescenza sono generalmente diretti contro gli antigeni nucleocapsidici.

Virus rabici isolati da diverse specie animali e da diverse zone possiedono differenti proprietà biologiche e antigeniche e questo può rendere conto di differenze nella virulenza tra i diversi ceppi isolati.

Epidemiologia della Rabbia

La rabbia è riscontrata negli animali in tutte le regioni del mondo, eccetto l’Australia e l’Antartide.

Esiste in due forme epidemiologiche:

  • la rabbia urbana, propagata principalmente dal cane e/o dal gatto domestici non immunizzati;
  • la rabbia silvestre, propagata da volpi, tassi, faine, martore, donnole, moffette, manguste, procioni, lupi e pipistrelli.

L’infezione negli animali domestici è in genere espressione di una propagazione del serbatoio di infezione selvatico e l’uomo può essere infettato sia da animali domestici non immunizzati sia dall’esposizione ad animali selvatici in zone dove la rabbia è diffusa.

L’incidenza mondiale della rabbia è di più di 30.000 casi all’anno.

Il Sudest asiatico, le Filippine, l’Africa, il subcontinente indiano e le regioni tropicali del Sudamerica sono aree dove la malattia è particolarmente frequente: in queste aree endemiche si è avuta evidenza di rabbia nell’1-2% di autopsie.

La rabbia umana è infrequente, soprattutto grazie all’efficace strategia vaccinale degli animali domestici.

Negli Stati Uniti, nel decennio 1980-90, sonon stati diagnosticati solamente 36 casi umani di rabbia; il 58% di questi era associato all’esposizione a pipistrelli, mentre un terzo dei casi era stato acquisito attraverso il morso di un cane verificatosi al di fuori degli Stati Uniti.

Nella maggior parte delle aree del mondo il cane è il più importante vettore del virus della rabbia per l’uomo.

In Italia, negli anni ’70 era del tutto scomparsa la rabbia, sia urbana sia silvestre.

A partire dal 1977 l’infezione rabica silvestre è penetrata nella provincia di Bolzano e successivamente anche nelle province di Sondrio e Brescia.

Gli animali colpiti sono in grande maggioranza volpi e, in minor numero, gatti, tassi, caprioli, martore, faine, ma non si sono verificati casi di rabbia umana.

Patogenesi della Rabbia

Il primo evento consiste nella penetrazione del virus vivo attraverso l’epidermide o le mucose.

La replicazione virale comincia all’interno delle fìbrocellule muscolari striate prossime al punto di inoculazione.

L’interessamento del sistema nervoso periferico avviene a livello dei fusi neuromuscolari e/o neurotendinei delle terminazioni nervose sensoriali non mielinizzate.

Il virus si diffonde poi in direzione centripeta lungo il nervo sino al sistema nervoso centrale, probabilmente lungo l’assoplasma del nervo periferico, a una velocità di circa 3 mm/h.

La viremia è stata documentata in condizioni sperimentali, ma si pensa non svolga un ruolo nella malattia acquisita naturalmente.

Una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, il virus si moltiplica quasi esclusivamente a livello della sostanza grigia e poi migra lungo i nervi del sistema nervoso autonomo per raggiungere altri tessuti: ghiandole salivari, midollare del surrene, rene, polmone, fegato, muscolo scheletrico, cute e cuore.

La presenza del virus nelle ghiandole salivari facilita l’ulteriore trasmissione della malattia attraverso la saliva infetta.

Il periodo di incubazione della rabbia è assai variabile, oscillando da 7 giorni a più di un anno (in media 1-2 mesi).

La latenza sembra dipendere dalla carica infettante, dall’estensione dell’interessamento tissutale in sede di inoculo, dai meccanismi di difesa dell’ospite e dalla distanza che il virus deve coprire dalla sede dell’inoculazione al sistema nervoso centrale.

I casi di infezione e la mortalità sono elevati a seguito di morsi al volto, intermedi a seguito di morsi delle mani e delle braccia e minori quando vengono morsi gli arti inferiori.

Il principale quadro anatomopatologico caratteristico della rabbia nel sistema nervoso centrale è la formazione di inclusioni citoplasmatiche, chiamate corpi del Negri, all’interno dei neuroni.

Ciascuna massa eosinofila misura approssimativamente 10 nm ed è composta da una fine matrice fibrillare e da particelle del virus della rabbia.

I corpi del Negri sono distribuiti in tutto il cervello, ma in particolare a livello del corno di Aminone, della corteccia cerebrale, del tronco, dell’ipotalamo, delle cellule di Purkinje del cervelletto e dei gangli spinali dorsali.

In almeno il 20% dei casi di rabbia non si riscontrano i corpi del Negri e pertanto la loro assenza nel materiale cerebrale non esclude la diagnosi di rabbia.

Manifestazioni cliniche della Rabbia

Le manifestazioni cliniche della rabbia configurano quattro stadi:

  1. una sindrome prodromica aspecifica;
  2. un’encefalite acuta sovrapponibile ad altre encefaliti virali
  3. una profonda alterazione dei centri del tronco encefalico che dà luogo agli aspetti caratteristici dell’encefalite rabica
  4. morte o – in rari casi – guarigione

Periodo prodromico

Il periodo prodromico dura in genere da 1 a 4 giorni ed è caratterizzato da febbre, cefalea, malessere, mialgie, astenia ingravescente, anoressia, nausea e vomito, mal di gola e tosse non produttiva.

La presenza di parestesie e/o fascicolazioni nella sede o nel territorio circostante l’inoculazione del virus costituisce un sintomo prodromico suggestivo di rabbia e può essere in relazione alla moltiplicazione del virus nei gangli delle radici dorsali dei nervi sensitivi che si distribuiscono all’area del morso.

Questo sintomo è presente nel 50-80% dei pazienti.

Encefalite

La fase encefalitica è in genere preceduta da periodi di iperattività motoria, ipereccitabilità e agitazione.

Rapidamente compaiono confusione, allucinazioni, aggressività, bizzarre aberrazioni del pensiero, spasmi muscolari, meningismo, opistotono, convulsioni e paralisi distrettuali.

Caratteristicamente i periodi di alterazione mentale si alternano a periodi di perfetta lucidità, ma col procedere della malattia questi ultimi si fanno sempre più rari finché il paziente cade in coma.

Molto comune è l’iperestesia con eccessiva sensibilità alla luce intensa, ai rumori forti, al tocco e talvolta anche allo sfioramento.

Si possono rilevare temperature corporee fino a 40.6 °C.

Le alterazioni a carico del sistema nervoso autonomo includono pupille dilatate e irregolari, lacrimazione, salivazione e sudorazione aumentate e ipotensione posturale.

Frequente è il riscontro di una paresi del primo motoneurone, aumento dei riflessi tendinei profondi e risposte plantari in estensione.

Comune è la paralisi delle corde vocali.

Sfortunatamente, i sintomi e i segni iniziali della rabbia sono indistinguibili da quelli di altre malattie neurologiche e virali.

Ciò determina frequentemente un ritardo nella diagnosi.

La presenza di idrofobia (timore dell’acqua) e aerofobia (timore dell’aria – osservata in circa i due terzi dei casi recenti) aumenta la probabilità di una diagnosi precoce.

Disfunzione del tronco encefalico

Le manifestazioni di disfunzione del tronco si rendono evidenti poco dopo l’inizio della fase encefalitica della rabbia.

L’interessamento dei nervi cranici causa diplopia, paralisi facciali, neurite ottica e le caratteristiche difficoltà di deglutizione.

La combinazione di eccessiva salivazione con deglutizione difficoltosa dà luogo al caratteristico quadro della “bava alla bocca”.

Nel 50% circa dei casi compare idrofobia, ovvero una dolorosa, violenta contrazione involontaria del diaframma e dei muscoli respiratori accessori, faringei e laringei, scatenata dall’ingestione di liquidi.

L’interessamento del nucleo amigdaloideo può causare priapismo ed eiaculazione spontanea.

Il paziente entra in coma e l’interessamento dei centri respiratori determina una morte da apnea.

Il caratteristico e precoce interessamento del tronco distingue la rabbia da altre encefaliti virali e ne spiega il rapido decorso sfavorevole.

In assenza di una terapia rianimatoria, la sopravvivenza media dall’esordio dei sintomi è di quattro giorni, con un massimo di venti.

La guarigione è eccezionale e, nei casi in cui si è verificata, è stata graduale.

Dati si laboratorio

All’inizio gli esami bioumorali di routine e la concentrazione di emoglobina sono normali, ma si osservano alterazioni in seguito alla disfunzione ipotalamica, al sanguinamento gastrointestinale e ad altre complicanze.

Il numero di globuli bianchi è solitamente modicamente aumentato (12.000-17.000/mmc), ma può essere normale o decisamente elevato, fino a 30.000/mmc.

Come in ogni infezione virale, la diagnosi specifica di rabbia si basa:

  1. sull’isolamento del virus dalle secrezioni infette (saliva, raramente dal liquor o da tessuto, per lo più cerebrale)
  2. sulla dimostrazione sierologica di un’infezione acuta
  3. sulla dimostrazione di antigeni virali in tessuti infetti (per es., apposizioni corneali, biopsie cutanee o cerebrali)
  4. sull’identificazione dell’RNA virale mediante la reazione polimerasica a catena (polymerase chain reaction, PCR).

La valutazione dei campioni antemortem in un laboratorio specializzato può confermare la diagnosi di rabbia con alta sensibilità e specificità.

L’isolamento del virus dalla saliva, la dimostrazione degli acidi nucleici virali nella saliva o l’identificazione di antigeni virali in campioni di biopsie cutanee nucali, sono molto sensibili, mentre lo è meno la determinazione in campioni di epitelio corneale.

In persone non vaccinate può essere utile la dimostrazione di vaccino anticorpi contro il virus della rabbia nel siero o nel liquor, sebbene questi anticorpi possano essere determinabili solo in una fase tardiva di malattia.

Campioni di cervello, ottenuti sia post-mortem sia in vita con biopsia cerebrale, devono essere sottoposti a:

  1. inoculazione nel topo per isolamento virale;
  2. colorazione con anticorpi fluorescenti per la ricerca di antigeni virali;
  3. esame istologico c/o microscopia elettronica per la ricerca dei corpi del Negri o trascrizione inversa con PCR per l’identifìcazione dell’RNA virale.

La profilassi post-esposizione raramente porta alla formazione di anticorpi neutralizzanti contro il virus rabico a livello del liquor.

Se presenti dopo la profilassi, questi anticorpi sono riscontrati generalmente a basso titolo (<l:64), mentre i titoli liquorali in corso di rabbia nell’uomo possono variare da l:200 fino a l:160.000

Diagnosi differenziale della rabbia

Ci sono pochi elementi che permettono di distinguere la rabbia dalle altre encefaliti virali.

L’elemento maggiormente utile per la diagnosi è la presenza all’anamnesi di un morso, o comunque di contatto con la saliva, da parte di un animale potenzialmente infetto.

Dato che l’esposizione attraverso il morso è infrequente nei casi verificatisi negli Stati Uniti, occorre indagare su viaggi recenti del paziente in un Paese in cui la rabbia è endemica.

Altri problemi da prendere in considerazione nella diagnosi differenziale comprendono la reazione isterica al morso di un animale (pseudoidrofobia), la sindrome di Landry/Guillain-Barré, la poliomielite e le encefalomieliti allergiche che si sviluppano in risposta alla vaccinazione antirabica; quest’ultimo problema è generalmente associato all’ utilizzo di vaccino derivato da tessuto nervoso e generalmente insorge da l a 4 settimane dopo la sua somministrazione.

Terapia

Profilassi post-esposizione

Nel decidere se intraprendere o meno una profilassi antirabica postesposizione si dovrebbe tenere in considerazione:

  1. se il soggetto è venuto in contatto diretto con saliva o altre sostanze probabilmente contenenti il virus della rabbia
  2. se per la specie animale o l’area geografica correlate all’esposizione esiste o è sospettata la presenza di rabbia
  3. in quali circostanze si è verificata l’esposizione (per es., se l’animale è stato o meno provocato)

I morsi associati all’offerta di cibo a un animale sono considerati come provocati.

Se la rabbia è presente o si sospetta essere presente nella specie animale coinvolta nell’esposizione umana, l’animale coinvolto dovrebbe essere catturato, se possibile.

Qualsiasi animale selvaggio e ogni animale domestico ammalato, non vaccinato o randagio, coinvolto in un’esposizione rabica e qualsiasi animale che morde anche se non provocato, con un comportamento anomalo o che si sospetta essere affetto da rabbia, va ucciso in maniera incruenta.

La sua testa deve essere subito inviata a un laboratorio specializzato per l’esame con l’immunofluoresceza per la rabbia: se tale tecnica fornisce un risultato negativo per la rabbia, si può ritenere la saliva esente da virus e pertanto la persona esposta non necessita di alcun trattamento specifico.

Devono ricevere l’immunizzazione attiva e passiva contro la rabbia, il prima possibile dopo l’esposizione, tutti i soggetti che sono stati esposti (in una zona dove è noto che la rabbia e presente o si sospetta essere presente) ad animali selvatici in grado di trasmettere la rabbia (pipistrelli, moffette, coyote, volpi, procioni ecc.) e che sono sfuggiti alla cattura.

Nelle zone in cui la rabbia felina e canina non sono prevalenti, un cane, un gatto o un furetto sano, che ha morso una persona, può essere isolato e osservato per 10 giorni.

Le persone esposte non dovrebbero ricevere la profilassi finché l’animale non sviluppa i sintomi clinici della rabbia.

Se l’animale si ammala o manifesta un comportamento anomalo durante il periodo di osservazione, dev’essere ucciso per procedere all’esame con immunofluorescenza.

Dati sperimentali ed epidemiologici indicano che gli animali che rimangono apparentemente sani durante i 10 giorni dopo il morso non dovrebbero aver trasmesso il virus al momento dell’esposizione.

In aree di alta endemicità per la rabbia canina, deve essere assicurato l’immediato esame dell’encefalo dell’animale, specialmente in caso di morso grave.

Il morso da parte di roditori, conigli o lepri quasi mai richiede la profilassi antirabica post-esposizione.

A meno che la persona esposta possa escludere il morso, il graffio o l’esposizione a superfici mucose, la profilassi post-esposizione dovrebbe essere presa in considerazione dopo ogni contatto diretto con un pipistrello.

La profilassi post-esposizione della rabbia prevede la pulizia accurata e il trattamento della ferita e la somministrazione del vaccino antirabico insieme con le immunoglobuline antirabiche.

La profilassi post-esposizione dovrebbe essere iniziata più precocemente possibile.

Poiché il periodo di incubazione della rabbia è abbastanza variabile, la profilassi post-esposizione dev’essere comunque somministrata finché non sono evidenti i segni clinici della rabbia.

Trattamento locale della ferita

L’accurata pulizia e il trattamento della ferita da morso costituiscono una fase importante della prevenzione antirabica.

La ferita va lavata con sapone e risciacquata con acqua.

Sono importanti sia le misure di pulizia meccanica che chimica.

Possono essere utilizzati i composti quaternari dell’ammonio, come il cloruro di benzalconio dall’1 al 4%, il bromuro di cetrimonio all’ 1% o soluzioni con povidone iodato.

Se necessario vanno somministrati profilassi antibiotica e tossoide tetanico.

Immunoprofilassi passiva

La vaccinazione post-esposizionc antirabica deve comprendere la somministrazione sia di anticorpi passivi che del vaccino, tranne quando l’individuo ha già ricevuto precedentemente una profilassi pre-esposizione.

Le immunoglobuline umane antirabiche sono preferite perché l’antisiero equino può determinare la malattia da siero; la dose raccomandata è di 20 UI/kg. e si somministra in unica dose all’inizio del regime di profilassi postesposizione.

L’intera dose dev’essere infiltrata nell’area intorno alla ferita e all’interno della ferita stessa.

Quanto rimane della dose va iniettata per via intramuscolare in una sede distante da quella in cui viene effettuato il vaccino.

Immunizzazione attiva con vaccino antirabico

Sono disponibili tre vaccini antirabici:

  1. vaccino a cellule umane diploidi (human diploid celi vaccine, HDCV), che può essere somministrato sia per via intramuscolare che sottocutanea;
  2. vaccino rabico assorbito (rabies vaccine absorbed RVA);
  3. vaccino purificato da cellule di embrione di pollo.

Gli ultimi due vaccini vengono somministrati per via intramuscolare.

Ciascun vaccino deriva da un differente ceppo di virus rabico ed è preparato in formulazioni leggermente differenti.

I tre vaccini sono considerati ugualmente efficaci e sicuri, e ognuno può essere somministrato insieme con le immunoglobuline.

Cinque dosi da 1 mi di HDCV sono somministrate per via intramuscolare, preferibilmente nel deltoide o nell’area anterolaterale della coscia: la regione glutea non va utilizzata.

Le cinque dosi di HDCV devono essere somministrate in 28 giorni secondo il seguente schema: ai giorni 0, 3, 7, 14 e 28.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la somministrazione anche al 21° e 90° giorno.

Gravi reazioni a questo vaccino sono infrequenti, mentre l’incidenza di reazioni allergiche immediate, come l’orticaria, è approssimativamente di 1 caso ogni 650 vaccinazioni.

Reazioni sistemiche, come febbre, cefalea e nausea, sono generalmente lievi e segnalate nell’ 1-4% delle vaccinazioni.

Reazioni locali, come edema, eritema e infiltrazione nella sede di inoculo, si verificano nel 20% dei casi.

È stata segnalata anche la sindrome di Guillain-Barré, ma sembra essere abbastanza rara.

La somministrazione combinata di immunoglobuline anti-rabbia e di HDCV dà luogo ad alti titoli di anticorpi neutralizzanti in quasi lutti i casi.

Solo raramente questo schema non è stato in grado di prevenire il successivo manifestarsi della rabbia.

Nessuno dei pazienti in cui è stata fatta diagnosi di rabbia negli Stali Uniti fra il 1980 e il 1996 aveva ricevuto una profilassi post-esposizione.

La somministrazione del solo vaccino è associata a un numero di insuccessi superiore, rispetto all’uso dello schema di combinazione, soprattutto in seguito a esposizione tramite gravi morsi.

La combinazione di immunoglobuline più dosi intradermiche di 0.1 ml di HDCV in otto sedi corporee diverse al giorno 0, in quattro sedi al giorno 7 e in una sola sede nei giorni 28 e 91 produce una buona risposta anticorpale e ha avuto eccellenti risultati clinici.

In alternativa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha approvato un regime di due dosi intradermiche di 0.1 ml nei giorni 0, 3 e 7, più un’iniezione intradermica di 0.1 ml in una singola sede nei giorni 21 e 90.

Profilassi pre-esposizione

I soggetti ad alto rischio di contatto con il virus della rabbia, come veterinari, speleologi, laboratoristi e addetti agli animali, dovrebbero essere sottoposti a una profilassi pre-esposizione con vaccino antirabico.

Devono essere somministrate tre dosi intramuscolari di 1 ml o tre dosi intradermiche di 0.1 ml di HDCV ai giorni 0, 7 e 21 o 28.

La somministrazione contemporanea di clorochina interferisce con la risposta anticorpale al vaccino.

In rapporto al rischio del singolo soggetto, può essere necessario effettuare test sierologici ogni 6 mesi-2 anni.

In più del 6% dei casi in cui è stata somministrata una dose di richiamo di HDCV si è sviluppata una reazione da immunocomplessi, con orticaria, artralgia, artrite, angioedema e sintomatologia sistemica.

Nel caso in cui il titolo anticorpale neutralizzante scenda al di sotto di 1:5, dev’essere somministrata la dose di richiamo.