Poliomielite: incubazione, contagiosità e profilassi

Poliomielite: incubazione, trasmissione e diagnosi

Poliomielite: scheda riassuntiva di notifica e profilassi


Classificazione ICD-9: 045-045.9

Tipo di Notifica: Classe I

Periodo di incubazione: Da 3 a 35 giorni, con una media di 7 – 14 giorni per i casi di polio paralitica.

Periodo di contagiosità: Non definibile con precisione; la contagiosità sussiste fintanto che i poliovirus vengono escreti. I poliovirus sono dimostrabili nelle secrezioni oro-faringee e nelle feci rispettivamente dopo 36 e 72 ore dall’esposizione, con persistenza fino ad una settimana nel faringe e per 3-6 settimane ed oltre nelle feci.

Indagini di campo hanno dimostrato che per ogni caso di poliomielite paralitica si verificano da 100 a 1.000 infezioni sub-cliniche.

Provvedimenti nei confronti del malato: Precauzioni enteriche1 nel caso di ricovero in ospedale (pur essendo altamente auspicabili, sono di scarso significato in ambiente domestico perché al momento della comparsa dei sintomi tutti i contatti2 domestici sono già stati infettati).

Provvedimenti nei confronti dei conviventi e dei contatti: Sorveglianza clinica3 di conviventi4 e contatti stretti5 per individuazione di altri casi di paralisi flaccida acuta o di meningite asettica.

Immediata somministrazione di una dose di OPV a tutti i conviventi4, i contatti stretti5 e a tutti i bambini di età compresa tra 0 e 5 anni residenti nella zona (quartiere, comune, provincia), a prescindere dal loro stato vaccinale antipolio.

Attuazione di campagne straordinarie di vaccinazione antipolio con OPV in situazione epidemica (nella attuale situazione italiana, in cui non si registrano casi autoctoni di poliomielite da virus selvaggio dal 1983, un caso costituirebbe di per se un’epidemia).

Astensione dalla pratica di iniezioni intramuscolari non strettamente necessarie e differimento degli interventi chirurgici otorinolaringoiatrici fino a definizione e controllo della situazione.

1 Precauzioni enteriche: uso di guanti nel caso di manipolazione o contatto con materiali contaminati e uso di grembiuli in caso di possibilità di insudiciamento, per prevenire la trasmissione di infezioni trasmesse per mezzo del contatto diretto o indiretto con le feci. Una stanza ed un bagno separati sono indicati nel caso di scarsa igiene del paziente
2 Contatti: persona o animale che in seguito ad associazione con una persona o un animale infetta, abbia avuto la possibilità di acquisire l’infezione
3 Sorveglianza clinica: la ricerca giornaliera, in conviventi e contatti di un paziente affetto da malattia trasmissibile, di segni e sintomi riferibili ad essa
4 Conviventi: tutti coloro che condividano con il paziente la stessa abitazione
5 Contatti stretti: soggetti che frequentino “regolarmente” (quotidianamente) il domicilio del paziente, partners sessuali, compagni di classe, colleghi di lavoro che condividano la stessa stanza, operatori sanitari esposti

 

Generalità

La Poliomielite è una malattia infettiva virale determinata da uno tra i più piccoli virus, Poliovirus hominis, virus che appartiene al gruppo degli Enterovirus insieme ai virus Echo, e insieme ad essi al gruppo più vasto dei Picornavirus (comprendente anche i virus del raffreddore e il virus dell’afta epizootica).

L’infezione poliomielitica si manifesta spesso in forma di infezione inapparente o con sintomi aspecifici (angina, enterite), più raramente con sintomi neurologici rappresentati da paralisi flaccide, a distribuzione capricciosa, interessanti prevalentemente la muscolatura degli arti, o da insufficienza respiratoria acuta spesso mortale.

Il rapporto percentuale tra le forme inapparenti o “abortive” e le forme neurologiche della poliomielite è molto vario e dipende essenzialmente dalla situazione epidemiologica locale, in relazione soprattutto al livello igienico-sanitario e alla densità della popolazione.

Si ritiene infatti che la poliomielite fosse un tempo, per quanto riguarda le forme paralitiche, malattia essenzialmente sporadica, in rapporto con una precoce infezione-immunizzazione, che portava a forme inapparenti già nell’età del lattante, e che tale situazione si abbia ancora nei Paesi a basso livello igienico-sanitario.

Col progresso delle condizioni igienico-sanitarie, col migliorare delle condizioni di civilizzazione, la poliomielite è diventata malattia epidemica e in forma paralitica, proprio per la mancanza di questa immunizzazione da infezioni precoci, con uno spostamento progressivo verso la seconda e terza infanzia e verso l’età adulta nelle regioni e nei Paesi igienicamente più progrediti.

Oggi tuttavia la poliomielite è destinata a scomparire: in Europa e negli stati occidentali è stata eradicata a seguito della vaccinazione di massa con vaccino attenuato e vivente di Sabin.

Se questa vaccinazione sarà estesa a tutta la popolazione del globo; ciò non di meno è necessario continuare a conoscerla e a diagnosticarla, sia per la possibilità di incontrare ancora dei casi, in soggetti non vaccinati o che non hanno risposto al vaccino, sia perché ci troviamo ancora di fronte a molti casi di esiti della malattia, contratta in epoca prevaccinale, sia per i problemi diagnostico-differenziali che la malattia pone.

Eziologia della Poliomielite

Le caratteristiche del virus sono ben note da quando esso si è potuto coltivare agevolmente nelle culture di tessuti e a tale metodica è dovuta anche la possibilità di realizzazione del vaccino.

Esistono tre tipi di virus poliomielitici, oggi denominati semplicemente: primo, secondo e terzo e che un tempo erano denominati, dal nome del ceppo capostipite del gruppo, virus Brunhilde, virus Lansing e virus Leon.

I virus sono immunologicamcnte affini ma non identici (da cui la necessità di una vaccinazione con tutti e tre i tipi).

Sono virus della grandezza pressappoco di 30 mμ, facilmente inattivabili dal calore, resistenti all’etere, relativamente resistenti a variazioni del pH: il formolo inattiva i virus dapprima in modo reversibile, indi in maniera irreversibile; il cloro ha una buona azione inattivante, che viene diminuita tuttavia dalla presenza di sostanze organiche e ciò è importante per la depurazione delle acque.

Alcuni tra i virus poliomielitici sono patogeni, oltre che per l’uomo e per le scimmie antropomorfe, anche per alcuni roditori (ratto del cotone, topino, criceto, cavia), ciò vale soltanto per i ceppi del tipo secondo e terzo.

Lo sviluppo del virus in cultura di tessuti è dimostrato dalla sua azione citopatogena, e l’effetto citopatico è neutralizzato dal siero specifico, ciò che permette facilmente gli studi sierologici.

Quadro clinico della Poliomielite

Fase prodromica

La malattia poliomielitica ha un’incubazione di circa 10 giorni; può iniziare con sintomi aspecifici (cosiddetto periodo prodromico), con febbre accompagnata da angina eritematosa, cefalea, prostrazione, della durata di pochi giorni, oppure da diarrea; segue un periodo intervallare della durata di pochi giorni, durante il quale il soggetto sembra guarito.

Fase di invasione

Successivamente si ha la fase di invasione, caratterizzata dalla ripresa febbrile; ripresa accompagnata questa volta da segni schiettamente neurologici: cefalea, rachialgia, dolori muscolari diffusi, sintomi chiari di irritazione meningea.

La facies è arrossata, soprattutto alle guance, con occhio fisso e lucente chiamato “occhio di bambola”; vi possono essere disturbi del sonno; possono comparire disturbi sfinterici (ritenzione urinaria in particolare) e finalmente si ha, ancora nella fase febbrile o nel momento dello sfebbramento, la comparsa della paralisi, spesso preceduta da una accentuazione della sintomatologia dolorosa al segmento che sarà colpito.

Paralisi poliomielitica

Si tratta di una paralisi flaccida, con diminuzione o abolizione del tono muscolare e dei riflessi tendinei, osteo-periostei, cutanei, paralisi che si istituisce in genere rapidamente, nel corso di ore (tuttavia esistono alcuni casi in cui le lesioni impiegano parecchi giorni fino a completarsi).

La paralisi interessa i più diversi gruppi muscolari, ma ha una predilezione netta tuttavia per la muscolatura degli arti; è capricciosa nella sua distribuzione topografica, colpisce a volte un intero arto, a volte alcuni gruppi muscolari o alcuni muscoli di un arto e l’altro arto controlaterale in maniera completa.

Colpisce prevalentemente gli arti inferiori, ma può colpire anche gli arti superiori; colpisce in maggiore prevalenza i muscoli del tratto prossimale degli arti, quindi agli arti inferiori i glutei, gli adduttori, il quadricipite femorale e spesso anche il gastrocnemio e tibiali anteriori, i peronieri, agli arti superiori il deltoide, il tricipite omerale, più raramente i muscoli flessori e i muscoli dell’avambraccio e della mano: tuttavia, come già detto, vi sono casi in cui un arto appare colpito in toto.

Alla paralisi, che è di tipo schiettamente periferico, si associano presto turbe trofiche (raffreddamento, atrofia muscolare, atrofia delle parti molli e persino ossea) e reazione elettrica di tipo degenerativo.

Il liquido cefalorachidiano dimostra in questo periodo, come già nella precedente fase pre-paralitica, un aspetto limpido, o appena smerigliato, una modesta pleiocitosi, una modesta iperalbuminorrachia.

Fase dei postumi

Alla fase di paralisi segue poi la fase che possiamo chiamare dei postumi o esiti, e che viene da alcuni suddivisa in una fase “sensitiva” dei postumi, in cui persistono disturbi dolorosi, ed una fase “asensitiva” ad essa successiva, in cui ha inizio il recupero, in parte spontaneo e in parte ottenibile artificialmente con la terapia.

La regressione spontanea è dovuta alla regressione della componente flogistica, la componente ottenibile con la terapia è dovuta alla ipertrofia vicariante di fibre muscolari superstiti.

Forme Cliniche

Vengono distinte, tra le forme cliniche, le forme monofasiche in cui manca la fase prodromica e l’inizio è già neurologico, dalle forme difasiche ricordate: le’forme abortivè in cui tutto si arresta alla fase extraneurologica, all’angina, alla gastroenterite; le forme neurologiche ma senza paralisi, forme meningitiche pure aparalitiche mono o difasiche.

Si è calcolato che il 90-95 % dei casi di infezione poliomielitica decorre in forma inapparente, il 4-8 % in forma abortiva, limitata cioè ai sintomi dell’angina e della gastroenterite e soltanto 1’1-2 % in forma neurologica, e di questi una metà in forma paralitica.

Dal punto di vista topografico vengono distinte le forme spinali con le paralisi degli arti, da quelle bulbo-pontine, che comprendono la paralisi del facciale, mono- o bilaterale, le paralisi del nono e del decimo paio con turbe della deglutizione e paralisi respiratorie, le forme cerebellari o atassiche (rare) con incoordinazione motoria, le forme mesencefaliche che ricordano l’encefalite oculolelargica, le forme telencefaliche con sintomi ipercinetici (convulsioni) o paralisi di tipo spastico.

Sotto il nome di paralisi ascendente o paralisi di Landry vengono etichettati dei casi in cui la paralisi colpisce dapprima gli arti inferiori, poi la muscolatura del tronco, gli arti superiori, il collo, per terminare con l’esito letale per insufficienza bulbare.

Insufficienza respiratoria

L’insufficienza respiratoria rappresenta nella poliomielite la causa principale di morte; essa può essere la conseguenza di turbe funzionali diverse, e si possono grossolanamente riconoscere almeno tre forme di insufficienza respiratoria:

  • un’insufficienza di origine spinale, da lesione dei nuclei motori corrispondenti all’innervazione dei muscoli intercostali e del diaframma,
  • una insufficienza bulbare da lesione dei centri regolatori della respirazione,
  • una forma di insufficienza da paralisi della deglutizione con accumulo in faringe di muco e di saliva che non può essere deglutita, con accessi di soffocazione e cianosi per aspirazione di liquidi in laringe e trachea;

esistono naturalmente anche forme associate.

Anatomopatologia della Poliomielite

Le lesioni anatomo-patologiche principali della poliomielite consistono in alterazioni degenerative e necrotiche dei neuroni ed in un’infiltrazione infiammatoria da parte di cellule mesodermiche (linfociti, plasmacellule, macrofagi, cellule gliali).

La sede elettiva delle lesioni è rappresentata dalle corna anteriori del midollo spinale, particolarmente a livello dei suoi rigonfiamenti cervicali e lombare, ma le lesioni possono estendersi al midollo allungato, alle formazioni reticolari del ponte, ai nuclei vestibolari, ai centri del cervelletto e anche alla corteccia cerebrale vera e propria.

Nelle cellule neuronali si possono avere lesioni irreversibili, con cromatolisi della sostanza di Nissl, alterazioni del nucleo, picnosi nucleare, e distruzione delle cellule con neuronofagia da parte di cellule gliali; e lesioni invece reversibili.

La reversibilità delle lesioni di alcuni neuroni e la regressione dei fenomeni infiammatori collaterali (che portavano ad un’ulteriore sofferenza cellulare) spiegano la reversibilità parziale di alcune paralisi.

Patogenesi della Poliomielite

Per quanto concerne la patogenesi della malattia, è oggi dimostrato che l’infezione si trasmette per via orale; il virus penetra attraverso l’anello linfatico faringeo, o attraverso i linfatici intestinali; si ha una transitoria viremia e si ha successivamente una propagazione del virus dalle placche mioneurali per via ascendente sino al midollo spinale.

Nella maggioranza dei casi il virus non arriva al midollo spinale e così si spiega la forma inapparente o abortiva.

Tra i fattori che determinano l’arrivo dell’infezione al neurasse vanno annoverati il particolare neurotropismo di alcuni ceppi, la carica infettante, la velocità di moltiplicazione del virus, e inoltre fattori immunitari, fattori aspecifici di disposizione. legati soprattutto allo strapazzo fisico e mentale, allo stress ed anche a traumi sofferti)  nella fase dell’ infezione stessa.

Il virus che infetta è il virus che si elimina attraverso le feci; la trasmissione avviene quindi certamente attraverso l’eliminazione fecale del virus e la poliomielite appartiene quindi a quelle malattie che si trasmettono per via fecale-orale, con i cinque F degli autori anglosassoni (food, finger, feces, flies, fomites).

Nella diagnosi la poliomielite dovrà essere differenziata da tutte le altre forme neurologiche caratterizzate da una meningite sierosa, con o senza sintomi neurologici.

Nelle forme paralitiche essa dovrà essere differenziata anzitutto dalle pseudoparalisi, cioè da atteggiamento antalgico di immobilità (come nella osteocondrite luetica o nello scorbuto, come in artriti o osteoartriti. o come nella malattia reumatica).

Tra le forme neurologiche vere e proprie i problemi più frequenti sono quelli che si pongono nei riguardi delle paralisi post-difteriche, che sono peraltro non delle vere paralisi ma delle polinevriti con astenia progressiva e in cui facilmente si hanno sintomi associati a carico di vari nervi cranici; e con la poliradicoloneurite o sindrome di Guillain-Barré, forma che in genere ha un decorso ascendente, si accompagna a parestesie. si accompagna anche a dissociazione al-bumino-citologica e regredisce totalmente.

L’accertamento diagnostico della poliomielite si compie oggi agevolmente da parte degli Istituti attrezzati, attraverso l’isolamento del virus dalle feci e la dimostrazione del movimento anticorpale (ascesa degli anticorpi neutralizzanti) durante la malattia.

Per le culture si utilizzano prevalentemente cellule HeLa, cellule KB o cellule di rene di scimmia.

Prognosi della Poliomielite

Nella prognosi della poliomielite va tenuto conto di vari fattori, quali il persistere della febbre nella fase attiva, che può far presumere l’istituzione di nuove paralisi, la localizzazione delle paralisi stesse (si ricordi che è sempre diffìcilmente regredibile la paralisi in muscoli costituiti da pochi fasci di fibre come il deltoide): il tempo decorso dall’inizio della paralisi, non essendo più pensabile alcuna spontanea regressione dopo alcune settimane dalla paralisi stessa: e la risposta alla terapia.

Sempre grave è la prognosi delle forme respiratorie e particolarmente di quelle che interessano i centri bulbari.

Una terapia eziologica della poliomielite non esiste e noi dobbiamo limitarci a cercare di ottenere una funzione vicaria da parte delle fibre muscolari superstiti: è importante anche il mantenere l’ammalato, specie nella fase sensitiva, in posizione corretta, ottenere una mobilizzazione precoce delle parti colpite, impedire le deformazioni determinate dal peso delle coperte o della stessa gravità nella rotazione esterna, ad esempio, degli arti, e esercitare tempestivamente tutta una serie di procedimenti di ginnastica segmentaria, di bagni di luce, marconiterapia, galvanoterapia, massaggio, utilizzando anche delle vasche sagomate e delle piscine per ottenere meglio la mobilizzazione sopprimendo in parte l’effetto della gravità.

Nell’insufficienza respiratoria da poliomielite sono necessari i respiratori artificiali a pressione negativa (il cosiddetto polmone d’acciaio e i respiratori a corazza) e quelli a pressione positiva attraverso tracheotomia; i primi sono utili nell’insufficienza respiratoria di tipo spinale, i secondi particolarmente nelle forme bulbari.

La permanenza in atto di queste apparecchiature può essere lunghissima (di mesi e di anni) e comporta un’assistenza continua ed una buona conoscenza della meccanica respiratoria, essendo frequenti le complicanze da fenomeni di atelettasia e collasso, l’ipossia, la ipercapnia, lo shock vasomotorio, l’edema polmonare, e altre complicanze.

Profilassi della Poliomielite

La profilassi attiva si vale del vaccino antipoliomielitico.

Il primo vaccino ad essere stato realizzato è stato il vaccino di Salk con il virus ucciso, di cui si somministravano tre dosi a distanza di un mese per via sottocutanea o intramuscolare, essendo ogni dose costituita da una miscela dei tre ceppi di virus poliomielitici inattivati con il formolo.

Tale vaccinazione, che dava risultati non costanti, spesso incompleti e soprattutto non definitivi, è stala soppiantata dalla vaccinazione con virus vivente e attenuato di Sabin, in cui si realizza, con la somministrazione per via orale del vaccino, una condizione simile a quella osservabile in natura, con la differenza che viene somministrato, anziché un virus selvaggio, un virus reso artificialmente (nelle culture di tessuti) apatogeno, privo di potere paralitogeno, privo del tropismo per il neurasse, un virus che si moltiplica attivamente nell’intestino del soggetto cui viene somministrato, senza alcun rischio di paralisi, un virus che viene eliminato attraverso le feci potendo anche contaminare soggetti vicini, ma senza alcun pericolo di virulentarsi nel passaggio da un soggetto all’altro.

La vaccinazione di base con il vaccino attenuato di Sabin, si pratica con 3 somministrazioni di vaccino “trivalente” a distanza di 6 settimane una dall’altra.

Il vaccino di Sabin, somministrato fino ad anni recenti anche in Italia, ha permesso di eradicare la poliomielite in Europa ed è raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità nella sua campagna di eradicazione della malattia a livello mondiale.

L’obiettivo dell’Oms è infatti quello di eliminare completamente la presenza della malattia, seguendo il successo ottenuto con il vaiolo nel 1980.

In Italia, per decisione della Conferenza Stato Regioni nel 2002, dopo l’eradicazione completa della poliomielite in Europa, l’unica forma di vaccino somministrato è quello inattivato.

Presso il Ministero della salute viene mantenuta una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale, in caso di emergenza e di importazione del virus.