Varicella: incubazione, sintomi, terapia e profilassi

Varicella: incubazione, contagiosità e profilassi

Varicella: scheda riassuntiva di notifica e profilassi


Classificazione ICD-9: 052

Tipo di Notifica: Classe II

Periodo di incubazione: Da 2 a 3 settimane, abitualmente 13-17 giorni. Il periodo di incubazione può essere prolungato in caso di soggetti con alterazione dell’immunocompetenza o sottoposti ad immunoprofilassi passiva.

Periodo di contagiosità: Da 5 giorni prima a non più di 5 giorni dopo la comparsa della prima gittata di vescicole.

Il periodo di contagiosità può essere prolungato in caso di soggetti con alterazione dell’immunocompetenza o sottoposti ad immunoprofilassi passiva.

Sintomi e segli: Febbre moderata, cefalea, malessere generale, talvolta mal di gola

ESANTEMA (eruzione cutanea)

Esordio e durata: Poco dopo la comparsa dei sintomi; dura da pochi gg a 2 sett.

Sede: Di solito prima sul tronco, poi su viso, collo ed arti; raramente sulle palme delle mani e sulle piante dei pied.

Caratteristiche: Lesioni separate; evolvono da macule a papule a vescicole che formano croste; appaiono ad ondate, sicché le varie fasi descritte sono presenti contemporaneamente

Provvedimenti nei confronti del malato: Isolamento domiciliare1 per almeno 5 giorni dalla comparsa della prima gittata di vescicole, con restrizione dei contatti con altri soggetti suscettibili, in particolar modo donne in stato di gravidanza e neonati.

In caso di ricovero ospedaliero, isolamento stretto2, in considerazione della possibilità di trasmissione dell’infezione a soggetti suscettibili immunodepressi.

Provvedimenti nei confronti dei conviventi e dei contatti: Nessuna restrizione per la frequenza scolastica o di altre collettività.

In caso di ricovero ospedaliero dei contatti3, per altre cause, è indicata la separazione per un periodo di 10-21 giorni, prolungato a 28 giorni in caso di somministrazione di immunoglobuline specifiche, dall’ultimo contatto con un caso di varicella.

Vaccinazione dei soggetti ad alto rischio di complicanze da infezione con virus V-Z secondo le indicazioni della Circolare n° 8 del 10 marzo 1992.

1 Isolamento domiciliare: allontanamento del paziente da tutte le comunità estranee allo stretto ambito familiare.
2 Isolamento stretto: si applica in caso di agenti altamente infettivi o molto virulenti che possono essere trasmessi per via aerea o per contatto diretto. E’ richiesta una stanza separata per il paziente (pazienti con la stessa patologia possono essere ospitati nella stessa stanza), con sistema di ventilazione a pressione negativa, possibilmente dotata di anticamera, e con porte con chiusura a tenuta, nonché l’uso di mezzi di barriera ed indumenti protettivi, comprese le maschere dotate di respiratori, per tutte le persone che entrano nella stanza.
2 Contatti: persona o animale che in seguito ad associazione con una persona o un animale infetta, abbia avuto la possibilità di acquisire l’infezione.

 

Generalità

Il virus varicella-zoster (varicella-zoster virus, VZV) è causa di due quadri clinici diversi: la varicella e l’herpes zoster.

La varicella, infezione ubiquitaria estremamente contagiosa, è solitamente una malattia benigna dell’infanzia, caratterizzata da un esantema eritematovescicoloso.

Nel caso di riattivazione del virus latente, che si verifica con maggiore frequenza dopo i 60 anni, la malattia si presenta con un esantema vescicoloso a distribuzione dermatomerica (cioè lungo il decorso di un nervo), solitamente associato a intenso dolore: Herpes zoster (o “fuoco di Sant’Antonio”).

Eziologia

L’ associazione clinica fra varicella e herpes zoster è stata evidenziata circa cent’anni fa.

Agli inizi del ventesimo secolo furono accertate somiglianze nei reperti istopatologici delle lesioni cutanee di varicella e herpes zoster.

Virus isolati da pazienti con varicella o herpes zoster si dimostrarono causa di lesioni simili in colture di tessuto, in particolare della comparsa di lesioni eosinofile intranucleari e di cellule giganti multinucleate, suggerendo che i virus fossero biologicamente simili.

Il VZV appartiene alla famiglia degli Herpesviridae e presenta alcune caratteristiche strutturali tipiche di questo gruppo, come l’involucro lipidico che circonda un nucleocapside a simmetria icosaedrica, il diametro complessivo di circa 180-200 nm e il DNA a doppia elica, localizzato centralmente, della lunghezza di circa 125.000 paia di basi.

Patogenesi della Varicella

Infezione primaria

La trasmissione si verifica verosimilmente per via respiratoria, con successiva replicazione in un sito non definito, probabilmente a livello del nasofaringe, a cui segue l’insediamento nel sistema reticoloendoteliale e infine la viremia.

L’esistenza di una fase viremica in soggetti affetti da varicella è avvalorata dalla natura delle lesioni cutanee diffuse e sparse, e può essere verificata in casi selezionati tramite l’isolamento del virus dal sangue.

Le vescicole interessano il corion e il derma, con alterazioni caratterizzate da degenerazione balloniforme, cellule giganti multinucleate e inclusioni eosinofile intranucleari.

Con l’evoluzione della malattia il liquido vescicolare diviene torbido per la presenza di leucociti polimorfonucleati, cellule degenerate e fibrina.

Infine, le vescicole vanno incontro a rottura, rilasciando con il liquido virus infettante, oppure vengono gradualmente riassorbite.

Recidive della varicella (Herpes zoster)

Il meccanismo di riattivazione del VZV, che causa l’herpes zoster, è sconosciuto.

Si presume che il virus infetti i gangli nervosi delle radici dorsali durante la varicella e che qui rimanga latente fino alla riattivazione.

L’esame istopatologico dei gangli interessati durante la fase attiva dell’herpes zoster evidenzia la presenza di emorragie, edema e infiltrazione linfocitaria.

L’interessamento polmonare è caratterizzato da polmonite interstiziale, formazione di cellule giganti multinucleate ed emorragie polmonari.

Manifestazioni Cliniche

Varicella

La varicella è una malattia altamente contagiosa, con una percentuale di infezione del 90% fra i soggetti suscettibili o sieronegativi.

La malattia colpisce in egual modo ambedue i sessi e tutte le razze.

Il virus è endemico nella popolazione generale; diviene comunque epidemico per gli individui sensibili durante determinati periodi, in particolare verso la fine dell’inverno e l’inizio della primavera nelle zone temperate.

I più colpiti sono i bambini di età compresa fra i 5 e i 9 anni che rappresentano il 50% di tutti i casi.

La maggior parte degli altri casi si verifica in soggetti di età compresa fra 1 e 4 anni e fra 10 e 14.

Il periodo d’incubazione della varicella varia fra i 10 e i 21 giorni, ma è solitamente compreso fra 14 e 17 giorni.

La percentuale di infezione secondaria in fratelli suscettibili all’interno di una famiglia varia fra il 70 e il 90%.

I pazienti sono contagiosi da circa 48 ore prima della comparsa dell’esantema vescicoloso, durante la fase di formazione delle vescicole, che dura 4-5 giorni, fino a quando tutte le vescicole non hanno formato la crosta.

Varicella: esantema "a cielo stellato"
Varicella: esantema “a cielo stellato”

Clinicamente la varicella è caratterizzata da esantema, febbre non elevata e malessere, anche se qualche paziente presenta una fase prodromica 1-2 giorni prima della comparsa dell’esantema.

Nei bambini immunocompetenti si tratta di una malattia a decorso favorevole, con astenia e febbre (37.8-39,4 °C) per 3-5 giorni.

Le manifestazioni cutanee tipiche sono rappresentate da maculopapule, vescicole e croste presenti in vari stadi evolutivi (aspetto a “cielo stellato”).

La trasformazione delle maculopapule in vescicole si verifica in un periodo di ore o giorni.

Le lesioni compaiono sul tronco e sulla faccia e rapidamente si estendono ad altre sedi.

La maggior parte delle lesioni è di piccole dimensioni e presenta una base eritematosa del diametro di 5-10 mm.

Gettate successive di lesioni compaiono in 2-4 giorni.

Le lesioni si possono evidenziare anche a livello della mucosa faringea o della vagina.

La gravità delle lesioni cutanee varia da individuo a individuo: alcuni presentano pochissime lesioni, mentre altri possono averne anche 2.000.

I bambini piccoli tendono ad avere meno vescicole rispetto a quelli più grandi.

I soggetti immunocompromessi, sia bambini sia adulti, in particolar modo quelli affetti da leucemia, presentano lesioni più numerose, spesso di tipo emorragico; inoltre, le lesioni impiegano un tempo più lungo per guarire.

Questi individui sono ad alto rischio di complicanze di tipo viscerale che si verificano nel 30-50% dei casi e che presentano una letalità del 15%
.
La complicanza più frequente osservabile nella varicella è la superinfezione batterica della cute, solitamente causata da Streptococcus pyogenes o da Staphylococcus aureus.

Essa può verificarsi in seguito a escoriazioni cutanee da grattamento.

Nei bambini la sede più comune di localizzazione extracutanea è rappresentata dal sistema nervoso centrale (SNC).

La sindrome che ne deriva consiste in un’atassia cerebellare acuta e irritazione meningea che generalmente compaiono circa 21 giorni dopo l’inizio dell’esantema cutaneo, anche se a volte possono manifestarsi nella fase pre-esantematica.

Il liquido cefalorachidiano contiene linfociti ed elevati livelli proteici.

L’atassia rappresenta, nei bambini, una complicanza delle infezioni da VZV a evoluzione favorevole e generalmente non richiede il ricovero.

Si possono osservare anche casi di meningite asettica, encefalite, mielite trasversa, sindrome di Guillain-Barré e sindrome di Reye.

L’encefalite si verifica nello 0,1-0,2% dei bambini con varicella.

A tutt’oggi non esiste alcuna terapia specifica per pazienti con interessamento del SNC causato dal VZV, a parte il trattamento sintomatico.

La polmonite varicellosa è la più grave complicanza in corso di varicella e si verifica più frequentemente negli adulti (fine al 20% dei casi) che nei bambini.

Solitamente, compare dopo 3-5 giorni dall’inizio della sintomatologia ed è caratterizzata da tachipnea, tosse, dispnea e febbre.

Cianosi, dolore toracico di origine pleuritica ed emottisi sono frequenti.

Dal punto di vista radiologico la malattia è caratterizzata da infiltrazioni nodulari, e da polmonite interstiziale.

La risoluzione della polmonite va di pari passo con il miglioramento dell’esantema; i pazienti possono comunque presentare per settimane febbre persistente e compromissione della funzione polmonare.

Altre complicanze in corso di varicella includono miocardite, lesioni corneali, nefrite, artrite, diatesi emorragica, glomerulonefrite acuta ed epatite.

L’interessamento epatico, distinto dalla sindrome di Reye, è frequente ed è solitamente caratterizzato da elevazione degli enzimi epatici, in particolare della aspartato aminotransferasi (AST) e della alanina aminotransferasi (ALT>.

L’interessamento epatico è solitamente asintomatico.

Varicella congenita e perinatale

La varicella perinatale è gravata da un’elevata mortalità quando la madre si ammala entro i 5 giorni precedenti il parto o nelle 48 ore successive a esso.

Poiché il neonato non riceve anticorpi protettivi attraverso la placenta e dato che presenta un sistema immunitario immaturo, la malattia può essere molto grave: la letalità può arrivare al 30%.

La varicella congenita con manifestazioni cliniche alla nascita, estremamente rara, può essere responsabile di ipoplasia degli arti, lesioni cutanee cicatriziali e microcefalia.

Herpes zoster

L’herpes zoster, malattia sporadica, è la conseguenza della riattivazione del virus varicella-zoster rimasto latente a livello dei gangli delle radici nervose dorsali.

È una malattia che colpisce individui di tutte le età, ma soprattutto le persone anziane.

La maggior parte dei soggetti affetti da herpes zoster non presenta all’anamnesi contatti recenti con soggetti con infezione da VZV.

La più alta incidenza di questa malattia si ha in individui nel sesto-ottavo decennio di vita e varia fra 5 e 10 casi per 1.000 persone.

Le recidive di herpes zoster sono eccezionalmente rare se si escludono i pazienti immunocompromessi, in particolare quelli con AIDS.

L’herpes zoster è caratterizzato da un’eruzione a distribuzione dermatomerica unitalerale, di tipo vescicoloso, spesso associala a dolore intenso.

I dermatomeri compresi fra T3 e L3 risultano frequentemente interessati.

Se risulta coinvolta la branca oftalmica del nervo trigemino, si manifesta lo zoster oftalmico.

I fattori responsabili della riattivazione del virus sono sconosciuti.

Nei bambini la riaccensione è solitamente a evoluzione favorevole, mentre negli adulti la neurite acuta e la nevralgia posterpetica possono essere particolarmente debilitanti (“fuoco di Sant’Antonio”).

L’esordio della malattia è annunciato da dolore dermatomerico, che può precedere la comparsa delle lesioni di 48-72 ore, a cui segue un esantema eritemato-maculo-papuloso che evolve rapidamente verso la formazione di lesioni vescicolose.

La durata totale della malattia è generalmente compresa fra 7 e 10 giorni; tuttavia, possono passare anche 2-4 settimane prima che la cute ritorni normale.

In rari casi è stata descritta la tipica localizzazione del dolore a livello di un dermatomero, associata a evidenza sierologica di herpes zoster, in assenza di lesioni cutanee.

Quando sono interessate le branche del trigemino la lesione può comparire a carico del volto, della bocca, dell’occhio o della lingua.

Nella sindrome di Ramsay Hunt, a causa dell’interessamento del ganglio genicolato e quindi della branca sensitiva del nervo facciale, il dolore e le vescicole si localizzano nel condotto uditivo esterno.

Sono caratteristiche di questa sindrome la perdita della sensibilità gustativa nei due terzi anteriori della lingua e la paralisi facciale omolatcrale.

La complicanza più debilitante in corso di herpes zoster, sia nel soggetto normale sia in quello immunocompromesso, è il dolore associato alla neurite acuta e alla nevralgia posterpetica.

Nevralgia post-erpetica

Quest’ultima è estremamente rara nei giovani: al contrario, almeno il 50% dei pazienti di età superiore ai 50 anni affetti da zoster riferisce dolore nel dermatomcro colpito, anche mesi dopo la risoluzione delle lesioni cutanee.

Sono comuni alterazioni della sensibilità a carico dei dermatomeri interessati, di tipo sia ipoestesico sia iperestesico.
In seguito a zoster localizzato può verificarsi l’interessamento del SNC.

In molti pazienti senza segni di irritazione meningea si rilevano a livello del liquido cefalorachidiano pleiocitosi cellulare e lieve aumento delle proteine.

Nei casi sintomatici la meningoencefalite è caratterizzata da cefalea, febbre, fotofobia e vomito.

Una rara manifestazione dell’interessamento del SNC in corso di herpes zoster è l’angioite granulomatosa, caratterizzata da emiplegia controlaterale, che può essere diagnosticata attraverso un’arteriografia cerebrale.

Altre manifestazioni di tipo neurologico includono la mielite trasversa con o senza paralisi motoria.

Come la varicella, anche l’herpes zoster nel soggetto immunocompromesso è più grave che nel soggetto normale.

Nella maggior parte dei pazienti la formazione delle lesioni si protrae per oltre una settimana e l’evoluzione delle croste non avviene, se non dopo tre settimane dall’inizio della sintomatologia.

I pazienti affetti da malattia di Hodgkin o da linfomi non Hodgkin sono quelli a più alto rischio per l’herpes generalizzato, dato che la disseminazione cutanea si verifica in circa il 40% dei casi.

In questo gruppo di pazienti con zoster generalizzato si ha un aumento del 5-10% del rischio di polmoniti, mcningoencefaliti, epatiti, retinite necrotizzante e altre gravi complicanze.

Ciò nonostante, lo zoster è raramente letale anche nel soggetto immunocompromesso.

I pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo sono particolarmente a rischio per l’infezione da VZV.

Il 30% delle infezioni da VZV si sviluppa entro un anno dal trapianto (il 50% di queste entro 9 mesi) e nel 45% di questi pazienti si ha disseminazione cutanea o viscerale.

La mortalità e del 10% e nei casi che si sviluppano nei primi nove mesi dal trapianto sono più frequenti le nevralgie post-erpetiche, gli esiti cicatriziali e le superinfezioni batteriche.

Diagnosi della varicella

La diagnosi della varicella non è difficile.

Il caratteristico esantema varicelloso e il riscontro epidemiologico di una recente esposizione devono condurre a una diagnosi di certezza.

Altre infezioni virali che possono simulare la varicella sono rappresentate dall’ infezione da virus herpes simplex in soggetti affetti da dermatite atopica e dalle lesioni disseminate di tipo vescicolo-papuloso che si associano talvolta alle infezioni da virus coxsackie, echovirus o morbillo atipico.

In questi casi l’esantema è solitamente di tipo morbilliforme con componente emorragica, piuttosto che di tipo vescicoloso o vescicolo-pustoloso.

varicella: vescicole
Le vescicole della Varicella

La rickettsiosi vescicolare può venire confusa con la varicella: può essere comunque facilmente differenziata per la presenza della lesione d’esordio a livello della puntura dell’acaro e per la cefalea più intensa.

Anche i test sierologici possono essere utili nel differenziare la varicella dalla rickettsiosi vescicolare.

La presenza di lesioni vescicolose a distribuzione dermatomerica portano rapidamente alla diagnosi di herpes zoster.

Sia le infezioni da virus herpes simplex sia quelle da virus coxsackie, possono dare luogo a lesioni vescicolose con distribuzione dermatomerica.

Può essere utile, per assicurare una corretta diagnosi, una colorazione a fluorescenza con anticorpi monoclonali di scarificati cutanei e una diagnostica virologica di supporto.

Dati di Laboratorio

Una diagnosi di certezza è possibile solo attraverso l’isolamento di VZV su lince cellulari suscettibili, la dimostrazione di una sieroconversione o di un incremento di quattro volte del titolo anticorpale tra il siero prelevato in fase acuta e quello prelevalo in convalescenza, l’identificazione del DNA virale mediante la reazione polimerasica di catena (PCR).

Si possono inoltre utilizzare metodi basati sull’immunofluorescenza diretta su cellule ottenute dallo strato basale cutaneo o sulla ricerca degli antigeni virali attraverso altri metodi (immunoperossidasi).

Le tecniche sierologiche più frequentemente impiegate per accertare la risposta dell’ospite sono rappresentate dalla determinazione, tramite immunofluoresccnza, degli anticorpi contro gli antigeni di membrana del VZV, il test di ricerca di anticorpi fluorescenti contro gli antigeni di membrana (fluorescent antibody to membrane antigen, FAMA), dal test di emoagglutinazione in immunoadercnza e dal test immunoenzimatico (enzymelinked immunosorbent assay, ELISA).

I test più sensibili sembrano essere il FAMA e l’ELISA.

Prevenzione della varicella

La varicella, in soggetti sani, è una malattia relativamente benigna; raramente presenta un decorso infausto, ma può avere un impatto sociale importante a causa delle giornate di lavoro perse dai genitori dei bambini affetti dalla malattia.

Recentemente è stata autorizzata e viene raccomandata la somministrazione di un vaccino costituito da virus vivo attenuato a tutti i bambini e adulti immunocompetenti suscettibili all’infezione.

Gli individui affetti da deficit immunitari presentano invece un elevato rischio di sviluppare una varicella progressiva; le modalità di prevenzione comprendono l’immunizzazione passiva o la somministrazione sperimentale dello stesso vaccino, con virus attenuato, utilizzato nei bambini immunocompetenti.

La profilassi immunitaria può essere realizzata con la somministrazione di immunoglobuline specifiche antizoster (ZIG), ottenute da pazienti con herpes zoster, o di immunoglobuline antivaricella-zoster (VZIG), o con la somministrazione endovenosa di plasma immune antizoster (ZIP).

Per essere efficace, la somministrazione sia di ZIG che di VZIG dovrebbe avvenire entro 96 ore (preferibilmente entro 72 ore) dall’esposizione, mentre il ZIP può essere probabilmente somministrato anche più tardi.

Terapia della varicella

La cura del paziente affetto da varicella, nel soggetto normale, deve mirare alla prevenzione delle complicanze.

Ovviamente una buona igiene personale dovrebbe includere bagni quotidiani e impacchi.

La superinfezione batterica a livello cutaneo può essere evitata tramite una particolare cura della cute, soprattutto tagliando bene le unghie.

Il prurito può essere attenuato con l’uso di medicazioni topiche o con la somministrazione di farmaci antiprurito.

Bagni con acqua tiepida e impacchi umidi sono più utili per diminuire il prurito che non l’uso di lozioni per asciugare le lesioni.

Nell’herpes zoster gli impacchi con acetato di alluminio possono svolgere un’azione sia detergente che sedativa.

La somministrazione di aspirina dovrebbe essere evitata nei bambini affetti da varicella, per dimostrazione di un rapporto fra derivati dell’aspirina e sindrome di Reye.

È consigliata la terapia con aciclovir (800 mg per os cinque volte al giorno per 5-7 giorni) per gli adolescenti e gli adulti entro le prime 24 ore dall’inizio della varicella.

Anche nei bambini di età inferiore a 12 anni la somministrazione di aciclovir può essere utile se iniziata precocemente (entro 24 ore dall’esordio sintomatologico) con dosi pari a 20 mg/kg di peso ogni 6 ore.

I pazienti con herpes zoster traggono beneficio da una terapia antivirale orale, e ciò è dimostrato da una accelerata guarigione delle lesioni e dalla risoluzione del dolore associato allo zoster in pazienti trattati con aciclovir, valaciclovir o famciclovir.

L’aciclovir, viene somministrato al dosaggio di 800 mg 5 volte al giorno per 7-10 giorni.

Il famciclovir, profarmaco del penciclovir, ha un’efficacia paragonabile e forse addirittura superiore all’aciclovir.

Uno studio ha evidenziato una risoluzione due volte più rapida della nevralgia in pazienti con zoster trattati con famciclovir rispetto ai soggetti riceventi un placebo.

La dose è di 500 mg per via orale tre volte al giorno per 7 giorni.

Il valaciclovir, profarmaco dell’aciclovir, accelera la guarigione delle lesioni e la risoluzione del dolore associato allo zoster più rapidamente dell’aciclovir.

La dose è di 500 mg per via orale tre volte al giorno per 5-7 giorni.

Sia il famciclovir che il valaciclovir offrono il vantaggio di un ridotto numero di somministrazioni rispetto all’aciclovir.

Nel paziente immunocompromesso, sia la varicella che lo zoster (incluse le forme disseminate) devono essere trattati con aciclovir per via endovenosa, che riduce l’incidenza di complicanze viscerali, ma non incide sulla velocità di guarigione delle lesioni cutanee e sul dolore.

La dose va da 10 a 12,5 mg/kg ogni 8 ore per 7 giorni.

Nei pazienti immunocompromessi con infezione da VZV non è invece raccomandata una terapia con aciclovir per via orale.

Contemporaneamente alla somministrazione di aciclovir per via endovenosa, è opportuno tentare una graduale riduzione della terapia immunosoppressiva.

Nei pazienti con polmonite varicellosa può essere necessaria l’aspirazione di secrezioni bronchiali e un supporto alla ventilazione.

I pazienti affetti da herpes zoster oftalmico devono essere invece inviati rapidamente da un oculista e trattati con analgesici (per ridurre l’intenso dolore) e atropina.

La terapia con aciclovir riduce la durata della malattia.

Il trattamento della neurile acuta e/o della nevralgia post-erpetica può essere invece particolarmente complicato.

Oltre a un cauto uso di analgesici, dagli analgesici minori ai derivati degli oppiacei, altri farmaci come il gabapentin, l’idrocloridrato di amitritptilina, l’ idrocloridrato di flufenazina possono essere usati con qualche successo nel trattamento del dolore.

La terapia cortisonica, come descritto in uno studio sperimentale, se somministrata precocemente nel corso dell’herpes zoster localizzato sembra accelerare il miglioramento della qualità della vita, favorendo un rapido ritorno alle normali li attività e la scomparsa del dolore.

La dose di prednisone, somministrala per via orale, è stata di 60 mg/die dal 1° al 7° giorno, 30 mg/die dall’8° al 14° e 15 mg/die dal 15° ai 21° giorno.

Questo programma terapeutico è utilizzabile solo nei pazienti anziani relativamente sani che hanno una sintomatologia dolorosa mediograve.

Non è utilizzabile nei pazienti con osteoporosi, diabete mellito, glicosuria o ipertensione.

Inoltre, i glucocorticoidi non dovrebbero essere somministrati senza una contemporanea terapia antivirale.

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