Disturbi dell’alimentazione in età evolutiva

Disturbi dell’alimentazione in età evolutiva

I disturbi dell’alimentazione in età evolutiva consistono in disturbi del comportamento alimentare e nutrizionale che si manifestano durante il processo dello sviluppo, della crescita e della maturazione psico-fisica dell’individuo, che intercorre dall’infanzia all’adolescenza e dall’adolescenza all’inizio dell’età adulta.

Il DSM IV TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quarta edizione text revision) elenca nel seguente modo i disturbi dell’alimentazione dell’età evolutiva:

  • Anoressia nervosa;
  • Bulimia nervosa;
  • Pica;
  • Disturbo di Ruminazione;
  • Disturbo nutrizionale dell’infanzia e della fanciullezza.

Anoressia nervosa;

L’anoressia nervosa è uno dei disturbi dell’alimentazione fra i più gravi che, nell’ultimo ventennio, ha colpito un enorme numero di adolescenti di sesso femminile nei paesi occidentali.

Trattasi di un’affezione psichiatrica e psicologica di maggior rilievo clinico e sociale, caratterizzata da un difetto strutturale della propria identità psico-fisica e da un’alterata immagine corporea, nelle sue forme e dimensioni, percepite dalla paziente anoressica.

Secondo l’etimologia della parola, il termine anoressia deriva dal greco e significa “mancanza di appetito”, anche se in realtà non si verifica affatto un’assenza di appetito, anzi c’è una ricerca massiccia di cibo e soprattutto della magrezza, correlata ad un’ossessiva paura e preoccupazione di ingrassare, percependo come grasse alcune parti del corpo (glutei, addome e cosce).

Di conseguenza la perdita di peso diventa un successo, mentre l’aumento di peso procura un calo di autostima, di motivazione e di autocontrollo.

La vita dell’anoressica ruota attorno al peso corporeo, concentrandosi in modo maniacale sul conteggio delle calorie dei cibi che le permettono di raggiungere il peso al di sotto dell’80% della norma.

L’incidenza dell’anoressia nervosa ha subìto un forte sviluppo dagli anni ’60 ad oggi. L’età di esordio è tra i 12 e i 25 anni, con due picchi: uno a 14 anni di età e l’altro a 18 anni di età.

L’anoressia nervosa non colpisce solo nella pubertà e nell’adolescenza, ma colpisce anche in tenera età.

Infatti, ci sono quattro forme di disturbi dell’alimentazione presenti nei bambini e sono:

  • Anoressia semplice: colpisce in seguito allo svezzamento a causa di un atteggiamento inflessibile della madre. Il bambino è malnutrito e non raggiunge il peso corporeo ideale della sua fase evolutiva;
  • Anoressia mentale grave: l’esordio è simile al precedente ma persiste il comportamento rigido della madre e, di conseguenza, il bambino permane nella sua condotta alimentare anoressica;
  • Anoressia essenziale precoce: dalla nascita il bambino ha i primi segni di una psicopatologia più profonda, ossia: l’autismo;
  • Anoressia della seconda infanzia: è importante l’educazione alimentare impartita dai genitori verso il proprio figlio, poiché un’adeguata educazione alimentare riduce il disturbo anoressico.

Dal punto di vista clinico la denutrizione procurata dall’anoressia nervosa può danneggiare gli apparati e gli organi scatenando numerosi disturbi psicologici, psichiatrici, endocrini, ormonali, dermatologici, gastrointestinali e comportamentali.

I pazienti anoressici malnutriti presentano i seguenti sintomi: cute secca, capelli e unghie fragili, callosità alle mani, ipertrofia delle ghiandole salivari, bradicardia, ipotermia, disidratazione, poliuria (aumento delle diuresi), bradipnea, ipotensione, gengive, cuore e fegato danneggiati, amenorrea (assenza del ciclo mestruale per 3 mesi consecutivi), amnesia, disfunzione tiroidea, ipotalamica, ipofisaria, surrenale e ovarica, letargia e/o eccesso di energia, coliche e stitichezza.

Tutto ciò è causato da un forte calo ponderale del peso corporeo e dal minor apporto di calorie, proteine, lipidi e zuccheri nell’organismo.

Per raggiungere la perdita di peso le pazienti non attuano solo una dieta drastica, ma ricorrono anche a delle condotte di eliminazione, mediante vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici (incidono sulla pressione arteriosa), emetici edeccessiva attività sportiva.

Il DSM IV TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali quarta edizione text revision) classifica nel seguente modo i criteri diagnostici dell’anoressia nervosa:

  • Criterio A: Rifiuto di mantenere il proprio peso corporeo al di sopra del peso minimo ideale per età e per altezza;
  • Criterio B: Intensa paura di ingrassare, anche se si è sottopeso;
  • Criterio C: Comparsa del “Disturbo da Dismorfismo Corporeo”, ovvero la paziente percepisce come alterate le forme del suo corpo e non si accetta;
  • Criterio D: Nelle donne si manifesta l’amenorrea, con assenza del ciclo mestruale per 3 mesi consecutivi, procurati dalla disfunzione neuroendocrina. La comparsa del ciclo avviene solo con la somministrazione di estrogeni.

I sottotipi dell’anoressia nervosa sono due:

  • restricting type: il controllo del peso avviene con la dieta drastica, il digiuno e l’attività fisica, senza ricorrere alle abbuffate compulsive e ne’ tanto meno alle condotte di purgazione;
  • binge eating type/ laxative type: la paziente ricorre alle abbuffate compulsive e alle condotte di eliminazione, mediante: vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici (incidendo sulla pressione arteriosa) ed emetici.

Bulimia nervosa;

La bulimia nervosa, denominata anche: “Disturbo Alimentare Psicogeno” è caratterizzata dall’ingestione, per tempi prolungati, di enormi quantità di cibo (in particolare c’è una predilezione verso i dolci e gli ipercalorici) che prendono il nome di crisi bulimiche, e si associano all’assunzione di diuretici e purganti per eliminare tutto ciò che è stato ingerito, generando a loro volta pressione alta e aritmie.

A parte questi, i metodi adoperati sono anche altri, quali: vomito autoindotto, digiuni ed intensa attività sportiva per smaltire le calorie (vengono ingeriti ogni giorno oltre 20mila cal.) e bruciare i grassi.

Il disturbo è caratterizzato dalle abbuffate compulsive, e tutto ciò che viene ingerito non viene fatto con piacere (gustando i cibi), ma si nutrono solo per dare libero sfogo a delle pulsioni represse (rabbia, impulsi sessuali, frustrazione, ecc), tramutandosi in una sorta di “fame nervosa”.

Colpisce prevalentemente le donne in tarda pre-adolescenza (13 anni) e in tarda adolescenza (20 anni), e il 70% di esse sono anche anoressiche, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi sviluppano prima una condotta alimentare di tipo anoressico e in seguito di tipo bulimico.

I pazienti si sentono in colpa, soffrono di derealizzazione e provano forte imbarazzo e disagio a causa del loro disturbo alimentare, consumando gli alimenti solo isolatamente (lontane da tutto e da tutti), evitando luoghi affollati (ristoranti – fast food), perché non sopportano essere guardati mentre mangiano. Esse possono essere o in sovrappeso o in lieve sottopeso.

Esistono due sottotipi di bulimia: purging type, con ricorso ai rimedi purganti, lassativi e vomito per eliminare tutto ciò che è stato ingerito; non purging type, ricorrendo solo a digiuno e ad ininterrotta attività fisica.

Gli episodi bulimici sono contrassegnati da: bipolarismo, fobia sociale, condotte evitanti, ansia, stress, demotivazione e depressione.

Il DSM IV Tr (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – quarta edizione – text revision) classifica nel seguente modo i criteri diagnostici della bulimia nervosa:

  • Ricorrenti episodi di abbuffate: caratterizzate dall’assunzione di quantità smisurate di cibo nel giro di poche ore. La quantità di cibo ingerito è superiore alla norma;
  • Atti compensatori per prevenire l’aumento di peso: le condotte compensatorie conseguenti alle abbuffate sono: vomito autoindotto, assunzione di lassativi (compresse o sciroppi), diuretici, digiuno e smodata attività fisica;
  • Cadenza temporale: le crisi bulimiche e le condotte di eliminazione si manifestano due volte alla settimana per almeno tre mesi;
  • Umore e Autostima: fortemente compromessi e influenzati dal peso-forma.

Pica

La Pica è un disturbo alimentare presente nei contesti sociali disagiati, di cui bambini affetti vivono di incuria (mancanza di cure igienico-sanitarie), di carenze affettive e di scarso attaccamento materno. Essa consiste in un costante ingerimento di sostanze non alimentari che si protrae per oltre 30 gg.

In tale disturbo non emerge affatto repulsione verso gli alimenti, e dal punto di vista diagnostico (secondo il DSM IV TR) tale condotta non deve essere conforme al periodo evolutivo che si sta attraversando e non deve essere dettata dai principi etici della cultura di appartenenza. Qualora l’ingerimento delle sostanze fosse provocata dalle psicopatologie (ADHD, RM – ritardo mentale, autismo), la diagnosi va eseguita solo se la pica risultasse piuttosto severa da comprovare la dovuta attenzione clinica.

Disturbo di Ruminazione

Il disturbo di ruminazione è un disturbo alimentare tipicamente infantile, colpendo prima dei 12 mesi di età, i bambini orfani o i bambini che vivono dissidi interfamiliari. Esso consiste in un continuo e frequente rimasticamento del cibo appena ingerito, verificandosi in una fase evolutiva in cui il bambino ha sviluppato tale capacità e si protrae per oltre 30gg.

Qualora l’ingerimento delle sostanze fosse provocata dalle psicopatologie (ADHD, RM – ritardo mentale, autismo), la diagnosi va eseguita solo se il deficit risultasse piuttosto preoccupante da comprovare la dovuta attenzione clinica.

I sintomi e i segni clinici del disturbo non sono dovuti a nessuna condizione medica generale.

Disturbi dell’alimentazione dell’infanzia

Il disturbo colpisce nei primi anni di vita, colpendo i bambini orfani o vittime di violenze all’interno del contesto familiare, con eventuale presenza di affezioni mentali da parte dei genitori.

I piccoli pazienti affetti sono ostinatamente incapaci di mangiare correttamente, e tale condotta alimentare non influisce affatto sul peso, anche se talvolta si tende a perdere qualche Kg con tale abitudine alimentare scorretta.

I sintomi e i segni clinici del disturbo non sono dovuti a nessuna psicopatologia e a nessuna condizione medica generale.

Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione

La prevenzione dei disturbi disturbi dell’alimentazione in età evolutiva ha una triplice funzionalità:

  • La prevenzione primaria: previene la manifestazione della patologia. Si interviene con un’adeguata educazione alimentare allo scopo di correggere il modo di percepire la propria immagine corporea, lavorando sia sul rapporto con il proprio corpo e sia sul rapporto con se stessi;
  • La prevenzione secondaria: riduce i tempi che decorrono dall’insorgenza del disturbo al trattamento terapeutico;
  • La prevenzione terziaria: riduce il rischio che peggiori la malattia, in seguito alla sua comparsa.

I piani di prevenzione hanno molteplici obiettivi:

  • aumentare l’autostima, l’autocontrollo, l’autonomia e il coraggio;
  • ridurre l’esposizione ad eventi stressogeni, l’ossessione verso il proprio aspetto fisico;
  • correggere le abitudini alimentari;
  • migliorare il rapporto con i propri sentimenti, con le proprie emozioni e con il mondo esterno.

Terapia dei disturbi dell’alimentazione

Ogni trattamento terapeutico dei disturbi dell’alimentazione varia da caso a caso, deve essere personalizzato e adattato su ciascun paziente.

Esso va definito in base alla storia clinica del paziente, alla valutazione diagnostica, alla sintomatologia riportata, alla sua storia familiare e al contesto sociale in cui è inserito. Vanno valutate anche le aspettative e i bisogni dei soggetti.

Il trattamento dei disturbi dell’alimentazione può svolgersi in svariati modi:

  • Ricovero ospedaliero o in day hospital;
  • Psicoterapia cognitivo-comportamentale;
  • Psicoterapia familiare;
  • Farmacoterapia;
  • Nutrizione enterale o parenterale (per via endovena);
  • Psicoterapia sistemico-relazionale;
  • Partecipazione ai gruppi di auto e mutuo aiuto:“Overeaters Anonymous Italia” – Associazione Mangiatori Compulsivi Anonimi;
  • Dieta personalizzata per ripristinare il peso ottimale dell’individuo in base alla sua età e alla sua statura.

Solitamente la terapia farmacologica associata a quella psicoterapica durano un paio di anni e i soggetti vengono supervisionati da un equipe multidisciplinare costituito da: medici, psicologi, nutrizionisti, educatori, neurologi ed endocrinologi.

I trattamenti in genere sono lunghi e duraturi, ma se i pazienti seguono e rispettano alla lettera tutte le fasi degli interventi terapeutici prescritti dall’equipe di supervisione allora avranno ottime aspettative di completa guarigione.

 

BIBLIOGRAFIA
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  2. A. Siracusano, Manuale di psichiatria, Il pensiero scientifico editore, 2007;
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