Paxene: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Paxene (Paclitaxel): sicurezza e modo d’azione

Paxene (Paclitaxel) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Paxene è indicato per il trattamento di pazienti affetti da:

sarcoma di Kaposi avanzato (AIDS-KS) associato all’AIDS, che abbiano presentato una resistenza alla terapia con antracicline liposomiali

carcinoma mammario metastatico (MBC), risultati resistenti o inadatti alla terapia standard a base di antracicline

carcinoma ovarico avanzato (AOC) o con malattia residua (>1 cm) dopo laparatomia iniziale, in combinazione con cisplatino come trattamento di prima linea

carcinoma ovarico metastatico (MOC) dopo il fallimento della terapia di combinazione comprendente platino ma non taxani come trattamento di seconda linea

carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) che non sono candidati all’intervento chirurgico potenzialmente curativo e/o a terapia radiante, in combinazione con cisplatino. I dati di efficacia a supporto di questa indicazione sono limitati, un sommario degli studi rilevanti è riportato nella sezione 5.1

Paxene: come funziona?

Ma come funziona Paxene? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Paxene

Categoria farmacoterapeutica: Farmaci antineoplastici (taxani), codice ATC: L01C D01.

Il principio attivo di Paxene è il paclitaxel. Non si conosce l’esatto meccanismo dell’attività antitumorale del paclitaxel. Si pensa che il paclitaxel favorisca la formazione di microtubuli dai dimeri di tubulina e che ne impedisca la depolimerizzazione. La stabilizzazione provoca l’inibizione della normale riorganizzazione dinamica della rete microtubulare, essenziale per l’interfase e le funzioni cellulari mitotiche vitali. Inoltre il paclitaxel provoca la formazione di fasci di microtubuli durante il ciclo cellulare e astri di microtubuli multipli durante la mitosi.

Carcinoma mammario metastatico

L’efficacia e la sicurezza di Paxene (175 mg/m² in 3 ore a intervalli di 3 settimane) nel carcinoma mammario metastatico refrattario alla terapia sono state studiate in 172 donne in uno studio multicentrico, in aperto di fase III. La percentuale di risposta clinica era del 18,5%, il tempo mediano di progressione era di 2,8 mesi (CI: 2,1 – 3,3 mesi) e la sopravvivenza mediana era di 9,9 mesi (CI: 7,8 – 13,1 mesi). I risultati ottenuti con Paxene sono molto simili a quelli degli studi con paclitaxel di fase III pubblicati.

Carcinoma ovarico avanzato (trattamento di prima linea):

L’efficacia e la sicurezza del paclitaxel sono state valutate in due studi maggiori, randomizzati e controllati (rispetto alla ciclofosfamide 750mg/m² /cisplatino 75 mg/m² ). Nel primo studio, oltre 650 pazienti con carcinoma ovarico primario stadio IIb-c, III o IV ricevevano un massimo di 9 cicli di trattamento di paclitaxel (175 mg/m² in 3 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m² ) o controllo. Il secondo studio maggiore ha valutato un massimo di 6 cicli di paclitaxel (135 mg/m² in 24 ore) seguito da cisplatino (75 mg/m² ) o controllo su oltre 400 pazienti con carcinoma ovarico primario di stadio III/IV, con malattia residua > 1 cm dopo laparotomia iniziale, o con metastasi distanti. Sebbene le due differenti modalità di somministrazione di paclitaxel non siano state direttamente confrontate tra di loro, in entrambi gli studi i pazienti trattati con paclitaxel in combinazione con cisplatino avevano un tempo di progressione significativamente maggiore (Studio 1: mediana 15,3 mesi vs 11,5 mesi, p<0,001; Studio 2: mediana 17 mesi vs 13 mesi, p<0,001), e un periodo di sopravvivenza maggiore (Studio 1: mediana 36 mesi vs 26 mesi, p= 0,0016; Studio 2: mediana 36 mesi vs 24 mesi, p<0,001), e nello Studio 1 una percentuale di risposta significativamente maggiore (Studio 1: 59% vs 45% p= 0,014; Studio 2: 60% vs 50%, NS), rispetto alla terapia standard. Nei pazienti affetti da carcinoma ovarico trattati con infusione di 3 ore di paclitaxel/cisplatino sono stati riportati un aumento della neurotossicità, dell’artralgia/mialgia ma una ridotta mielosoppressione rispetto a quelli trattati con ciclofosfamide/cisplatino.

Carcinoma ovarico metastatico (trattamento di seconda linea):

L’efficacia e la sicurezza di Paxene (175 mg/m² in 3 ore, ripetuto a intervalli di 3 settimane) nel carcinoma ovarico metastatico avanzato sono state studiate in 120 donne in un esteso studio multicentrico in aperto di fase II. La percentuale di risposta clinica era del 21,7% (CI: 14,7 – 31,1%), il tempo mediano di progressione era di 4,1 mesi (CI: 3,3 – 4,9 mesi) e la sopravvivenza mediana era di 13,4 mesi (CI: 11,5 – 15,0 mesi). I risultati ottenuti con Paxene sono molto simili a quelli degli studi di fase III pubblicati di paclitaxel.

Carcinoma avanzato del polmone non a piccole cellule:

L’efficacia della combinazione paclitaxel/cisplatino è stata dimostrata in due studi clinici randomizzati controllati nei pazienti con NSCLC localmente avanzato o metastatico.

Nel primo studio, 332 pazienti con NSCLC localmente avanzato o metastatico furono randomizzati per ricevere cisplatino (80mg/m² ) in combinazione con teniposide (100mg/m² ; n=166) o cisplatino (80mg/m² ) e paclitaxel (175 mg/m² ; n= 166). Non è stato riportato alcun vantaggio rispetto alla sopravvivenza (9.5 vs 9.9 mesi) o della sopravvivenza libera da malattia (5.1 vs 5.0 mesi) con cisplatino/paclitaxel vs cisplatino/teniposide.Tuttavia, la maggiore percentuale di risposta (37% vs 26%), il minor numero di effetti collaterali e la migliore qualità di vita a breve termine con cisplatino/paclitaxel vs cisplatino/teniposide furono considerati risultati palliativi importanti nella popolazione. Neurotossicità periferica di Grado 2 o 3 fu osservata più frequentemente con cisplatino/paclitaxel (29% vs 6%).

Nel secondo studio randomizzato, 599 pazienti con malattia di stadio IIIB o IV erano trattati o con cisplatino (75 mg/m² ) ed etoposide (100mg/m² ; n=200), oppure con cisplatino (75 mg/m² ) e basse dosi di paclitaxel (135 mg/m² ; n= 198), oppure con cisplatino (75mg/m² ) ed alte dosi di paclitaxel (250 mg/m² ) con G-CSF (n=201). La sopravvivenza mediana per ogni braccio contenente paclitaxel non era significativamente diversa rispetto a etoposide/cisplatino (p=0,097 e 0,090 rispettivamente per alte dosi e basse dosi di paclitaxel). Per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione, sono stati registrati risultati statisticamente molto significativi nei pazienti trattati con alte dosi di paclitaxel rispetto a quelli trattati con etoposide/cisplatino (p=0,007). Le percentuali di risposta favorivano fortemente i trattamenti contenenti paclitaxel [13%, 30% e 26% rispettivamente per etoposide/cisplatino, alte dosi di paclitaxel (p<0,001 vs etoposide/cisplatino) e regimi a basse dosi di paclitaxel (p=0,003 vs etoposide/cisplatino)]. In una percentuale maggiore di pazienti trattati con paclitaxel si registravano miglioramenti a breve termine della qualità di vita.Tuttavia, la neurotossicità di Grado 3 era significativamente più frequente nel braccio contenente paclitaxel ad alte dosi vs etoposide/cisplatino (40% vs 21%).

Sarcoma di Kaposi associato all’AIDS:

La sicurezza ed efficacia di Paxene sono state studiate in un unico studio non comparativo su 107 pazienti con KS avanzato, precedentemente trattati con chemioterapia sistemica. La maggior parte dei pazienti dello studio era trattata con il fattore di crescita del granulociti (G-CSF). L’endpoint primario era la migliore risposta al tumore. I pazienti sono stati trattati con un’infusione di 3 ore di Paxene 100 mg/m² somministrata ogni 14 giorni. Dei 107 pazienti, 63 risultarono resistenti alle antracicline liposomiali. Questo sottogruppo di pazienti costituiva la popolazione di riferimento per la valutazione dell’efficacia.

La complessiva percentuale di successo (risposta completa o parziale) dopo 15 cicli di trattamento era del 57% (CI 44-70%) nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali. Più della metà delle risposte si registravano dopo i primi tre cicli di trattamento. Nei pazienti resistenti alle antracicline liposomiali la percentuale di risposta era confrontabile a quella dei pazienti che non avevano mai ricevuto un inibitore di proteasi (55,6%) e a quelli che erano stati trattati con uno almeno 2 mesi prima del trattamento con Paxene (60.9%).

Il tempo mediano di progressione nella popolazione di riferimento era di 468 giorni (95% CI 257-NE). Non è stato possibile calcolare la sopravvivenza mediana per il Paxene, ma nella popolazione di riferimento quella più bassa riferita al 95% era di 617 giorni.


Paxene: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Paxene, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Paxene

Dopo somministrazione per via endovenosa le concentrazioni plasmatiche diminuiscono in maniera bifasica o trifasica. L’eliminazione del paclitaxel non è lineare (dipende dalla concentrazione) in quanto l’esposizione sistemica aumenta oltre il previsto con l’aumento del dosaggio.

Sulla base di studi in vitro si è stabilito che la quota di legame alle proteine plasmatiche varia tra 88% e 98%. Nonostante questa alta capacità di legarsi alle proteine, il paclitaxel viene ampiamente distribuito nei tessuti.

Carcinoma mammario metastatico:

I parametri farmacocinetici del paclitaxel 175 mg/m² somministrato per infusione di 3 ore in 13 pazienti affetti da carcinoma mammario erano: livello di picco plasmatico (Cmax) 3.890 ng/ml, area sotto la curva della concentrazione plasmatica rispetto al tempo (AUClast) 14.090 ng?h/ml e clearance (CL) 13,3 l/h/m² .

Carcinoma metastatico della mammella o ovarico:

I parametri farmacocinetici del paclitaxel 175 mg/m² somministrato per infusione di 3 ore in 5 pazienti affetti da carcinoma mammario e in 3 pazienti con carcinoma ovarico erano: livello di picco plasmatico (Cmax) 4.213 ng/ml, area sotto la curva della concentrazione plasmatica rispetto al tempo (AUClast) 12.603 ng?h/ml e clearance (CL) 20,4 l/h/m² .

Sarcoma di Kaposi associato all’AIDS:

Dopo una dose e.v. di 100 mg/m² somministrata in infusione di tre ore a 19 pazienti affetti da sarcoma di Kaposi associato all’AIDS, il valore del picco plasmatico variava tra 761 a 2.860 ng/ml (valore medio 1.530) e l’area media sotto la curva della concentrazione plasmatica rispetto al tempo (AUC) era di 5.619 ng?h/ml (intervallo 2.609 – 9.428). La clearance era di 20,6 1/h/m² (intervallo 11 – 38) e il volume di distribuzione era di 291 1/m² (intervallo 121 – 638). La fase terminale dell’emivita di eliminazione plasmatica era in media di 23,7 ore (intervallo 12 – 33).


Paxene: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Paxene agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Paxene è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Paxene: dati sulla sicurezza

Carcinogenesi, mutagenesi, compromissione della fertilità:

E’ stato dimostrato che il paclitaxel è genotossico in vivo (test del micronucleo nei topi); tuttavia esso non ha causato mutagenicità nel test di Ames o nel test di mutazione genica fosforibosil ipoxantina-guanina transferasi ovarica del criceto cinese (CHO/HGPRT). Il potenziale carcinogenico del paclitaxel non è stato studiato. Il paclitaxel appartiene comunque ad una classe di sostanze potenzialmente carcinogeniche per il loro meccanismo di azione. A bassi dosaggi equivalenti a 0,6 mg/kg/die, il paclitaxel è stato associato ad una riduzione della fertilità e tossicità fetale nei ratti. Esperimenti condotti sugli animali hanno indicato effetti tossici irreversibili del paclitaxel sugli organi riproduttivi maschili a livelli di esposizione clinicamente rilevanti.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Paxene: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Paxene

Paxene: interazioni

Non sono stati condotti studi clinici formali sull’interazione di Paxene con altri medicinali.

Quando somministrato come componente di un regime combinato con cisplatino, si raccomanda di somministrare il Paxene prima del cisplatino. Quando paclitaxel è somministrato prima del cisplatino, il profilo di sicurezza di paclitaxel è consistente con quello riportato come agente singolo. Quando paclitaxel è stato somministrato dopo cisplatino, nei pazienti è stata osservata una più marcata mielosoppressione e un calo del 20% circa della clearance di paclitaxel.

Studi condotti in pazienti affetti da AIDS-KS sottoposti a terapia con Paxene e terapia concomitante con più farmaci, indicano che la clearance sistemica del paclitaxel è ridotta in modo significativo (p < 0,05) in presenza di nelfinavir e ritonavir, ma non di indinavir. I dati sulle interazioni con gli altri inibitori delle proteasi sono insufficienti. Di conseguenza, Paxene va somministrato con cautela nei pazienti in terapia concomitante con gli inibitori delle proteasi.


Paxene: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Paxene: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Dopo un’infusione di Paxene, le capacità del paziente nell’eseguire compiti difficili (guidare, azionare macchine, ecc.) possono risultare compromesse a causa dell’alcool contenuto nel Paxene (vedere 4.4 e 6.1).

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco