Praxbind: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Praxbind (Idarucizumab): sicurezza e modo d’azione

Praxbind (Idarucizumab) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Praxbind è un inattivatore specifico per dabigatran ed è indicato nei pazienti adulti trattati con Pradaxa (dabigatran etexilato) nei casi in cui si rende necessaria l’inattivazione rapida dei suoi effetti anticoagulanti:

Negli interventi chirurgici di emergenza/nelle procedure urgenti;

Nel sanguinamento potenzialmente fatale o non controllato.

Praxbind: come funziona?

Ma come funziona Praxbind? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Praxbind

Categoria farmacoterapeutica: tutti gli altri prodotti terapeutici, antidoti, codice ATC: V03AB37 Meccanismo d’azione

Idarucizumab è un inattivatore specifico per dabigatran. È un frammento di anticorpo monoclonale umanizzato (Fab) che si lega con altissima affinità a dabigatran, circa 300 volte più potente dell’affinità di legame di dabigatran per la trombina. Il complesso idarucizumab-dabigatran è caratterizzato da una associazione rapida e da una dissociazione estremamente lenta che lo rendono un complesso molto stabile. Idarucizumab si lega in maniera potente e specifica a dabigatran e ai suoi metaboliti e ne neutralizza l’effetto anticoagulante.

Effetti farmacodinamici

La farmacodinamica di idarucizumab dopo la somministrazione di dabigatran etexilato è stata studiata in studi di fase I, condotti su 141 soggetti, di cui sono riportati i dati relativi ad un sottogruppo, considerato rappresentativo, costituito da 6 soggetti sani di età compresa tra 45 e 64 anni che ricevevano una dose di 5 g per infusione endovenosa. Nei soggetti sani studiati l’esposizione massima mediana a dabigatran era sovrapponibile a quella dei pazienti trattati con dabigatran etexilato 150 mg due volte al giorno.

Effetto di idarucizumab sull’esposizione e sull’attività anticoagulante di dabigatran

Immediatamente dopo la somministrazione di idarucizumab, le concentrazioni plasmatiche di dabigatran non legato risultavano ridotte di oltre il 99%, determinando concentrazioni prive di attività anticoagulante.

La maggioranza dei pazienti mostrava concentrazioni plasmatiche in grado di mantenere l’inattivazione dell’effetto di dabigatran fino a 12 ore (? 90%). In un sottogruppo di pazienti, è stato osservato un re-innalzamento delle concentrazioni plasmatiche di dabigatran non legato e l’aumento concomitante dei valori dei test di coagulazione, probabilmente a causa della ridistribuzione di dabigatran dalla periferia. Ciò si è verificato nell’arco di 1-24 ore dopo la somministrazione di idarucizumab, principalmente nelle rilevazioni temporali effettuate a ? 12 ore.

Figura 1 – Livelli plasmatici di dabigatran non legato nel gruppo rappresentativo di soggetti sani (somministrazione di idarucizumab o placebo a Tempo 0)

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Dabigatran prolunga il tempo di coagulazione misurato mediante i marcatori della coagulazione, quali dTT, TT, aPTT ed ECT, che forniscono un’indicazione approssimativa dell’intensità dell’anticoagulazione. Dopo la somministrazione di idarucizumab, un valore che rientri nell’intervallo di normalità indica che un paziente non è più scoagulato. Un valore superiore all’intervallo di normalità può indicare la presenza di un residuo attivo di dabigatran o di altre condizioni cliniche, ad es., altri medicinali o coagulopatia da trasfusione. Questi test vengono utilizzati per valutare l’effetto anticoagulante di dabigatran. Una completa e sostenuta inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione è stata osservata immediatamente dopo l’infusione di idarucizumab ed è perdurata per l’intero periodo di osservazione di almeno 24 ore.

Figura 2 – Inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione, determinato mediante dTT nel gruppo rappresentativo di soggetti sani (somministrazione di idarucizumab o placebo al Tempo 0)

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Figura 3 – Inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione, determinato mediante ECT nel gruppo rappresentativo di soggetti sani (somministrazione di idarucizumab o placebo al Tempo 0)

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Parametri di generazione della trombina

Dabigatran esercita un effetto pronunciato sui parametri della potenziale capacità endogena di generazione della trombina (Endogenous Thrombin Potential ETP). Il trattamento con idarucizumab ha riportato ai livelli basali sia il rapporto del tempo di latenza della trombina che il rapporto del tempo di picco, misurati dopo 0,5-12 ore dalla fine dell’infusione di idarucizumab. Idarucizumab di per sé non ha mostrato di influenzare l’EPT in senso procoagulante. Questo suggerisce che idarucizumab non ha alcun effetto protrombotico.

Risomministrazione di dabigatran etexilato

Ventiquattro ore dopo l’infusione di idarucizumab, la risomministrazione di dabigatran etexilato ha determinato l’attività anticoagulante attesa.

Farmacodinamica preclinica

È stato utilizzato un modello di trauma nei suini in cui è stata indotta una lesione epatica da impatto, successivamente alla somministrazione di dabigatran, dopo concentrazioni sovraterapeutiche circa 10 volte maggiori i livelli plasmatici nell’uomo. Idarucizumab ha inattivato con efficacia e rapidità il sanguinamento potenzialmente fatale entro 15 minuti dall’iniezione. Tutti i suini sono sopravvissuti a

dosi di idarucizumab di circa 2,5 e 5 g. Senza idarucizumab, la mortalità nel gruppo anticoagulato era del 100%.

Efficacia e sicurezza clinica

Tre studi randomizzati di fase I, in doppio cieco, controllati verso placebo, sono stati condotti in 283 soggetti (224 trattati con idarucizumab), per valutare sicurezza, efficacia, tollerabilità, farmacocinetica e farmacodinamica di idarucizumab, somministrato da solo o dopo la somministrazione di dabigatran etexilato. La popolazione studiata era composta da soggetti sani e soggetti che presentavano caratteristiche tipiche della popolazione in termini di età, peso corporeo,

razza, sesso e compromissione renale. In questi studi le dosi di idarucizumab variavano da 20 mg a 8 g e i tempi di infusione da 5 minuti a 1 ora.

I valori di riferimento per i parametri farmacocinetici e farmacodinamici sono stati stabiliti prendendo in considerazione dei soggetti sani, di età compresa tra 45 – 64 anni, che ricevevano 5 g di idarucizumab (vedere paragrafì 5.1 e 5.2)

Uno studio prospettico, in aperto, non randomizzato, non controllato (RE-VERSE AD) è stato condotto per valutare il trattamento dei pazienti adulti che, con dabigatran presentavano sanguinamento potenzialmente fatale o non controllato (gruppo A) o per i quali si erano resi necessari interventi chirurgici di emergenza o procedure d’urgenza (gruppo B). L’endpoint primario era rappresentato dalla percentuale massima di inattivazione dell’effetto anticoagulante di dabigatran nelle 4 ore successive alla somministrazione di idarucizumab, effettuata dal laboratorio centrale sulla base della determinazione del dTT o dell’ECT. Un endpoint secondario rilevante era rappresentato dal ripristino dell’emostasi.

Lo studio RE-VERSE AD comprendeva i dati relativi a 503 pazienti: 301 pazienti con sanguinamento grave (gruppo A) e 202 pazienti che necessitavano di una procedura/intervento chirurgico d’urgenza (gruppo B). Circa metà dei pazienti in ogni gruppo era di sesso maschile. L’età mediana era 78 anni e la clearance mediana della creatinina (ClCr) era 52,6 mL/min. Il 61,5% dei pazienti nel gruppo A e il 62,4% dei pazienti nel gruppo B erano stati trattati con dabigatran 110 mg due volte al giorno.

È stato possibile valutare l’inattivazione solo per i pazienti che avevano mostrato tempi di coagulazione prolungati prima del trattamento con idarucizumab. La maggior parte dei pazienti in entrambi i gruppi A e B ha raggiunto l’inattivazione completa dell’effetto anticoagulante di dabigatran (rispettivamente, dTT: 98,7%; ECT: 82,2%; aPTT: 92,5% dei pazienti valutabili) nelle prime 4 ore successive alla somministrazione di 5 g di idarucizumab. Gli effetti inattivanti erano evidenti immediatamente dopo la somministrazione.

Figura 4 – Inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione, determinato mediante dTT in pazienti partecipanti allo studio RE-VERSE AD (N=487)

110

100

90

80

]

s [

T T

d

dTT [s]

70

60

50

40

Baseline

Between vials

10-30 min

1 h

2 h

4 h

12 h

24 h

Time post Idarucizumab

Individual data with median

and 25th/75th percentiles

Upper limit normal

10th/90th percentiles

5th/95th percentiles

30

Basale

Tra le 10-30 min 1 ora 2 ore due

4 ore 12 ore 24 ore

infusioni

Tempo dopo idarucizumab

Dati individuali con mediana e 25°/75° percentili

Limite superiore dell’intervallo di normalità

T 10°/90° percentili 5°/9° percentili

Figura 5 – Inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione, determinato mediante ECT in pazienti partecipanti allo studio RE-VERSE AD (N=487)

375

350

325

300

275

250

225

]

s [

T C E

ECT [s]

200

175

150

125

100

75

50

25

Basale Tra le 10-30 min due

1 ora

2 ore 4 ore 12 ore 24 ore

infusioni

Tempo dopo idarucizumab

Baseline

Between vials

10-30 min

1 h

2 h

4 h

12 h

24 h

Time post Idarucizumab

Individual data with median

and 25th/75th percentiles

Upper limit normal

10th/90th percentiles

5th/95th percentiles

e 25°/75° percentili

            Limite superiore

dell’intervallo di normalità

Dati individuali con mediana T

10°/90° percentili

5°/9° percentili

Figura 6 – Inattivazione dell’effetto indotto da dabigatran sul prolungamento del tempo di coagulazione, determinato mediante aPTT in pazienti partecipanti allo studio RE-VERSE AD (N=486)

140

130

120

110

100

aaPPTTTT [[ss]]

90

80

70

60

50

40

30

20

Baseline

Basale

Tra le due

10-30 min 1 ora

2 ore 4 ore 12 ore

24 ore

10th/90th percentiles

Time post Idarucizumab

Between vials

10-30 min

1 h

2 h

4 h

12 h

24 h

infusioni

Tempo dopo idarucizumab

Dati individuali con mediana T

e 25°/75° percentili Limite superiore

dell’intervallo di normalità

10°/90° percentili

5°/9° percentili

5th/95th percentiles

Individual data with median

and 25th/75th percentiles

Upper limit normal

Il ripristino dell’emostasi è stato raggiunto nell’80,3% dei pazienti valutabili che presentavano sanguinamento grave e la normale emostasi è stata osservata nel 93,4% dei pazienti per i quali si era resa necessaria una procedura d’urgenza.

Sul totale di 503 pazienti, 101 pazienti sono deceduti; ciascuno di questi decessi potrebbe essere attribuito o a complicanza dell’evento o essere associato a comorbilità. Eventi trombotici sono stati segnalati in 34 pazienti (23 dei quali non erano in terapia antitrombotica al momento dell’evento) e, in ciascuno di questi casi, l’evento trombotico potrebbe essere attribuito alla condizione patologica di base del paziente. Sono stati segnalati sintomi lievi di potenziale ipersensibilità (piressia, broncospasmo, iperventilazione, eruzione cutanea o prurito). Non è stato possibile stabilire una relazione causale con idarucizumab.

Immunogenicità

Campioni sierici di 283 soggetti partecipanti a studi di fase I (224 volontari trattati con idarucizumab) e di 501 pazienti sono stati sottoposti ad analisi per rilevare gli anticorpi anti-idarucizumab prima e dopo il trattamento. Sono stati rilevati anticorpi preesistenti con reattività crociata a idarucizumab in circa il 12% (33/283) dei soggetti dello studio di fase I e nel 3,8% (19/501) dei pazienti. Non sono stati osservati effetti sulla farmacocinetica o sull’effetto inattivante di idarucizumab, o sulle reazioni di ipersensibilità.

Un basso titolo di anticorpi anti-idarucizumab, sviluppati a seguito del trattamento e forse persistenti, sono stati osservati nel 4% (10/224) dei soggetti di fase I e nell’1,6% (8/501) dei pazienti, suggerendo un basso potenziale immunogenico di idarucizumab. In un sottogruppo di 6 soggetti dello studio di fase I, idarucizumab è stato somministrato una seconda volta, dopo due mesi dalla prima somministrazione. In tali soggetti non sono stati rilevati anticorpi anti-idarucizumab prima della seconda somministrazione. In un soggetto sono stati rilevati anticorpi anti-idarucizumab sviluppati a seguito della seconda somministrazione. A 9 pazienti è stato somministrato idarucizumab una seconda volta, entro 6 giorni dalla prima somministrazione. Nessuno dei pazienti a cui è stato risomministrato idarucizumab è risultato positivo agli anticorpi anti-idarucizumab.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha rinviato l’obbligo di presentare i risultati degli studi con Praxbind in uno o più sottogruppi della popolazione pediatrica per la prevenzione e il trattamento dell’emorragia associata a dabigatran (vedere paragrafo 4.2 per ìnformazìonì sull’uso pedìatrìco).


Praxbind: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Praxbind, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Praxbind

La farmacocinetica di idarucizumab è stata studiata in 224 soggetti in studi di fase I, di cui sono stati riportati i dati relativi ad un sottogruppo, considerato rappresentativo, costituito da 6 soggetti sani di età compresa tra 45 e 64 anni che ricevevano una dose di 5 g per infusione endovenosa.

Distribuzione

Idarucizumab ha mostrato di possedere una cinetica di distribuzione multifasica e una limitata distribuzione extravascolare. Dopo l’infusione endovenosa di una dose di 5 g, allo stato stazionario (Vdss), il volume geometrico medio di distribuzione era 8,9 L (coefficiente geometrico di variazione (gCV) 24,8%).

Biotrasformazione

Sono state descritte numerose vie che potrebbero contribuire al metabolismo degli anticorpi. Tutte queste vie comportano la biodegradazione dell’anticorpo in molecole più piccole, ossia piccoli peptidi o aminoacidi, che vengono quindi riassorbite e incorporate nella sintesi generale delle proteine.

Eliminazione

Idarucizumab è stato eliminato rapidamente con una clearance totale di 47,0 mL/min (gCV 18,4%), con un’emivita (t1/2) iniziale di 47 minuti (gCV 11,4%) e una t1/2 terminale di 10,3 ore (gCV 18,9%). Dopo somministrazione endovenosa di 5 g di idarucizumab, il 32,1% (gCV 60,0%) della dose è stato rilevato nelle urine raccolte nell’arco di 6 ore e meno dell’1% nelle 18 ore successive. Si ritiene che la parte restante della dose venga eliminata mediante il catabolismo delle proteine, principalmente a livello renale.

Proteinuria è stata osservata dopo il trattamento con idarucizumab. La proteinuria transitoria è una reazione fisiologica all’elevato passaggio di proteine attraverso i reni dopo somministrazione endovenosa di 5 g di idarucizumab in bolo/in tempi brevi. In genere, la proteinuria transitoria ha raggiunto il valore di picco circa 4 ore dopo la somministrazione di idarucizumab e si è normalizzata entro 12-24 ore. In casi singoli, la proteinuria transitoria è perdurata per più di 24 ore.

Pazienti con compromissione renale

Negli studi di fase I, Praxbind è stato studiato in soggetti con clearance della creatinina compresa tra 44 e 213 mL/min. Negli studi di fase I, non sono stati studiati soggetti con una clearance della creatinina inferiore a 44 mL/min. In base al grado di compromissione renale, la clearance totale era ridotta rispetto ai soggetti sani, il che ha portato a un’esposizione maggiore a idarucizumab.

Sulla base dei dati farmacocinetici di 347 pazienti che presentavano vari gradi di funzione renale (ClCr mediana 21 – 99 mL/min), si è stimato che l’esposizione media a idarucizumab (area sotto la curva concentrazione-tempo (AUC0 24 h)) aumenta del 38% nei pazienti con compromissione renale lieve (CrCl 50-<80 mL/min), del 90% nella forma moderata (30-<50 mL/min) e del 146% nella forma grave (0-<30 mL/min). Dal momento che dabigatran viene escreto principalmente anche per via renale, aumenti nell’esposizione a dabigatran sono stati osservati anche in associazione al peggioramento della funzione renale.

Sulla base di questi dati nei pazienti e dell’entità dell’inattivazione dell’effetto anticoagulante di dabigatran, la compromissione renale non influisce sull’effetto inattivante di idarucizumab.

Pazienti con compromissione epatica

Non è stato osservato un effetto sulla compromissione epatica, valutata attraverso il danno epatico determinato da test di funzionalità epatica elevati, sulla farmacocinetica di idarucizumab.

Idarucizumab è stato studiato in 58 pazienti con vari gradi di compromissione epatica. Rispetto a 272 pazienti senza compromissione epatica, l’AUC mediana di idarucizumab è risultata modificata di -6%, 37% e 10% nei pazienti con aumenti di AST/ALT, rispettivamente da 1 a <2 volte il limite

superiore di normalità (ULN) (N=34), da 2 a <3 volte l’ULN (N=3) e >3 volte l’ULN (N=21). In base ai dati farmacocinetici di 12 pazienti con malattia epatica, l’AUC di idarucizumab è aumentata del 10% rispetto ai pazienti senza malattia epatica.

Anziani / Genere / Razza

Sulla base delle analisi farmacocinetiche di popolazione, l’età, il genere e la razza non hanno avuto alcun effetto clinicamente rilevante sulla farmacocinetica di idarucizumab.


Praxbind: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Praxbind agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Praxbind è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Praxbind: dati sulla sicurezza

I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi di tossicità a dosi ripetute di durata fino a 4 settimane nei ratti e fino a 2 settimane nelle scimmie. Gli studi farmacologici di sicurezza non hanno dimostrato effetti sui sistemi respiratorio, nervoso centrale o cardiovascolare.

Non sono stati effettuati studi per valutare il potenziale mutageno e cancerogeno di idarucizumab. In base al suo meccanismo d’azione e alle caratteristiche delle proteine, non si prevedono effetti cancerogeni o genotossici.

Non sono stati effettuati studi per valutare gli effetti potenziali di idarucizumab sulla riproduzione. Non sono stati identificati effetti correlati al trattamento nei tessuti riproduttivi di entrambi i sessi durante gli studi di tossicità a dosi endovenose ripetute, di durata fino a 4 settimane nei ratti e fino a 2 settimane nelle scimmie. Inoltre, in uno studio di reattività crociata dei tessuti, non è stato osservato alcun legame di idarucizumab con i tessuti riproduttivi umani. Pertanto, i risultati preclinici non suggeriscono un rischio per la fertilità o lo sviluppo embrio-fetale.

Non sono state osservate irritazioni locali dei vasi sanguigni dopo la somministrazione endovenosa o paravenosa di idarucizumab. La formulazione di idarucizumab non ha prodotto l’emolisi in vitro del sangue umano intero.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Praxbind: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Praxbind

Praxbind: interazioni

Non sono stati effettuati studi specifici d’interazione con Praxbind e altri medicinali. Sulla base delle proprietà farmacocinetiche e dell’elevata specificità del legame con dabigatran, si considera improbabile la comparsa di interazioni clinicamente rilevanti con altri medicinali.

Studi preclinici con idarucizumab non hanno evidenziato interazioni con:

espansori del volume plasmatico

concentrati dei fattori della coagulazione, quali i concentrati del complesso protrombinico (PCC, ad es., fattore III e fattore IV), PCC attivati (aPCC) e fattore VIIa ricombinante

altri anticoagulanti (ad es. inibitori della trombina diversi da dabigatran, inibitore del fattore Xa compresa l’eparina a basso peso molecolare, antagonisti della vitamina K, eparina). Ne consegue che idarucizumab non inattiverà gli effetti degli altri anticoagulanti.


Praxbind: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Praxbind: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Non pertinente.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco