Cannabis terapeutica: è veramente utile?

Se la Cannabis terapeutica è veramente utile, può sembrare una questione retorica, ma nel nostro contesto storico appare doveroso e necessario porsi tale interrogativo al fine di non scadere in contese su proibizionismi vari, ma cercare di affrontare il problema in modo scientifico, laico e scevro da preconcetti, conflitti di interessi e falsi moralismi.

Cannabis terapeutica: la legge

La legge: L’attuale legislazione italiana consente la prescrizione di preparazioni magistrali (cartine, bustine, estratti etc) a base di Cannabis da parte del medico (qualsiasi specializzazione) ai sensi della legge num. 94 del 1998 (commi 3 e 4 dell’ articolo 5), la cosiddetta legge Di Bella.

Le preparazioni magistrali di sostanze vegetali a base di cannabis possono essere allestite in Farmacia dietro presentazione di prescrizione medica non ripetibile.

La legislazione del caso non è oggetto dell’articolo ma si rimanda all’attenta lettura della sopracitata legge.

Cannabis terapeutica: le foglie
Pianta di Cannabis

Cannabis terapeutica: cenni farmacologici

Il termine cannabinoidi si riferiva in passato al gruppo di composti con tipica struttura chimica (C21) presenti nella Cannabis sativa L.

La moderna definizione, basata con maggiore enfasi sulla chimica sintetica e sulla farmacologia, comprende strutture affini, o ogni altro composto che interagisca con i recettori cannabinoidi.

Oltre 60 cannabinoidi sono stati individuati nella cannabis, di cui il tipo cannabigerolo (CBG), il tipo cannabicromene (CBC), il tipo cannabidiolo (CBD), il tipo Delta-9-THC ed il tipo cannabinolo (CBN) sono i più rappresentati.

La distribuzione dei cannabinoidi varia nei differenti ceppi di cannabis ed in genere solo tre o quattro cannabinoidi si trovano in una pianta in concentrazioni superiori allo 0.1%.

Il Delta-9-THC è in larga parte responsabile degli effetti farmacologici della cannabis, incluse le sue proprietà psicoattive, sebbene altri composti della pianta contribuiscano a taluno di questi effetti, in particolar modo il CBD, un fitocannabinoide non psicoattivo, comune in alcuni ceppi di cannabis, che ha effetti anti-infiammatori, analgesici, ansiolitici e antipsicotici.

Ad oggi sono stati identificati due tipi di recettori cannabinoidi, CB1 e CB2, che fanno parte del sistema endocannabinoide umano coinvolto in diverse funzioni quali: appetito, spasticità muscolare, attività analgesica (sinergia con gli oppioidi endogeni), memoria, proprietà anticonvulsivanti, azione vasodilatatoria e ipotensiva, regolazione dei processi riproduttivi, regolazione della risposta immunitaria.

I recettori CB1 e CB2 si trovano principalmente nei terminali nervosi dove svolgono un ruolo nella regolazione retrogada della funzione sinaptica.

I recettori CB1 si trovano principalmente sulle cellule nervose di encefalo, midollo spinale e sistema nervoso periferico ma sono presenti anche in alcuni organi e tessuti periferici tra cui ghiandole endocrine, ghiandole salivari, leucociti, milza, cuore e parte dell’apparato riproduttivo, urinario e gastrointestinale.

Molti recettori CB1 sono espressi sulle terminazioni nervose centrali e periferiche ed inibiscono il rilascio di altri neurotrasmettitori. Così la attivazione dei recettori CB1 protegge il sistema nervoso centrale da sovrastimolazione o sovrainibizione da parte di neurotrasmettirori.

I recettori CB1 sono espressi particolarmente nelle regioni dell’encefalo che sono responsabili del movimento (gangli basali, cervelletto), dei processi mnestici (ippocampo, corteccia cerebrale) e della modulazione del dolore (alcune zone del midollo spinale, la sostanza grigia periacquiduttale) mentre la loro espressione a livello del tronco encefalico è bassa, il che può spiegare la mancanza di mortalità acuta cannabis-correlata.

I recettori CB2 sono presenti principalmente nelle cellule immunocompetenti, tra cui i leucociti, la milza e le tonsille.

Una delle funzioni dei recettori CB nel sistema immunitario è la modulazione del rilascio di citochine, che sono responsabili delle risposte infiammatorie e della regolazione del sistema immunitario.

Le evidenze: Alla domanda del titolo cerca di rispondere una revisione sistematica e metanalisi apparsa recentemente su JAMA.

La revisione sistematica ha avuto l’obiettivo di indagare le evidenze circa i benefici clinici e gli eventi avversi di una terapia a base di cannabis terapeutica in svariate indicazioni terapeutiche quali: nausea e vomito indotti da chemioterapia, stimolazione dell’appetito in pazienti con HIV/AIDS, dolore cronico, spasticità da Sclerosi Multipla o da paraplegia, depressione, ansia, disturbi del sonno, psicosi, pressione intraoculare nel glaucoma, sindrome di Tourette.

Il lavoro ha analizzato 79 studi randomizzati controllati per un totale di 6462 pazienti, ovviamente va sottolineato che solamente 4 degli studi inclusi sono stati giudicati a basso rischio di bias altresì in molti studi se non nella totalità il trattamento di confronto era ovviamente il placebo.

Gli autori della revisione concludono come ci siano evidenze di qualità moderata a supporto dell’utilizzo di cannabis terapeutica nel trattamento del dolore cronico e della spasticità mentre le evidenze nelle altre indicazioni (trattamento di nausea e vomito indotti da chemioterapia, stimolazione dell’appetito in pazienti con HIV/AIDS, disturbi del sonno, sindrome di Tourette) sono considerate di bassa qualità.

Inoltre è stato riportato un incremento degli eventi avversi a breve termine anche gravi.

I principali eventi avversi riportati sono stati: vertigini, secchezza delle fauci, nausea, stanchezza, sonnolenza, euforia, vomito, disorientamento, sonnolenza, confusione, perdita di equilibrio, e allucinazioni.

L’editoriale di accompagnamento dal titolo “Is the Cart Before the Horse?” mette in risalto alcune problematiche irrisolte sull’utilizzo terapeutico della cannabis; tra le principali si annoverano:

1) scarsa conoscenze sugli eventi avversi derivanti da un utilizzo a lungo termine di cannabis e le relative problematiche di addiction

2) rischio di disordini psichiatrici ed esacerbazioni e recidive in pazienti con un disturbo psicotico noto

3) interazioni con altri farmaci poco studiate inoltre si riporta una possibile tolleranza crociata tra cannabinoidi ed oppiodi

4) prove emergenti suggeriscono che il sistema endocannabinoide è fondamentale nello sviluppo del cervello e dei processi maturativi, in particolare durante l’adolescenza e la prima età adulta (fino ai 25 anni). Una modulazione non fisiologica a lungo termine del sistema endocannabinoide è stata collegata a modificazioni della sfera affettiva, comportamentale, cognitiva, alterazioni neurochimiche che perdurano in età adulta. Inoltre si necessita in tale ambito di rigorosi studi epidemiologici al fine di fugare dubbi su un aumentato rischio di psicosi e di deficit cognitivi rilevati in studi su animali.

La chiosa finale dell’editoriale è emblematica e la si riporta in lingua originale:

Since medical marijuana is not a life-saving intervention, it may be prudent to wait before widely adopting its use until high-quality evidence is available to guide the development of a rational approval process. Perhaps it is time to place the horse back in front of the cart”.

Libera traduzione “Dal momento che la marijuana ad uso medico non è un intervento salvavita, può essere prudente attendere prima di un suo ampio utilizzo la disponibilità di prove di alta qualità al fine di guidare lo sviluppo di un processo di approvazione razionale. Forse è giunto il momento di mettere i buoi davanti al carro”.

Conclusioni

Non si può far altro che concordare con l’autore dell’editoriale e con le sue conclusioni quindi alla nostra domanda si può rispondere con un altro quesito: perché se per tutti i principi attivi è necessario un iter autorizzativo da parte degli enti preposti che richiede la realizzazione di studi rigorosi si dovrebbe fare un eccezione per la Cannabis terapeutica?

Forti sono le implicazioni sociali, politiche ed avvolte economiche e professionali che però poco o nulla centrano con l’efficacia e sicurezza di un trattamento.

Affermare che il trattamento x è stato studiato in quella patologia…non significa che esso sia efficace e sicuro.

Infine si ricorda che fortunatamente in Europa ed in Italia il primo farmaco a base di estratto di cannabis sativa in spray per mucosa orale (Sativex®) è stato autorizzato e si è reso disponibile per il trattamento della spasticità dovuta a Sclerosi Multipla in seguito ad un normale iter autorizzativo e tramite la conduzione di seri studi.

Quindi ben venga l’ampliamento dell’armamentario terapeutico in talune condizione morbose, a patto che efficacia e sicurezza siano adeguatamente documentate e provate.

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BIBLIOGRAFIA

  1. Testo del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, coordinato con la legge di conversione 8 aprile 1998, n. 94, recante: “Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria” https://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/normativa-di-riferimento-sperimentazione-clinica
  2. Cannabinoidi e Sistema Endocannabinoide. Minireview. Cannabinoids 2006;1(1):1014 [Versione italiana]
  3. Whiting PF et al Cannabinoids for Medical Use: A Systematic Review and Meta-analysis JAMA. 2015 Jun 23-30;313(24):2456-73
  4. D’Souza DC, Ranganathan M,  Medical Marijuana: Is the Cart Before the Horse? JAMA.2015 Jun 23-30;313(24):2431-2