Pillola anticoncezionale: interazioni con altri farmaci

L’uso abituale della “pillola anticoncezionale” o contraccettivi orali combinati (COCs) nelle donne di età tra i 15 e i 45 anni in Italia si stima essere circa il 20%, dato che pone il nostro paese tra gli ultimi posti in Europa.

Nonostante questo utilizzo limitato di uno strumento che ha segnato una svolta nella società per l’impatto che ha avuto sulla pianificazione familiare, sull’indipendenza e sull’emancipazione della donna, va posta la giusta attenzione sulle problematiche connesse alla contraccezione ormonale tramite l’uso della pillola anticoncezionale e non ultima le interazioni farmacologiche di cui questi farmaci non sono scevri.

Dal punto di vista farmacologico, i più comuni contraccettivi orali combinati contenuti nella pillola anticoncezionale, sono una combinazione di due ormoni: un estrogeno (l’ etinilestradiolo) con un dosaggio variabile tra 20-50 microgrammi e un progestinico (levonorgestrel, desogestrel o gestodene).

I contraccettivi ormonali sono talvolta classificati per ‘generazioni’, in base a quando sono stati sviluppati ed autorizzati per l’uso.

La prima generazione di pillola anticoncezionale, sviluppata negli anni ’60, conteneva un’elevata quantità di estrogeno (non conteneva il progestinico).

Successivamente è stata introdotta una seconda generazione di contraccettivi ormonali.

Questi medicinali combinavano piccole quantitativi di estrogeno con diversi progestinici in differenti concentrazioni, principalmente il levonorgestrel.

Dagli anni ’90 sono stati sviluppati ulteriori contraccettivi ormonali combinati.

Questi contengono progestinici diversi rispetto a quelli contenuti nei contraccettivi di seconda generazione, con un effetto anticoncezionale simile.

Questi nuovi medicinali sono talvolta denominati contraccettivi (o pillola anticoncezionale) di terza e quarta generazione.

Questa classificazione non è basata su dati scientifici né è standardizzata, e può differire tra le fonti ufficiali e le pubblicazioni.

Pillola anticoncezionale: interazioni farmacologiche

La principale conseguenza clinica, ed anche la più temuta, dovuta ad interazioni farmacologiche che vedono coinvolta la pillola anticoncezionale, è una gravidanza non desiderata (ovulazione) quindi un fallimento terapeutico della contraccezione.

In linea generale i meccanismi attraverso i quali si verificano le interazioni tra farmaci sono essenzialmente di due tipi: farmacocinetico e farmacodinamico.

Le interazioni che vedono coinvolta la pillola anticoncezionale, avvengono principalmente mediante un meccanismo di tipo farmacocinetico, per cui una breve trattazione sulla farmacocinetica di questi farmaci è d’obbligo.

L’etinilestradiolo è ben assorbito a livello intestinale e subisce un elevato metabolismo di “primo-passaggio” nella mucosa intestinale (sulfo-coniugazione) e nel fegato dove circa il 60% della dose assunta viene trasformato in metaboliti inattivi escreti nella bile.

Questi, giunti nell’intestino, vengono parzialmente scissi da enzimi idrolitici della flora batterica intestinale, che favoriscono il riassorbimento dell’etinilestradiolo libero.

L’interruzione di questo ricircolo enteroepatico, per esempio in caso di alterazione della flora batterica intestinale da parte di antibiotici, comporta che i composti coniugati e solfatati non vengono più scissi per liberare il principio attivo ma eliminati con le feci quindi si può andare incontro ad una ridotto assorbimento e a una conseguente riduzione della  concentrazione plasmatica dell’estrogeno con potenziale perdita di efficacia del contraccettivo.

L’etinilestradiolo viene quindi metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450 3A4 e trasformato nella sua forma idrossilata, a sua volta metilata e coniugata con l’acido glucuronico prima di venire escreta per via urinaria e fecale.

La contemporanea somministrazione di farmaci induttori questo sistema enzimatico può provocare alterazioni nel metabolismo con la conseguente diminuzione della concentrazione plasmatica dell’estrogeno, che potrebbe tradursi in perdita dell’efficacia contraccettiva.

Nel caso di inibitori enzimatici si avrà invece un aumento della concentrazione plasmatica dell’estrogeno con aumento del rischio di effetti collaterali (quali ad esempio nausea, aumento di peso, tensione mammaria, comparsa di macchie sulla pelle e sul viso, alterazioni del tono dell’umore, riduzione della libido).

Vale la pena ricordare che  il meccanismo di induzione avviene in 2 giorni, si stabilizza in 7 giorni, e torna alla normalità dopo 4 settimane dalla cessazione dello stimolo mentre l’inibizione scatta immediatamente alla assunzione del farmaco inibitore e diventa massima in 24 ore.

La componente progestinica dei contraccettivi orali combinati per le proprie caratteristiche farmacocinetiche non è coinvolta nei meccanismi di ridotto assorbimento e induzione/inibizione enzimatica, ne consegue che nelle associazioni estroprogestiniche sia la componente estrogenica la più esposta ad eventuali interazioni con altri farmaci.

Altresì bisogna tener conto che la comparsa sul mercato di contraccettivi a bassissima concentrazione di estrogeno (es. Arianna, Minesse) richiede, da questo punto di vista, una maggiore attenzione in quanto i contraccettivi a ridotto contenuto estrogenico sono più esposti a questo tipo di interazioni rispetto a quelli con dosaggio più alto.

La mancanza di studi clinico-epidemiologici dedicati non consente di definire con precisione l’entità e la rilevanza clinica delle interazioni tra la pillola contraccettiva e gli altri farmaci.

Tale condizione può assurgere ad esempio come troppo spesso vi sia una carenza nella letteratura scientifica in merito e come tale situazione costringa il clinico non infrequentemente a ricorrere ad un atteggiamento empirico, spesso legato più al proprio “buon senso” o alla propria “esperienza clinica” che a dati scientifici nell’operare scelte razionali col minor rischio per il paziente/persona.

Anche a fronte di una letteratura scientifica prevalentemente di natura aneddotica, le evidenze suggeriscono che i principali farmaci interagenti con i contraccettivi orali combinati appartengono essenzialmente a due classi terapeutiche: gli anticonvulsivanti e gli antibiotici/antinfettivi anche a fronte di un razionale meccanismo come visto precedentemente.

 

Pillola anticoncezionale: interazioni con antibiotici

La possibilità che molti antibatterici (es. penicilline, cefalosporine, tetracicline, sulfamidici, chinoloni, cloramfenicolo, metronidazolo, isoniazide, trimetoprim) riducano l’assorbimento intestinale della componente estrogenica dei contraccettivi orali combinati e quindi conseguentemente riducano l’efficacia dei contraccettivi orali,  è un problema annoso e assai controverso che vede i clinici dipanarsi tra evidenze scarse, atteggiamenti prudenziali, disinformazione, schede tecniche eccessivamente difensiviste e maggiormente votate all’aspetto legale che a quello clinico e non ultimo forti implicazioni di carattere etico.

Come precedentemente riportato in letteratura troviamo dati riferiti a case report o studi di piccole dimensioni.

Uno studio della durata di 2 mesi condotti su 11 soggetti che assumevano un contraccettivo orale, contenente 50 mcg di estrogeno, ha concluso come la co-somministrazione di ampicillina non avesse nessun effetto sulla soppressione dell’ovulazione.

Alcuni dati epidemiologici, seppur di numerosità esigua, suggeriscono che l’incidenza di gravidanza che si verifica con la concomitante assunzione di antibiotici a largo spettro e pillola anticoncezionale non risulta essere differente rispetto all’incidenza di tale evento in caso di assunzione dei soli contraccettivi orali combinati.

In un gruppo di pazienti dermatologiche trattate con contraccettivi orali combinati e tetracicline, penicilline e cefalosporine, non sono state trovate differenze nel numero delle gravidanze osservate rispetto  a pazienti esclusivamente sottoposte a contraccettivi orali combinati.

Le cinque gravidanze osservate si erano avute in donne sottoposte a trattamento concomitante con  una cefalosporina o con minociclina per almeno tre mesi.

Una revisione approfondita di questo argomento è stata condotta da Archer et al; gli autori della revisione hanno concluso che “i dati scientifici e farmacocinetici disponibili non supportano l’ipotesi che gli antibiotici (con l’eccezione di rifampicina) riducano l’efficacia contraccettiva dei contraccettivi orali.”

Nonostante i dati di letteratura non supportino la rilevanza clinica di tali interazioni prevale l’atteggiamento pragmatico di consigliare in queste situazioni l’utilizzo di ulteriori sistemi anticoncezionali, soprattutto nelle pazienti in cui, una precedente somministrazione contemporanea dei due farmaci aveva provocato perdite ematiche intermestruali o irregolarità mestruali e per le utilizzatrici di penicilline ad ampio spettro d’azione o di tetracicline che, modificando la normale flora batterica intestinale con conseguente insorgenza di diarrea, possono ridurre l’assorbimento intestinale degli estrogeni.

Un discorso a sé stante merita l’antitubercolare rifampicina per la quale sono disponibili evidenze consistenti, sia sperimentali sia cliniche sull’effetto negativo relativamente all’efficacia contraccettiva.

La rifampicina è un noto e potente induttore del  CYP3A4 deputato al metabolismo degli estrogeni, di conseguenza diminuendo il livello plasmatico di estrogeni diminuisce l’efficacia contraccettiva.

La possibile diminuizione dell’ efficacia contraccettiva  va tenuta in considerazione anche per terapie di pochi giorni.

Allo stesso modo, pur con minore intensità, agisce la rifabutina.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per l’antimicotico griseofulvina.

Il Practice Bulletin of the American College of Obstetrics and Gynecology raccomanda l’uso di contraccettivi non ormonali solo con l’uso concomitante di rifampicina o griseofulvina.

Per gli altri antimicotici quali fluconazolo, itraconazolo, ketoconazolo, che al contrario della   griseofulvina sono tutti inibitori del CYP3A4, sono state segnalate gravidanze inattese.

Uno studio sulla farmacocinetica del fluconazolo durante l’uso di due diversi contraccettivi orali combinati ha dimostrato un aumento della concentrazione sierica della componente estrogenica dopo la somministrazione di 150 mg di fluconazolo.

 

Antiepilettici

Le segnalazioni di fallimento del contraccettivo orale in donne trattate con farmaci antiepilettici sono numerose.

Fra gli anticonvulsivanti la fenitoina, il fenobarbitale e in minor misura il primidone, la carbamazepina e l’etosuccimide, l’oxcarbazepina ed il felbamato sono induttori degli enzimi epatici con incremento della metabolizzazione e riduzione dei livelli plasmatici dei contraccettivi orali.

Lo stesso vale per il topiramato nonostante il meccanismo dell’interferenza non sia noto.

Uno studio di farmacocinetica sulla combinazione di un contraccettivi orali combinati, contenente norentindrone ed etinilestradiolo, con topiramato e con carbamazepina, non ha tuttavia evidenziato interferenze nel gruppo di donne trattate con topiramato; mentre nel gruppo di donne co-trattate con carbamazepina vi era un notevole incremento della clearance dell’estroprogestinico.

Nelle pazienti in terapia con questi farmaci a cui si debba prescrivere un contraccettivo orale, è opportuno privilegiare pillole con un contenuto di estrogeni maggiore (50-100 microgrammi).

In alternativa si dovrà ricorrere ad altri metodi contraccettivi. L’acido valproico, invece, non è un induttore enzimatico e non presenta questo problema.

Fortunatamente, taluni farmaci antiepilettici di relativa recente commercializzazione ampliano le possibilità di scelta in caso di uso concomitante di contraccettivi orali: infatti la gabapentina, il levetiracetam, la tiagabina e la vigabatrina possono essere somministrati alle donne che assumono contraccettivi orali senza timore di diminuirne l’efficacia.

Per quanto riguarda la lamotrigina, da uno studio è emerso che l’uso concomitante con contraccettivi orali ha ridotto significativamente i livelli plasmatici dell’anticonvulsivante e vi sono state alcune segnalazioni di convulsioni in pazienti precedentemente controllate che hanno iniziato ad assumere contraccettivi orali.

Per contro, la lamotrigina ha dimostrato di avere effetti minimi sulle concentrazioni plasmatiche di etinilestradiolo e di levonorgestrel.

Altri farmaci che interagiscono con la pillola anticoncezionale

La quasi totalità degli antivirali (es inibitori delle proteasi, inibitori della trascrittasi inversa etc.) sono induttori o inibitori del CYP3A4.

Alle donne in trattamento con antivirali che decidono di iniziare o continuare una contraccettivi orali combinati, va raccomandato di utilizzare in modo sistematico un contraccettivo di barriera, sia per prevenire la trasmissione dell’HIV, che per prevenire l’eventuale ridotta efficacia della pillola anticoncezionale.

Tra gli altri farmaci capaci di indurre enzimi epatici e comunque capaci di ridurre l’attività dei contraccettivi orali combinati si ricordano il Modafinil, i Retinoidi, in particolare la isotretinoina ed il Tacrolimus.

Molti sono i prodotti di origine naturale di cui si sospetta la possibile interferenza con la contraccezione estroprogestinica orale ma solo per l’iperico si hanno dati sufficienti per poter affermare che l’iperico (potente induttore del CYP3A4) può ridurre l’azione contraccettiva in virtù della diminuzione della concentrazione plasmatica dell’etinilestradiolo.

Fra le interazioni che aumentano la concentrazione plasmatica dei contraccettivi orali combinati vale la pena di ricordare che gli SSRI (fluvoxamina, fluoxetina, sertralina) hanno la capacità di inibire il CPY3A4.

Nel caso di donne che assumono contemporaneamente contraccettivi orali la comparsa di effetti indesiderati tipici degli estrogeni può avere in questa associazione una possibile spiegazione.

 

Conclusioni

Una survey condotta ormai quasi vent’anni orsono fra 1000 neurologi e ginecologi statunitensi rilevò che solo il 4% dei 160 neurologi e nessuno dei 147 ginecologi che avevano risposto era stato in grado di identificare correttamente gli effetti sui contraccettivi orali di 6 anticonvulsivanti di frequente prescrizione.

Inoltre, solo il 38% dei neurologi e il 29% dei ginecologi sapeva che l’acido valproico non ha interazioni.

Non sorprende quindi che il 27% dei neurologi e il 21% dei ginecologi che  parteciparono a questa indagine aveva avuto esperienza di fallimenti dei contraccettivi in donne trattate con anticonvulsivanti.

Una più recente indagine condotta negli USA che ha visto 182 partecipanti fra clinici e farmacisti ha rilevato come l’82,7% dei medici e l’88,5% dei farmacisti riteneva l’interazione tra contraccettivi orali combinati ed antibiotici a largo spettro rilevante.

La tematica delle interazioni tra contraccettivi orali ed altri farmaci risulta essere cogente stante anche la scarsità e talora la contraddittorietà dei dati disponibili ma anche alla luce della seppur rara perdita d’efficacia anticoncezionale e le relative implicazioni di carattere etico-sociali connesse.

In virtù delle considerazioni sopraesposte risulta un dovere imprescindibile dalla propria professionalità ed insito nella pratica clinica quotidiana l’aggiornamento scientifico puntuale e coerente al fine di poter fornire le migliori informazioni e garanzie all’utente e metterlo nelle condizioni di poter effettuare la propria migliore scelta!

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