Sedano Selvatico o Appio Palustre: proprietà curative. A cosa serve? Come si usa?

Sedano Selvatico o Appio Palustre

Tratto da “Piante Medicinali – Chimica, Farmacologia e Terapa” di R. Benigni, C. Capra e P.F.Cattorini

(Apium graveolens L. – Fam. Ombrellifere/Amminee/Carinee)

(Sin. – Seseli graveolens Scop. – Sium apium Roth. – Sium graveolens Vest. Apium palustre s. officinarum Bauh.)

Sedano Selvatico o Appio Palustre- Ultimo aggiornamento pagina: 27/02/2018

Indice dei contenuti

  1. Generalità
  2. Componenti principali
  3. Proprietà farmacologiche
  4. Estratti e preparati vari
  5. Preparazioni usuali e Formule
  6. Bibliografia

Generalità

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sedano

Etimologia – Apium, nome usato da Virgilio (Egl. VI, 68), dal celtico apon = acqua, pianta delle paludi.

graveolens, da grave = fortemente e olens = odorante, per l’odore forte.

Sium, dal celtico siw = acqua (come apon), nome latino = pianta delle paludi. Secondo altri, dal greco seiw = scuoto, faccio tremare, perchè la pianta trema, scossa dal vento.

palustre – id.

Secondo altre interpretazioni, Apium deriverebbe dal greco empis e dal latino apis = ape, pecchia (gen. plur. apium = delle api), perchè si credeva che le api ricercassero il fiore della pianta. Anche da ab apice, perchè gli antichi usavano I’Apium palustre per far corone con le quali adornavano la testa.

Nomi volgari – Senido, sesano (tosc.), selau (lig.), erba sedanina, erba bandoira, séleri (piem.), sélino (lomb.), senelo (ven.), accelaccio (abr.), accia (nap.), acci (sic.), apiu burdu o d’arruùe (sard).

Smallage, marsh parsley (ingl.), ache, celeri de marais, persil odorant (fr.), Eppich, Wasserreppich, Wilder sellerie (ted.), apio de laguna o de agua (spagn.), erosszagù zeller (ungh.), k'in, k’ou k'in, k'in k'oei, han k'in (cinese), can (vietnam./n.), hàsara, escèb (arab. tripol.).

Habitat Regione mediterranea, negli acquitrini salsi litoranei. In Italia frequente nei luoghi umidi e salsi (Litorale veneto, nel Padovano, Polesine, Bresciano, Bergamasco, Ferrarese, Ravennate, Liguria, Toscana, Italia centrale e meridionale, isole), Asia/s., Cina.

Pianta erbacea biennale. E’ la pianta dalla quale sono derivate le var. orticole dulce Mill., rapaceum Mill.

Parti usate Radici, raccolte nella primavera del 2° anno, prima della fioritura.

Componenti principali

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Nelle radici olio etereo 0,009 % (1), asparagina, tirosina (2), colina, basi puriniche (3), mannitolo (2) (4), pentosano 1,5-1,65 % (5), gli acidi glicolico e glicerico (6), notevole quantità degli acidi ferulico e caffeico e piccole quantità di acido p-cumarico (7), rame mg 0,01 % (8), arsenico mg 0,02 % (9). Nelle radici fresche acqua 84%, grasso 0,39%, zuccheri 0,77%, ceneri 0,84% (10a). Nelle radici giovani gli acidi tartarico, malico, citrico, isocitrico e tracce degli acidi fumarico e succinico; sono presenti probabilmente anche gli acidi chinico, shikimico ed un acido uranico; le radici vecchie sono in generale più ricche di acidi organici di quelle giovani (10b). Dalla pianta è stato isolato bergaptene (11).

Proprietà farmacologiche ed impiego terapeutico

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Le proprietà diuretiche del Sedano erano note fin dall’antichità. Ne parlano infatti Dioscoride, Ippocrate, Teofrasto, Scribonio e, più tardi, i terapisti medioevali e dell’età moderna (Paracelso, Mattioli, Weinmann, Haller ecc.) dai quali le venivano attribuite anche numerose altre proprietà, quali quelle diaforetica, carminativa, antitterica, emmenagoga ecc.

Il Sedano deve le sue attività all’olio essenziale al quale sono soprattutto legate le sue proprietà diuretica ed eupeptica. Secondo alcuni, questa droga sarebbe dotata anche di un’azione emmenagoga per la quale ne venne tentato l’impiego nel trattamento delle dismenorree, ma con risultati dubbi.

Kreitmair (12) mise in evidenza un’azione oxitocica che si manifesta sia sull’utero gravido che su quello vergine.

Occorre dire però che l’impiego terapeutico del Sedano, è oggi molto limitato, per quanto, analogamente alla Ruta, potrebbe essergli attribuita una certa importanza in base al suo contenuto in bergaptene, furocumarina ad azione fotodinamica, la cui presenza venne recentemente accertata nelle foglie della varietà coltivata da Musajo, Rodighiero e Caporale (11).

Come fu già detto a proposito della Ruta, i vegetali che contengono queste sostanze, poste a contatto con la cute, vi determinano dopo esposizione alla luce solare o ultravioletta, fotodermatiti con comparsa di eritema, abbronzamento o pigmentazione.

Dermatiti da Sedano vennero osservate da diversi AA. [Legrain e Barthe

(13), Henry (14), Palumbo e Lynn (15)] negli agricoltori e specialmente nelle operaie e negli operai addetti alla lavorazione del Sedano negli stabilimenti in cui vengono preparati gli ortaggi per il confezionamento in scatola, senza però che ne fosse stata identificata la causa. Fu soltanto dopo le ricerche di Musajo, Rodighiero e Caporale che venne riconosciuto nel bergaptene l’agente patogeno responsabile di quelle fotodermatiti.

Le piante che contengono furocumarine e le furocumarine stesse allo stato puro, sono impiegate in terapia nel trattamento della vitiligo (ved. Ammi majus e Ruta) ma non ci risulta che il Sedano e i suoi preparati siano stati ancora impiegati a tal fine, per quanto la sua utilità in questo campo, potrebbe non essere inferiore a quella dell’Ammi majus, la quale è la sola pianta, sino ad ora, largamente impiegata in dermatologia per restituire la normale pigmentazione alle zone leucodermiche dovute a vitiligo.

Estratti e preparati vari

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Estratto fluido (g 1 = XXXV gtt).

Dosi: g 2-5 più volte pro die.

Preparazioni usuali e formule galeniche

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Tintura

Estratto fluido sedano …. g 20

Alcool di 25°…………………….. g 80

(g 10-25 pro dose).

Sciroppo

Estratto fluido sedano …………………………………… g 10

Sciroppo semplice F.U. g 90

(a cucchiai).

Pozione diuretica

Estratto fluido sedano…………………………. g 15

Estratto fluido gramigna…………….. …………………. g 10

Acqua distillata……………. ………………………………………… g 10

(3-6 cucchiaini pro die).

BIBLIOGRAFIA

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(1) HAENSEL, Apalh. 2., 16, 60, 1901 – (2) BAMBERGER e LANDSIEDL, Manatsh. Chem., 25. 1030, 19M – (3) SCHULZE e TRIER, 2. phystol Chem., SI, 53, 1912 – (4) OBATAU F., Compì, rend, ISS, 77, 1929 – (5) WITTMANN, 2. Landn-. Versuchsw. Oeslerr.. 4, 131, 1901 – (6) BALANSARD J„ Prod. Pharm., 7. 457, 1952 – (7) HERRMANN K„ 2. lebensmillel-Vnters. u. Forsch., 706, 341, 1957 – (8) LINDOW, ELVEHJEM, PETERSON c HOWE, J. Biol. Chem , S2, 465, 1929 – (9) JADIN c ASTRUC, Compì, rend., 154, 893, 1912 – (lOa) WEHMER C„ Die Pfianzcnsloffc, II ed., p. 876 – (lOb) SCHRAMM R.. Acta Soc. Botan. Polon., 30. 285, 1961; Chem. Abs., 56, 709 h, 1962 – (11) MUSAJO L., CAPORALE O. e RODl- GHIERO G., Gaie. Chim. hai., S4, 870, 1954; MUSAJO L„ Il Farmaco, ed. sci., 70, 539, 1955 – (12) KREITMAIR, MercKs Jahresb., 50, 102, 1936 – (13) I.EGRAIN M. M. e BARTHE R., Bull. Soc. Franf. Dermaiol. SyphUog., 33, 662, 1926 – (14) HENRY S. A., Brìi. H. Dermaiol. Syphli, 50, 342, 1938 – (15) PALUMBO J, F. e LYNN E. V., d.A.Ph.A., 42, 57, 1953.