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Introduzione
Negli ultimi anni l’interesse per “il nuovo farmaco per l’obesità” è cresciuto in parallelo con la consapevolezza che l’obesità è una patologia cronica e multifattoriale, non semplicemente il risultato di scelte di stile di vita. Per molti pazienti, soprattutto con comorbilità metaboliche o cardiovascolari, l’intervento farmacologico si aggiunge a dieta, attività fisica e supporto comportamentale con l’obiettivo di ridurre in modo significativo e sostenibile il peso corporeo e il rischio associato. Parlare di “nuovo farmaco”, tuttavia, non significa cercare una “pillola magica”, bensì comprendere una generazione di trattamenti più moderni e mirati, nati dall’esperienza nell’ambito del diabete e oggi riposizionati o sviluppati specificamente per la gestione del peso.
La novità principale riguarda le cosiddette terapie incretiniche: agonisti del recettore GLP‑1 e, più recentemente, agonisti duali GIP/GLP‑1. Queste molecole modulano i segnali di appetito e sazietà, con effetti su ingestione calorica, svuotamento gastrico e controllo glicemico. Rispetto ai farmaci “storici” per il dimagrimento, mostrano in media riduzioni di peso più consistenti, spesso a doppia cifra percentuale, specie se integrate in un programma strutturato. Accanto a queste, sono in sviluppo strategie combinate e nuove formulazioni (anche orali) che potrebbero ampliare le opzioni terapeutiche nei prossimi anni. In Italia, come altrove, l’adozione è graduale e dipende da autorizzazioni, disponibilità e criteri di rimborsabilità, elementi che è utile tenere presenti quando si valuta la prescrizione o l’accesso.
Nuovi farmaci per l’obesità
Con “nuovi farmaci” per l’obesità si indicano soprattutto gli agonisti del recettore del GLP‑1 e gli agonisti duali GIP/GLP‑1. I primi (per esempio, la semaglutide in formulazione a dosi per il controllo del peso) hanno inaugurato una fase in cui l’efficacia sulla riduzione ponderale è diventata clinicamente rilevante in un’ampia platea di pazienti, non solo con diabete. I secondi (come le molecole a doppia azione su GIP e GLP‑1) nascono con l’idea di sfruttare sinergie tra ormoni intestinali per potenziare l’effetto su appetito e metabolismo. Entrambe le classi si somministrano prevalentemente per via iniettiva a cadenza settimanale, con schemi di titolazione graduale per favorire la tollerabilità. A queste si affiancano linee di ricerca su tripli agonisti e su combinazioni con analoghi dell’amilina, nonché sviluppi di formulazioni orali ad alto dosaggio di agonisti incretinici, pensate per ampliare l’accessibilità e la personalizzazione terapeutica.
Il razionale d’uso di queste terapie si fonda sulla fisiologia delle incretine: il GLP‑1 agisce a livello centrale sui circuiti della sazietà e, a livello periferico, rallenta lo svuotamento gastrico e migliora la funzione delle cellule β pancreatiche; il GIP, modulando la risposta insulinica e agendo su tessuti bersaglio come tessuto adiposo e SNC, può aggiungere un ulteriore contributo al controllo del bilancio energetico. La combinazione delle due vie, nelle molecole duali, mira a risultati superiori in termini di calo ponderale medio e miglioramento dei parametri metabolici. In prospettiva, i tripli agonisti (che aggiungono recettori come il glucagone) e le associazioni con analoghi dell’amilina puntano a un controllo più ampio dei comportamenti alimentari e della spesa energetica. Per un confronto ragionato tra opzioni disponibili e performance attese, può essere utile l’approfondimento su qual è il farmaco più efficace per dimagrire.
Dal punto di vista regolatorio e di accesso, lo scenario è dinamico. Alcune molecole incretiniche hanno già ottenuto autorizzazioni formali per la gestione del peso in persone adulte con obesità o con sovrappeso associato a comorbilità, mentre altre sono in fase di valutazione o in estensione d’indicazione. La disponibilità reale può variare in base al Paese, alle politiche di rimborso, ai piani terapeutici e all’effettiva fornitura, fattori che incidono sull’impiego nella pratica clinica. In Italia, la definizione di criteri di eleggibilità e rimborsabilità è oggetto di aggiornamenti periodici; è quindi prudente verificare di volta in volta il riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP), le note regolatorie nazionali e gli eventuali registri di monitoraggio. Questa variabilità non riduce il valore clinico delle nuove terapie, ma richiede un inquadramento attento per garantire appropriatezza, continuità e sicurezza del trattamento.

Le indicazioni tipiche per i farmaci anti-obesità includono un indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 30 kg/m², oppure pari o superiore a 27 kg/m² in presenza di condizioni associate (per esempio, ipertensione, dislipidemia, diabete o apnee ostruttive del sonno). Il trattamento farmacologico va sempre inserito in un percorso strutturato di modificazione dello stile di vita e di supporto comportamentale, con obiettivi condivisi e realistici. La selezione del farmaco tiene conto di profilo clinico, preferenze del paziente, comorbilità (metaboliche, cardiovascolari, epatiche), potenziali interazioni e controindicazioni. Le incretine, per esempio, non sono raccomandate in gravidanza e allattamento; alcune molecole riportano avvertenze specifiche relative a patologie tiroidee rare o a precedenti di pancreatite, e richiedono cautela in presenza di gastroparesi. La decisione terapeutica beneficia di un approccio multidisciplinare, che bilanci benefici attesi e rischi individuali in un orizzonte di medio-lungo termine.
Nella pratica, l’avvio della terapia prevede una titolazione graduale per minimizzare gli effetti gastrointestinali più comuni (nausea, senso di pienezza, talora vomito o diarrea), che tendono a ridursi con il tempo. Il monitoraggio clinico include peso, circonferenza vita, pressione, profilo glicemico e lipidico, nonché eventuali sintomi di intolleranza; il counseling sullo stile di vita resta parte integrante del percorso per massimizzare la risposta. Le riduzioni di peso osservate con le nuove molecole possono superare il 10% del peso corporeo in una quota significativa di pazienti, con benefici su glicemia, steatosi epatica e rischio cardiovascolare. Tuttavia, come per altre terapie croniche, l’effetto si mantiene finché il trattamento prosegue: l’interruzione è spesso seguita da recupero ponderale parziale o completo. Definire fin dall’inizio una strategia di mantenimento, con obiettivi e criteri di risposta, aiuta a bilanciare efficacia, tollerabilità e sostenibilità nel tempo.
Efficacia e sicurezza
I nuovi farmaci per il trattamento dell’obesità, come la semaglutide e la tirzepatide, hanno dimostrato un’efficacia significativa nella riduzione del peso corporeo. Studi clinici hanno evidenziato che la semaglutide può portare a una perdita di peso media del 15% nei pazienti trattati, mentre la tirzepatide ha mostrato risultati ancora più promettenti, con una riduzione media del 26% del peso corporeo iniziale. (grupposandonato.it)
Tuttavia, l’utilizzo di questi farmaci non è esente da effetti collaterali. I più comuni includono disturbi gastrointestinali come nausea, vomito, diarrea e costipazione. In alcuni casi, sono stati riportati anche affaticamento e perdita di capelli. È fondamentale che la somministrazione di questi farmaci avvenga sotto stretta supervisione medica, considerando attentamente il profilo di rischio-beneficio per ciascun paziente. (aboutpharma.com)
Inoltre, esistono controindicazioni specifiche per l’uso di questi farmaci. Ad esempio, la tirzepatide non è raccomandata per pazienti con una storia personale o familiare di carcinoma midollare della tiroide o con neoplasia endocrina multipla di tipo 2. È quindi essenziale una valutazione clinica approfondita prima di iniziare il trattamento.
La risposta al trattamento è eterogenea e può seguire un andamento con fasi di rapido calo ponderale iniziale e successivo plateau. Aderenza, titolazione graduale delle dosi e accompagnamento educativo incidono sulla tollerabilità e sulla continuità. Oltre ai disturbi gastrointestinali, sono stati descritti eventi delle vie biliari (per esempio, colelitiasi/colecistite) e rari casi di pancreatite: la comparsa di dolore addominale intenso e persistente merita una valutazione clinica. La farmacovigilanza attiva e il monitoraggio periodico facilitano l’identificazione precoce di segnali di sicurezza.
Il profilo di sicurezza a lungo termine è oggetto di valutazioni in corso. In generale, il rischio di ipoglicemia è basso in monoterapia, ma può aumentare se associati a insulina o sulfaniluree; l’eventuale aggiustamento dei farmaci ipoglicemizzanti concomitanti va considerato in un piano globale. Disidratazione e peggioramento transitorio della funzionalità renale possono verificarsi in presenza di vomito o diarrea prolungati; un’adeguata idratazione e il controllo clinico sono parte della gestione. I benefici cardiometabolici tendono a riflettere l’entità del calo ponderale, e dati emergenti suggeriscono potenziali vantaggi su esiti cardiovascolari in soggetti ad alto rischio. La decisione di proseguire, ottimizzare o interrompere il trattamento dovrebbe basarsi su risposta clinica, tollerabilità e obiettivi condivisi, con rivalutazioni periodiche.
Prospettive future
Il panorama terapeutico per l’obesità è in continua evoluzione, con numerosi farmaci in fase di sviluppo che promettono di ampliare le opzioni di trattamento disponibili. Tra questi, il CagriSema, una combinazione di semaglutide e cagrilintide, ha mostrato in studi preliminari una riduzione del peso corporeo del 15,6% in 32 settimane. Un altro candidato promettente è il MariTide, un anticorpo monoclonale bispecifico che agisce simultaneamente sui recettori GIP e GLP-1, con una riduzione del peso corporeo del 14,5% dopo 85 giorni nei soggetti obesi senza diabete. (pharmastar.it)
Questi sviluppi indicano una tendenza verso terapie più efficaci e personalizzate, che potrebbero rivoluzionare l’approccio al trattamento dell’obesità nei prossimi anni. Tuttavia, è fondamentale che l’introduzione di nuovi farmaci sia accompagnata da studi approfonditi sulla loro sicurezza e efficacia a lungo termine.
In conclusione, l’avvento di nuovi farmaci per l’obesità rappresenta una svolta significativa nel trattamento di questa condizione, offrendo ai pazienti opzioni terapeutiche più efficaci. Tuttavia, è essenziale un approccio medico attento e personalizzato, considerando i potenziali effetti collaterali e le controindicazioni specifiche di ciascun farmaco.
Per approfondire
Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): Informazioni aggiornate sui farmaci approvati per il trattamento dell’obesità in Italia.
Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): Dettagli sulle approvazioni e linee guida relative ai farmaci anti-obesità a livello europeo.
Società Italiana dell’Obesità (SIO): Risorse e linee guida per la gestione e il trattamento dell’obesità.
The New England Journal of Medicine: Studio sulla semaglutide e la sua efficacia nella perdita di peso.
Fondazione Umberto Veronesi: Articolo sulle recenti scoperte in ambito farmacologico per il trattamento dell’obesità.
