Epatite B: incubazione, contagiosità e profilassi

Epatite B: incubazione, contagiosità e profilassi

Epatite B: scheda riassuntiva di notifica e profilassi


Classificazione ICD-9: 072.2-072.3

Tipo di Notifica: Classe II

Periodo di incubazione: Da 45 a 180 giorni, mediamente 60-90 giorni.

Periodo di contagiosità: L’infettività inizia alcune settimane prima del manifestarsi della sintomatologia e permane per tutta la durata della malattia. Tutti i soggetti HBsAg positivi sono da considerare potenzialmente infettanti.

Provvedimenti nei confronti del malato: Adozione delle precauzioni standard1 per prevenire l’esposizione ed il contatto con sangue ed altri fluidi biologici.

Provvedimenti nei confronti dei conviventi e dei contatti: Vaccinazione di conviventi2 e partner sessuali di soggetti portatori cronici di HBsAg, secondo le indicazioni del D.M. 4 ottobre 1991 (G.U. n° 251 del 27 ottobre 1991).
Immunoprofilassi post-esposizione per tutti i soggetti vittime di lesioni con aghi o oggetti taglienti potenzialmente infetti e di partner sessuali di pazienti cui sia stata diagnosticata l’epatite virale B.
Le immunoglobuline specifiche vanno somministrate al più presto dopo il contatto potenzialmente infettante, insieme con il vaccino, secondo gli schemi riportati nel D.M. 3 ottobre 1991 (G.U. n° 251 del 27 ottobre 1991) e successive modifiche ed integrazioni.
La profilassi post-esposizione non è necessaria per le persone immunizzate in precedenza che abbiano un titolo anticorpale maggiore o uguale a 10 mUI/ml. In caso contrario, è indicata una dose booster di vaccino, ovvero di immunoglobuline, per la somministrazione delle quali è necessario acquisire il consenso informato.

1 Complesso di pratiche, basate sull’assunzione che nel sangue o in altri fluidi biologici possano essere presenti HIV, HBV, HCV ed altri agenti patogeni a trasmissione parenterale per prevenire l’esposizione parenterale di mucose o di cute non intatta agli stessi. Si basano essenzialmente sull’uso di mezzi di barriera: guanti, camici, grembiuli, mascherine, occhiali protettivi, schermi facciali
2 Tutti coloro che condividano con il paziente la stessa abitazione.

 

Generalità

L’epatite B, conosciuta anche come epatite da siero o a lunga incubazione, rappresenta un vero problema sanitario in tutto il mondo con i suoi 300.000.000 di portatori cronici.

Lo stato di portatore cronico è responsabile della maggioranza delle cirrosi epatiche e, come agente carcinogenetico, è secondo solo al tabacco, essendo implicato nel 60-90% dei casi di carcinoma epatocellulare (HCC) nelle aree ad alta prevalenza.

L’HCC è una delle più diffuse neoplasie viscerali nel mondo e rappresenta la causa di morte di 250.000-1.000.000 di persone per anno.

L’agente eziologico responsabile è il prototipo di un’unica famiglia di virus, gli HEPADNA virus, che include il virus dell’epatite B umana (HBV), il virus dell’epatite della marmotta americana, il virus dell’epatite dello scoiattolo Becchy, il virus dell’epatite dell’anatra Pekin e il virus deH’cpatitc dell’airone.

Il virus dell’epatite B nell’uomo è un virus DNA del diametro di 42 nm.

L’involucro esterno è costituito da un complesso lipoproteico denominato antigene di superficie (HBsAg), che si ritrova nel siero dei pazienti in aggregati sferici o tubulari del diametro di 22 nm.

È stata la scoperta dell’eccesso di HBsAg che ha permesso a Blumberg, nel 1965, di identificare l’antigene Australia.

Il virus contiene un nucleo centrale esagonale, costituito dal-l’antigene del core (HBsAg), dall’antigene e (HBeAg), che è una specifica DNA polimerasi, e da un DNA circolare (HBV-DNA), che è parzialmente a doppia elica.

Il genoma virale è il più piccolo tra tutti i virus conosciuti.

Sierologia dell’epatite B

Fra i test sierologici disponibili per l’epatite B solo due sono necessari per accertare la diagnosi e l’eventuale cronicizzazione dell’infezione da HBV: HbsAg e le IgM anti-HBc.

L’HBsAg è il primo marker d’infezione da HBV e appare entro le prime 3 o 4 settimane dall’esposizione e 1-2 mesi prima dell’inizio della malattia clinica.

La sua presenza è patognomonica di infezione da HBV acuta o cronica.

Il livello di HBsAg comincia ad abbassarsi con lo sviluppo dell’ittero e non è più rilevabiie durante la fase risolutiva della malattia; a volte, scompare prima che altri test laboratoristici (per esempio bilirubinemia, transaminasi) si normalizzino e altre volte, invece, solo dopo diverse settimane dalla normalizzazione degli altri test.

Una piccola percentuale di pazienti si presenta al medico con un’epatite clinicamente evidente quando è già avvenuta la clearance dell’HBsAg, ma senza che si siano sviluppati anticorpi anti-HBs.

Poiché le IgM anti-HBc aumentano subito dopo l’inizio della malattia e rimangono elevate per diversi mesi, il dosaggio del-l’IgM anti-HBc – in questo sottogruppo di pazienti – è positivo, consentendo in tal modo di identificare la fase acuta dell’epatite B.

Inoltre, la presenza delle IgM anti-HBc elimina l’ipotesi alternativa che l’epatite acuta sia una superinfezione di un secondo virus su di un portatore cronico di epatite B fino a quel momento sconosciuto.

La clearence dell’HBsAg segnala in genere la risoluzione dell’infezione, mentre lo sviluppo di anticorpi anti-HBs assicura l’immunizzazione nei confronti di future infezioni.

La positività per l’antigene e (HBeAg) indica un’elevata replicazione virale e la presenza del virus infettante nel sangue.

In ogni caso, poiché l’infezione si verifica anche quando si sviluppano anticorpi contro l’HBeAg (anti-HBc), il marker migliore per stabilire l’infetti-vità è il dosaggio dell’HBV-DNA nel siero.

Esiti dell’infezione da HBV. Fra i soggetti affetti da epatite B il 90-95% recupera completamente, mentre soltanto lo 0.1-1% muore per epatite fulminante entro alcune settimane dall’inizio della malattia; il 5-10% diventa portatore cronico in quanto non riesce a eliminare completamente il virus.

In genere i portatori cronici asintomatici con transaminasi normale non incorrono in forme più severe di malattia cronica.

Tuttavia, i portatori cronici con o senza sintomi e con elevati livelli di transaminasi possono evolvere verso lesioni minime, epatite cronica persistente, epatite cronica attiva e quindi cirrosi epatica.

Un piccolo sottogruppo di pazienti dei paesi mediterranei è stato identificato come portatore cronico di virus B mutanti che producono una malattia più severa.

Questi pazienti sono HBsAg e HBV-DNA positivi ma HBeAg negativi e anti-HBe positivi.

Chiaramente tutti i portatori cronici sono ad alto rischio di sviluppo di carcinoma epa-tocellulare e quelli con virus circolante costituiscono una potenziale fonte di trasmissione.

Epidemiologia dell’ Epatite B

Nel mondo, la prevalenza dell’epatite B varia moltissimo, da aree a bassa endemicità, dove meno dell’1% dei soggetti adulti è portatore cronico e meno del 10% ha evidenza di precedente infezione da HBV (USA, Canada, Europa occidentale), fino ad aree endemiche dove i portatori cronici adulti sono fra il 2% e il 15%. mentre il 30-100% dei soggetti presenta marker di pregressa infezione (Africa, Asia e Oceania).

Oltre il 75% della popolazione mondiale vive in aree di media endemicità. Maynard e coll, hanno stimato che 1 300 000 dei circa 122 000 000 di bambini nati in queste regioni nel 1985 potrebbero morire per le sequele croniche di un’epatite B.

Infatti, il rischio di diventare portatore cronico e la severità della malattia sono direttamente correlati all’età della prima infezione. Ciò spiega l’elevato numero di portatori cronici nelle aree ad elevata endemicità: in tali aree, nella prima infanzia, la trasmissione della malattia avviene in genere per linea verticale, da madri infette, oppure orizzontalmente per contatto diretto con un portatore tramite ferite cutanee.

Nelle aree a bassa endemicità, la diffusione si verifica prevalentemente per via sessuale o parenterale c solo il 6-10% dei soggetti che si è infettato dopo i 6 anni di età diventa portatore cronico.

Sono esposti a rischio di infezione da HBV i gruppi di soggetti con alterazioni dello stato immunitario (inclusi i dializzati), i soggetti in terapia immuno-soppressiva. i tossicodipendenti, i politrasfusi (emofiliaci), il personale ospedaliero e i tecnici di laboratorio, i detenuti, i maschi omosessuali o eterosessuali che pratichino sessualità promiscua.

L’HBV è un virus altamente infettante e circa il 10% dei soggetti contrae l’infezione accidentalmente, per esempio con una puntura di ago infetto oppure ricevendo trasfusioni di sangue o plasma (parimenti infetto), nonostante i meticolosi controlli a cui sono sottoposti il sangue e i suoi derivati; presumibilmente, data l’elevata infettività, è sufficiente una minima quantità di virus, non evidenziabile con le indagini di laboratorio.

Circa il 50% dei pazienti con epatite acuta B non riferisce precedenti esposizioni e non fa parte di nessuno dei gruppi a rischio.

In questi casi le modalità di trasmissione sono ignote, anche se è possibile il coinvolgimento di un carrier sconosciuto.

La trasmissione per via orale è estremamente rara e molti studi non hanno dimostrato la trasmissione attraverso endoscopi o cibi infetti.

Il virus, benché presente nelle lacrime, nelle secrezioni vaginali, nel liquido seminale, nel latte mammario, nel sudore e nelle urine, non è stato ritrovato nelle feci e viene distrutto dall’acidità gastrica e dagli enzimi pancreatici.

Una via di accesso per il virus potrebbe essere rappresentata da piccole lesioni nella mucosa buccale, soprattutto a livello delle gengive.

Una frequente via di trasmissione per gli operatori sanitari è rappresentata da schizzi di sangue o secrezioni nella mucosa oculare o attraverso piccole ferite cutanee.

Sintomi e quadro clinico

La clinica dell’ Epatite B è sovrapponibile a quella dell’Epatite A, a cui si rimanda e da cui si differenzia solamente per la maggiore frequenza di cronicizzazione.