Procoralan: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Procoralan 5 mg (Ivabradina Cloridrato): sicurezza e modo d’azione

Procoralan 5 mg (Ivabradina Cloridrato) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile

Ivabradina è indicata per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile negli adulti con coronaropatia e normale ritmo sinusale e frequenza cardiaca ? 70 bpm. Ivabradina è indicata:

negli adulti che non sono in grado di tollerare o che hanno una controindicazione all’uso dei beta-bloccanti

o in associazione ai beta-bloccanti nei pazienti non adeguatamente controllati con una dose ottimale di beta-bloccante

Trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica

Ivabradina è indicata nell’insufficienza cardiaca cronica in classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica, in pazienti con ritmo sinusale e la cui frequenza cardiaca sia ? 75 bpm, in associazione con la terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un beta-bloccante sia controindicata o non tollerata (vedere paragrafo 5.1).

Procoralan 5 mg: come funziona?

Ma come funziona Procoralan 5 mg? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Procoralan 5 mg

Categoria farmacoterapeutica: terapia cardiaca, codice ATC: C01EB17 Meccanismo d’azione

L’ivabradina è un medicinale che riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso una inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca I

f , che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo del seno senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare.

L’ivabradina può interagire anche con la corrente I

h presente nella retina e che ha caratteristiche molto vicine a quella della corrente cardiaca I

f. Questa corrente interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di I

h da parte dell’ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti. I fenomeni luminosi (fosfeni) sono descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo (vedere paragrafo 4.8).

Effetti farmacodinamici

La principale proprietà farmacodinamica dell’ivabradina nell’uomo è una specifica riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca. L’analisi della riduzione della frequenza cardiaca con dosi fino a 20 mg due volte al giorno, indica che vi è la tendenza a raggiungere un plateau, il che è in accordo con il rischio ridotto di avere gravi bradicardie con una frequenza inferiore a 40 bpm (vedere paragrafo 4.8).

Alle dosi normalmente raccomandate, la riduzione della frequenza cardiaca è di circa 10 bpm a riposo e durante esercizio. Questo porta ad una riduzione del carico di lavoro cardiaco e del consumo di ossigeno da parte del miocardio. L’ivabradina non influenza la conduzione intracardiaca, la contrattilità (assenza di effetto inotropo negativo) o la ripolarizzazione ventricolare:

negli studi clinici elettrofisiologici, l’ivabradina non ha avuto effetto sui tempi di conduzione atrioventricolare o intraventricolare o sull’intervallo QT corretto;

in pazienti con disfunzione del ventricolo sinistro (frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) tra 30 e 45%), l’ivabradina non ha avuto nessun effetto negativo sulla frazione di eiezione.

Efficacia e sicurezza clinica

L’efficacia antianginosa e anti-ischemica di ivabradina è stata valutata in cinque studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (tre verso placebo, e gli altri rispettivamente verso atenololo e amlodipina). Questi studi hanno incluso un totale di 4.111 pazienti con angina pectoris cronica stabile, di cui 2.617 trattati con ivabradina.

L’ivabradina 5 mg due volte al giorno è risultata essere efficace sui parametri del test ergometrico entro 3-4 settimane di trattamento. L’efficacia è stata confermata con la dose di 7,5 mg due volte al giorno. In particolare, il beneficio addizionale rispetto alla dose di 5 mg due volte al giorno è stato stabilito in uno studio controllato di confronto verso atenololo: la durata totale dell’esercizio valutata al valore minimo di efficacia era aumentata di circa 1 minuto dopo un mese di trattamento con 5 mg due volte al giorno e migliorava ulteriormente di quasi 25 secondi dopo un successivo periodo di

3 mesi di titolazione forzata a 7,5 mg due volte al giorno. In questo studio, i benefici antianginosi e anti-ischemici dell’ivabradina sono stati confermati in pazienti con età > 65 anni. L’efficacia di 5 e

7,5 mg due volte al giorno sui parametri del test ergometrico è risultata essere coerente in tutti gli studi (durata totale dell’esercizio, tempo all’interruzione della prova da sforzo da dolore anginoso, tempo di comparsa del dolore anginoso e tempo di comparsa dello slivellamento di 1 mm del tratto ST) ed è stata associata con una diminuzione di circa il 70% nella frequenza degli attacchi anginosi. Lo schema di somministrazione di due volte al giorno ha dato un’efficacia uniforme nell’arco delle 24 ore.

In uno studio randomizzato controllato verso placebo condotto su 889 pazienti, ivabradina somministrata in aggiunta a 50 mg di atenololo una volta al giorno ha dimostrato una efficacia additiva su tutti i parametri del test da sforzo (ETT) al valore minimo dell’attività del medicinale (12 ore dopo l’assunzione orale).

In uno studio randomizzato controllato verso placebo condotto su 725 pazienti, l’ivabradina non ha mostrato un’efficacia additiva in aggiunta all’amlodipina 10 mg una volta al giorno al valore minimo dell’attività del medicinale (12 ore dopo l’assunzione orale) mentre un’efficacia additiva è stata dimostrata al picco (3-4 ore dopo l’assunzione orale).

In uno studio randomizzato, placebo-controllato, condotto su 1.277 pazienti, ivabradina ha dimostrato una efficacia additiva statisticamente significativa sulla risposta al trattamento (definita come riduzione di almeno 3 attacchi di angina a settimana e/o allungamento di almeno 60 secondi del tempo al sottoslivellamento di 1 mm del tratto ST durante il test da sforzo al treadmill) in aggiunta ad amlodipina 5 mg una volta al giorno o nifedipina GITS 30 mg una volta al giorno, al minimo dell’attività del farmaco (12 ore dopo assunzione orale di ivabradina) per un periodo di trattamento di 6 settimane (OR = 1,3, 95% CI [1,0–1,7]; p=0,012). Ivabradina non ha mostrato una efficacia additiva sugli altri parametri del test da sforzo (endpoint secondari) al minimo dell’attività del farmaco, mentre è stata evidenziata una efficacia additiva al picco di attività (3-4 ore dopo assunzione orale di ivabradina).

L’efficacia dell’ivabradina si è totalmente mantenuta durante i periodi di trattamento di 3 o 4 mesi, nel corso degli studi clinici di efficacia. Non c’è stata evidenza di sviluppo di tolleranza farmacologica (perdita di efficacia) durante il trattamento, né di fenomeni di rebound dopo la brusca interruzione del trattamento. Gli effetti antianginosi e anti-ischemici dell’ivabradina erano associati con la riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca e con una significativa riduzione del prodotto frequenza pressione (frequenza cardiaca x pressione arteriosa sistolica) a riposo e durante l’esercizio. Gli effetti sulla pressione arteriosa e sulla resistenza vascolare periferica sono risultati minori e clinicamente non significativi.

Una riduzione prolungata della frequenza cardiaca è stata dimostrata in pazienti trattati con ivabradina per almeno un anno (n = 713). Non è stata osservata alcuna influenza sul metabolismo lipidico o glucidico.

L’efficacia antianginosa e anti-ischemica dell’ivabradina si mantiene anche nei pazienti diabetici (n = 457) con un profilo di sicurezza simile a quello osservato nella popolazione generale.

Un ampio studio di outcome, BEAUTIFUL, è stato condotto su 10917 pazienti con coronaropatia e disfunzione ventricolare sinistra (LVEF < 40%) con ivabradina in aggiunta alla terapia ottimale di base, in cui l’86,9% dei pazienti era in trattamento con beta-bloccanti. Il principale criterio di efficacia era il composito di morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico acuto o ospedalizzazione per la nuova insorgenza o il peggioramento di insufficienza cardiaca. Lo studio non ha mostrato differenze nel tasso di outcome primario composito nel gruppo ivabradina rispetto al gruppo placebo (rischio relativo ivabradina: placebo 1,00, p=0,945).

Nell’analisi a posteriori (post-hoc) di un sottogruppo di pazienti con angina sintomatica alla randomizzazione (n=1507), non sono state rilevate segnalazioni di sicurezza relativamente a morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico acuto o insufficienza cardiaca (ivabradina 12,0% verso placebo 15,5%, p=0,05).

Un piccolo incremento statisticamente significativo nel PCE è stato osservato in un sottogruppo prespecificato di pazienti con angina al basale, in classe CCS II o più alta (n=12.049) (tassi annuali 3,4% vs 2,9%, rischio relativo ivabradina/placebo 1,18, p=0,018), ma non nel sottogruppo della popolazione totale di pazienti anginosi in classe CCS ? I (n=14.286) (rischio relativo ivabradina/placebo 1,11, p=0,110).

La dose utilizzata nello studio, più alta di quella approvata, non ha spiegato completamente i risultati ottenuti.

Lo studio SHIFT è un ampio studio di outcome, multicentrico, internazionale, randomizzato, controllato, in doppio cieco verso placebo condotto su 6.505 pazienti adulti con insufficienza cardiaca cronica (da ?4 settimane), in classe NYHA da II a IV, con una ridotta frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF ? 35%) e una frequenza cardiaca a riposo ? 70 bpm.

I pazienti ricevevano una terapia convenzionale che comprendeva beta-bloccanti (89%), ACE inibitori e/o antagonisti dell’angiotensina II (91%), diuretici (83%) e agenti anti-aldosterone (60%). Nel gruppo trattato con ivabradina, il 67% dei pazienti era trattato con 7,5 mg due volte al giorno. Il follow-up mediano è stato di 22,9 mesi. Il trattamento con ivabradina è stato associato ad una riduzione media della frequenza cardiaca di 15 bpm rispetto al valore basale di 80 bpm. La differenza nella frequenza cardiaca tra il braccio trattato con ivabradina e il placebo è stata di 10,8 bpm a 28 giorni, di 9,1 bpm a 12 mesi e di 8,3 bpm a 24 mesi.

Lo studio ha dimostrato una riduzione clinicamente e statisticamente significativa del 18% del rischio relativo nella frequenza dell’endpoint composito primario di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,82, 95% CI [0,75;0,90] – p < 0,0001), evidente già nei primi 3 mesi dall’inizio del trattamento. La riduzione del rischio assoluto è stata del 4,2%. I risultati sull’endpoint primario sono principalmente dovuti agli endpoint sull’insufficienza cardiaca, ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca (rischio assoluto ridotto del 4,7%) e mortalità per insufficienza cardiaca (rischio assoluto ridotto del 1,1%).

Effetto del trattamento sull’endpoint composito primario, i suoi componenti e gli endpoint secondari

Ivabradina (N=3241) n (%) Placebo (N=3264) n (%) Hazard ratio [95% CI] p-value
Endpoint composito primario 793 (24,47) 937 (28,71) 0,82 [0,75; 0,90] <0,0001
Componenti del composito: 449 (13,85)
514 (15,86)
491 (15,04)
672 (20,59)
0,91 [0,80; 1,03]
0,74 [0,66; 0,83]
0,128
<0,0001
Altri endpoint secondari:
– tutte le cause di mortalità 503 (15,52) 552 (16,91) 0,90 [0,80; 1,02] 0,092
– mortalità per insufficienza cardiaca 113 (3,49) 151 (4,63) 0,74 [0,58;0,94] 0,014
– ospedalizzazione per tutte le cause 1231 (37,98) 1356 (41,54) 0,89 [0,82;0,96] 0,003
– ospedalizzazione per cause 977 (30,15) 1122 (34,38) 0,85 [0,78; 0,92] 0,0002
cardiovascolari

mortalità cardiovascolare

ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca

La riduzione dell’endpoint primario osservata si è mantenuta indipendentemente dal sesso, dalla classificazione NYHA, dall’eziologia ischemica o non-ischemica dell’insufficienza cardiaca e dall’anamnesi precedente di diabete o ipertensione.

Nel sottogruppo di pazienti con FC ? 75 bpm (n = 4.150), è stata osservata una maggiore riduzione nell’endpoint composito primario del 24% (hazard ratio: 0,76, 95% CI [0,68; 0,85]-p<0,0001) e per gli altri endpoint secondari, incluse tutte le cause di mortalità (hazard ratio: 0,83, 95% CI [0,72; 0,96]- p=0,0109) e mortalità cardiovascolare (hazard ratio: 0,83, 95% CI [0,71; 0,97]-p=0,0166).

In questo sottogruppo di pazienti il profilo di sicurezza di ivabradina è in linea con quello della popolazione totale.

E’ stato osservato un effetto significativo sull’endpoint composito primario nel gruppo totale di pazienti che assumevano una terapia con beta-bloccante (hazard ratio: 0,85, 95% CI [0,76;0,94]).

Nel sottogruppo di pazienti con FC ? 75 bpm e alla dose ottimale raccomandata di beta-bloccante, non è stato osservato un beneficio statisticamente significativo sull’endpoint composito primario (hazard ratio: 0,97, 95% CI [0,74;1,28]) e sugli altri endpoint secondari, compresa l’ospedalizzazione per il peggioramento dell’insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,79, 95% CI [0,56;1,10]) o la morte per insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,69, 95% CI [0,31;1,53]).

All’ultima rilevazione è stato riportato un significativo miglioramento nella classe NYHA: è migliorata in 887 pazienti (28%) trattati con ivabradina rispetto a 776 pazienti (24%) trattati con placebo (p = 0,001).

In uno studio randomizzato, controllato con placebo, condotto su 97 pazienti, i dati raccolti durante specifiche indagini oftalmologiche, volte a documentare la funzione dei sistemi a coni e bastoncelli e la via visiva ascendente (cioè elettroretinogramma, campi visivi statici e cinetici, visione dei colori, acuità visiva), non hanno mostrato alcuna tossicità retinica nei pazienti trattati con ivabradina per angina pectoris cronica stabile nell’arco di 3 anni.

Popolazione pediatrica

Uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo è stato effettuato in 116 pazienti pediatrici (17 di età compresa tra 6 e i 12 mesi, 36 di età compresa tra 1 e 3 anni, e 63 di età compresa tra 3 e 18 anni) con insufficienza cardiaca cronica e cardiomiopatia dilatata (DCM) in aggiunta al trattamento ottimale di base. 74 pazienti hanno ricevuto ivabradina (con un rapporto 2:1). La dose iniziale era di 0,02 mg/kg due volte al giorno nel gruppo di età tra 6 e 12 mesi, 0,05 mg/kg due volte al giorno nel gruppo di età tra 1 e 3 anni e nel gruppo di età tra 3 e 18 anni con peso corporeo < 40 kg, e di 2,5 mg due volte al giorno nel gruppo di età tra 3 e 18 anni e con peso corporeo ? 40 kg. La dose era adattata sulla base della risposta terapeutica con una dose massima rispettivamente di 0,2 mg/kg due volte al giorno, 0,3 mg/kg due volte al giorno e 15 mg/kg due volte al giorno. In questo studio, ivabradina è stata somministrata come formulazione liquida orale o come compressa due volte al giorno. L’assenza di differenze farmacocinetiche tra le 2 formulazioni è stata dimostrata in uno studio in aperto, randomizzato, con disegno cross-over a due periodi, condotto in 24 volontari sani adulti.

Una riduzione del 20% della frequenza cardiaca, senza bradicardia, è stata raggiunta nel 69,9% dei pazienti nel gruppo ivabradina verso il 12,2% nel gruppo placebo durante il periodo di titolazione della durata da 2 a 8 settimane (odds ratio: E=17,24, 95% CI [5,91; 50,30]).

La dose media di ivabradina che ha permesso di raggiungere una riduzione della frequenza cardiaca del 20% è stata rispettivamente di 0,13 ± 0,04 mg/kg due volte al giorno, 0,10 ± 0,04 mg/kg due volte al giorno e 4,1 ± 2,2 mg due volte al giorno nei sottogruppi di età tra 1 e 3 anni, tra 3 e 18 anni e con peso corporeo < 40 kg e tra 3 e 18 anni e con peso corporeo ? 40 kg.

Dopo 12 mesi di trattamento, la frazione di eiezione media del ventricolo sinistro è risultata aumentata da 31,8% a 45,3 % nel gruppo ivabradina rispetto ad un aumento dal 35,4% al 42,3% nel gruppo placebo. C’è stato un miglioramento della classe NYHA nel 37,7% dei pazienti trattati con ivabradina rispetto al 25,0% dei pazienti nel gruppo placebo. Questi miglioramenti non sono risultati statisticamente significativi.

Il profilo di sicurezza, nell’arco di un anno, è risultato simile a quello descritto nei pazienti adulti affetti da insufficienza cardiaca cronica.

Gli effetti a lungo termine di ivabradina sull’accrescimento, sulla pubertà e sullo sviluppo generale così come l’efficacia a lungo termine della terapia con ivabradina nell’infanzia per ridurre la morbi/mortalità cardiovascolare non sono state studiate.

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Procoralan in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il trattamento dell’angina pectoris.

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Procoralan nei bambini di età inferiore a 6 mesi per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica.


Procoralan 5 mg: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Procoralan 5 mg, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Procoralan 5 mg

In condizioni fisiologiche, l’ivabradina viene rapidamente rilasciata dalle compresse ed è altamente solubile in acqua (>10 mg/ml). L’ivabradina è l’enantiomero S e nessuna bioconversione è stata dimostrata in vivo. Il derivato N-demetilato dell’ivabradina è stato identificato come il principale metabolita attivo nell’uomo.

Assorbimento e biodisponibilità

L’ivabradina è rapidamente e quasi completamente assorbita dopo somministrazione orale con un picco plasmatico raggiunto in circa un’ora, in condizioni di digiuno. La biodisponibilità assoluta delle compresse rivestite con film è di circa il 40%, a causa dell’effetto di primo passaggio nell’intestino e nel fegato.

Il cibo ritarda l’assorbimento di circa un’ora e ne aumenta la presenza nel plasma dal 20 al 30%. Si raccomanda di assumere la compressa durante i pasti per diminuire la variabilità di concentrazione intra-individuale (vedere paragrafo 4.2).

Distribuzione

L’ivabradina si lega alle proteine plasmatiche per circa il 70% e, nei pazienti, il volume di distribuzione allo stato stazionario è vicino a 100 l. La concentrazione plasmatica massima in seguito a

somministrazione cronica alla dose raccomandata di 5 mg due volte al giorno è di 22 ng/ml (CV=29%). La concentrazione plasmatica media allo stato stazionario è 10 ng/ml (CV=38%).

Biotrasformazione

Eliminazione

L’ivabradina viene eliminata con un’emivita principale di 2 ore (70-75% dell’AUC) nel plasma e con un’emivita effettiva di 11 ore. La clearance totale è circa 400 ml/min e la clearance renale è circa

70 ml/min. L’escrezione dei metaboliti avviene in parti uguali con le feci e le urine. Circa il 4% di una dose orale è escreto immodificato nelle urine.

Linearità/Non Linearità

Le cinetiche dell’ivabradina sono lineari nel range di dosi orali compreso tra 0,5-24 mg.

Popolazioni particolari

Anziani: non sono state osservate differenze farmacocinetiche (AUC e Cmax) tra i pazienti anziani (? 65 anni) o molto anziani (? 75 anni) e la popolazione generale (vedere paragrafo 4.2).

Insufficienza renale: l’impatto della compromissione renale (clearance della creatinina da 15 a 60 ml/min) sulla farmacocinetica dell’ivabradina è minimo, in accordo con il modesto contributo fornito dalla clearance renale (circa il 20%) all’escrezione totale dell’ivabradina e del suo principale metabolita S18982 (vedere paragrafo 4.2).

Insufficienza epatica: in pazienti con lieve insufficienza epatica (punteggio Child Pugh fino a 7), l’AUC dell’ivabradina libera e del suo principale metabolita attivo è più alta di circa il 20% rispetto ai soggetti con una normale funzione epatica. I dati sono insufficienti per trarre conclusioni in pazienti con moderata insufficienza epatica. Non vi sono dati disponibili in pazienti con grave insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2 e 4.3).

Popolazione pediatrica: il profilo farmacocinetico di ivabradina nei pazienti pediatrici affetti da insufficienza cardiaca cronica di età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni è simile al profilo farmacocinetico descritto negli adulti quando si applica uno schema di titolazione basato sull’età e sul peso.

Relazione farmacocinetica/farmacodinamica (PK/PD)


Procoralan 5 mg: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Procoralan 5 mg agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Procoralan 5 mg è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Procoralan 5 mg: dati sulla sicurezza

I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, potenziale cancerogeno. Studi di tossicità riproduttiva hanno mostrato che l’ivabradina non ha nessun effetto sulla fertilità di ratti maschi e femmine. Quando animali gravidi sono stati trattati durante l’organogenesi con dosaggi vicini a quelli

terapeutici, si è osservata una più alta incidenza di feti con difetti cardiaci nei ratti e un piccolo numero di feti con ectrodattilia nei conigli.

In cani trattati con ivabradina (dosi di 2, 7 o 24 mg/kg/die) per un anno, sono state osservate variazioni reversibili della funzione retinica, che però non sono risultate essere associate a danni alle strutture oculari. Questi dati sono coerenti con gli effetti farmacologici dell’ivabradina e sono da attribuire alla sua interazione con la corrente I

h attivata in iperpolarizzazione, presente nella retina, e che condivide una ampia omologia con la corrente pacemaker cardiaca I

f.

Altri studi a dosi ripetute a lungo termine e studi di cancerogenesi non hanno evidenziato alcun cambiamento di rilevanza clinica.

Valutazione del Rischio Ambientale (Environmental Risk Assessment, ERA)

La valutazione del rischio ambientale di ivabradina è stata condotta in accordo con le linee guida europee di ERA.

Gli esiti di queste valutazioni sono a sostegno dell’assenza di un rischio ambientale di ivabradina e ivabradina non costituisce un pericolo per l’ambiente.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Procoralan 5 mg: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Procoralan 5 mg

Procoralan 5 mg: interazioni

Interazioni farmacodinamiche

Associazioni non raccomandate

Medicinali che prolungano il QT

Medicinali cardiovascolari che prolungano il QT (es. chinidina, disopiramide, bepridil, sotalolo, ibutilide, amiodarone)

Medicinali non cardiovascolari che prolungano il QT (es., pimozide, ziprasidone, sertindolo, meflochina, alofantrina, pentamidina, cisapride, eritromicina endovenosa)

L’uso concomitante di medicinali cardiovascolari e non cardiovascolari che prolungano il tratto QT con ivabradina deve essere evitato in quanto l’allungamento dell’intervallo QT può venir esacerbato dalla riduzione della frequenza cardiaca. Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco (vedere paragrafo 4.4).

Uso concomitante con precauzioni

Diuretici che causano perdita di potassio (diuretici tiazidici e diuretici dell’ansa): l’ipokaliemia può aumentare il rischio di aritmie. Dato che ivabradina può causare bradicardia, il risultato della

combinazione di ipokaliemia e bradicardia è un fattore predisponente all’insorgenza di gravi aritmie, specialmente nei pazienti con sindrome del QT lungo, sia congenita che indotta da medicinali.

Interazioni farmacocinetiche

Controindicazioni all’uso in associazione

Uso in associazione non raccomandato

Succo di pompelmo: la concentrazione di ivabradina viene raddoppiata in seguito alla co- somministrazione di succo di pompelmo. Perciò l’assunzione di succo di pompelmo deve essere evitata.

Precauzione nell’uso in associazione

Altri usi in associazione

Studi specifici di interazione tra medicinali non hanno mostrato effetti clinicamente significativi sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica dell’ivabradina per i seguenti medicinali: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo), sildenafil, inibitori della HMG CoA reduttasi (simvastatina), calcioantagonisti diidropiridinici (amlopidina, lacipidina), digossina e warfarin. Inoltre, non vi sono stati effetti clinicamente significativi dell’ivabradina sulla farmacocinetica di simvastatina, amlodipina, lacidipina, sulla farmacocinetica e farmacodinamica di digossina, warfarin e sulla farmacodinamica di aspirina.

Durante studi clinici pivotal di fase III i seguenti medicinali sono stati routinariamente associati con l’ivabradina senza nessuna evidenza in termini di sicurezza: inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, antagonisti dell’angiotensina II, beta-bloccanti, diuretici, agenti anti-aldosterone,

nitrati a breve e lunga durata, inibitori della HMG CoA reduttasi, fibrati, inibitori della pompa protonica, antidiabetici orali, aspirina e altri medicinali antiaggreganti.

Popolazione pediatrica

Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.


Procoralan 5 mg: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Procoralan 5 mg: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

E’ stato condotto uno studio specifico su volontari sani per valutare la possibile influenza dell’ivabradina sulle prestazioni alla guida e non è stato evidenziato nessun cambiamento di tali performance. Comunque, nell’esperienza post-marketing, sono stati riportati casi di alterata capacità di guidare a causa di sintomi visivi. Ivabradina può causare fenomeni luminosi transitori che consistono soprattutto in fosfeni (vedere paragrafo 4.8). Il possibile verificarsi di questi fenomeni luminosi deve essere preso in considerazione quando si guida o si usano macchinari in situazioni in cui possano verificarsi improvvise variazioni dell’intensità della luce, specialmente durante la guida notturna.

Ivabradina non influisce sulla capacità di usare macchinari.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco