Sindrome Coronarica Acuta: diagnosi e terapia

Sindrome Coronarica Acuta: diagnosi e terapia

Con il termine di “Sindrome Coronarica Acuta” si intende l’insieme dei segni e dei sintomi clinici  manifestazione  dì una cardiopatia ischemica sottostante.

Ad essere coinvolti generalmente sono i vasi coronarici danneggiati dalla patologia aterosclerotica  che nel tempo causa  sempre più il restringimento del lume vasale ed è responsabile  dell’insorgenza dei sintomi.

Tuttavia negli ultimi anni si è visto sempre più un coinvolgimento del microcircolo soprattutto nei pazienti diabetici.

Il sintomo cardine che generalmente lamentano i pazienti con Sindrome Coronarica Acuta, e motivo di presentazione in pronto soccorso è il dolore toracico.

Tale sintomo può presentarsi da solo o irradiarsi   al braccio sinistro, alla mandibola e può essere associato o meno  a  nausea e vomito.

I fattori di rischio cardiovascolari che sottendono alla patologia ischemica sono rappresentati da

  • ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia
  • Obesità
  • Diabete
  • Fumo
  • attività fisica ridotta
  • età
  • sesso

Questi ultimi due rappresentano i due fattori di rischio indipendenti più importanti ma come tali incorregibili.

In base all’elettrocardiogramma è possibile distinguere due grandi gruppi di pazienti:

  1. Pazienti con elevezione del tratto ST (infarto STEMI) maggiore di 2 mm in cui la terapia riperfusiva con angiolastica o fibrinolisi è prioritaria
  2. Pazienti senza elevazione del tratto ST (infarto NSTEMI) in cui si distinguono:
    • Alterazioni transitorie del tratto ST
    • Depressione del tratto ST
    • Alterazioni dell’onda T
    • Elettrocardiogramma perfettamente normale

Quadri Clinici della Sindrome Coronarica Acuta

La Sindrome Coronarica Acuta comporta cinque principali quadri clinici.

  1. Infarto Miocardico di Tipo 1: caratterizzato dalla rottura, ulcerazione, fissurazione di una placca aterosclerotica con successiva trombosi coronarica
  2. Infarto di Tipo 2, Caratterizzato da meccanismi che determinano uno squilibrio fra la domanda di ossigeno e l’offerta, spesso secondario a uno spasmo coronarico prolungato, tachiaritmie, anemia ,insufficienza repsiratoria,severa ipertensione, intossicazione.
  3. Infarto di Tipo 3, caratterizzato da morte improvvisa in cui non è possibile rilevare gli enzimi di miocardionecrosi
  4. Infarto di Tipo 4, secondario a coronarografia
  5. Infarto di Tipo 5, secondario a intervento di Bypass aortocoronarico.

In tutti questi casi  a prescindere dalle alterazioni elettrocardiografiche, si rilevano alterazione degli enzimi di miocardionecrosi  che indicano l’avvenuto coinvolgimento del tessuto miocardico, altrimenti si parla di angina instabile.

Nell’angina instabile non vi è necrosi dei cardiomiociti e questo ne permette una sostanziale distinzione in particolar modo con l’infarto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI).

Andando quindi a focalizzarci sul sottogruppo dei pazienti che presentano un infarto di tipo NSTEMI possiamo dire che rappresentano quella fetta di popolazione in cui la gestione dello stesso e dal punto di vista diagnostico e terapeutico è più complessa dell’infarto con sopraslivellamento del tratto ST che deve inderogabilmente procedere a rivascolarizzazione.

I Pazienti con NSTEMI presentano i seguenti sintomi clinici:

  • Dolore toracico prolungato (> 20 min), di solito retrosternale che può essere irradiato al braccio sinistro, associato a una sensazione di oppressione, può essere persistente o intermittente.
  • Dolore toracico di nuova insorgenza
  • Destabilizzazione di una angina stabile

Sintomi aggiuntivi possono essere la sudorazione, dispnea, sincope, dolore in sede epigastrica descritto spesso dai pazienti come un senso di mal digestione.

Diagnosi di Sindrome Coronarica Acuta

Nei pazienti con Sindrome Coronarica Acuta il primo step diagnostico è rappresentato dall’ Elettrocardiogramma a 12 Derivazioni Standard.

Tuttavia esso può risultare non diagnostico in 1/3 dei pazienti, inoltre nei pazienti in cui si ha un forte sospetto di IMA ma l’ECG risulta essere non diagnostico è di fondamentale importanza ricordarsi di esplorare  la Circonflessa con derivate aggiuntive da  V7-V9 e la coronaria Destra con V3R-V4R.

Nei pazienti con NSTEMI generalmente si ha un sottoslivellamento del tratto ST >0,5 Mv in una o più derivazioni contigue o di >0,2 mV nelle precordiali

Un altro step diagnostico fondamentale è costituito dai Biomarkers: Dovrebbe essere dosata ormai da tutti i laboratori la  Troponina Ultrasensibile.

Nelle ultime linee guida (2015) il dosaggio della Troponina ultrasensibile acquisisce un ruolo di fondamentale importanza per ottenere un rule-out/rule-in dei pazienti con Sindrome Coronarica Acuta sempre più precoce.

In particolar modo da recenti studi si è visto come il dosaggio della stessa al tempo 0 (T0) e al T1 rispettivamente dopo un’ora permette se positiva di fare diagnosi di Infarto Miocardico Acuto (in accordo con la presentazione clinica e i fattori di rischio)  se negativa di escludere la possibilità di Infarto del miocardio.

Esistono tutta via una fascia di pazienti “definiti GRIGI” in cui non è possibile fare questa distinzione così netta e in cui occorre spesso eseguire un terzo prelievo delle troponine a 6h di distanza per ottenere un accurato rule-IN o rule-OUT.

Sindrome Coronarica Acuta: linee guida ESC
Figura 2: Linee guida ESC

 

La Troponina ultrasensibile rispetto alle altre ha un alto valore predittivo per la sua sensibilità.

Si è visto che se:

  • Aumentata di 2 volte rispetto ai valori normali ha un alto valore predittivo positivo nel riconoscere l’infarto del miocardio di secondo tipo.
  • Aumentata di 5 volte ha un alto valore predittivo positivo per la diagnosi di infarto del miocardio di secondo tipo
  • Aumentata di 3 volte ha un valore predittivo positivo pari al 40% nel diagnosticare l’infarto del miocardio.

Insieme alla troponina ultrasensibile vengono utilizzati, per la diagnosi di Sindrome Coronarica Acuta,  altri markers fra cui la CK-MB che aumenta dopo 3-4 h dall’inizio del dolore toracico e rimane elevata per qualche giorno e insieme alla troponina aiuta a delineare il tempo di insorgenza dell’infarto.

Un altro Marker viene sempre più utilizzato soprattutto nel determinare un rule-out sempre più rapido ed efficente dei pazienti con sospetto infarto si tratta della copeptina.

Si tratta la parte C-termina del pro-ormone della vasopressina ed è un alto indice di stress endogeno ancora più sensibile della troponina stessa.

Questo marker viene raccomandato soprattutto quando ad essere dosata non è la troponina ultrasensibile ma in generale dovrebbe entrare in associazione con gli altri markers per effettuare un rapido rule-out dei pazienti con infarto del miocardio.

Quindi l’ECG a 12 derivazioni, la clinica e i markers permettono nell’insieme un rapido rule-out dei pazienti (anche ad un’ora) con un valore predittivo negativo pari al 98%, mentre il valore predittivo positivo risulta essere dell’88%.

Se il paziente data l’altà suggestività clinica e la positività alle precedenti indagini presenta una elevata probabilità di IMA-NSTEMI va ad effettuare subito la coronarografia viceversa se la probabilità è bassa può essere effettuata una TCcoronarica.

Imaging non invasivo

Ecocardiogramma:

Fa parte di uno degli strumenti che consente un iter diagnostico non invasivo e dovrebbe essere routinariamente eseguito in ogni paziente che si presenti con dolore toracico in sala rossa, permette infatti di rilevare immagini che determinino un forte sospetto per ischemia cardiaca con alterazione quindi della cinesi cardiaca (ipocinesia/acinesia).

Strumento inoltre che può essere utilizzato per fornire diagnosi alternative all’infarto del miocardio quali dissezione aortica embolia polmonare, versamento cardiaco, stenosi della valvola aortica, cardiomiopatia ipertrofica.

Inoltre la valutazione della funzionalità del ventricolo sinistro è indice importante per valutare la funzionalità cardiaca e l’eventuale prognosi dei pazienti stessi qualora questa fosse ridotta

 

Elettrocardiogramma da sforzo:

Da effettuare nei pazienti che non presentano dolore da molte ore con ECG non diagnostico ed enzimi negativi

 

Ecocardiogramma da sforzo:

Presenta un valore prognostico superiore all’elettrocardiogramma da sforzo eseguito previa somministrazione di dipiridamolo e dobutamina, può essere eseguito durante la degenza o subito dopo la dimissione del paziente.

 

Risonanza magnetica cardiaca:

Spesso usata per la diagnosi differenziale fra Tako-Tsubo, Miocardite e cardiomiopatia ipertrofica

 

TC coronarica:

Numerosi studi sono stati effettuati nell’usare la TC coronarica nei pazienti che si presentavano nel dipartimento di emergenza con dolore toracico ed elettrocardiogramma non diagnostico ed enzimi non dirimenti.

Si è visto che questa presenta un alto valore predittivo negativo nell’esclusione della Sindrome Coronarica Acuta ma nessuno studio ha usato la troponina ad alta sensibilità ed inoltre non poteva essere eseguita nei pazienti con calcificazioni severe o frequenze cardiache molto elevate né con pazienti già trattati con stent o By-Pass.

In definitiva dovrebbe essere usata nei pazienti a rischio basso intermedio di sindrome coronarica acuta qualora l’elettrocardiogramma e gli enzimi siano poco conclusivi.

Rischio Clinico e Prognosi

Valutazione del rischio ischemico

Si avvale dell’uso di alcune scale di rischio la cui valutazione quantitava è superiore nei pazienti con NSTEMI rispetto alla sola presentazione clinica.

Grace Risk Score

Stima la mortalità intraospedaliera dei pazienti con Sindrome Coronarica Acuta, rispettivamente a  6 mesi 1 anno e 3 anni, andando a valutare:

  • l’età
  • la pressione arteriosa sistolica,
  • la frequenza cardiaca
  • valori sierici di creatinina
  •  classe Killip
  •  biomarkers,
  • Arresto cardiaco all’ingresso
  • modificazioni del tratto ST.
Sindrome Coronarica Acuta: GRACE
GRACE Risk Score

Timi Risk score:

  • Età >65 anni
  • 3 o più fattori di rischio per patologia ischemica/ CAD nota
  • Uso di ASA negli ultimi 7 giorni
  • Dolore toracico
  • Alterzione dei biomarkers/ tratto ST

Valutazione del rischio clinico

  • Età avanzata, diabete, insufficienza renale
  • Dolore toracico di lunga durata, tachicardia, ipotensione, rigurgito mitralico severo

Elettrocardiogramma

Pazienti con un ECG iniziale che presenta un sottoslivellamento del tratto ST hanno una prognosi più infausta di quelli che non presentano alcuna alterazione elettrocardigrafica:

  • ST sottoslivellato maggiore di 0,05 mV in due o più derivazioni contigue
  • Aumento dei Biomarkers

Valutazione del rischio emorragico

Si valuta il rischio emorragico  a 30 giorni con il CRUSADE Score per tutti i pazienti con Sindrome Coronarica Acuta che devono essere sottoposti a strategia riperfusiva .

In definitiva quindi la gestione ottimale di un paziente con sospetto infarto del miocardio NSTEMI è molto più complessa dello STEMI in cui il sopraslivellamento del tratto ST insieme alla clinica e ai fattori di rischio impone una immediata strategia riperfusiva.

Nello NSTEMI invece l’unione della clinica, i fattori di rischio, (L’uso quindi di carte del rischio ischemico), unitamente agli enzimi e all’immaging non invasiva consentono di avere una diagnosi che sia il più possibile accurata per una scelta terapeutica ottimale anche fosse immediatamente quella riperfusiva.

 

Terapia della sindrome coronarica acuta

Trattamento farmacologico per l’ischemia.

  • Ossigeno-Terapia: va somministrata solo nei pazienti in cui ci sia una saturazione inferiore al 90%
  • Nitrati: andrebbero somministrati endovena e titolati fino al sollievo dei sintomi e al miglioramento del sottoslivellamento del tratto ST, non somministrare nei pazienti ipotesi o che abbiano fatto uso di inibitori di fosfodiesterasi nelle 24 ore precedenti.
  • Beta bloccanti: riducono il consumo di ossigeno diminuendo la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la contrattilità miocardica, dovrebbero essere iniziati precocemente nei pazienti che non mostrano sollievo dei sintomi e in cui non ci siano controindicazioni, mentre dovrebbero essere evitati nei pazienti in cui si sospetti una angina da vasospasmo in cui sono invece consigliati i nitrati e i calcioantagonisti.

Terapia antiaggregante

  • Acido-acetil salicilico (Cardioaspirin): consigliata in tutti i pazienti senza controindicazioni a una dose da carico di  150-325mg , 150mg se ev.
  • anticoagulazione.it/index.php/le-terapie/terapia-antiaggregante-piastrinica” class=”ilgen”>Inibitori del P2Y12 sono raccomandati in aggiunta all’aspirina
  • Tigagrelor (Brilique) a una dose da carico di 180 mg seguita da una somministrazione di 90mg per due volte al giorno.
    Consigliato in tutti i pazienti a  con rischio ischemico moderato-severo a meno che non vi siano particolari controindicazioni. Bisogna fare attenzione a somminisrarlo con i farmaci che vengono metabolizzati dal CYP3A come Il Diltiazem o la Simvastatina essendo un potente inibitore di tale CYP e  innalzando quindi i livelli di questi farmaci in circolo.
  • Prasugrel (Efient) profarmaco con un rapido inizio della sua attività antiaggregante e molto più efficace rispetto al clopidogrel. Somministrato  a una dose da carico  di 60mg e una giornaliera di 10 mg è consigliato nei pazienti che devono andare ad eseguire la procedura coronarica  a meno che non abbiano avuto recenti Stroke/TIA  e non sembra avere grossi benefici nei pazienti con età superiore ai 75 anni e con peso inferiore ai 60 kg.Non andrebbe somministrato nei pazienti in cui non è noto l’albero coronarico
  • Clopidogrel (Plavix) dose da carico di  300-600 mg seguito da una dose giornaliera di 75 mg, è un profarmaco inattivitò quindi molto meno rapido degli altri due agenti e richiede l’ossidazione epatica del P450 e  un 10% dei pazienti trattati con Plavix e ASA hanno spesso una ricorrenza di eventi ischemici.
  • Cangrelor: analogo dell’adenosina trifosfato (ATP) che lega reversibilmente  il recettore del P2Y12 e ha una emivita breve nel plasma (<10min). Viene somministrato in bolo a un dosaggio di 30mcr/kg/min e una infusione di 4mcr/Kg/min), consigliato nei pazienti che devono essere sottoposti per la prima volta  a coronarografia.
  • Inbitori della glicoproteina IIb/IIIa: non ne è cosigliato l’uso nei pazienti in cui l’albero coronarico non è noto.

La doppia antiagregazione dovrebbe essere continuata per 1 anno e in particolari situazioni come nella FA andrebbe somminisrato per soli 3-6 mesi facendo il paziente già una terapia anticoagulante.

 

Teapia Anticoagulante

Raccomandata al momento della diagnosi di Sindrome Coronarica Acuta in accordo con il rischio ischemico ed emorragico.

  • UFH eparina non frazionata: bolo iniziale di 60-70 UI/Kg fino a un massimo di 5000 UI seguita da una infusione di 12-15 UI/Kg/h ottenendo un aPTT che sia 1,5 -2,5 volte e mezzo i limiti normali. Raccomandata in pazienti che devono essere sottoposti a rivascolarizzazione coronarica e inoltre non occorre fare nessun aggiustamento renale
  • EBPM eparina a basso peso molecolare, ad esempio enoxaparina (Clexane) somministrata al dosaggio di 1mg/kg due volte al giorno a meno che  il paziente non abbia insufficienza renale per cui si prevede una mono somministrazione o in caso di grave insufficienza renale la sospensione del farmaco
  • Fondaparinux (Arixtra) dosaggio di 2,5 mg s.c una volta al giorno data la sua efficacia e la sua sicurezza dovrebbe essere il farmaco di scelta previo bolo inziale di  UFH nei pazienti che devono essere sottoposti a procedura data l’alta incidenza di restenosi nei pazienti trattati unicamente con questo farmaco.Tuttavia nei pazienti con insufficienza renale non può essere somministrato.

La terapia anticoagulante generalmente dovrebbe essere sospesa nei pazienti che non presentano particolari indicazioni dopo la fase acuta.

Tuttavia nei pazienti  con fibrillazione atriale e un CHADS_VASC score > 2 dovrebbe essere continuata in aggiunta alla DAPT valutando sempre lo score di rischio emorragico.

Se l’indice HAS-BLED  score risulta inferiore a un punteggio di due la triplice terapia deve essere continuata  per sei mesi; se il punteggio risulta superiore a tre questa non dovrebbe superare un mese e continuare poi come da protocollo per un anno con un farmaco antiaggregante e un anticoagulante.

Per ora l’unico farmaco coinvolto nella triplice terapia è il Clopidogrel mentre Ticagrelor e Prasugrel dovrebbero essere evitati.

La scelta degli anticoagulanti orali si avvale degli antagonisti della vitamina K per cui deve essere continuamente monitorato l’INR  in modo che si mantenga intorno a valori di 2-2,5.

L’uso dei nuovi anticoagulanti orali prevede il :

Nei pazienti FA che sono stati sottoposti a byPass o gestiti solo farmacologicamente, per un anno all’anticogulante dovrebbero aggiungere un o l’aspirina o il clopidogrel.

 

Antidoti degli anticoagulanti

Qualora vi sia un sovradossaggio degli anticoagulanti esistono degli antidoti in grado di antagonizzarne l’effetto :

Strategia terapeutica invasiva

Coronarografia e rivascolarizzazione:

Per quanto riguarda la coronarografia e la procedura di rivascolarizzazione nella Sindrome Coronarica Acuta, sono da seguire le seguenti raccomandazioni:

Deve essere immediata (<2 h) qualora il paziente presenti uno dei seguenti segni o sintomi:

  • Instabilità emodinamica
  • Dolore toracico ricorrente
  • Aritmie fatali
  • Permante deviazione del tratto ST
  • Shock cardiogeno.

Deve essere precoce (<24h) in caso di:

  • Aumento dei livelli di Troponina
  • Alterazioni del tratto ST con o senza dolore
  • GRACE score >140

È raccomandata una coronarografia tardiva (<72h) nei pazienti che presentano almeno uno dei seguenti fattori di rischio:

  • Diabete mellito
  • Insufficienza renale
  • Funzione ventricolare sinistra <40%
  • Dolore toracico di tipo anginoso post infartuale
  • Punteggio GRACE tra 109 e 140

Generalmente è raccomandato l’accesso radiale e l’uso di Stent medicati di ultima generazione soprattutto nei pazienti in cui la doppia terapia aggregante per l’elevato rischio di sanguinamento non può essere continuata a  lungo.

Management terapeutico in particolari condizioni cliniche

Nei pazienti diabetici è importante mantenere i livelli di glucosio inferiori a 180 mg/dl, ma la posologia farmacologica per questa categoria di pazienti deve essere la stessa e nei pazienti con patologia multivasale è consigliabile il byPass coronarico.

Nei pazienti con insufficienza renale è importante monitorare il filtrato glomerulare e nei pazienti che devono essere sottoposti a coronarografia è consigliabile l’uso dell’eparina non frazionata e una adeguata idratazione con soluzioni isotoniche

Nei pazienti con insufficienza ventricolare acuta è importante eseguire quanto prontamente un ecocardiogramma per escludere che ci sia una rottura acuta di papillare o un tamponamento in atto. Appena possibile sottoporli a coronarografia.

Nei pazienti con scompenso cardiaco:  Occorre iniziare un ACE inibitore e un beta bloccante nei pazienti con FE< a 40% con l’aggiunta di un mineralcorticoide qualora i sintomi non passino o vi sia una FE<35%.

Considerare in ultimo un device qualora persistano i sintomi nonostante aver impostato la precedente terapia dopo 40 giorni.

Nei pazienti fibrillanti: In assenza di controindicazioni è necessario iniziare la terapia anticoagualnte.

Se il paziente presenta la Fibrillazione Atriale in un tempo inferiore a 48 ore si può procedere alla cardioversione che sarà elettrica se il paziente è instabile o farmacologica con l’uso di amiodarone se il paziente è stabile.

Qualora invece si scelga di abbassare la frequenza cardiaca la scelta va per il betabloccante o il calcioantagonista (varapamil, diltiazem) a meno che il paziente non sia betabloccato o abbia uno scompenso cardiaco in atto o una FE <30%.

 

In questa categoria di pazienti che hanno avuto un Infarto NSTEMI è cosigliabile nel tempo mantenere comunque livelli pressori adeguati con una pressione diastolica inferiore a 90 mmHg e una sistolica inferiore a 140 e cercare di mantenere i valori di colesterolo LDL non superiori a 70 mg/dl.

In quest’ultimo caso qualora non sia possibile controllarlo con la sola dieta o attività fisica è importante iniziare una statina.