Trinomia: è un farmaco sicuro? Come funziona?

Trinomia 100/40/10 mg (Acido Acetilsalicilico + Atorvastatina Calcio Triidrato + Ramipril): sicurezza e modo d’azione

Trinomia 100/40/10 mg (Acido Acetilsalicilico + Atorvastatina Calcio Triidrato + Ramipril) è un farmaco che serve per curare le seguenti malattie:

Trinomia è indicato per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari, come terapia sostitutiva in pazienti adulti adeguatamente controllati con i singoli componenti somministrati in concomitanza a dosi terapeutiche equivalenti.

Trinomia 100/40/10 mg: come funziona?

Ma come funziona Trinomia 100/40/10 mg? Qual è il suo esatto meccanismo d’azione? Su quali organi del corpo agisce? Vediamolo insieme.

Farmacodinamica di Trinomia 100/40/10 mg

Categoria farmacoterapeutica: Inibitori della HMG-CoA reduttasi, altre associazioni. Codice ATC: C10BX06

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Trinomia in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per la prevenzione della cardiopatia ischemica (vedere paragrafo 4.2 per ìnformazìonì sull’uso pedìatrìco).

Acido acetilsalicilico

L’acido acetilsalicilico inibisce in maniera irreversibile l’aggregazione piastrinica. Questo effetto sulle piastrine è dovuto all’acetilazione della ciclossigenasi. Ciò inibisce in modo irreversibile la sintesi del trombossano A2 (una prostaglandina che promuove l’aggregazione piastrinica e la vasocostrizione) nelle piastrine. Questo effetto è permanente e di solito dura per tutti gli 8 giorni di vita della piastrina.

Paradossalmente, l’acido acetilsalicilico inibisce anche la sintesi della prostaciclina (una prostaglandina che inibisce l’aggregazione piastrinica, ma con effetti vasodilatatori) nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni. Questo effetto è transitorio. Non appena l’acido acetilsalicilico viene eliminato dal sangue, le cellule endoteliali nucleate sintetizzano nuovamente la prostaciclina. Di conseguenza, una singola dose bassa giornaliera di acido acetilsalicilico (< 100 mg/die) provoca l’inibizione del trombossano A2 nelle piastrine, senza influire considerevolmente sulla sintesi della prostaciclina.

L’acido acetilsalicilico appartiene inoltre al gruppo di antinfiammatori non steroidei acidici, con proprietà analgesiche, antipiretiche ed antinfiammatorie. Il loro meccanismo d’azione consiste nell’inibizione irreversibile dell’enzima cicloossigenasi, coinvolto nella sintesi delle prostaglandine. A dosi più elevate, l’acido acetilsalicilico è utilizzato per il trattamento del dolore da lieve a moderato, per l’innalzamento della temperatura corporea e per il trattamento di malattie infiammatorie acute e croniche, come l’artrite reumatoide.

I dati sperimentali dimostrano che l’ibuprofene può inibire l’aggregazione piastrinica dell’acido acetilsalicilico ai dosaggi più bassi se somministrato in concomitanza. In uno studio che ha confrontato l’effetto della somministrazione di una dose singola di ibuprofene 400 mg, 8 ore prima o 30 minuti prima della somministrazione di 81 mg di acido acetilsalicilico (in compressa a rilascio immediato), si è osservata una riduzione dell’effetto dell’acido acetilsalicilico sulla formazione di trombossano o sull’aggregazione piastrinica. Tuttavia, questi dati sono limitati, a causa dell’incertezza in merito alla loro estrapolazione alla pratica clinica. Pertanto, non vi sono conclusioni di rilievo riguardo all’uso regolare di ibuprofene e non vi è inoltre alcun effetto clinico di rilievo che possa ritenersi associato all’uso occasionale di ibuprofene .

Atorvastatina

L’atorvastatina è un inibitore selettivo e competitivo dell’HMG-CoA reduttasi, l’enzima limitante la velocità responsabile della conversione del 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A in mevalonato, un precursore degli steroli, incluso il colesterolo. I trigliceridi e il colesterolo nel fegato sono incorporati in proteine a bassissima densità (Very Low-Density Lipoproteins, VLDL) e rilasciati nel plasma, per il trasporto ai tessuti periferici. Le lipoproteine a bassa densità (Low-Density Lipoprotein, LDL) si formano dalle VLDL e sono catabolizzate principalmente tramite il recettore con elevata affinità per le LDL (recettore delle LDL).

L’atorvastatina abbassa il colesterolo plasmatico e le concentrazioni sieriche delle lipoproteine, inibendo l’HMG-CoA reduttasi e successivamente la biosintesi del colesterolo a livello epatico, e aumenta il numero di recettori LDL epatici sulla superficie cellulare per potenziare la captazione e il catabolismo delle LDL.

L’atorvastatina riduce la produzione di LDL e il numero di particelle di LDL. L’atorvastatina produce un aumento profondo e sostenuto dell’attività dei recettori delle LDL, associato a una benefica variazione della qualità delle particelle LDL in circolazione. L’atorvastatina è efficace nel ridurre il colesterolo LDL

nei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote, una popolazione che di solito non risponde ai medicinali ipolipemizzanti.

In uno studio dose-risposta è stato dimostrato che l’atorvastatina riduce le concentrazioni di colesterolo totale (30% – 46%), colesterolo LDL (41% – 61%), apolipoproteina B (34% – 50%) e trigliceridi (14% – 33%), producendo al contempo aumenti variabili del colesterolo HDL e dell’apolipoproteina A1. Questi risultati sono compatibili in pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare eterozigote, forme non familiari di ipercolesterolemia e iperlipidemia mista, compresi i pazienti con diabete mellito non insulino-dipendente.

E’ stato dimostrato che le riduzioni del colesterolo totale, colesterolo LDL e apolipoproteina B riducono il rischio di eventi cardiovascolari e mortalità cardiovascolare.

Efficacia e sicurezza clinica

Prevenzione della malattia cardiovascolare

L’effetto dell’atorvastatina sulla coronaropatia fatale e non fatale è stato valutato in uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, lo studio ASCOT-LLA (Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial Lipid Lowering Arm). I pazienti erano ipertesi, di età compresa tra 40 e 79 anni, senza pregresso infarto miocardico o trattamento per angina, con livelli di colesterolo totale ? 6,5 mmol/l (251 mg/dl). Tutti i pazienti presentavano almeno 3 dei fattori di rischio cardiovascolare predefiniti: sesso maschile, età ? 55 anni, tabagismo, diabete, anamnesi positiva per cardiopatia coronarica in un parente di primo grado, rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL > 6, vasculopatia periferica, ipertrofia ventricolare sinistra, evento cerebrovascolare pregresso, anomalia specifica all’ECG, proteinuria/albuminuria. Non per tutti i pazienti inclusi era stato stimato un rischio elevato di un primo evento cardiovascolare.

I pazienti sono stati trattati con terapia antipertensiva (regime a base di amlodipina o atenololo) e atorvastatina 10 mg/die (n=5.168) o placebo (n=5.137).

L’effetto di riduzione del rischio assoluto e relativo di atorvastatina è stato il seguente:

Evento Riduzione del rischio relativo (%) N.
di eventi (Atorvastatina vs Placebo)
Riduzione del rischio assoluto1(%) Valore di p
CHD fatale più IM non fatale 36% 100 vs.
154
1,1% 0,0005
Eventi cardiovascolari totali e procedure di rivascolarizzazione 20% 389 vs.
483
1,9% 0,0008
Eventi coronarici totali 29% 178 vs 247 1,4% 0,0006

1 Sulla base della differenza dei tassi grezzi di eventi verificatisi nell’arco di un periodo di follow-up mediano

di 3,3 anni.

CHD = cardiopatia coronarica; IM = infarto miocardico.

La mortalità totale e la mortalità cardiovascolare non si sono ridotte in misura significativa (185 vs 212 eventi, p=0,17 e 74 vs 82 eventi, p=0,51). Nelle analisi dei sottogruppi per sesso (81% maschi, 19% femmine), è stato osservato un effetto benefico dell’atorvastatina nei maschi che non ha potuto però essere stabilito nelle donne, probabilmente a causa del basso tasso di eventi nel sottogruppo femminile. Un numero superiore di mortalità globale e cardiovascolare è stato registrato nelle pazienti di sesso femminile (38 vs 30 e 17 vs 12), senza tuttavia raggiungere la significatività statistica. E’ stata riportata un’interazione significativa con il trattamento dovuta alla terapia antipertensiva basale. L’endpoint primario (CHD fatale più IM non fatale) è stato significativamente ridotto dall’atorvastatina nei pazienti trattati con amlodipina (HR 0,47 (0,32-0,69), p=0,00008), ma non in quelli trattati con atenololo (HR 0,83 (0,59-1,17), p=0,287). L’effetto dell’atorvastatina sulla malattia cardiovascolare fatale e non fatale è stato valutato inoltre in uno studio randomizzato, in doppio cieco, multicentrico, controllato verso placebo, lo studio CARDS (Collaborative Atorvastatin Diabetes Study), in pazienti con diabete di tipo 2, di età compresa tra 40 e 75

anni, senza pregressa anamnesi di malattia cardiovascolare e con colesterolo LDL ? 4,14 mmol/l (160 mg/dl) e trigliceridi ? 6,78 mmol/l (600 mg/dl). Tutti i pazienti presentavano almeno 1 dei seguenti fattori di rischio: ipertensione, attuale tabagismo, retinopatia, microalbuminuria o macroalbuminuria.

I pazienti sono stati trattati con atorvastatina 10 mg al giorno (n=1.428) o placebo (n=1.410) per un periodo di follow-up mediano di 3,9 anni.

L’effetto di riduzione del rischio assoluto e relativo di atorvastatina è stato il seguente:

Evento Riduzione del rischio relativo (%) N.
di eventi (Atorvastatina vs Placebo)
Riduzione del rischio assoluto1(%) Valore di p
Eventi cardiovascolari maggiori (IMA fatale e non fatale, IM silente, morte per CHD acuta, angina instabile, CABG, ACTP, rivascolarizzazione, ictus) 37% 83 vs.
127
3,2% 0,0010
IM (IMA fatale e non fatale, IM silente) 42% 38 vs 64 1,9% 0,0070
Ictus (fatali e non fatali) 48% 21 vs.

39

1,3% 0,0163

1 Sulla base della differenza dei tassi grezzi di eventi verificatisi nell’arco di un follow-up mediano di 3,9 anni.

IMA = infarto miocardico acuto; CABG = innesto di bypass aortocoronarico; CHD = cardiopatia coronarica; IM = infarto miocardico; ACTP = angioplastica coronarica transluminale percutanea.

Non si è evidenziata alcuna differenza riguardo l’effetto del trattamento in base al sesso, all’età o al livello basale di colesterolo LDL dei pazienti. E’ stata osservata una tendenza favorevole in relazione al tasso di mortalità (82 decessi nel gruppo placebo vs 61 decessi nel gruppo atorvastatina, p=0,0592).

Ramipril

Meccanismo d’azione

Il ramiprilato, metabolita attivo del profarmaco ramipril, inibisce l’enzima dipeptidilcarbossipeptidasi I (sinonimi: enzima di conversione dell’angiotensina; chininasi II). A livello plasmatico e tissutale, questo enzima catalizza la conversione dell’angiotensina I nella sostanza ad attività vasocostrittrice angiotensina II, cosi come la degradazione della bradichinina, che possiede attività vasodilatatoria. La ridotta formazione di angiotensina II e l’inibizione della degradazione della bradichinina provocano vasodilatazione.

Poichè l’angiotensina II stimola anche il rilascio di aldosterone, il ramiprilato causa una riduzione della secrezione di aldosterone. La risposta media agli ACE-inibitori in monoterapia è risultata inferiore nei pazienti neri (afro-caraibici) ipertesi (di solito una popolazione di ipertesi con basso livello di renina) rispetto ai pazienti non neri.

Effetti farmacodinamici

Proprietà antipertensive:

La somministrazione di ramipril causa una marcata riduzione della resistenza arteriosa periferica. Generalmente, non vi sono importanti variazioni del flusso plasmatico renale e della velocità di filtrazione glomerulare. La somministrazione di ramipril in pazienti ipertesi provoca una riduzione della pressione arteriosa in posizione supina e in posizione eretta, senza un aumento compensatorio della frequenza cardiaca.

Nella maggior parte dei pazienti, l’inizio dell’effetto antipertensivo di una singola dose si manifesta 1-2 ore dopo la somministrazione orale. Il picco dell’effetto di una singola dose si raggiunge di solito a 3-6 ore

dalla somministrazione orale. L’effetto antipertensivo di una singola dose ha solitamente una durata di 24 ore.

L’effetto antipertensivo massimo del trattamento continuo con ramipril si manifesta in genere dopo 3-4 settimane. E’ stato dimostrato che l’effetto antipertensivo persiste con la terapia a lungo termine della durata di 2 anni.

L’interruzione brusca di ramipril non provoca un aumento di rimbalzo rapido ed eccessivo della pressione arteriosa.

Insufficienza cardiaca:

Oltre alla terapia convenzionale con diuretici e glicosidi cardiaci opzionali, il ramipril si è dimostrato efficace nei pazienti con classi funzionali II-IV secondo la New York Heart Association. Il farmaco ha indotto effetti benefici sull’emodinamica cardiaca (riduzione della pressione di riempimento ventricolare sinistro e destro, riduzione della resistenza vascolare periferica totale, aumento della gittata cardiaca e miglioramento dell’indice cardiaco). Ha ridotto inoltre l’attivazione neuroendocrina.

Efficacia e sicurezza clinica

Prevenzione cardiovascolare/nefroprotezione:

E’ stato condotto uno studio preventivo controllato verso placebo (lo studio HOPE), in cui ramipril è stato aggiunto alla terapia standard in oltre 9.200 pazienti. Sono stati inclusi nello studio pazienti con maggiore rischio di malattia cardiovascolare conseguente a malattia cardiovascolare aterotrombotica (anamnesi positiva per cardiopatia coronarica, ictus o vasculopatia periferica) o diabete mellito, con almeno un fattore di rischio supplementare (microalbuminuria documentata, ipertensione, livello elevato di colesterolo totale, basso livello di colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità o fumo di sigaretta).

Lo studio ha mostrato che ramipril riduce in misura statisticamente significativa l’incidenza di infarto miocardico, morte per cause cardiovascolari e ictus, singolarmente e in associazione (eventi primari associati).

Tabella 8: Studio HOPE: Risultati principali

Ramipril Placebo Rischio relativo
(95% intervallo di confidenza)
Valore di p
% %
Tutti i pazienti n=4.645 N=4.652
Eventi primari associati 14,0 17,8 0,78 (0,70-0,86) <0,001
Infarto miocardico 9,9 12,3 0,80 (0,70-0,90) <0,001
Morte per eventi cardiovascolari 6,1 8,1 0,74 (0,64-0,87) <0,001
Ictus 3,4 4,9 0,68 (0,56-0,84) <0,001
Endpoint secondari
Morte per qualsiasi causa 10,4 12,2 0,84 (0,75-0,95) 0,005
Necessità di rivascolarizzazione 16,0 18,3 0,85 (0,77-0,94) 0,002
Ospedalizzazione per angina
instabile
12,1 12,3 0,98 (0,87-1,10) NS
Ospedalizzazione per insufficienza
cardiaca
3,2 3,5 0,88 (0,70-1,10) 0,25
Complicanze correlate al diabete 6,4 7,6 0,84 (0,72-0,98) 0,03

Lo studio MICRO-HOPE, un sottostudio predefinito dello studio HOPE, ha valutato l’effetto dell’aggiunta di ramipril 10 mg al regime medico in corso rispetto al placebo in 3.577 pazienti di età almeno ? 55 anni (senza limite superiore di età), con una maggioranza di diabete di tipo 2 (e almeno un altro fattore di rischio CV), normotesi o ipertesi.

L’analisi primaria ha evidenziato che 117 (6,5%) partecipanti trattati con ramipril e 149 (8,4%) trattati con placebo hanno sviluppato nefropatia conclamata, che corrisponde a una riduzione del rischio relativo (RRR) del 24%; IC 95% [3-40], p = 0,027.

Lo studio REIN, uno studio multicentrico randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato verso placebo, è stato condotto allo scopo di valutare l’effetto del trattamento con ramipril sulla velocità di riduzione della filtrazione glomerulare (GFR) in 352 pazienti normotesi o ipertesi (18-70 anni di età) con proteinuria lieve (escrezione media urinaria di proteine > 1 e < 3 g/24 h) o grave (? 3 g/24 h) dovuta a nefropatia cronica non diabetica. Entrambe le sottopopolazioni sono state stratificate prospetticamente.

L’analisi principale dei pazienti con proteinuria più grave (strato interrotto prematuramente per il beneficio osservato nel gruppo ramipril) ha evidenziato che la velocità media di riduzione mensile della GFR era più bassa con ramipril rispetto al placebo: -0,54 (0,66) vs -0,88 (1,03) ml/min/mese, p = 0,038. La differenza tra i gruppi era pertanto pari a 0,34 (0,03-0,65) al mese e a circa 4 ml/min/anno; il 23,1% dei pazienti nel gruppo ramipril ha raggiunto l’endpoint secondario combinato di raddoppiamento della concentrazione di creatinina sierica al basale e/o malattia renale allo stadio terminale (ESRD) (necessità di dialisi o trapianto renale), rispetto al 45,5% nel gruppo placebo (p = 0,02).

Prevenzione secondaria dopo infarto miocardico acuto:

Lo studio AIRE ha incluso più di 2.000 pazienti con segni clinici transitori/persistenti di insufficienza cardiaca dopo infarto miocardico documentato. Il trattamento con ramipril è stato iniziato 3-10 giorni dopo l’infarto miocardico acuto. Lo studio ha mostrato che dopo un tempo medio di follow-up di 15 mesi, la mortalità nei pazienti trattati con ramipril era del 16,9%, mentre nei pazienti trattati con placebo era del 22,6%. Ciò significa una riduzione assoluta della mortalità del 5,7% e una riduzione del rischio relativo del 27% (IC al 95% [11-40%]).

Duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS):

Due ampi studi randomizzati e controllati (ONTARGET (ONgoing Telmisartan Alone and in combination with Ramipril Global Endpoint Trial) e VA NEPHRON-D (The Veterans Affairs Nephropathy in Diabetes)) hanno esaminato l’uso della associazione di un ACE-inibitore con un antagonista del recettore dell’angiotensina II.

Lo studio ONTARGET è stato condotto in pazienti con anamnesi di patologia cardiovascolare o cerebrovascolare o diabete mellito di tipo 2 associato all’evidenza di danno d’organo terminale. Lo studio VA NEPHRON-D è stato condotto in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e nefropatia diabetica.

Questi studi non hanno dimostrato alcun effetto benefico significativo sugli esiti e sulla mortalità renale e/o cardiovascolare, mentre è stato osservato un aumento del rischio di iperpotassiemia, danno renale acuto e/o ipotensione rispetto alla monoterapia. In considerazione delle proprietà farmacodinamiche simili, questi risultati sono pertinenti anche per altri ACE-inibitori e antagonisti del recettore dell’angiotensina II.

Gli ACE-inibitori e gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II non devono quindi essere usati contemporaneamente in pazienti con nefropatia diabetica.

L’obiettivo dello studio ALTITUDE (Aliskiren Trial in Type 2 Diabetes Using Cardiovascular and Renal Disease Endpoints) è stato quello di verificare il vantaggio dell’aggiunta di aliskiren ad una terapia standard di un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II in pazienti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale cronica, malattia cardiovascolare, o entrambe. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa di un aumentato rischio di esiti avversi. Morte cardiovascolare e ictus sono apparsi entrambi numericamente più frequenti nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo e gli eventi avversi e gli eventi avversi seri di interesse (iperpotassiemia, ipotensione e disfunzione renale) sono stati riportati più frequentemente nel gruppo aliskiren rispetto al gruppo placebo.


Trinomia 100/40/10 mg: come si assorbe e si elimina?

Abbiamo visto qual è il meccanismo d’azione di Trinomia 100/40/10 mg, ma è altrettanto importante conoscere in quanto tempo viene assorbito dall’organismo per capire quanto tempo il farmaco impiegherà ad agire, attraverso quali vie viene eliminato (ad esempio fegato o reni) per sapere quali organi va ad impegnare e, per ultimo, in quanto tempo viene eliminato per avere idea di quando non avremo più il farmaco nell’organismo.

Tutte queste informazioni sono indicate nel paragrafo “Farmacocinetica” che segue.

Farmacocinetica di Trinomia 100/40/10 mg

Acido acetilsalicilico

L’acido acetilsalicilico viene metabolizzato nel suo principale metabolita attivo, l’acido salicilico, prima, durante e dopo l’assorbimento. I metaboliti vengono eliminati prevalentemente per via renale. Oltre all’acido salicilico, i principali metaboliti dell’acido acetilsalicilico sono il coniugato della glicina dell’acido salicilico (acido salicilurico), il glucuronide eterico ed esterico dell’acido salicilico (glucuronide salicil-fenolico e salicil-acilico), e l’acido gentisico formato per ossidazione dell’acido salicilico, insieme al suo coniugato con glicina.

L’assorbimento dell’acido acetilsalicilico dopo somministrazione orale è rapido e completo, a seconda della formulazione galenica. L’idrolisi del residuo acetilico dell’acido acetilsalicilico avviene infatti in una certa misura durante il passaggio attraverso la mucosa gastrointestinale. I livelli plasmatici massimi si raggiungono rispettivamente dopo 10-20 minuti (acido acetilsalicilico) o dopo 0,3-2 ore (salicilato totale). Dopo somministrazione in dose singola, il cibo non produce effetti sull’esposizione totale al farmaco ma ritarda il tempo di raggiungimento della concentrazione massima (tmax) di acido acetilsalicilico di 1,1 ora e riduce la Cmax di circa il 42%.

La cinetica di eliminazione dell’acido salicilico dipende in larga misura dalla dose, data la limitata capacità di metabolizzazione dell’acido salicilico (l’emivita di eliminazione varia da 2 a 30 ore).

L’emivita di eliminazione dell’acido acetilsalicilico è solo di alcuni minuti; l’emivita di eliminazione dell’acido salicilico è di 2 ore dalla somministrazione di una dose di 0,5 g di acido acetilsalicilico, di 4 ore dopo la somministrazione di 1 g e aumenta a 20 ore dopo una dose singola di 5 g.

Il legame alle proteine plasmatiche nei soggetti umani è dipendente dalla concentrazione; sono stati riferiti valori compresi tra il 49% e oltre il 70% (acido acetilsalicilico) e tra il 66% e il 98% (acido salicilico). Dopo la somministrazione di acido acetilsalicilico, l’acido salicilico è misurabile nel liquor e nel liquido sinoviale. L’acido salicilico attraversa la placenta e passa nel latte materno.

Atorvastatina

Assorbimento:

L’atorvastatina viene assorbita rapidamente dopo somministrazione orale; la concentrazione plasmatica massima (Cmax) si raggiunge entro 1-2 ore. L’entità dell’assorbimento aumenta in misura proporzionale alla dose di atorvastatina. Dopo somministrazione orale, le compresse rivestite con film di atorvastatina hanno una biodisponibilità del 95%-99%, rispetto alla soluzione orale. La biodisponibilità assoluta dell’atorvastatina è pari a circa il 12% e la disponibilità sistemica dell’attività inibitoria dell’HMG-CoA reduttasi è di circa il 30%. La bassa disponibilità sistemica è attribuita alla clearance presistemica a livello della mucosa gastrointestinale e/o al metabolismo epatico di primo passaggio.

Dopo somministrazione in dose singola, il cibo non produce effetti sull’esposizione totale al farmaco ma ritarda il tempo di raggiungimento della concentrazione massima (tmax) di atorvastatina di 1,7 ore e riduce la Cmax di circa il 47%.

Distribuzione:

Il volume medio di distribuzione dell’atorvastatina è di circa 381 l. L’atorvastatina si lega per una percentuale uguale o superiore al 98% alle proteine plasmatiche.

Biotrasformazione:

Eliminazione:

L’atorvastatina è eliminata principalmente nella bile dopo metabolismo epatico e/o extraepatico. Tuttavia, l’atorvastatina non sembra subire un significativo ricircolo enteroepatico. Nell’uomo, l’emivita di eliminazione plasmatica media dell’atorvastatina è di circa 14 ore. L’emivita dell’attività inibitoria dell’HMG-CoA reduttasi è approssimativamente di 20-30 ore, a causa del contributo dei metaboliti attivi.

Popolazioni speciali:

Anziani: Le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono più elevate nei soggetti anziani sani rispetto ai giovani adulti, mentre gli effetti sul profilo lipidico sono paragonabili a quelli osservati nelle popolazioni di pazienti più giovani.

Popolazione pediatrica: In uno studio in aperto della durata di 8 settimane, pazienti pediatrici in stadio di Tanner 1 (n=15) e stadio di Tanner ? 2 (n=24) (età 6-17 anni), con ipercolesterolemia familiare eterozigote e colesterolo LDL al basale ? 4 mmol/l, sono stati trattati rispettivamente con compresse masticabili di atorvastatina da 5 o 10 mg oppure con compresse rivestite con film di atorvastatina da 10 o 20 mg, una volta al giorno. Il peso corporeo rappresentava l’unica covariata significativa nel modello di farmacocinetica di popolazione dell’atorvastatina. La clearance orale apparente dell’atorvastatina nei soggetti pediatrici è risultata simile a quella degli adulti con scala allometrica in relazione al peso corporeo. Riduzioni coerenti del colesterolo LDL e del colesterolo totale sono state osservate nell’arco dell’intervallo di esposizione di atorvastatina e o-idrossiatorvastatina.

Sesso: Le concentrazioni di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi nella donna differiscono da quelle nell’uomo (donne: circa il 20% più elevata per la Cmax e circa il 10% inferiore per l’AUC). Queste differenze non hanno assunto rilevanza clinica, non avendo prodotto differenze clinicamente significative negli effetti sul profilo lipidico tra uomini e donne.

Insufficienza renale: La malattia renale non influisce sulle concentrazioni plasmatiche o sugli effetti sul profilo lipidico dell’atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi.

Insufficienza epatica: Le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi risultano marcatamente aumentate (circa 16 volte per la Cmax e circa 11 volte per l’AUC) nei pazienti con epatopatia alcolica cronica (Child-Pugh B).

Ramipril

Assorbimento:

Dopo la somministrazione orale, il ramipril viene rapidamente assorbito dal tratto gastrointestinale: il picco di concentrazione plasmatica di ramipril si raggiunge entro un’ora. Sulla base del recupero urinario, l’entità dell’assorbimento è almeno del 56% e non risulta significativamente influenzata dalla presenza di cibo nel tratto gastrointestinale. La biodisponibilità del metabolita attivo ramiprilato dopo somministrazione orale di 2,5 e 5 mg di ramipril è del 45%.

Dopo somministrazione in dose singola, il cibo riduce l’AUC media del 26% e ritarda il tempo al raggiungimento della concentrazione massima (tmax) di ramipril di 1,2 ore, riducendo la Cmax di circa il 69%. L’effetto del cibo sull’AUC e sulla Cmax del rampiril non è considerato clinicamente rilevante.

Il picco di concentrazione plasmatica del ramiprilato, l’unico metabolita attivo del ramipril, si raggiunge 2- 4 ore dopo l’assunzione di ramipril. Le concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario di ramiprilato, dopo monosomministrazione giornaliera alle dosi abituali di ramipril, si raggiungono circa entro il quarto giorno di trattamento.

Distribuzione:

Il legame sieroproteico del ramipril è di circa il 73%, mentre quello del ramiprilato è di circa il 56%.

Biotrasformazione:

Il ramipril è quasi completamente metabolizzato in ramiprilato e nell’estere della dichetopiperazina, nell’acido dichetopiperazinico e nei glucuronidi di ramipril e ramiprilato.

Eliminazione:

L’escrezione dei metaboliti avviene principalmente per via renale.

Le concentrazioni plasmatiche di ramiprilato si riducono in modo polifasico. A causa del potente legame saturabile all’ACE e alla lenta dissociazione dall’enzima, il ramiprilato mostra una fase di eliminazione terminale prolungata a concentrazioni plasmatiche molto basse.

Dopo monosomministrazioni giornaliere multiple di ramipril, l’emivita effettiva delle concentrazioni di ramiprilato era di 13-17 ore per le dosi di 5-10 mg e più lunga per le dosi di 1,25-2,5 mg. Questa differenza è correlata alla capacità saturabile dell’enzima di legare il ramiprilato.

Una dose orale singola di ramipril ha prodotto livelli non rilevabili di ramipril e del suo metabolita nel latte materno. Non è noto, tuttavia, l’effetto di dosi multiple.

Pazienti con compromissione della funzionalità renale (vedere paragrafo 4.2): L’escrezione renale di ramiprilato è ridotta nei pazienti con funzione renale compromessa e la clearance renale del ramiprilato è proporzionalmente correlata alla clearance della creatinina. Questo determina concentrazioni plasmatiche elevate di ramiprilato, che diminuiscono più lentamente rispetto ai soggetti con funzione renale normale.

Pazienti con compromissione della funzionalità epatica (vedere paragrafo 4.2): Nei pazienti con funzionalità epatica compromessa, il metabolismo di ramipril a ramiprilato risulta ritardato, a causa della ridotta attività delle esterasi epatiche, e i livelli plasmatici di ramipril in tali pazienti appaiono aumentati. Il picco della concentrazione di ramiprilato in questi pazienti, tuttavia, non è diverso da quello dei soggetti con funzione epatica normale.


Trinomia 100/40/10 mg: è un farmaco sicuro?

Abbiamo visto come Trinomia 100/40/10 mg agisce e come si assorbe e si elimina; ma come facciamo a sapere se Trinomia 100/40/10 mg è un farmaco sicuro?

Prima di tutto è necessario leggere quali sono i dati sulla sicurezza che vengono riportati nella scheda tecnica del farmaco.

Si tratta di dati forniti dalla casa produttrice e basati su un certo numero di lavori scientifici eseguiti prima della commercializzazione: si tratta dei cosiddetti “Dati preclinici di sicurezza”, che riportiamo nel prossimo paragrafo.

Trinomia 100/40/10 mg: dati sulla sicurezza

Non sono stati condotti studi preclinici di sicurezza con i principi attivi in associazione.

Acido acetilsalicilico

Il profilo preclinico di sicurezza dell’acido acetilsalicilico è ben documentato. Negli studi condotti sugli animali, non è stato dimostrato che i salicilati causino danno d’organo, eccetto per il danno renale a dosi elevate.

I possibili effetti mutageni dell’acido acetilsalicilico sono stati ampiamente esaminati in vitro e in vivo. Nel loro complesso, i risultati non indicano alcun sospetto di effetti mutageni. Lo stesso vale per gli studi che hanno esaminato la possibilità di effetti cancerogeni.

Negli studi sugli animali, effetti teratogeni dei salicilati sono stati segnalati per diverse specie. Nella prole esposta in fase prenatale sono stati descritti compromissione dell’impianto, effetti embriotossici e fetotossici e compromissione della capacità di apprendimento.

Atorvastatina

L’atorvastatina è risultata negativa per il potenziale mutageno e clastogenico in una batteria di 4 test in vitro e in 1 test in vivo. L’atorvastatina non è risultata cancerogena nel ratto, ma dosi elevate nel topo (corrispondenti a 6-11 volte il valore dell’AUC0-24h raggiunto nell’uomo alla massima dose raccomandata) hanno evidenziato adenomi epatocellulari nei maschi e carcinomi epatocellulari nelle femmine.

Vi sono evidenze derivate da studi sperimentali sugli animali che gli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi possano alterare lo sviluppo embrionale o fetale. Nel ratto, nel coniglio e nel cane l’atorvastatina non ha avuto effetti sulla fertilità e non è risultata teratogena, tuttavia, a dosi tossiche per la madre, è stata osservata tossicità fetale nel ratto e nel coniglio. Lo sviluppo della prole del ratto è apparso ritardato e la sopravvivenza postnatale ridotta durante l’esposizione delle madri a dosi elevate di atorvastatina. Nel ratto vi sono evidenze di passaggio transplacentare. Le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina nel ratto sono simili a quelle riscontrate nel latte. Non è noto se l’atorvastatina o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno umano.

Ramipril

La somministrazione orale di ramipril è risultata priva di tossicità acuta nei roditori e nel cane. Studi che prevedevano la somministrazione orale cronica sono stati condotti nel ratto, nel cane e nella scimmia. Nelle tre specie sono state riscontrate indicazioni di variazioni negli elettroliti plasmatici e di alterazioni del quadro ematico.

Come espressione dell’attività farmacodinamica del ramipril, è stato notato un pronunciato ingrossamento dell’apparato juxtaglomerulare nel cane e nella scimmia a partire da dosi di 250 mg/kg/die. Ratti, cani e scimmie hanno tollerato dosi rispettivamente di 2, 2,5 e 8 mg/kg/die senza effetti nocivi. E’ stato osservato un danno irreversibile nel rene di ratti giovani trattati con una dose singola di ramipril.

Studi di tossicità riproduttiva nel ratto, nel coniglio e nella scimmia non hanno rivelato proprietà teratogene. La fertilità non è risultata compromessa nei maschi o nelle femmine di ratto. La somministrazione di ramipril a femmine di ratto durante il periodo fetale e l’allattamento ha prodotto danno renale irreversibile (dilatazione della pelvi renale) nella prole a dosi giornaliere di 50 mg/kg di peso corporeo o superiori.

Test estesi di mutagenicità, eseguiti utilizzando diversi sistemi di prova, non hanno evidenziato proprietà mutagene o genotossiche di ramipril. Studi di cancerogenesi a lungo termine nel topo e nel ratto non hanno fornito evidenze di effetti cancerogeni.


Dopo la commercializzazione di un farmaco, vengono tuttavia attuate delle misure di controllo dagli organi preposti, per monitorare comunque tutti gli effetti collaterali che dovessero manifestarsi nell’impiego clinico.

Tutti gli effetti collaterali segnalati nella fase di commercializzazione del farmaco, vengono poi riportati nella scheda tecnica nei paragrafi “effetti indesiderati” e “controindicazioni”.

Trinomia 100/40/10 mg: si può prendere insieme ad altri farmaci?

Un altro importante capitolo da non dimenticare per valutare se un farmaco è sicuro o no, è quello delle interazioni con altri farmaci.

Può infatti capitare che un farmaco, di per sé innocuo, diventi pericoloso se associato ad alcuni altri farmaci.

Questo è vero anche per i prodotti erboristici: classico è l’esempio dell’ “Erba di San Giovanni” (Iperico) che interagisce con alcuni farmaci anticoagulanti aumentandone l’efficacia e mettendo quindi il paziente a rischio di emorragie.

Esaminiamo allora quali sono le interazioni possibili di Trinomia 100/40/10 mg

Trinomia 100/40/10 mg: interazioni

Acido acetilsalicilico: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

– Effetto sull’Acido acetilsalicilico dei medicinali somministrati in concomitanza

Altri inibitori dell’aggregazione piastrinica: Gli inibitori dell’aggregazione piastrinica, quali ticlopidina e clopidogrel, possono provocare un aumento del tempo di coagulazione.

Altri analgesici/antinfiammatori non steroidei e antireumatici: Questi farmaci aumentano il rischio di sanguinamento e ulcere gastrointestinali.

Glucocorticoidi sistemici (ad eccezione di idrocortisone come terapia sostitutiva nel morbo di Addison): I glucocorticoidi sistemici aumentano il rischio di ulcere e sanguinamento gastrointestinali.

Diuretici: I FANS possono causare insufficienza renale acuta, soprattutto in pazienti disidratati. In caso di uso concomitante di Trinomia e diuretici, si raccomanda di monitorare la corretta idratazione dei pazienti. Alcol: L’alcol aumenta il rischio di ulcere e sanguinamento gastrointestinali.

Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI): Gli SSRI aumentano il rischio di sanguinamento, in particolare gastrointestinale, a causa dei loro effetti sinergici.

Agenti uricosurici: Il trattamento concomitante con Trinomia riduce l’effetto degli agenti uricosurici e aumenta i livelli plasmatici di acido acetilsalicilico, diminuendone l’escrezione.

Effetto dell’Acido acetilsalicilico sui medicinali somministrati in concomitanza

Terapia anticoagulante e trombolitica: L’acido acetilsalicilico può aumentare il rischio di sanguinamento se assunto prima o in concomitanza rispetto alla terapia anticoagulante e trombolitica. Pertanto, i pazienti che richiedono una terapia anticoagulante e trombolitica devono essere tenuti sotto osservazione per rilevare i segni di emorragia esterna o interna.

Digossina: I FANS aumentano i livelli plasmatici di digossina. Si raccomanda il monitoraggio dei livelli plasmatici di digossina durante il trattamento concomitante o la sospensione di Trinomia.

Agenti antidiabetici, inclusa insulina: La somministrazione concomitante di Trinomia e agenti antidiabetici, inclusa insulina, aumenta l’effetto ipoglicemizzante di questi medicinali. Si raccomanda il monitoraggio della glicemia (vedere sottoparagrafo Interazìonì farmacodìnamìche e farmacocìnetìche dì ramìprìl: precauzìonì per l’uso).

Metotrexato: I salicilati possono spiazzare il metotrexato dal legame con le proteine plasmatiche e ridurne la clearance renale, provocando concentrazioni tossiche di metotrexato nel plasma. Il trattamento concomitante con metotrexato a un dosaggio di 15 mg o più alla settimana è controindicato (vedere

paragrafo 4.3). In caso di dosaggio di metotrexato inferiore a 15 mg alla settimana, si deve eseguire il monitoraggio della funzione renale e l’esame emocromocitometrico, soprattutto all’inizio del trattamento. Acido valproico: I salicilati possono spiazzare l’acido valproico dal legame con le proteine plasmatiche e ridurne il metabolismo, aumentando le concentrazioni plasmatiche di acido valproico.

Ibuprofene: Non vi sono prove conclusive riguardo al potenziale di interazione quando l’acido acetilsalicilico è utilizzato in concomitanza con ibuprofene a lungo termine, sebbene alcuni dati sperimentali abbiano dimostrato una riduzione dell’effetto sull’aggregazione piastrinica (vedere paragrafo 5.1).

Antiacidi: Gli antiacidi possono aumentare l’eliminazione renale dei salicilati mediante alcalinizzazione delle urine.

ACE-inibitori: Sebbene sia stato segnalato che l’acido acetilsalicilico può diminuire l’effetto benefico degli ACE-inibitori riducendo la sintesi delle prostaglandine vasodilatatorie, diversi studi hanno rilevato la presenza di un’interazione negativa con ACE-inibitori e dosi elevate di aspirina (cioè ? 325 mg), ma non con basse dosi di aspirina (cioè ? 100 mg).

Ciclosporina: I FANS possono aumentare la nefrotossicità della ciclosporina a causa degli effetti mediati dalle prostaglandine renali. Si raccomanda di monitorare attentamente la funzione renale, in particolare nei pazienti anziani.

Vancomicina: L’acido acetilsalicilico può aumentare il rischio di ototossicità della vancomicina.

Interferone-?: L’acido acetilsalicilico riduce l’attività dell’interferone-?.

Litio: I FANS riducono l’eliminazione del litio aumentandone i livelli plasmatici, che possono raggiungere valori tossici. L’uso concomitante di litio e FANS non è raccomandato. Qualora questo trattamento in associazione fosse necessario, la concentrazione plasmatica di litio deve essere attentamente monitorata durante l’inizio, la fase di aggiustamento e la sospensione del trattamento.

Barbiturici: L’acido acetilsalicilico aumenta i livelli plasmatici dei barbiturici.

Zidovudina: L’acido acetilsalicilico può aumentare i livelli plasmatici di zidovudina poichè inibisce in modo competitivo la glucuronidazione o inibisce direttamente il metabolismo microsomiale epatico.

Fenitoina: L’acido acetilsalicilico può aumentare i livelli plasmatici di fenitoina.

Esami di laboratorio: L’acido acetilsalicilico può alterare i seguenti esami analitici:

Sangue: aumento (biologico) di transaminasi (ALT e AST), fosfatasi alcalina, ammoniaca, bilirubina, colesterolo, creatinchinasi, digossina, tiroxina libera, lattato deidrogenasi (LDH), globulina legante la tiroxina, trigliceridi, acido urico e acido valproico; aumento (interferenza analitica) di glucosio, paracetamolo e proteine totali; riduzione (biologica) di tiroxina libera, glucosio, fenitoina, TSH, TSH-RH, tiroxina, trigliceridi, triiodotironina, acido urico e clearance della creatina; riduzione (interferenza analitica) di transaminasi (ALT), albumina, fosfatasi alcalina, colesterolo, creatinchinasi, lattato deidrogenasi (LDH) e proteine totali.

Urina: riduzione (biologica) di estriolo; riduzione (interferenza analitica) di acido 5- idrossindolacetico, acido 4-idrossi-3-metossimandelico, estrogeni totali e glucosio .

Atorvastatina: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

Effetto sull’atorvastatina dei medicinali somministrati in concomitanza

Inibitori delle proteine di trasporto

Gli inibitori delle proteine di trasporto (ad es. ciclosporina) possono aumentare l’esposizione sistemica all’atorvastatina (vedere Tabella 1). Non è noto l’effetto dell’inibizione dei trasportatori responsabili della captazione epatica sulle concentrazioni di atorvastatina negli epatociti. Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, si raccomanda il monitoraggio clinico per valutare l’efficacia (vedere Tabella 1).

Gemfibrozil / derivati dell’acido fibrico

L’uso di fibrati in monoterapia è occasionalmente associato a eventi di natura muscolare, inclusa rabdomiolisi. Il rischio di tali eventi può aumentare in caso di uso concomitante di derivati dell’acido fibrico ed atorvastatina. Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, i pazienti devono essere adeguatamente monitorati (vedere paragrafo 4.4).

Ezetimibe

L’uso di ezetimibe in monoterapia è associato a eventi di natura muscolare, inclusa rabdomiolisi. Il rischio di tali eventi può quindi aumentare in caso di uso concomitante di ezetimibe e atorvastatina. Si raccomanda un adeguato monitoraggio clinico di questi pazienti.

Colestipolo

Le concentrazioni plasmatiche di atorvastatina e dei suoi metaboliti attivi sono risultate inferiori (di circa il 25%) quando colestipolo è stato somministrato in concomitanza con atorvastatina. Tuttavia, gli effetti sul profilo lipidico sono risultati maggiori quando atorvastatina e colestipolo sono stati somministrati in concomitanza rispetto alla somministrazione dei due medicinali in monoterapia.

Acido fusidico

Il rischio di miopatia, inclusa rabdomiolisi, può aumentare con la somministrazione concomitante di acido fusidico per via sistemica e statine. Il meccanismo di questa interazione (se di tipo farmacodinamico o farmacocinetico, o entrambi) non è ancora noto. Sono state riportate segnalazioni di rabdomiolisi (alcune con esito fatale) nei pazienti trattati con questa associazione.

Qualora il trattamento con l’acido fusidico per via sistemica fosse necessario, il trattamento con atorvastatina deve essere interrotto per tutta la durata del trattamento con l’acido fusidico. Vedere anche paragrafo 4.4.

Colchicina

Sebbene non siano stati condotti studi di interazione con atorvastatina e colchicina, sono stati riportati casi di miopatia in seguito a co-soministrazione di atorvastatina e colchicina e si richiede quindi cautela in sede di prescrizione di atorvastatina e colchicina.

Effetto dell’atorvastatina sui medicinali somministrati in concomitanza

Digossina

Quando dosi multiple di digossina e 10 mg di atorvastatina sono stati somministrati in concomitanza, le concentrazioni di digossina allo stato stazionario sono aumentate leggermente. I pazienti che assumono digossina devono essere adeguatamente monitorati.

Contraccettivi orali

La somministrazione concomitante di atorvastatina e un contraccettivo orale ha prodotto aumenti delle concentrazioni plasmatiche di noretindrone ed etinilestradiolo.

Warfarin

In uno studio clinico in pazienti sottoposti a terapia cronica con warfarin, la somministrazione concomitante di atorvastatina 80 mg/die e warfarin ha causato una lieve diminuzione di circa 1,7 secondi del tempo di protrombina durante i primi quattro giorni di somministrazione, valore che è ritornato nella norma nell’arco di 15 giorni dall’inizio del trattamento con atorvastatina. Sebbene siano stati segnalati solo casi molto rari di interazioni clinicamente significative con anticoagulanti, nei pazienti che assumono anticoagulanti cumarinici il tempo di protrombina deve essere determinato prima di iniziare il trattamento con atorvastatina e con sufficiente frequenza nelle prime fasi della terapia, per assicurare che non si verifichino alterazioni significative del tempo di protrombina. Non appena viene documentato un tempo di protrombina stabile, tale valore può essere monitorato secondo gli intervalli di solito raccomandati per i pazienti trattati con anticoagulanti cumarinici. In caso di sospensione del trattamento con Trinomia, la stessa procedura deve essere ripetuta. La terapia con atorvastatina non è stata associata a sanguinamento o variazioni del tempo di protrombina in pazienti che non assumono anticoagulanti.

Tabella 1: Effetto dei medicinali somministrati in concomitanza sulla farmacocinetica di atorvastatina

Medicinale somministrato in concomitanza e regime posologico Atorvastatina
Dose (mg) Variazione
dell’AUC&
Raccomandazione clinica#
Tipranavir 500 mg BID/ Ritonavir 200 mg
BID, 8 giorni (giorni da 14 a 21)
40 mg il giorno 1,

10 mg il giorno 20

? 9,4 volte Trinomia è controindicato in questi casi.
Telaprevir 750 mg q8h, 10 giorni 20 mg, SD ? 7,9 volte
Ciclosporina 5,2 mg/kg/die, dose stabile 10 mg OD per 28
giorni
? 8,7 volte
Lopinavir 400 mg BID/ Ritonavir 100 mg
BID, 14 giorni
20 mg OD per 4
giorni
? 5,9 volte Nei casi in cui sia necessaria la co-somministrazione di atorvastatina, si raccomandano dosi di mantenimento inferiori di atorvastatina.
A dosi di atorvastatina superiori a 20 mg, si raccomanda il monitoraggio clinico di questi
pazienti.
Claritromicina 500 mg BID, 9 giorni 80 mg OD per 8 giorni ? 4,4 volte
Saquinavir 400 mg BID/ Ritonavir (300 mg BID dai giorni 5-7, aumentato a 400 mg BID il giorno 8), giorni 5-18, 30 min
dopo la somministrazione di atorvastatina
40 mg OD per 4 giorni ? 3,9 volte Nei casi in cui sia necessaria la co-somministrazione di atorvastatina, si raccomandano dosi di mantenimento inferiori di atorvastatina.
A dosi di atorvastatina superiori a 40 mg, si raccomanda il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Darunavir 300 mg BID/Ritonavir 100 mg
BID, 9 giorni
10 mg OD per 4
giorni
? 3,3 volte
Itraconazolo 200 mg OD, 4 giorni 40 mg SD ? 3,3 volte
Fosamprenavir 700 mg BID/ Ritonavir
100 mg BID, 14 giorni
10 mg OD per 4
giorni
? 2,5 volte
Fosamprenavir 1400 mg BID, 14 giorni 10 mg OD per 4
giorni
? 2,3 volte
Nelfinavir 1250 mg BID, 14 giorni 10 mg OD per 28
giorni
? 1,7 volte^ Nessuna raccomandazione
specifica
Succo di pompelmo, 240 mL OD * 40 mg, SD ? 37% L’assunzione concomitante di grandi quantità di succo di pompelmo e atorvastatina non è
raccomandata.
Diltiazem 240 mg OD, 28 giorni 40 mg, SD ? 51% Dopo l’inizio della terapia o i successivi aggiustamenti della dose di diltiazem, si raccomanda
un adeguato monitoraggio clinico di questi pazienti.
Eritromicina 500 mg QID, 7 giorni 10 mg, SD ? 33%^ Si raccomanda una dose massima inferiore e un adeguato monitoraggio clinico di questi
pazienti.
Amlodipina 10 mg, dose singola 80 mg, SD ? 18% Nessuna raccomandazione
specifica.
Cimetidina 300 mg QID, 2 settimane 10 mg OD per 4
settimane
? meno
dell’1%
Nessuna raccomandazione
specifica.
Sospensione antiacido di magnesio e idrossidi di alluminio, 30 mL QID, 2
settimane
10 mg OD per 4 settimane ? 35%^ Nessuna raccomandazione specifica.
Efavirenz 600 mg OD, 14 giorni 10 mg per 3 giorni ? 41% Nessuna raccomandazione
specifica.
Rifampin 600 mg OD, 7 giorni (in co-
somministrazione)
40 mg SD ? 30% Se la somministrazione concomitante non può essere evitata, si raccomanda la co- somministrazione simultanea di
atorvastatina e rifampicina, con monitoraggio clinico.
Rifampin 600 mg OD, 5 giorni (dosi separate) 40 mg SD ? 80%
Gemfibrozil 600 mg BID, 7 giorni 40 mg SD ? 35% Si raccomanda una dose massima
inferiore il monitoraggio clinico di questi pazienti.
Fenofibrato 160 mg OD, 7 giorni 40 mg SD ? 3% Si raccomanda una dose massima
inferiore e un adeguato
monitoraggio clinico di questi pazienti.
Boceprevir 800 mg TID, 7 giorni 40 mg SD ? 2,3 volte Si raccomanda una dose iniziale inferiore e un adeguato monitoraggio clinico di questi pazienti.
La dose di atorvastatina non deve superare la dose giornaliera di 20 mg durante la co-somministrazione di
boceprevir.

& I dati riportati come variazione di x volte rappresentano un semplice rapporto tra la somministrazione concomitante e atorvastatina in monoterapia (1 volta = nessuna variazione). I dati riportati come variazione % rappresentano la differenza percentuale rispetto all’atorvastatina in monoterapia (0% = nessuna variazione).

# Vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 4.5 per la significatività clinica.

^ Attività equivalente di atorvastatina totale

L’aumento è indicato con “?”, la diminuzione con “?”

OD = una volta al giorno; SD = dose singola; BID = due volte al giorno; TID = tre volte al giorno; QID = quattro volte al giorno

Tabella 2: Effetto dell’atorvastatina sulla farmacocinetica dei medicinali somministrati in concomitanza

Atorvastatina e regime posologico Medicinale somministrato in concomitanza
Medicinale/Dose (mg) Variazione
dell’AUC&
Raccomandazione clinica
80 mg OD per 10 giorni Digossina 0,25 mg OD, 20 giorni ? 15% I pazienti che assumono
digossina devono essere adeguatamente monitorati.
40 mg OD per 22 giorni Contraccettivo orale OD, 2 mesi
– noretindrone 1 mg
-etinilestradiolo 35 ?g
? 28%
? 19%
Nessuna raccomandazione specifica.
80 mg OD per 15 giorni * Fenazone, 600 mg SD ? 3.0% Nessuna raccomandazione
specifica.
10 mg, SD Tipranavir 500 mg BID/ritonavir
200 mg BID, 7 giorni
Nessuna
variazione
Nessuna raccomandazione
specifica.
10 mg, OD per 4 giorni Fosamprenavir 1400 mg BID, 14
giorni
? 27% Nessuna raccomandazione
specifica.
10 mg OD per 4 giorni Fosamprenavir 700 mg
BID/ritonavir 100 mg BID, 14 giorni
Nessuna variazione Nessuna raccomandazione specifica.

& I dati riportati come variazione % rappresentano la differenza percentuale rispetto all’atorvastatina in monoterapia (0% = nessuna variazione).

* La somministrazione concomitante di dosi multiple di atorvastatina e fenazone ha evidenziato un effetto minimo o non rilevabile sulla clearance del fenazone.

L’aumento è indicato con “?”, la diminuzione con “?” OD = una volta al giorno; SD = dose singola

Ramipril: interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche

Associazioni controindicate

Trattamenti extracorporei che comportano il contatto del sangue con superfici a carica negativa, come la dialisi o l’emofiltrazione con alcune membrane ad alto flusso (ad es. membrane in poliacrilonitrile) e l’aferesi delle lipoproteine a bassa densità con destrano solfato, a causa dell’aumento del rischio di gravi reazioni anafilattoidi (vedere paragrafo 4.3). Se si richiede tale trattamento, occorre considerare l’uso di una membrana per dialisi di diverso tipo o di un agente antipertensivo di diversa classe.

Precauzioni per l’uso

Sali di potassio, eparina, diuretici risparmiatori di potassio e altri principi attivi che aumentano il potassio plasmatico (inclusi antagonisti dell’angiotensina II, trimetoprim, tacrolimus): puo verificarsi iperkaliemia, pertanto si richiede un attento monitoraggio del potassio sierico.

Agenti antipertensivi (ad es. diuretici) e altre sostanze che possono abbassare la pressione arteriosa (ad es. nitrati, antidepressivi triciclici, anestetici, assunzione acuta di alcol, baclofene, alfuzosina, doxazosina, prazosina, tamsulosina, terazosina): è da prevedere un potenziamento del rischio di ipotensione .

I dati degli studi clinici hanno dimostrato che il duplice blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) attraverso l’uso combinato di ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II o aliskiren, è associato ad una maggiore frequenza di eventi avversi quali ipotensione, iperpotassiemia e riduzione della funzionalità renale (inclusa l’insufficienza renale acuta) rispetto all’uso di un singolo agente attivo sul sistema RAAS (vedere paragrafì 4.3, 4.4 e 5.1).

Simpaticomimetici vasopressori e altre sostanze (ad es. isoproterenolo, dobutamina, dopamina, epinefrina) che possono ridurre l’effetto antipertensivo di ramipril: si raccomanda il monitoraggio della pressione arteriosa.

Allopurinolo, immunosoppressori, corticosteroidi, procainamide, citostatici e altre sostanze che possono alterare il quadro emocromocitometrico: maggiore probabilità di reazioni ematologiche (vedere paragrafo 4.4).

Sali di litio: l’escrezione del litio può essere ridotta dagli ACE-inibitori, con conseguente aumento della tossicità del litio. I livelli di litio devono essere monitorati.

Agenti antidiabetici, inclusa insulina: possono verificarsi reazioni ipoglicemiche. Si raccomanda il monitoraggio della glicemia.


Trinomia 100/40/10 mg: posso guidare la macchina se lo prendo?

Un capitolo poco noto e molto sottovalutato è quello degli effetti di un farmaco sui riflessi e quindi sulla capacità di guidare la macchina o di effettuare lavori pericolosi.

Molti farmaci riducono la capacità di reazione, oppure possono causare vertigini o abbassamenti di pressione che possono essere molto pericolosi per chi guida o effettua lavori in cui le capacità fisiche sono importanti: basti pensare agli operai che lavorano su impalcature o che operano su macchinari come presse o forni

E’ sempre bene quindi leggere attentamente questo piccolo ma molto importante paragrafo della Scheda Tecnica del farmaco.

Trinomia 100/40/10 mg: effetti sulla guida e sull’uso di macchinari

Sia l’acido acetilsalicilico che l’atorvastatina non alterano o alterano in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

A causa del componente ramipril, alcuni effetti avversi (ad es. sintomi di un calo della pressione arteriosa, quali capogiri) possono alterare la capacità di concentrazione e di reazione del paziente e costituire pertanto un rischio nelle situazioni in cui tali capacità siano di particolare importanza (ad es. nell’uso di veicoli o di macchinari).

Ciò può accadere in particolare quando si passa da altri preparati alla terapia con Trinomia o quando si aumenta la dose. Pertanto, quando si assume Trinomia è consigliabile non guidare veicoli o non usare macchinari per diverse ore.

Per approfondire l’argomento, per avere ulteriori raccomandazioni, o per chiarire ogni dubbio, si raccomanda di leggere l’intera Scheda Tecnica del Farmaco